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TERZA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo volume, VI della terza serie, va dal l o gennaio al 30 giugno 1902: copre quindi solo sei mesi. Ma si tratta di un periodo di fondamentale importanza per l'azione del ministro degli Esteri Giuseppe Prinetti, e, direi ancor più, per la politica estera dell'Italia e dell'Europa.

Infatti il 1902 segna una grande svolta nel sistema di equilibrio. L'Italia constata che la sua funzione di anello di congiunzione tra la Triplice e la Gran Bretagna si è venuta esaurendo. Londra infatti si stava allontanando sempre più da Berlino, a causa della politica navale e coloniale di Guglielmo II; essa avvia a conclusione un lungo negoziato con la Francia per risolvere il contenzioso comune, e per annullare i tradizionali motivi di rivalità.

In questa situazione, gli accordi mediterranei itala-anglo-austriaci del 1887 denunciano di aver esaurito la loro funzione, né sembra possibile rivitalizzarli. L'azione del ministro Prinetti è rivolta a stringere i legami con la Gran Bretagna nel Mediterraneo, anche allo scopo di ottenere una specie di prelazione sulla Tripolitania-Cirenaica. Il che avviene, appunto, mediante lo scambio di note Prinetti-Lansdowne del 12 marzo.

Assicuratosi il comportamento britannico, l'on Prinetti imposta, secondo un procedimento che ricorda quello del suo predecessore Robilant nel 1887, un programma di modifiche del trattato della Triplice Alleanza onde adeguare quest'ultimo alla mutata realtà internazionale, tra cui il riavvicinamento con la Francia. Non vi riuscì di fronte alla netta opposizione di Biilow: Sint ut sunt aut non sint. Due giorni dopo il rinnovo della Triplice Prinetti e Barrère firmarono nel massimo segreto uno scambio di note di controassicurazione, in un certo senso analogo a quello concluso da Bismarck con la Russia nel 1887. Da quel momento l'Italia acquistò tra alleanze ed intese, una nuova e più avvertita importanza ed una maggiore autonomia decisionale.

2. -In questo stesso semestre, il ministro Prinetti, sulla scorta di un primo approccio fatto da un suo predecessore alla Consulta, l'ammiraglio Canevaro, affronta il problema dell'occupazione italiana della Tripolitania e della Cirenaica, sotto forma di un condominio italo-turco. Ed a proposito di Tripoli, egli ottiene anche il disinteresse dell'Austria-Ungheria nei confronti di un'eventuale impresa italiana. Nessun altro ministro degli Esteri italiano ha portato a termine, come l'on Prinetti, tanti negoziati in tempo così breve. 3. -Il 12 febbraio, un altro fatto suscitò grande emozione nel mondo: la pubblicazione dell'alleanza anglo-giapponese. Era la fine della splendid isolation della Gran Bretagna, che durava dai tempi della Santa Alleanza; ed anche il

modo per aumentarne il peso e l'importanza in Europa e nel Mediterraneo. Una nuova fase storica si apriva, in cui si rafforza l'equilibrio di potenza diretto al mantenimento dello statu quo in Estremo Oriente, nonché il peso contrattuale della Gran Bretagna nei confronti della Russia e degli altri Stati europei.

6. Nel licenztare il volume sento il dovere di ringraziare vivamente tutti i componenti della Segreteria della Commissione per il Riordinamento e la Pubblicazione dei Documenti Diplomatici, nonché gli addetti all'Archivio StoricoDiplomatico, tra cui i sigg. Francesco Villella e Gino Castrichella. Una segnalazione particolare merita il dott. Francesco Bacino, valente ed intelligente collaboratore di questo volume, la cui improvvisa scomparsa ha lasciato un grande vuoto in seno alla Commissione, cui ha dedicato una intera vita di lavoro e di studio.

Ringrazio infine dirigenti e personale dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito e dell'Ufficio Storico della Marina Militare.

ENRICO SERRA

Abbreviazioni: AP (Atti Parlamentari italiani); DDI (Documenti Diplomatici Italiani) ; DDF CDocuments Diplomatiques Français) ; GP (Die Grosse Politik der Europaischen Kabinetten): BD (British Documents on the Origins of the War); LV (Libro Verde).

Xl


DOCUMENTI
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APPUNTO SUL COLLOQUIO FRA IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CURRIE

[Roma], 2 gennaio 1902.

L'Ambasciatore d'Inghilterra, Lord Currie, è venuto a fare una comunicazione confidenziale circa Tripoli. Il Governo britannico per fare cosa gradita al Governo Italiano sarebbe disposto a fare, circa Tripoli, una dichiarazione analoga a quella fatta dalla Francia, e desidererebbe conoscere il pensiero del

R. Governo in proposito.

Il Ministro Prinetti gli ha risposto ponendo anzitutto bene in sodo che il R. Governo nulla ha chiesto e che l'amichevole offerta fu interamente spontanea da parte del Governo britannico.

Gli ha soggiunto, per rispondere alla fattagli interrogazione, che la dichiarazione del Governo Britannico dovrebbe, a somiglianza della francese, esprimere il concetto di un pieno disinteressamento.

Lord Currie ha promesso di scriverne al suo Governo. Della comunicazione di Lord Currie il Ministro Prinetti ha dato notizia, con lettera particolare, all'Ambasciatore di Sua Maestà in Londra.

2

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 10/1. Berlino, 2 gennaio 1902 (per. il 7).

Siccome è noto alla E. V., l'Imperatore e Re suole ricevere il giorno di Capodanno gli auguri dei soli Ambasciatori accreditati alla sua Corte, gli altri Inviati non essendo, per antica tradizione, invitati a fare omaggio.

Mi recai, pertanto, ieri, come di solito, a Palazzo. S. M. Imperiale e Reale mi accolse con l'usata benevolenza degnandosi manifestare il suo compiacimento di ricevere per la decima volta le mie felicitazioni. Mi partecipò poi di aver ricevuto, poco prima, gli auguri delle LL.MM. il Re e la Regina nonché di S. M. la Regina Margherita, ed aggiunse esser egli stato vivamente commosso della forma eccessivamente cordiale ed affettuosa dei messaggi ricevuti dai nostri augusti sovrani.

Parlandomi delle cose di Italia, Saa Maestà volle esprimermi la sua viva soddisfazione per l'avviamento prospero delle condizioni economiche del paese, per lo stato eccellente delle nostre fmanze, e per l'ordinato andamento delle discussioni parlamentari e soprattutto per quella specie di « détente » manifestatasi in tutto il paese in seguito all'atteggiamento meno ostile e meno aggressivo della maggioranza dei partiti estremi.

Di questi buoni risultati di una politica saggia e provvida, pur dandone la debita lode a S. E. il Presidente del Consiglio ed all'intero Gabinetto, Sua Maestà faceva con insistenza risalire il merito principale al nostro Augusto Sovrano, il quale, raccolta l'avita corona in momenti tanto penosi e tanto particolarmente difficili, ha saputo, in cosi poco tempo, valendosi dei pregi e delle doti non comuni, di cui la provvidenza lo ha dotato, con tatto finissimo, con l'usare sagacemente della preponderante influenza inerente all'altissima sua posizione, dare alla saggia politica del suo Governo una salutare impronta personale.

Non ho bisogno di aggiungere qu1r.to care e gradite, al mio occhio, giunsero le parole di questo Sovrano inspirate da sentimenti di vera affezione, di cordiale stima per il mio Re ed il mio Paese.

S. M. l'Imperatore si astenne dal far alcuna allusione di sorta agli affari di politica estera.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 15/2. Berlino, 2 gennaio 1902 (per. il 7).

V. E. avrà rilevato dai rapporti che ho avuto l'onore di dirigerle in proposito, quanto poco gradita sia riuscita a questo Governo l'agitazione verificatasi, in questi ultimi tempi nelle Provincie Polacche soggette all'Austria in seguito ai noti fatti di Wreschen ed al susseguente processo di Gnesen. Non ho nemmeno nascosto a V. E. come, pur rendendosi conto delle difficoltà di ordine interno, qui non si era rimasti pienamente soddisfatti dall'atteggiamento assunto, in linea generale, dal Governo di S. M. Apostolica in tutta questa faccenda.

Purtroppo l'agitazione non è cessata: ma ha avuto, al contrario, un'eco spiacevole nel Landtag di Galizia dove dal Principe Lubomirsky venne pronunziato di recente un violento discorso contro il trattamento usato dalla Prussia verso i suoi sudditi polacchi. Contrariamente ad ogni sana tradizione parlamentare, non una parola è stata detta dal Rappresentante governativo per protestare contro il linguaggio aggressivo all'indirizzo di una potenza amica e fare osservare al Principe Lubomirsky la sconvenienza assoluta di ingerirsi negli affari interni di un paese estero. È parso, ciò stante a questo Gabinetto venuto il momento di escire della riserva in cui essa erasi mantenuta per non creare imbarazzi al Governo alleato. La ufficiosa Nord Deutsche Allgemeine Zeitung ha pertanto pubblicato ieri una nota breve succinta e compendiosa della quale unisco qui il testo (l).

Le parole del Principe Lubomirsky vengono qualificate -ingerenza estera incompetente e sconveniente negli affari interni della Germania -. Dopo di aver accennato allo scopo rivoluzionario cui mirano le tendenze alla unificazione di tutta la Polonia manifestate dall'oratore, la nota conchiude con le seguenti parole più specialmente degne di esser rilevate perché rivolte direttamente al Governo austriaco: «che una tale dimostrazione abbia potuto aver luogo senza una parola di replica da parte dell'organo governativo, noi non arriviamo a spiegarcelo altrimenti che attribuendo il fatto ad una lacuna nel Regolamento interno della Dieta di Galizia».

Nè soltanto alla pubblicazione della nota anzidetta si sono limitate le manifestazioni di corruccio ma -quello che è più -lo stesso Imperatore nell'intrattenersi ieri al ricevimento degli Ambasciatori, col mio collega AustroUngarico mosse ad alta voce, tanto che fu possibile a me e ad altri colleghi di udirli, vivi lamenti sull'incidente, altamente deplorevole, mostrandone, a chiare note, tutto il suo dispiacimento. Le quali dichiarazioni imperiali quanto incresciose siano riuscite a S. E. il Signor Szogyeny non è mestieri che io dica a V. E.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. CONFIDENZIALE 20/3. Berlino, 3 gennaio 1902, ore 17,38 (per. ore 18,50).

Tutti i giornali riprodussero un largo sunto telegrafico, giunto da Roma, del discorso di capo d'anno di Barrère (2). Fino a questo momento, nessun commento degno di nota. Ormai, più che manifestazione di Barrère e della stampa

«L'epoca dei malintesi franco-italiani appartiene al passato e tra i due governi vi è ormai un perfetto accordo di vedute»; DDF, 2, II, 5, 19. La Tribuna del 3 gennaio aveva elogiato l'ambasciatore, definendolo «uno dei migliori interpreti della politica francese all'estero ed uno de! più meritevoli della fiducia del suo governo». Ma aveva anche chiesto al governo !taUano di specificare che «i buon! accordi, le migliorate condizioni, la ristabilita, rinsaldata e franca amicizia non possono né debbono avere nessun secondo fin<>». Anche La Perseveranza dello stesso giorno aveva elogiato le parole di Barrère, spiegando che: «Ogni aggiunta, ogni interpretazione fantastica potrebbe riuscire pericolosa». Il Secolo del 4 gennaio era andato ben più oltre, scrivendo:

«Nulla di più naturale che si abbandoni un'alleanza artificiale, imposta e subita malvolentieri senza corrispondenza nel sentimento nazionale e nell'interesse economico, per volgersi verso una nuova situazione coordinante i nostri interessi politici ed economici con quelli francesi». Cfr. GP, XVIII, 2, 5846 e s.

Per l rapporti !taio-francesi di questo periodo si veda E. SERRA, Camille Barrère e l'Intesa itala-francese (prefazione Carlo Sforza), Milano. 1950, cui rinviamo per la bibliografia. Per la bibliografia più recente si veda E. SERRA, La Triplice Alleanza, in «Storia d'Italia» (a cura di Levi, Levra e Tranfaglia), Firenze, 1978, vol. I, p. 1318 e s.; e E. DECLEVA, Da Adua a Serajevo. La politica estera italiana e la Francia (1896-1914), Bari, 1971.

francese, in questi circoli ufficiali si segue attenzione quella stampa italiana, specie giornali Tribuna e Capitale che si ritiene esprimano pensiero membri del R. Governo. La stampa si mantiene fino ad ora riservata, anche riguardo agli articoli di detti giornali. Sull'ultimo articolo della Capitale Biilow stesso, in un fortuito e breve incontro, richiamò mia attenzione; avendo io osservato a Biilow che egli non poteva avere dubbio, dopo nostre dichiarazioni sulla politica seguita da V. E., Biilow replicò non dubitare fino a che V. E. e io stesso rimarremo al nostro posto, che in Italia si prepari abbandono Triplice Alleanza, ed essere egli troppo sincero, vecchio amico del nostro paese, per augurare che ciò non avvenga mai.

(l) -Non si pubblica. (2) -Il testo del discorso venne pubblicato da La Tribuna del 2 gennaio. In sostanza, nel ricevimento di Capodanno a Palazzo Farnese, l'ambasciatore Barrère aveva detto tra l'altro:
5

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 21/4. Berlino, 3 gennaio 1902, ore 17,38 (per. ore 18,50).

Mi riferisco rapporto n. 735 del 24 dicembre (1).

Muhlberg mi ha informato che memorandum tedesco a Venezuela è stato trasmesso ieri. Esso, come già riferii, non contiene ultimatum; Governo imperiale, prima di trasmettere ultimatum, ha ricevuto assicurazioni che Stati Uniti non solleveranno ostacolo a che Germania difenda legittimi interessi suoi nazionali. Consta qui che anche l'Inghilterra si propone fare passi presso il Governo di Venezuela.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA (2)

L. P. Roma, 3 gennaio 1902.

La lettera che V. E. mi ha diretta in data 18 dicembre si è incrociata coll'ultima mia, nella quale io esprimevo a V. E. i miei dubbi intorno al risultato che il metodo e la via da Lei prescelti avrebbero potuto dare. Non mi attendevo certo allora che i fatti in così breve tempo avrebbero confermato i miei dubbi; come vado ad esporle.

Ed innanzi tutto non posso non rilevare come V. E. rivolgendosi ad un segretario particolare di Lord Lansdowne, anziché al Sottosegretario di Stato come prima mi aveva scritto, abbia fatto un passo ancor più avanti in quel sistema che era stato da me, come Le scrissi, accolto con molta esitazione. È davvero

degna di rimarco la attitudine petulante di quello signor Segretario particolare, allorché domandò a V. E. se Ella era incaricato di domandare un richiamo, aggiungendo a guisa di minaccia che Ella doveva saper dove simili passi conducono. V. E. ha risposto negando di aver un simile incarico e sta bene, ma avrebbe potuto anche aggiungere che di ciò la miglior prova stava nell'essersi rivolto a lui; poiché se il ministro degli Esteri del re d'Italia avesse affidato a Lei una simile missione, certamente per compiacerla V. E. si sarebbe rivolto al Capo del Foreign Office e non ad un subalterno, di grado nemmeno elevato. Ella conchiude la Sua lettera dicendo che il paziente avendo ingoiato la pillola, non rimane che aspettarne gli effetti; questi sono venuti, ma purtroppo ben diversi da quelli che V. E. ne attendeva. Io non so se il segretario, col quale Ella conferì, abbia riferito al Suo capo, certo è che scrisse immediatamente tutto a Lord Currie (è lui stesso che me lo disse) raccomandandogli dì trovar modo di accomodare le cose.

Lord Currie venne dunque da me il 31 dicembre, cominciò col dirmi che mandandomi la nota per l'affare di Livorno non aveva inteso farmi cosa meno che amichevole etc. e, proponendomi di ritirarla e sostituirla con altra redatta in modo più corretto, ciò che fu fatto (l). Poi mi disse che sapeva che io mi ero lagnato di lui, che egli non aveva mai desiderato, se non di vivere nella più grande intimità e amicizia con me (sic) ed esprimendomi con sufficiente insistenza il suo dispiacere etc. Gli risposi che era mia consuetudine vivere in grande amicizia e confidenza con gli Ambasciatori, e che ero con tutti gli altri un amico, direi quasi un camerata, ma che egli mi aveva fatto nel primo colloquio di affari a proposito delle frontiere di Etiopia una scena così vivace che io ne avevo riportato una tale impressione da evitare dopo di essa con lui di trattare affari. Egli si giustificò adducendo la mancanza di pratica della forma diplomatica (sic). Il colloquio durò due ore ed ebbe poi una parte politica della quale parlerò più sotto a V. E., e ci lasciammo in buoni termini, tanto che io gli annunciai accompagnandolo alla porta che lo stesso giorno sarei andato a far all'Ambasciatrice insieme a mia moglie gli auguri di capo d'anno; ma ciò non toglie che il colloquio fu per me assai penoso.

Lord Currie chiese poi un'udienza speciale da Sua Maestà che lo ricevette ieri, ed a lui pure fece le sue più ampie scuse per essergli dispiaciuto, etc. Ma la impressione che anche S. M. il Re ebbe di tutto questo è che è certo una legittima soddisfazione per lui e per l'Italia di veder l'ambasciatore d'Inghilterra riconoscere il suo torto e farne lodevole ammenda, ma intanto cosi egli si trova più che mai ribadito al suo posto dove certo gli mancano le condizioni intrinseche ed estrinseche necessarie per esercitare quella azione quotidiana di facilitazione degli affari che è il compito preclaro di un Ambasciatore.

Fra le altre cose io ho dei grandi dubbi intorno allo stato delle facoltà intellettuali suo e di Sua moglie. Si figuri infatti che il 31, ossia lo stesso giorno nel quale era venuto a espormi tutto il suo rammarico e il desiderio vivissimo di vivere meco nella più cordiale amicizia, recatomi poche ore dopo come gli avevo annunciato con mia moglie nelle ore consuete di ricevimento dell'ambasciatrice

a farle i nostri auguri, trovammo sulla porta un domestico coll'incarico di dirci che Lady Currie era dolentissima ma aveva dovuto uscir di casa. Quindi egli il .giorno dopo avendo compreso d'aver fatto una nuova gaffe, si precipitò da noi, che essendo il capo d'Anno non eravamo in casa; poi nuove scuse di lui e della moglie. Insomma una serie di pasticci che dimostrano per lo meno una grande mancanza di riflessione e uno stato di intelletto non il più idoneo per trattare grandi affari.

Inutile aggiungere che questi pettegolezzi ultimi li racconto unicamente a

V. E. per dare un'idea completa dello stato delle cose; io non dò a questi pettegolezzi qualsiasi importanza ed ieri per esempio sono andato con mia moglie a pranzo da Lord Currie, per quanto mai Lady Currie abbia messo piede da mia moglie, limitandosi sempre a lasciare delle carte. Ma ripeto, io non mi preoccupo se non degli affari ed unicamente la considerazione di essi può e deve influire sulla mia linea di condotta.

Ci troviamo adunque con questo Ambasciatore più che mai solidamente installato a Roma; è con lui che devo ormai trattare gli affari; cercherò di cavarmela nel modo meno cattivo, e in ogni modo mi assisterà sempre la coscienza di aver fatto quanto da me poteva dipendere per evitare questo stato di cose. Se il governo attuale Inglese così desidera che sia, non posso impedirglielo.

Vengo dunque alla politica, la parte ormai importante di questa mia, poiché tutto il resto non è che storia retrospettiva.

Ad un certo punto del colloquio che Lord Currie ebbe con me il 31 spirato, egli mi disse che pur avendo adoperato con noi delle forme talvolta rustiche, egli era però un amico sincero dell'Italia, tanto che egli aveva quattro volte rappresentato al Marchese di Lansdowne la opportunità che il governo Inglese facesse una politica più amichevole verso l'Italia; ed era quindi non da ascriversi a Lui se ciò non era avvenuto. Risposi che ciò non mi sorprendeva, perché in Italia nessun uomo serio ignora che tutti i ministeri inglesi presieduti dal Marchese di Salisbury avevano avuto sempre per principio di trascurare l'amicizia dell'Italia. Che ciò non avesse punto modificato la nostra linea di condotta costantemente amichevole verso l'Inghilterra, alla quale ancor io non avevo mai mancato di rendere servizio nelle pochissime volte in cui mi si era fornita l'occasione; che egli stesso aveva dovuto riconoscere quanto fosse stata leale e corretta la mia condotta nella malaugurata questione dei confini Sudan-Etiopia; e che in Egitto, il solo punto dove l'Italia, per effetto della sua numerosa colonia, poteva esercitare qualche azione, questa era sempre stata amichevole per l'Inghilterra.

Ed in questa occasione portai a sua conoscenza un fatto che non avevo prima raccontato a Lui, come nemmeno a V. E. Quando avvennero le feste di Tolone, al Cairo le due colonie Francese e Italiana avevano combinato di festeggiare con un grande banchetto l'accordo ristabilito tra le due sorelle latine, ed avevano invitato ad intervenirvi i nostri rispettivi due rappresentanti diplomatici, di questi il francese aveva già accettato, quando il nostro chiese istruzioni. Ebbene io pregai l'ambasciatore di Francia di unirsi a me nell'intento che il banchetto non avesse luogo e così fu infatti.

Ma nello stesso tempo, a compimento della mia affermazione, rammentai s. Lord Currie, come la famosa convenzione Anglo-Francese fosse stata conchiusa senza nemmeno interpellare l'Italia, e ciò in aperto contrasto con tutto lo spirito dell'accordo Itala-Inglese del 1887; poi come, avendo, dopo quella convenzione, l'Italia chiesto all'Inghilterra assicurazioni relative alla Tripolitania, essa si fosse rifiutata a darle. Come infine non poteva nemmeno passare sotto silenzio che, sebbene l'Inghilterra fosse avvezza a lasciare a tutti i suoi Sudditi l'uso della loro lingua, il ministero delle Colonie, che pure doveva avere sufficienti occupazioni altrove, non aveva trovato modo di impiegare i suoi momenti di ozio se non quello di sopprimere l'Italiano a Malta, dimostrando così, senza alcun vantaggio per nessuno, la sua antipatia non solo verso il nostro paese, ma verso la nostra lingua e il nostro genio.

E conchiusi che la nostra attitudine non aveva e non avrebbe mutato verso l'Inghilterra, ma esser però molto facilmente spiegabile come fossimo stati ben lieti di accoglier la dichiarazione che spontaneamente la Francia ci aveva fatto del suo completo disinteresse in Tripolitania e di !asciarci quindi carta bianca in quella regione, che è il solo punto per noi interessante del Nord Africa.

Lord Currie nulla mi chiese riguardo al Marocco, ma poiché molto si è parlato su questo argomento e si è detto che noi avevamo preso degli impegni colla Francia riguardo ad esso, ecc., a me preme avvertire V. E. che il mio predecessore ha semplicemente detto ed io ho confermato che l'Italia non ha nessuna aspirazione sul Marocco, e a dir vero parmi che sarebbe un po' difficile dire diversamente. Nessun altro punto né del Mediterraneo né fuori ha formato oggetto di scambio di vedute nostre col Governo Francese e molto meno col Governo Russo, che, non so perché, qualche giornale comincia ora a tirare in ballo.

Certo a Lord Currie faceva grande impressione che la dichiarazione della Francia non avesse corrispettivo: ed era naturale che il rappresentante di un governo avvezzo a prendere sempre e non dar mai paresse stranissimo l'atto di un Governo che dava senza prendere.

Nel colloquio che nel successivo giorno 2 gennaio Lord Currie ebbe con S. M. il Re parlarono anche della Tripolitania; e così, quando Currie tornò da me poche ore dopo, fu lui che di nuovo riportò la conversazione su questo argomento. Egli mi disse che, avendo consultato il suo archivio, aveva trovato che, quando il Marchese di Salisbury aveva rifiutato le assicurazioni richieste dall'lt!llia, aveva dato per ragione il timore che poi, l'Italia non occupando Tripoli, egli si trovasse le mani legate per impedire che altri vi andasse (argomento specioso e piuttosto che di un ministro inglese degno di Ignazio da Lojola) ; ma che ormai essendo venuto meno il pericolo di una azione Francese in Tripolitania, sembrava a lui che il suo Governo non poteva avere ora alcuna difficoltà a rilasciarci una dichiarazione di disinteresse e carta bianca in Tripolitania.

Io gli risposi che questo ci sarebbe riuscito assai gradito -perché l'Italia non ha nessuna fretta di andare a Tripoli, molto meno d'andarci con una azione violenta, ma ama essere ben sicura che quella regione non potrà mai cessare d'esser Turca se non per essere Italiana.

Dunque mi disse lui, così domandate... no, interruppi io, siamo troppo avvezzi ai rifiuti da parte dell'attuale Governo Inglese per esporci a riceverne un altro -; se l'Inghilterra spontaneamente, come la Francia, ci farà una simile dichiarazione, la quale in fondo non sarebbe che la conferma firmata di quanto più volte ci dissero, saremmo gratissimi, anche perché quando la Turchia

saprà che in Tripolitania non ha di fronte che noi, e non può speculare sul contrasto delle diverse cupidigie che quella regione potrebbe svegliare, essa sarà più accomodante nel permetterei di indirizzare su quel paese quasi spopolato i nostri coloni e l'attività dei nostri capitali e della nostra industria e commercio. E soggiunsi in forma molto vaga: che d'altra parte gli interessi nostri in Tripolitania potevano forse accordarsi con quelli, se bene intesi, della Turchia; l'Italia avrebbe svolte le ricchezze latenti di quel paese ecc. ecc., dopo tutto, dissi, a Cipro l'Inghilterra ha pure trovato il suo punto d'accordo coll'Impero Ottomano. Currie mi rispose che desiderava vivamente che il Suo Governo facesse una buona volta cosa grata all'Italia e che già aveva telegrafato e intendeva telegrafare ancora al Suo governo in questo senso. Io non so se e cosa uscirà da tutto questo. Certo è mio concetto ben chiaro di nulla domandare al Governo Inglese, il quale assai probabilmente ci chiederebbe qualche cosa in compenso e noi non abbiamo nulla da dare --; e per di più, dati i metodi attuali del Foreign Office, non sarei nemmeno sicuro che domanda e rifiuto rimanessero nell'oscurità. Ma d'altra parte se potessi avere una dichiarazione formale dell'Inghilterra che ci lasciasse Carta Bianca in Tripolitania sarei felicissimo. L'Italia potrebbe allora considerare quella questione con molta calma, si troverebbe quasi nella medesima condizione come se fosse intervenuta terza nella convenzione Anglo-Francese del 1899, e potrebbe aspettare serenamente l'occasione propizia che non mancherebbe di presentarsi, oppure potrebbe, mostrando alla Turchia le dichiarazioni Francese ed Inglese, chiederle in Tripolitania una posizione analoga a quella dell'Inghilterra a Cipro, e attenerla un poco coll'amore e un poco colla minaccia di tirare le spade. Si potrebbe così una buona volta eliminare pacificamente quella che è la causa continua della nervosità e della inquietudine dell'opinione pubblica Italiana in fatto di politica estera. V. E. ha quindi tutti gli elementi per regolare la di Lei condotta, sia nel caso poco probabile che Lansdowne Le faccia delle aperture precise, sia in quello nel quale senza farle aperture precise, Le offrisse l'occasione di parlare di questo argomento senza compromettersi. V. E. cioè sa quello che desidero raggiungere, sa che non voglio lasciar al Governo Inglese la soddisfazione di ricevere una nostra domanda e l'occasione quindi di opporci un nuovo rifiuto, conosce infine minutamente tutti i precedenti e lo stato esatto delle cose qui a Roma. Raccomando a V. E. la massima prudenza e auguro a Lei ed a me una migliore fortuna di quella che abbiamo avuto nella pratica fatta per ottenere a Roma un Ambasciatore Inglese più idoneo all'ufficio suo.

Quanto alla rettifica che il Times pretenderebbe, il principe Sciarra, che viene presto a Londra, ha avuto con me lunghe interviste e abbiamo concordato la linea di condotta da seguire, e di cui egli informerà V. E. Come Le ho telegrafato, non è affatto il caso che il Times abbia ragione pretendendo la rettifica; il Suo corrispondente ha tutti i torti; se ci facesse una pubblica discriminazione dei fatti, come me li ha raccontati Salvago, ne uscirebbe massacrato (1). Mi sorprende come V. E. abbia così facilmente accolto l'idea di fare la rettifica mentre nella prima mia lettera avevo avuto la presunzione di infor

maria di ciò. In ogni modo non si sorprenda se Salvago non rispose a V. E. Egli scrisse a me domandandomi e siccome io intanto avevo veduto il Principe Sciarra scrissi a Salvago che non scrivesse nulla a V. E. Quando poi venne qui, mi feci dare da lui un rapporto esatto e cosi se il Times mai farà della prepotenza Io metteremo al dovere. Poi a Sciarra consigliai un termine di conciliazione che egli Le esporrà minutamente. In succinto parmi che se la Tribuna deve dar per far piacere al Times una patente di amabilità al Suo corrispondente a Pechino che non la merita, deve prima il Times rettificare le notizie fatte che egli aveva spedite e denigravano il nostro paese e ammettere che furono spedite senza alcuna ragione.

Del resto io non ho potuto aver il piacere di ritrovar per quanto lo abbia fatto ricercare questo articolo del Times così benevolo per l'Italia, cui V. E. menzionava nella Sua lettera; ne ho visto bensì una serie di aspri più o meno ed ingiusti. Non vi è proprio grande ragione di esser troppo pieghevoli verso questo giornale. Diventi amico sincero come fu un tempo, e noi saremo pure amici per lui. La politica ha due partiti il Dar -l'Avere e devono bilanciarsi.

Null'altro fuorché salutarla cordialmente.

(l) -Non pubbl!cato nel precedente volume. (2) -Ed. In E. SERRA, L'Intesa mediterranea del 1902. Una fase risolutiva nei rapporti italainglesi (introduzione di W. N. Medlicott), Milano, 1957, pp. 249-254.

(l) Le sottolineature sono dell'amb. Pansa. Sull'« affare Currie » vedi E. SERRA, L'Intesa Mediterranea, cit., p. 103 e 239.

(l) Sui contrasti con il Times e con H. Wickham Steed, v. quanto quest'ultimo confidò a Enrico Serra in E. SEJU<A, H. Wickham Steed, in Nuova Antologia, aprile 1956 pp. 575-582.

7

IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 10/4. Atene, 3 gennaio 1902.

La persistenza messa dalla Sublime Porta nel rifiutare qualsiasi valore alle disposizioni della sentenza arbitrale, emanata dagli ambasciatori delle potenze a Costantinopoli il 20/2 aprile 1901, riferentesi al trattato di Canlidja, ha indotto il Governo ellenico a sospendere i negoziati per il nuovo trattato di Commercio.

Siccome secondo la sua opinione le stipulazioni di quel trattato devono servire di base ai negoziati stessi, perché con esse si viene a sancire il diritto della Grecia al mantenimento delle capitolazioni, il Signor Zaimis ha creduto necessario d'incaricare i rappresentanti ellenici all'estero di far conoscere ai Governi presso i quali sono accreditati l'impossibilità in cui si trovava di addivenire ad un compromesso ed ha invocato il loro intervento per indurre la Sublime Porta a riconoscere e eseguire le stipulazioni suddette.

Finora il solo Incaricato d'Affari di Grecia presso il Governo del Re riferì al Signor Zaimis la risposta che l'E. V. si compiacque dare a tale domanda. Nel manifestarmi la sua soddisfazione per le benevole disposizioni di Lei

S. E. espresse la speranza che una risposta identica fosse data dalle altre potenze per poter risolvere la questione, ciò che gli permetterebbe di riprendere i negoziati, che non dubita sarebbero condotti in breve a termine essendo sua intenzione di acconsentire alle concessioni reclamate dalla Sublime Porta su argomenti di minore importanza tuttora rimasti in controversia.

8

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. CONFIDENZIALE 25. Roma, 4 gennaio 1902, ore 14,30.

Discorso Barrère nella sostanza conferma semplicemente mie dichiarazioni Camera scambio vedute intervenuto tra Governi italiano francese fin dal tempo mio predecessore e confermato tempo mio di cui informai conte Wedel e cioè disinteresse Francia Tripolitania, Italia Marocco, nessun'altra questione venne esaminata fra due Governi. Quanto a stampa italiana articoli Tribuna e Capitale non sono ufficiosi, e meritano attenzione soltanto perché possono contribuire fornire indizio sopra pubblica opinione. Capitale, che del resto non ha nessuna diffusione fece articolo vivace risposta giornali austriaci, ma nemmeno esso augurava in modo esplicito mutamento politica italiana. Tribuna, poi, giornale più importante Italia (1), fece, malgrado sue tendenze notoriamente francofile, una serie di articoli tutti recisamente favorevoli triplice alleanza. Ciò anzi conferma mia convinzione che finora grande maggioranza opinione pubblica italiana non desidera mutare l'attuale situazione politica. E perciò sono tanto più deplorevoli gli articoli di alcuni giornali austriaci, tedeschi fra cui Neue Freie Presse, Frankjurter Zeitung, KOlnische Zeitung che fieramente combattendo eventuali legittime aspirazioni Italia sopra Tripoli, fanno penosa impressione in Italia. Colgo occasione per pregare V. E. ringraziare conte Btilow sue amichevoli espressioni ed esprimergli miei cordiali augurii nuovo anno.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. CONFIDENZIALE 29. Roma, 4 gennaio 1902, ore 21.

Giornale Italia di Roma ha pubblicato una intervista che suo corrispondente avrebbe avuto con Delcassé (2); in essa si parla dell'Albania in modo da lasciar supporre che fra Italia e Francia e Russ·ia si siano prese o si vogliano prendere intese relative Balcani. Ritengo intervista apocrifa e parmi inutile darle la importanza di una smentita, ma siccome apprendo che essa fu telegrafata Correspondenz Bureau e che cominciano commenti intorno ad essa a Vienna, a buon conto assicuro V. E. che nè con Governo francese nè con Governo russo ebbi mai alcuno scambio idee relative Balcani nè regioni limitrofe. Parmi che Fremdenblatt, che ha già fatto opportuno comunicato sopra

(2} U. OJETTI, «Un colloquio con Delcassé », ne Il Giornale d'Italia, 4 gennaio. Il ministro francese dopo aver definito l'accordo itala-francese «come conseguenza dell'accordo anglofrancese>>, ne precisò il contenuto: Tripolitania contro Marocco, ed aggiungeva: «Anche nei Balcani, Francia e Italia debbono procedere più che d'accordo... Ora quale potenza può meglio della Russia comprendere ed assecondare le aspirazioni italiane nella penisola balcanica, e precisamente tra Macedonia, Serbia ed Adriatico? ». Affermazione quest'ultima, criticata da La Perseveranza del 10 gennaio. Cfr. DDF, 2, II 9, 13 e s.; GP XVIII, 2, 5849.

lO

accordo itala-francese potrebbe aggiungere che a proposito di questa pretesa intervista è in grado di affermare che mai tra Italia, Francia e Russia fu presa in esame questione balcanica.

(1) Sui difficili riflessi interni della posizione del Ministro degli Esteri, si veda E. SERRA, Il ministro cne tradl la Destra, in La Stampa, 23 maggio 1984.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 31. Roma, 4 gennaio 1902, ore 22,15.

A buon conto debbo avvertirla che ho avuto colloquio importante con Currie relativo ai suoi rapporti personali con me e alla questione di 'l'ripoli. Di questo colloquio informerò V. E. col corriere che partirà domani o dopodomani, e finché non riceva mia lettera V. E. dovrà quindi tenersi in grande riserbo se lord Lansdowne le parlasse di quei due argomenti (1).

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. CONFIDENZIALE 39. Vienna, 5 gennaio 1902, ore 13,25.

Quantunque non vi sia bisogno, farò conoscere a Goluchowsky la smentita di V. E. sulla pretesa intervista Delcassé (2). Quanto ad un comunicato sul Fremdenblatt mi permetto di osservare che questo giornale ed ogni altro foglio tl.ustriaco, ha nessun titolo per smentire con autorità le pretese intelligenze tra Italia, Francia e Russia, questo compito appartiene alla stampa dei tre paesi predetti. L'articolo del giornale Fremdenblatt era un semplice apprezzamento sulle circostanze e sulla portata dell'accordo itala-francese; invece, nel caso presente, si tratterebbe di smentire un fatto la cui verifica non ha da cercarsi a Vienna.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 33. Roma, 5 gennaio 1902, ore 18,30.

Console Millelire rientrando Janina aveva istruzione, se gli fosse stato mandato incontro scorta secondo costume, di fare egli prima visita governatore. Invece egli telegrafa:

« N° 7 -Governatore Generale non solo non venne visitarmi ma neppure ha mandato mio incontro fuori città dragomanno e capo polizia per darmi il benvenuto, come di consueto. Neppure finora ha mandato dragomanno in Consolato a salutarmi. Quindi miei rapporti con lui sempre interrotti. Domani gli farò comunicare gli ordini datimi da V. E. circa pratica nostri postali».

Prego quindi V. E. invitare Sublime Porta far cessare questa mancanza del dovuto rispetto verso nostro console, avvertendo che prolungandosi questo stato di cose, Sublime Porta non avrà diritto a lagnarsi se il R. Governo prenderà provvedimenti che le riusciranno poco graditi.

(l) -L'ambasciatore Currie era stato ricevuto il 2 gennaio da Vittorio Emanuele III che si era lamentato del comportamento inglese nel nord Africa, a Malta e in Cina. Cfr. BD, I, 356. (2) -Cfr. n. 9.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. CONFIDENZIALE 34. Roma, 5 gennaio 1902, ore 22,40.

Comprendo considerazioni V. E. relative Fremden Blatt (1). Se però V. E. vedesse dilagare commenti stampa austriaca che finora sembrano molto moderati converrebbe far pubblicare Politische Correspondenz telegramma di Roma assicurante che mai Italia parlò con Francia o con Russia dell'Albania e dei Balcani e questioni affini.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. P. Roma, 5 gennaio 1902.

Approfitto di Fasciotti per mandarle questa mia in risposta alla di Lei gentilissima 31 spir:ato dicembre (2). E, innanzi tutto, collo stesso mezzo Le mando gli elementi, che Ella mi chiede, di informazione relativa alla scadenza e rinnovamento della Triplice Alleanza. A questo proposito La informo di una cosa, alla quale Lanza dà una grande importanza, ed io ne do, per dir vero, una limitata, ma di cui poiché l'occasione si presenta, mi par bene che Ella sia edotto. A Lanza è parso cioè già da tempo di capire che il Governo Germanico ritiene di interpretare l'articolo della Triplice Alleanza relativo alla sua scadenza nel senso che, mancando per parte di alcuno dei contraenti la disdetta del Trattato prima del 17 Maggio 1902, il Trattato si deve intendere tacitamente rinnovato per altri sei anni; e quindi ìl Conte Lanza insisteva già fino dalla scorsa Estate onde ciò venisse messo in chiaro, per evitare poi possibili malintesi. A dir vero, la redazione dell'articolo mi sembra talmente chiara, che una simile interpretazione non parmi affatto possibile, e d'altra parte ho sempre risposto a Lanza che ritenevo per certo prima del Maggio

corrente anno, uno scambio di idee sull'argomento sarebbe certamente avvenuto, e l'occasione quindi non sarebbe mancata per chiarire ogni possibile equivoco: mentre qualunque passo diretto fatto da noi per mettere in chiaro che non esiste nel Trattato oltre il primo sessennio la tacita riconduzione, avrebbe potuto produrre una impressione e dei dubbi che conveniva evitare.

Ultimamente però Lanza mi ha informato con sua lettera particolare che spontaneamente e senza che nemmeno di ciò stessero parlando, l'ambasciatore Austro Ungarico a Berlino ebbe a dirgli che a lui pure constava di questa interpretazione che il Governo Germanico faceva del Trattato. A Lanza ho risposto ancora che questa interpretazione mi pareva talmente infondata da non parermi nemmeno possibile il Governo Imperiale avesse ad insistervi, dopo una prima lettura che avesse occasione di far del trattato, e che in ogni modo ero contrario almeno per ora a qualunque iniziativa di chiarimento per le stesse ragioni da me prima invocate.

Se però a Lei discorrendo dell'eventuale rinnovamento della Triplice si presenta occasione di chiarire in proposito il pensiero del Conte Goluchowski in via incidentale e in modo quindi da non fare alcuna impressione, sarà, parmi, cosa utile ed è perciò che ho voluto renderla informato.

Vengo ora all'argomento che forma lo scopo della di Lei lettera. Pur troppo il ritardo dell'Austria Ungheria nel combinare la propria tariffa, e anche il ritardo sebbene in grado minore della Germania nella stessa operazione hanno impedito finora e impediranno ancora per parecchio tempo di parlar del rinnovamento dei Trattati di Commercio. Ora, come Ella ha fatto benissimo ad osservare al Conte Goluchowski, per quanto in teoria le due questioni non siano connesse, e nessuno dei tre uomini dirigenti la politica Estera degli Stati alleati abbia affermato cosa consimile, è un fatto che difficilmente si potrebbe far accettare il rinnovamento della Alleanza con consenso largo della pubblica opinione in Italia, se non fosse accompagnato dal rinnovamento anche dei Trattati Commerciali. E questo sentimento devo ritenere sia in fondo condiviso dai Governi nostri alleati, poiché finora nessuna apertura ci è stata fatta nel senso di intavolare i negoziati necessari pel rinnovamento dell'alleanza quantunque la sua scadenza non sia ormai lontana e preceda di quasi otto mesi quella dei Trattati.

E d'altra parte io comprendo perfettamente e anche condivido le di Lei preoccupazioni e credo io pure che passando le settimane ed i mesi andranno sempre più facendosi vivaci i tentativi per impedire il rinnovamento dell'Alleanza disgregandone i componenti, e così pure credo con Lei che sarebbe utilissimo fare qualche cosa per chiudere il varco a simili tentativi con qualche sollecitudine.

Ella ricorderà del resto come, fino dalla scorsa primavera io avessi a Lei espresso qualche cosa di consimile e come anzi, nell'intento di compiere fino da allora un atto che in certo qual modo fissasse l'indirizzo futuro della Politica verso il rinnovamento della Triplice Alleanza, io avevo escogitato di addivenire al rinnovamento del Trattato di Commercio colla Germania, riservando solo diciotto mesi di tempo alle due parti contraenti per proporsi poi reciprocamente quelle modificazioni di minore importanza, che potessero apparire opportune, e promettendosi di esaminarle serenamente con spirito di equità e buona fede. Pur troppo questa proposta fatta ufficiosamente, ma in modo concreto, al Governo Imperiale, non fu da esso accolta per considerazioni della sua politica interna, sebbene egli mostrasse di apprezzarla e per se stessa e per lo spirito onde era informata.

Il progetto che Ella ora mi sottopone sembra a me pure, nelle presenti contingenze, una buona soluzione; e per parte mia, non ci vedrei inconvenienti che Ella, quasi come trattandosi di una idea Sua, cominciasse ad assaggiare intorno ad esso il terreno a Vìenna. Le dico subito la ragione per la quale non Le propongo di metterla innanzi come una iniziativa formale del Governo Italiano. Per prendere una simile iniziativa, io dovrei parlarne al Presidente del Consiglio ed a Sua Maestà, e, a dirle il vero, trattandosi di cosa ancora completamente vaga, ho qualche ripugnanza a far questo passo; mentre esso mi diverrebbe assai più agevole, anzi non ci vedrei nessuna seria difficoltà, quando si trattasse di sottoporre al loro esame un progetto in certo qual modo più concreto e abbastanza fondato per ritenere possa essere già di massima gradito ai Governi alleati.

Nel caso che il di Lei progetto potesse realizzarsi, Le espongo il mio modo di vedere onde Ella possa coordinarlo ad esso. Quanto ai Trattati di Commercio, io considero che nel loro complesso quelli esistenti sono abbastanza equi, e che la proroga di essi, quali essi sono, possa costituire un provvedimento che tutela abbastanza i nostri interessi. Credo anche non Vi dovrebbe avere grandi ripugnanze la Germania; per ciò che concerne l'Austria Ungheria temo che venga fuori la questione della Clausola per le lagnanze che ne farebbe la Francia, la quale, a quanto mi è stato detto, si è impegnata a tenersi tranquilla su questo punto solo fino al 31 dicembre 1903. Ora, se l'Italia dovesse rinunciare alla Clausola, così come è ora redatta, bisognerebbe che l'Austria proponesse un'altra formula mediante la quale praticamente il Vino Italiano conservasse il trattamento onde gode all'entrata in AustriaUngheria (naturalmente sempre nel caso della proroga di un anno come Ella propone e finché sia poi negoziato il nuovo trattato).

Quanto alla Triplice Alleanza, lo ebbi già ad esporle le condizioni che vorrei raggiungere nel suo rinnovamento. Esse sono tre:

1° Che essa fosse accompagnata dal rinnovamento dei Trattati Commerciali.

2° Che o facendo il trattato in modo da poterlo pubblicare o facendolo precedere da una dichiarazione in forma di preambolo esponente gli obiettivi e il carattere sempre pacifico e difensivo del trattato stesso, potersi notificare ai governi esteri, si possa rassicurare il Governo francese e persuaderlo che il Trattato nulla contiene di minaccioso per la tranquillità e sicurezza della Francia.

3° Di rendere più efficace l'azione della Triplice Alleanza per la conservazione dello status quo nei Balcani e a Costantinopoli.

Quanto alla prima condizione nel di Lei progetto sarebbe perfettamente soddisfatto. La seconda parmi potrebbe assai facilmente raggiungersi con apposita frase di inserire nel protocollo di proroga ed io ci terrei molto onde la proroga stessa non abbia a raffreddare i nostri rapporti felicemente rista

biliti colla Francia. Nè mi sembra che i due Governi alleati dovrebbero averci

ripugnanza, mentre ciò mostrerebbe come io abbia tenuto fede anche nella

semplice proroga alla sola dichiarazione che Ella conosce da me fatta ri

guardo alla nostra politica generale al Governo Francese, cosa che mi sembre

rebbe assai importante. Infine quanto alla terza condizione, non sarebbe il caso

di parlarne in occasione della proroga, ma bensì sarebbe da riservare per la

nuova redazione da fare poi del Trattato di Alleanza.

Un'ultima informazione ho da darle per di Lei norma ed avrò terminata questa lunghissima mia.

Del rinnovamento della Triplice, come Le dissi più sopra, non mi venne mai parlato nè da Pasetti, nè da Wedel, e nemmeno Lanza, ch'io sappia, ebbe a parlarne con Biilow o con Richthofen. Solamente in questi ultimi giorni ebbi su questo argomento una breve incidentale e affatto intima conversazione col Conte Wedel. In essa gli esposi in forma naturalmente assai meno precisa che non abbia fatto in questa mia i tre punti che fisserebbero la mia attenzione in occasione del rinnovamento dell'alleanza ed il Conte Wedel mi parve non vedere nessuna difficoltà pel primo, quello del contemporaneo rinnovamento dei Trattati Commerciali; così pure egli non accennò ad alcuna difficoltà nel secondo, salvo a trovare la formula relativa; e fece, come era naturale, riguardo al terzo delle riserve che mi parvero però meno recise di quanto mi sarei aspettato.

E con ciò Le chiedo scusa di averla così lungamente scritto; spero averla

espresso in modo chiaro e completo il mio pensiero... (l).

(l) -Cfr. n. 11. (2) -Cfr. Serie III, vol. V, n. 1114.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 44. Roma, 7 gennaio 1902, ore 19,30.

Constandoci che Germania ha in Venezuela reclami assai più importanti In confronto di quelli derivanti dalla guerra civile del 1898 e del 1899, prego

V. E. accertare in modo preciso e telegrafarmi se il Memorandum e l'ultimatum eventuale si riferiscono proprio esclusivamente a quella categoria di reclami.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 23. Parigi, 7 gennaio 1902.

Allorché, nella estate scorsa, venne a Parigi una missione mandata dal Sultano del Marocco, le voci messe in giro e che sembravano essere di

5 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

origine ufficiosa, tendevano a fare credere che questa fosse venuta qui allo scopo principale, se non unico, di fare atto di resipiscenza e di scagionare l'autorità imperiale della responsabilità incorsa per la resistenza opposta in alcune località alla penetrazione delle colonne militari francesi operanti nelle contrade del Sud Oranese.

Dippoi, e sopratutto negli ultimi tempi, si incominciò a parlare di un trattato recente di confini conchiuso fra la Francia ed il Marocco e recentemente le gazzette annunciarono l'arrivo in Algeria di delegati Marocchini incaricati di dare esecuzione alla Convenzione stipulata fra i due Stati.

Desiderando io di non lasciare più lungamente il R. Governo privo di precise notizie a tale riguardo, ho recentemente interrogato in proposito il Signor Delcassé al quale chiesi se veramente un trattato di frontiere fosse stato stipulato in continuazione od in variazione di quelli già esistenti fra il Marocco e la Francia ed, in caso affermativo, sovra quale base la nuova stipulazione era stata conchiusa.

Questo Signor Ministro degli Affari Esteri si dimostrò meco sorpreso di non avermi mai parlato della convenzione di cui io supponeva l'esistenza. Egli interrogava la sua memoria quasi dubitasse che io avessi potuto dimenticare una cosa di cui egli non avea certamente mai avuto l'idea di farmi mistero. Effettivamente, egli mi disse, un accordo era seguito con la Missione Marocchina venuta qui nei mesi estivi e questo accordo avea avuto per base la designazione delle tribù che debbono appartenere ai due paesi. Dove finisce la zona occupata da popolazioni sedentarie ed incomincia quella abitata da popolazioni viventi sotto le tende, la demarcazione di una linea di frontiera, anche se tracciata soltanto idealmente non può avere effetti pratici. Fu dunque continuato il sistema di ripartizione fra la Francia ed il Marocco delle tribù che vivono nella zona attraverso la quale il confine dovrebbe esistere fra i due Stati e questa ripartizione si era estesa presso a poco fino alla latitudine, dove finisce al sud il territorio marocchino.

Naturalmente io non avrei potuto domandare se la stipulazione nuova inchiudesse unicamente patti relativi a siffatta ripartizione di tribù nomadi; nè il Signor Delcassé mi fece spontaneamente alcuna dichiarazione a tale riguardo.

In questi giorni la France militaire annuncia che la missione militare che la Francia avea in Marocco sta per essere trasformata e sensibilmente accresciuta. Le previsioni finanziarie inchiudono l'invio dalla Francia non soltanto di ufficiali e sott'ufficiali, ma anche di soldati. Tratterebbesi anche in ciò di convenzioni stabilite l'estate scorsa? Accordi anche di altra indole sarebbero stati presi? Segnalo questi dubbi notando soltanto che è antico e costante metodo del Gabinetto di Parigi di simulare le più alte meraviglie che non si siano conosciute preventivamente le cose ch'egli accuratamente ha tenute nascoste prima che divenissero fatti compiuti (l).

(l) Cfr. E. SERRA, Nigra: i segreti di un negoziato, ne La Stampa, 19 maggio 1979. Si veda anche «Semper », Prinetti e l'Austria-Ungheria, in Nuova Antologia, maggio-giugno 1909. Sotto lo pseudonimo di Semper potrebbe nascondersi il nipote del ministro, Emanuele Prinetti, che fu suo segretario particolare alla Consulta.

(l) Annotazione marginale di Prinetti: «Prendo atto e raccomando di ricercare su questo argomento le più dettagliate informazioni possib!ll ».

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, FRIOZZI DI CARIATI

T. 45. Roma, 8 gennaio 1902, ore 14,15.

Ricevo rapporto commerciale V. S.

Duolmi rilevare che la S. V. credette degne di considerazione proposte del Governo brasiliano e attendibili argomenti assurdi addotti dal ministro esteri del Brasile per appoggiarle. Sebbene oramai nego~iati siano trasportati a Roma pure telegrafo V. S. onde accuratamente eviti anche in privato conversazioni lasciare nascere speranza simili proposte possano essere prese in esame dal Governo italiano (1).

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. CONFIDENZIALE 53/8. Berlino, 8 gennaio 1902, ore 15,15.

Discorso Barrère, resoconto non ancora smentito, intervista Delcassé con Ojetti, hanno naturalmente aperto nuovo campo a polemiche giornali, specialmente in Francia Austria e Italia. Quelle polemiche, senza mutare menomamente sentimenti già manifestati dal Governo imperiale verso V. E., hanno qui sollevato un dubbio, una apprensione che, per lo meno, prima non veniva espresso il timore, cioè, che si possa da noi meditare qualche azione su Tripoli. Barone Richthofen, nel ripetermi di nuovo ieri che la Germania non poteva che felicitarsi di una intesa franco-italiana per lo statu quo Nord Africa, soggiungeva che, a suo avviso, egli non vedeva senza qualche apprensione la soverchia pubblicità data da parte delia Francia alla questione; quella pubblicità potrebbe per avventura infiammare di nuovo e troppo presto certa parte opinione pubblica italiana, favorevole espansione coloniale, trascinando ministero ad atti intempestivi «che ciò non avvenga, concludeva barone Richthofen, mi affidano però la prudenza e saggezza del re e dell'attuale Governo». Senza entrare in discussione, mi limitai compiacermi che barone Richthofen riconosca la necessità che vi ha per noi di assicurare in tutti i modi che Tripoli non cada, a suo tempo, in altre mani all'infuori delle nostre. Del resto non credo qui si tema un improvviso nostro sbarco a Tripoli, così a cielo sereno, si teme piuttosto si mediti qualche cosa simile a ciò che al tempo Visconti Venosta, come V. E. ben sa, alcuni nostri uomini politici suggerivano tentare e si riconobbe inattuabile.

(l) L'on. Prinetti fece, il 7 maggio, una lunga esposizione sulle trattative per una nuova convenzione commerciale con il Brasile, che aveva denunciato il 12 dicembre 1901 il modus vivendi precedente, con lo scopo di ottenere una riduzione totale dei dazi italiani all'importazionedel caffè. Un tentativo italiano di abbinare il negoziato commerciale con un altro sulle garanzie per l'emigrazione italiana in Brasile non fu accolto. A.P. Cam. Dep., cit., II, p. 1342 e s.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 56/10. Berlino, 8 gennaio 1902, ore 17,33.

Biilow ha creduto pronunziare nel Reichstag fin da oggi discorso che evidentemente aveva già preparato. Egli trattò triplice alleanza e ultimo accordo itala-francese in modo che mi pare correttissimo verso noi. Discorso, terminato in questo momento, fu molto applaudito. Agenzia Stefani lo riproduce ed io riferirò particolareggiatamente domani.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 43/22. Vienna, 8 gennaio 1902.

Mi pregio d'informare l'E. V. che il giornale il Fremden Blatt nel suo numero d'oggi, riproduce il seguente telegramma da Roma relativo alle relazioni dell'Italia con la Francia e con le potenze alleate pubblicate dalla Politische Correspondenz di ieri.

«I circoli politici di qui risentono una spiacevole impressione dalle ripetute manifestazioni di sfiducia alle quali una parte della stampa dei paesi alleati con l'Italia ha creduto di trovare occasione a causa dell'accordo con la Francia riguardante il Mediterraneo. Non si comprende qui il modo di pensare secondo il quale il Gabinetto di Roma, mediante uno scambio di idee col Governo francese circa gli scambievoli interessi sulla costa del Nord-Ovest dell'Africa, si sarebbe reso colpevole di infedeltà verso i suoi alleati. Un punto di contatto tra il detto accordo e la sfera d'azione della triplice alleanza può solo trovarsi nel fatto che l'Italia nel dirimere con la Francia questioni che potrebbero essere fonti di malumori tra le due potenze e nell'evitare con ciò il pericolo di attriti ha agito anche nel senso dei consigli dati sempre cosi da Vienna come da Berlino di cercare d'intrattenere con la Francia i migliori rapporti possibili. Gli alleati dell'Italia non possono scorgere nell'accordo italafrancese riguardante la costa Nord-Ovest dell'Africa una specie di fellonia, così come non l'hanno scorta nel riavvicinamento delle relazioni commerciali tra il Regno e la Repubblica francese. Il desiderio del Gabinetto di Roma di porsi in amichevole contatto con la Francia circa la detta questione non sorse da alcun calcolo di procurarsi una posizione più vantaggiosa in vista del rinnovamento della triplice alleanza da ma un interesse vitale e a tutti palese dell'Italia nel Mediterraneo. Si trova del tutto incomprensibile che questo accordo sembri a taluni un segno di agonia della triplice alleanza la cui situazione sarebbe divenuta critica a causa del conflitto dei grandi interessi economici degli alleati.

Le difficoltà che si prevedono per la conchiusione dell'accordo commerciale tra gli Stati che formano la triplice alleanza da nessuno degli uomini politici italiani serii sono talmente esagerate da vedere in esse delle spine che possono ferire a morte l'alleanza. Si è invece in Roma, questo può esplicitamente ripetersi, fermamente e generalmente convinti che il Trattato d'alleanza tra la Germania, l'Austria-Ungheria e l'Italia sarà senza dubbio rinnovato».

21

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI (l)

L. P. Londra, 8 gennaio 1902.

Ho ricevuto oggi la lettera di V. E. del 3 (2), dalla quale ho rilevato i passi fatti costì da Lord Currie in seguito alla comunicazione da me qui eseguita a suo riguardo. E compio anzitutto il dovere di sottoporle qualche considerazione sugli appunti fattimi circa la via da me prescelta per la comunicazione stessa.

M. Barrington non è un impiegato subalterno, ma -anche astrazione fatta della sua distinta situazione sociale -egli è un vecchio funzionario che occupa nel Foreign Office (la cui organizzazione è diversa dalla nostra) una carica elevata come capo del personale diplomatico, essendo inoltre stato, fino dal 1878, il braccio destro di Lord Salisbury, come lo è ora dell'attuale Ministro cui serve di il.i.termediario con la Presidenza. Dapprima avevo infatti pensato a uno dei Sotto Segretari di Stato (Bertie), più che altro per la sua qualità di amico intimo di Lord Lansdowne, ma poi ho riflettuto che una comunicazione a lui fatta non avrebbe avuto carattere sufficientemente formale e che non sarei stato ugualmente sicuro della sua positiva trasmissione come lo ero col «Private Secretary ». Aggiungo che a questo riguardo mi ero anche consigliato confidenzialmente con un mio amico ambasciatore inglese (Lascelles) allora qui in congedo, ed egli pure suggerì di rivolgermi a M. Barrington. Non ho esitato ad aprirmi a quel mio antico collega, col quale ho una dimestichezza di molti anni, anche pel riguardo di far conoscere lo stato delle cose a persona che avendo qui contatto in alte sfere, era bene di avere moralmente dalla parte nostra per ogni evenienza; inutile aggiungere che parlando con lui, non ho detto più di quanto mi occorresse dire.

M. Barrington mi dichiarò quando cominciai il discorso, che mi ero diretto per la via la più regolare (3) e che le cose a lui dette erano come dette alla persona del Ministro. E così fu: dopo di che, la mia comunicazione formò oggetto di apposito rapporto a Lord Salisbury. Quanto alle parole di M. Barrington da Lei rilevate, circa l'avere io o meno l'incarico di domandare il richiamo di Lord Currie, non so come io abbia potuto riferirLe così da produrre l'impressione sfavorevole da V. E. riportatane. La lettura di una frase tolta isolatamente da una conversazione può cagionare di questi effetti inattesi. Bensì posso assicu

rarLa che se Ella conoscesse la persona e avesse assistito al colloquio, non avrebbe certamente rilevato ombra di petulanza nè tanto meno di minaccia in quelle parole, le quali, nel momento e col tuono in cui furono pronunciate, esprimevano soltanto inquietudine davanti all'eventualità di un passo più grave, il quale avverandosi, avrebbe creato una situazione penosa fra i due governi amici. Infine, la comunicazione fatta da qui a Lord Currie non fu, come Ella la suppose, un avviso personale del Segretario, ma fu un invito del Ministro a quell'Ambascia tol'e.

Ciò mi venne confermato -se avessi mai potuto dubitarne -da Lord

Lansdowne stesso, che dovetti vedere martedì (suo giorno di ricevimento in que

sta settimana) per alcuni affari che non potevo rimandare. Egli mi disse esser

gli stata fatta a suo tempo la mia comunicazione relativa a Lord Currie (e certi

dettagli da Lui accennati bastarono a dimostrarmi che nulla gli era stato

taciuto); in seguito a che, egli aveva fatto giungere a quell'ambasciatore il con

siglio di procurarsi una esplicita conversazione con V. E. (non ho capito se que

sto consiglio si estendesse pure alla visita al Re, o se quest'ultima sia stata

dovuta ad iniziativa di Lord Currie); l'ambasciatore aveva ora riferito le spie

gazioni avute con V. E. (e qui egli mi espose in termini quasi identici quanto

lessi poi nella Sua lettera), nonchè l'udienza accordatagli da Sua Maestà, che si

era mostrato altrettanto franco quanto gentile (avendogli detto, fra l'altro, a

proposito dell'incidente Norfolk, che in quel momento si era stati in forse di

presentare a Londra formale reclamo contro di lui, ma si era voluto tener

conto ecc.).

Lord Lansdowne aggiunse aveva ritenuto necessario cotesto passo, aHo scopo di riaffermare i cordiali rapporti che era suo vivo desiderio di mantenere col Governo Italiano, e ciò tanto più in quanto che nella stampa avevano cominciato a venir fuori allusioni tendenti quasi a far credere ad una freddezza subentrata fra le due nazioni amiche, impressione assolutamente falsa e che gli stava a cuore di dissipare. In quel momento io non avevo ancora ricevuta l'ultima lettera di V. E., ma bensì il Suo telegramma del 4 (1). Mi studiai quindi di mantenere ogni maggior riserva, specie su quanto si riferiva all'effetto dei passi di Lord Currie. Soltanto quando il Ministro mi parlò del combinato ritiro della nota circa il caso di Livorno, io gli accennai che quell'incidente era stato, più che altro, un'ultima goccia. Lord Lansdowne che comprese benissimo, conchiuse allora: ad ogni modo l'orizzonte si è ora chiarito per qualche tempo ed è questo che premeva frattanto di ottenere.

Non so se Ella vorrà tenere in qualche conto le circostanze più sopra esposte come giustificazione della via da me seguita per il commessomi messaggio, via della quale ho infatti la responsabilità che all'E. V. era piaciuto di !asciarmi. Io credo che dopo un simile passo qui fatto in qualsiasi forma, una spiegazione del genere di quella avvenuta era in ogni caso inevitabile, dato che la rimozione dell'ambasciatore non poteva essere questione di giorni ma di mesi. Su questo ultimo punto mi rendo ben conto di non essere disgraziatamente riuscito a persuadere V. E. che un talP. indugio non vuoi essere interpretato come una mancanza di deferenza verso di noi; ma questa è veramente la mia opinione

coscienziosa, nè potrebbe Ella approvarmi se dicessi cosa contraria a quanto penso. Tale opinione, del resto, non si riferisce in ispecie alle disposizioni di questo o quel Governo Inglese, ma mi è dettata piuttosto dalla considerazione generale di ciò che suole avvenire in simili casi, di alcuni dei quali ricordo aver avuto occasione di seguire :lo sviluppo anche in altri paesi. Nè dico questo a titolo di inutile insistenza, ma per argomentarne che le recenti spiegazioni di Lord Currie non sono da riguardarsi, a parer mio, come un epilogo dal quale esca consolidata la sua posizione a Roma. A nessun Governo può piacere di tenere a lungo un rappresentante al quale si dovettero ordinare simili scuse con l'inevitabile effetto di esautorarlo agli occhi del Governo presso il quale è accreditato. Io non vorrei attribuire un significato troppo tassativo alle citate parole di Lord Lansdowne « per qualche tempo »; ma ho l'impressione che l'ultimo incidente contribuirà ad affrettare anzichè ritardare una soluzione che ho motivo di supporre sia ormai desiderata anche dal Foreign Office.

Nella nostra conversazione, Lord Lansdowne non fece allusione alll'argomento di Tripoli. Per questo terrò accuratamente presenti le istruzioni di V. E. e non mancherò di valermene all'occasione.

Quanto infine alla proposta del direttore del Times in presenza del contenuto del telegramma del 26 dicembre e deJl'ultima parte della lettera di V. E., debbo !imitarmi a osservare rispettosamente, in linea di fatto, che a quel direttore io ho soltanto risposto che cercherei di far pervenire alla Tribuna la detta proposta, senza pronunciarmi con lui sull'esito di questa. Sono lieto ad ogni modo che Ella abbia incaricato il Principe Sciarra di trattare cotesto affare, e ciò anche per ,la considerazione che la sua qualità di proprietario della Tribuna rende il suo intervento naturale ed opportuno, più che non lo sarebbe quello della R. Ambasciata. Voglio dire che, in previsione soprattutto di un ulteriore polemica eventuale non vi sarà gran male se questa conserverà almeno l'apparenza di una quistione tra giornali, mentre non potrebbe convenire ad un governo l'aver l'aria di entrare pel tramite della propria Ambasciata, in dibattiti con un giornale straniero, sia pure il Times, e tanto meno poi a proposito delle per noi poco interessanti qualità morali di un corrispondente qualunque.

(l) Ed. in E. SERRA, L'Intesa mediterranea del 1902, cit., pp. 255-258.

(2) -Cfr. n. 6. (3) -Sottolineature di Pansa sulla copia.

(l) Cfr. n. 10.

22

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 60/11. Berlino, 9 gennaio 1902, ore 11,45.

Mentre trasmetto per la posta testo completo discorso Biilow (1), traduco qui vicino, letteralmente parte che più particolarmente ci riguarda: «Vi sono state sempre persone desiderose sotterrare triplice alleanza; ne sono state pure di quelle animate da bisogno di dichiarare triplice morta. Ma la triplice gode sempre buona salute ed io penso e spero che sarà di essa come di quelle

persone di cui falsamente è annunziata morte e che vivono al contrario molto a lungo. Triplice non è società per acquisti ma società assicurazione. Non è offensiva ma difensiva; non aggressiva, ma eminentemente pacifica. Storicamente parlando, triplice rappresenta conciliazione fra le conquiste nazionali derivanti guerre 1860 e 1870 e ricostituzione stabilità che, dopo le guerre napoleoniche, ha assicurato per mezzo secolo pace. Triplice unisce presente e passato, assicura avvenire. Essa non esclude buone relazioni dei contraenti con altre potenze e non parmi giusta agitazione che una parte, sebbene piccola, della stampa tedesca ha dimostrato per accordo itala-francese. In un matrimonio felice, marito non deve subito allarmarsi se la moglie fa anche un giro con un altro; essenziale è che non lo abbandoni. Ciò non avviene se con lui si trova bene. Triplice non impone ai suoi membri, alcuna obbligazione gravosa e specialmente non obbliga alcuno di essi mantenere sue forze combattenti quando, come vuole; direi, anzi, senza triplice questo o quello contraente sarebbe costretto a spese militari maggiori di ora ove egli fa parte forte gruppo. Accordo itala-francese su talune questioni mediterranee non contrasta colla triplice; è fuori di dominio di essa » (l).

(l) Cfr. n. 26.

23

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO RESIDENTE A CARACAS, RIVA

T. 47. Roma, 9 gennaio 1902, ore 16,50.

Codesto Ministro di Germania riceve dal suo Governo istruzione di rimettere a codesto Governo Memorandum relativo ai reclami 1898, 1899. La prego di fare per conto nostro simultanea consegna di analogo memorandum. Le confermo, del resto, istruzione generica di procedere, in questo argomento, sempre d'accordo col collega germanico, tenendosi con esso in costante contatto.

24

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, SCANIGLIA

T. 50. Roma, 9 gennaio 1902, ore 20,25.

Accordo chiesto congedo. Ella può partire non appena mercè suo opportuno linguaggio, sia rimosso il pericolo che la sua venuta a Roma possa provocare molesti commenti.

(l) Il discorso venne accolto favorevolmente da La Tribuna, La Perseveranza, e da Il Giornale d'Italia del 10 gennaio, mentre il radicale Il Secolo, stesso giorno, lo definì «elogio funebre della Triplice» V. GP, XVIII, 2, 5846 e s.

25

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. CONFIDENZIALE 49. Roma, 9 gennaio 1902, ore 20,30.

Riferendomi telegramma di ieri di V. E. (l) al quale mi riservo di rispondere lungamente in seguito prego intanto V. E. telegrafarmi cosa fosse progetto suggerito Visconti Venosta e riconosciuto inattuabile perché qui nessuno fu in grado di darmene notizia.

26

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 70/21. Berlino, 9 gennaio 1902 (per. il 12).

Riunitosi ieri nuovamente il Reichstag, dopo le vacanze natalizie, s'iniziò, senz'altro, la discussione generale del Bilancio: il Segretario di Stato per il Tesoro fece la solita esposizione finanziaria e dopo un breve discorso del Conte Stolberg sorse a parlare il Cancelliere, il quale provò il bisogno di far alcune dichiarazioni circa il famoso discorso del Ministro Chamberlain ad Edimburgo (vedi miei precedenti rapporti), e circa la triplice Alleanza, e ciò molto probabilmente, allo scopo di rispondere anticipatamente a possibili interrogazioni ed interpellanze. Qui unito ho l'onore d'inviare il testo del discorso quale è stato pubblicato dalla ufficiosa Nord Deutsche Allgemeine Zeitung (2).

All'indirizzo del Signor Chamberlain il Conte di Btilow che, come è noto, maneggia da maestro l'ironia, rivolse sotto forma perfettamente cortese, in apparenza, parole molto pungenti, tali da riescire assai ostiche all'uomo di Stato inglese:

« Io credo, disse il Cancelliere, che noi tutti saremo d'accordo, e penso pure che in questo modo di vedere concorderanno tutte le persone intelligenti in Inghilterra -nel ritenere, che quando un ministro è costretto a giustificare la sua politica-e ciò può certamente avvenire -(ilarità) farà bene a non tirare in ballo le nazioni estere. Quando poi egli voglia assolutamente citare esempi stranieri, è indispensabile che lo faccia con la massima avvedutezza ad evitare non solo il rischio di non esser compreso, ma anche quello di ferire, senza volerlo -siccome io voglio e debbo ritenere, per assicurazioni ricevute d'altra parte, sia avvenuto nel caso attuale -i sentimenti di un altro paese. E ciò è tanto più spiacevole quando avviene ad un Ministro che parla di un paese, il

quale ha sempre conservato col suo buone e amichevoli relazioni, di cui il mantenimento indisturbato risponde ugualmente agli interessi delle due parti>>.

Non occorre che io trascriva qui novellamente le parole del Cancelliere concernenti la triplice Alleanza e dil recente accordo franco-italiano, delle quali ho già inviato telegraficamente la traduzione (l). Voglio tuttavia riferire testualmente qui appresso l'ultima parte del discorso la quale sembrami degna di speciale nota:

«Gli accordi franco-italiani circa alcune date questioni mediterranee non vanno contro la triplice. Del resto noi possiamo contemplare l'ulteriore sviluppo della cosa con tanta maggior tranquillità, in quanto la situazione è sensibilmente diversa oggi di quello che era nel 1879, allorché il Principe di Bismarck gettava, col Conte Andrassy, nel trattato austro-germanico le fondamenta di quello della triplice Alleanza. In quell'epoca noi ci occupavamo solo della politica Europea. Le combinazioni non oltrepassavano il bacino del Mediterraneo. Oggi la politica delle Grandi Potenze abbraccia tutto il globo terrestre. Io credo che dacché la storia esiste, non vi fu mai un'epoca nella quale esistettero contemporaneamente tanti potenti Imperi. Da tutto ciò deriva, se mi è lecito di esprimermi in tal modo, un sistema di contro-equilibrio, il quale da per se stesso e senza bisogno di speciali accordi coopera al mantenimento della pace mondiale. Imperocché non vi è una sola potenza, la quale volendo far la guerra in Europa, non si debba domandare: «Cosa può succedere intanto dietro alle mie spalle? giacché è impossibile assolutamente aver gli occhi rivolti ad ogni lato. Nell'anno 1879 tanto il nostro Grande uomo di Stato Principe di Bismarck quanto il nostro Gran Duce Conte Moltke erano d'accordo nel ritenere che la Germania dovesse premunirsi contro il pericolo -forse non molto lontano -di una grande guerra europea. Oggi la situazione non è ntù così tesa, e ciò dipende da varie cause: prima di tutto ha contribuito decisamente a rassicurare gli animi la politica stabilmente pacifica della Germania in uuestl trent'anni. Venti anni or sono era abbastanza sparsa l'opinione che l'Imoero Germanico, dopo essere stato travolto in grandi guerre, volesse continuare una poUttca guerriera siccome due volte avevano agito gli Imperi Napoleonicl. Questo sospetto costttulva un positivo pericolo in quanto i più irriconciliab111 tra 1 nostrl avversar! si Potevano servire, e si servirono molto bene dell'argomento per atre, se noi non cogliamo questo momento favorevole per aggredire l'Impero tedesco ci esponiamo al rischio che esso, a sua volta, scelga un momento a lui propizio per caderci addosso. Un tale argomento non è in oggi più possibile di usare giacché in verità, da trenta anni in quà, l'occasione non ci è mancata d'intraprendere -e per di più in buona compagnia -una guerra più o meno vantaggiosa. Se qualcuno parlasse d'intenzioni aggressive e guerresche dell'Impero Germanico o dell'Imperatore, pronunzierebbe una calunnia destinata a cadere ignobilmente al suolo. Chiunque si occupa di politica sa bene che noi siamo assolutamente pacifici. Inoltre gli scopi dell'odierna politica mondiale si estendono verso contrade e oggetti molto lontani dalla frontiera Germanica. In tali ordini d'idee cito ad esempio le Coste

Nord Africane, la Persia, l'Asia Orientale,. Se ciò stante la triplice Alleanza non è più per noi una assoluta necessità essa rimane sempre importante in altissimo grado, quale una forte garanzia per la pace e lo statu qua senza parlare pure che essa è un utilissimo mezzo di unione tra Stati, che sia per la loro posizione geografica sia per le tradizioni storiche, hanno ogni ragione di mantener buona vicinanza. Per quanto ci riguarda -e con ciò io voglio terminare -noi dobbiamo conservare la Germania sempre più forte per modo da rendere sempre, come oggi, a ciascuno pregevole la nostra amicizia, ed a nessuno indifferente la nostra ostilità».

(l) -Cfr. n. 18. (2) -Non si pubblica.

(l) Cfr. n. 22.

27

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 57. Roma, 10 gennaio 1902, ore 14,10.

Codesto Governo deve aver ricevuto dal suo ministro in Santiago un telegramma identico a quello pervenutoci dal nostro incaricato d'affari. Si tratterrebbe, previo assenso della repubblica argentina, l'assenso del Cilì essendo già assicurato, di ottenere che il re d'Inghilterra estenda il suo arbitrato a tutte le questioni pendenti tra le due repubbliche. Prego V. E. informarsi e telegrafarmi quale accoglienza codesto Governo intenda fare alla proposta del suo rappresentante, e quali istruzioni darebbe eventualmente al ministro germanico in Buenos Ayres (1).

28

IL MINISTRO RESIDENTE A CARACAS, RIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 66. Caracas, 10 gennaio 1902.

Incaricato d'affari di Germania presentato memorandum 31 dicembre. :Mie immediate riserve ministro degli affari esteri dichiarommi sarebbe data risposta dilatoria.

Attitudine politica generale presa ora da questo incaricato d'affari germanico essendo molto accentuata e Governo della repubblica resistendo, sembra poco opportuno e difficile secondaria, a meno che Governo di Sua Maestà intenda seguire Governo germanico in questa nuova fase. Attendo istruzioni.

(l) Lanza rispose con t. 70/12 dell'H gennaio che il Governo tedesco non aveva ancora presodeliberazione circa le istruzioni da dare al proprio rappresentante a Buenos Aires.

29

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

(Eredità Nigra)

L.P. Roma, 10 gennaio 1902.

Confermo la lettera che Le mandai a mezzo del Barone Fasciotti (1). Avendo molto ponderato l'idea da Lei espostami mi sono sempre più convinto che essa è ottima e sarebbe ottima cosa il farla accogliere dagli alleati. Ebbi ieri occasione di intrattenere Sua Maestà, il quale convenne completamente nel mio apprezzamento e si degnò anche approvare la risposta che appunto io Le avevo mandato a mezzo di Fasciotti, sia per la raccomandazione che in essa io Le facevo di mettere innanzi l'idea come di Lei iniziativa, sia per le altre poche considerazioni che io Le ho esposto direi a complemento del progetto che Ella mi ha sottoposto.

Quindi su questo argomento non ho altro da aggiungere se non la speranza e l'augurio che Ella riesca a far trionfare il di Lei progetto.

Ora devo informarLa che avant'jeri nell'occasione del solito ricevimento settimanale il Conte Wedel e il Barone Pasetti, uno dopo l'altro, non so se per una fortuita coincidenza o per una precedente intesa, mi parlarono della Triplice Alleanza e della opportunità di non troppo ritardare le pratiche pel suo rinnovamento. Ho risposto che io ero pronto ad iniziarle non solo ma anche a concluderle fin da ora; che però facevo osservare come, nello stato presente della pubblica opinione in Italia, manifestatasi anche in forma abbastanza seria nel Parlamento, non mi appariva possibile disgiungere completamente l'alleanza dai Trattati, e il rinnovamento della prima doveva per forza accompagnarsi al rinnovamento in principio anche dei secondi, e alla risoluzione di quelle fra le questioni commerciali (esempio la clausola del vino) che altrimenti a un momento dato avrebbero potuto costituire un ostacolo insuperabile ad una intesa.

Aggiungevo anche essere nostro desiderio che il rinnovamento della Triplice Alleanza fosse circondato da qualche provvedimento inteso a non lasciar rinascere intorno ad essa quei sospetti che, essendo ora fortunatamente dissipati, hanno permesso di ristabilire i buoni rapporti colla l<'rancia; e toccai anche leggermente dei Balcani.

In complesso mi pare che la mia risposta facesse abbastanza buona impressione sui miei interlocutori, inquantoché dimostrava che io non aveva nessun impegno nessuna ragione per tentare di evitare una simile questione e che avevo la ferma intenzione di perseverare nella politica fin qui seguita. Naturalmente essi non si dissimularono le difficoltà, direi, tecniche di arrivare a conchiudere ora le cose, ma io ho pensato che questo sarà un elemento buono per facilitare la riuscita del di Lei progetto, del quale mi sono guardato bene del far parte, perché mi sembra assolutamente opportuno sia messo innanzi da Lei come sua iniziativa, ed è anche bene venga fuori naturalmente a Vienna anziché qui.

Ed ora non mi resta se non richiamare la di Lei attenzione sul fatto che molti giornali austriaci anche dei più serii, anche di quelli reputati officiosi,

continuano a intimare quasi all'Italia di non pensare a Tripoli -e ciò in una forma piuttosto acre e ingiuriosa per noi. Io non ho nessuna ragione di credere che questo sia il pensiero del Governo Austro-Ungarico; ma mi preme avvertire che nulla potrebbe essere più adatto ad eccitare in Italia diffidenze e ripugnanze.

Che i Governi alleati possano raccomandarci di astenerci da un colpo di mano su Tripoli perché ciò potrebbe poi accendere un incendio generale lo capisco anche, quantunque sono venti giorni che continuo a dire e far dire dappertutto e in tutte le forme che il Governo non si sogna nemmeno di voler tirar la spada per andare a Tripoli. Ma se nascesse nel pensiero italiano il dubbio che o l'uno o l'altro dei Governi alleati si opporrebbero alle aspirazioni dell'Italia su Tripoli, temo che la conseguenza ne sarebbe un grande enorme mutamento nell'indirizzo dell'opinione pubblica Italiana in fatto di politica estera.

Anche molti giornali tedeschi avevano cominciato una campagna simile; per fortuna il discorso del Conte Biilow così misurato, così giusto, cosi ispirato ad un equo concetto di quello che la Triplice Alleanza è e deve essere ha troncato, mi sembra, questa campagna. Non so se l'effetto si estenderà anche alla stampa austriaca. Vorrei sperarlo.

P. S. Memore delle vive raccomandazioni da Lei fattemi per la frase da inserire nel Discorso della Corona, gliene mando un progetto {1), intorno al quale prima di presentarlo al Consiglio dei Ministri e a Sua Maestà desidero avere il di Lei avviso, e cioè se esso risponda a quello scopo di rassicurare di alcuni dubbi nominando la parola Alleanza come Ella mi aveva detto. Le raccomando dirmi il di Lei avviso francamente col ritorno del Corriere o con una occasione più prossima se c'è e suggerirmi quelle modifiche che Le paressero opportune ed io poi vedrò qui se possibile, di introdurle.

(l) Cfr. n. 14.

30

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 98/48. Parigi, 10 gennaio 1902.

Alla prima emozione prodotta dalle dichiarazioni fatte da V. E. nella tornata delli 14 Dicembre alla Camera dei Deputati incominciava a succedere la polemica dei giornali francesi circa i compensi che la Francia avea dovuto avere dall'Italia per lasciare a questa la mano libera sovra la Tripolitania, quando il discorso tenuto dal Signor C. Barrère ai suoi connazionali in Roma, l'intervista del Signor Delcassé con il Signor Ugo Ojetti, pubblicata nei giornali parigini ancor prima che qui giungesse il N. del 4 gennaio del Giornale d'Italia al quale essa era destinata, e finalmente il discorso del Cancelliere Germanico, trasmesso qui da poco più di 24 ore, hanno suscitato un clamore altissimo che

si è propagato istantaneamente alla op1mone pubblica ed alla stampa periodica di tutta l'Europa. L'Agenzia Havas ha riempito parecchie colonne col riassunto degli articoli e degli apprezzamenti dei giornali inglesi, tedeschi, austriaci e russi. In mezzo a tanta emozione generale, quella prodottasi in Francia, ancorchè vivissima, sembra relativamente meno intensa. Il certo è che da un pezzo non si era veduto un movimento così generale non saprei se di interesse

o di sorpresa, intorno ad un punto determinato della politica internazionale.

Coloro che rammentano che il Signor Barrère nel discorso delle relazioni franco-italiane ai Francesi che intervengono al ricevimento del Capo d'anno a palazzo Farnese, non fece anche negli anni passati altro che seguire un'usanza stabilita dai suoi predecessori, potrebbero essere inclinati a non attribuire alle cose dette dal Rappresentante della Repubblica, or sono dieci giorni in Roma, tutta l'importanza e tutto il peso che altri vorrebbero vedervi.

Per contro l'intervista che il Giornale d'Italia ha pubblicato dopo che i giornali parigini ne aveano avuto le primizie, è cosa tanto insolita nel Signor Delcassé, che in tutti la sorpresa che il fatto produce, aggrava, se così posso esprimermi, l'impressione che la sostanza delle cose ch'egli avrebbe dette, era aestlnata a produrre. Il Signor Delcassé partì la sera del 1° Gennaio per Nizza e di là non farà ritorno che fra altri due o tre giorni. Quando avrò potuto abboccarmi con lui avrò un concetto più sicuro del valore che intenzionalmente egli ha voluto dare alla conversazione sua con il Signor Ugo Ojetti. Intanto noterò che la Correspondance politique delli 8 corrente si dice autorizzata a dichiarare che il Signor Delcassé, nella sua conversazione con il corrispondente del Giornale d'Italia, ha in nessun modo toccato alla parte che l'Italia potrebbe avere negli affari della Penisola dei Balcani. Mi pare probabile che questa rettifica che l'Agenzia Havas pubblica sotto la rubrica «Austria», sia stata provocata dalla diplomazia austro-ungarese.

Il terzo fatto, e di tutti il più importante, il discorso cioè del Signor de Btilow sovra le relazioni itala-francesi e la Triplice Alleanza, è così recente e si è prodotto in un ambiente così poco noto a me, che io esiterei a metterlo qui in conto se esso non avesse manifestamente ad occupare il posto preponderante nel dibattito che l'opinione pubblica generale ha aperto sovra le linee della politica internazionale dell'Italia.

Sono dolente che l'assenza del Signor Delcassé mi impedisca ancora per qualche giorno di chiarire, per quanto starà in me, ciò che può esservi stato in lui d'intenzionale nel concorrere a produrre il sovr'eccitamento dell'opinione pubblica che si rivela nel linguaggio della stampa di tutti i paesi. Sovra questo punto io debbo fare per ora le più ampie riserve mentre neppure sono in grado di sapere se questo Ministro degli affari esteri ammette l'esattezza del linguaggio attribuitogli dallo scrittore italiano.

Intanto, qualunque siano state le intenzioni di coloro che parlarono, il fatto per sé incontestabilmente esistente nell'ora presente è questo che l'opinione in Francia, come negli altri paesi collega così strettamente che è accaduto in questi primi giorni di gennaio con le dichiarazioni esposte da V. E. alla Camera dei Deputati il 14 dicembre, dal farne un tutto da cui ciascuno deduce, secondo le proprie tendenze, conclusioni che per lo meno mancano di ponderazione e di misura.

La discussione del bilancio del Ministero degli affari esteri si aprirà in una delle prime sedute della Camera francese la quale si riunisce il 14 corrente. Le dichiarazioni che al Signor Delcassé saranno domandate circa le relazioni della Francia con l'Italia gli permetteranno di soddisfare certamente all'impegno da lui assunto verso di noi per mezzo dell'Ambasciatore della Repubblica a Roma. Ma queste dichiarazioni si svolgeranno in un ambiente indubbiamente molto diverso di quello che esisteva ancora poche settimane or sono in Francia ed ecciteranno negli altri paesi sentimenti de' quali inutile sarebbe il dissimularci l'importanza.

Per ragioni ovvie, il ristabilimento di intime relazioni politiche con l'Italia che molti già tramutano in formale alleanza, non può incontrare nell'opinione pubblica francese altro che favore. Ho esposto recentemente a V. E. come qui esista la tendenza a tramutare in triplice la duplice alleanza esistente e ciò sia per avervi una posizione più indipendente, sia per acquistare nell'azione direttiva una partecipazione più soddisfacente per l'amor proprio della Nazione. Le relazioni -qualunque esse siano e qualunque scopo prossimo o remoto

' .

esse abbiano -esistenti fra le frazioni le più avanzate dei partiti in Italia ed in Francia predisposero la via a far considerare da molti come un trionfo della fraternità dei popoli lo scioglimento della Triplice Alleanza. Sarebbe illusione il credere che l'influenza dei comuni ideali nella politica interna, non eserciti alcuna azione sovra le tendenze che, nell'ora presente, potrebbero entrare in giuoco. Mosse pertanto da idee e da sentimenti forse assai diversi e per vie non comuni, quasi tutte le frazioni dei vari partiti, eccettuata l'estrema destra, convergono a ritenere che l'uscita della Italia dalla Triplice alleanza sarebbe un grande trionfo della Francia. E che i Governi di questo paese, qualunque essi siano, abbiano il desiderio di conseguirlo, è nella natura delle cose. Ciò debbo dire, anche con il pericolo di volere sembrare di dimostrare l'evidenza, perché, in questo momento, mi pare che ciò che il Governo di Sua Maestà deve aspettarsi da me è che io gli dica senza esitazione e reticenze quale è lo stato della opinione pubblica francese e quale significato esso abbia effettivamente.

(l) Non rinvenuto.

31

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 86/28. Berlino, 11 gennaio 1902 (per. il 14).

Le ultime dichiarazioni fatte al Reichstag dal Cancelliere a proposito del discorso del Ministro Chamberlain non hanno prodotto, come V. E. lo avrà potuto rilevare, buona impressione nella stampa Inglese, la quale in grande maggioranza, ha espresso il suo risentimento per i termini di cui il Conte di Bil.low si era servito all'indirizzo del Ministro Britannico.

Intanto, nella seduta di ieri, un deputato antisemita con un linguaggio di una violenza pari a quella dei più accaniti partigiani francesi, ha, in un suo discorso, non soltanto insultato grossolanamente il Signor Chamberlain, dicendo che il popolo tedesco lo considera come <<un monello matto» (verriichtesten Buben) ma fatto anche allusioni offensive all'esercito inglese.

Le insolenti parole del deputato Liebermann provocarono rimostranze del Presidente, il quale inflisse la censura al bollente antisemita. Il Conte di Biilow, cui nell'interesse della sua politica generale, preme non poco di por termine a questa incresciosa polemica anglo-Germanica, che ha durato fin troppo, giudicò saggiamente che era il caso di intervenire direttamente, al doppio scopo, di dissipare la poco piacevole impressione cagionata in Inghilterra dal suo discorso di avantieri, e di evitare, ad un tempo, il rimprovero che gli sarebbe stato infallibilmente rivolto se avesse lasciato passare, senza protesta, le escandescenze del Deputato Liebermann. Il breve discorso del Cancelliere di cui invio qui unito il testo (l) riscosse gli applausi della grande maggioranza della Camera.

Egli esordì col dichiarare che credeva d'interpretare i sentimenti della Camera intera, quando esprimeva la speranza che dalla tribuna del Reichstag tedesco non si prendesse la cattiva abitudine di combattere i Ministri Esteri, perché ciò sarebbe contrario non solo ai costumi del popolo tedesco, che è un popolo ben educato, ma anche agli interessi della politica nazionale. «Se noi, soggiungeva, ci risentiamo, e giustamente, degli attacchi contro il nostro esercito, non ci dobbiamo, d'altra parte, permettere di insultare un esercito straniero a cui appartengono anche persone che sanno morire». Replicando poi alle osservazioni del deputato Bassermann il quale aveva deplorato che nell'incidente Chamberlain, il Governo non avesse, per mezzo dei suoi organi ufficiosi, indicata la via alla opinione pubblica ed alla stampa, il Cancelliere disse che ciò non gli era parso necessario, perché l'opinione pubblica e la stampa sarebbero cadute molto in basso, se in una questione di onore nazionale avessero avuto bisogno di sentire prima il «leit-motiv » del Governo.

Nel ricordare, quindi, le parole da lui pronunziate avantieri per respingere le insinuazioni contro l'esercito tedesco, il Conte di Biilow aggiungeva: «Io voglio dichiarare, perchè su ciò non possa sussistere il menomo dubbio, che io non intendo assolutamente entrare nel giuoco di coloro i quali nelle mie dichiarazioni ultime desiderano veder un sotterfugio per obbligarci a cambiare il nostro atteggiamento a riguardo della guerra Sud-Africana, ovvero un pretesto per suscitare relazioni poco amichevoli, anzi ostili, tra il nostro popolo ed un altro popolo, che mai ci siamo trovati dinanzi come nemico, e col quale siamo legati da molteplici e gravi interessi. La nostra politica estera non può rettamente orientarsi, se ci lasciamo guidare da discorsi, da risoluzioni ed assemblee popolari. La nostra politica deve esser unicamente ispirata dagli interessi positivi e permanenti del paese ed essi, a condizione beninteso di salvaguardare intatta la nostra indipendenza, e di tutelare la nostra dignità, ci consigliano a coltivare pacifiche ed amichevoli relazioni con l'Inghilterra.

Nell'ultima parte del suo discorso il Cancelliere, a proposito di alcune osservazioni del citato Signor Bassermann sulle agitazioni in Galizia, si espresse nei seguenti termini:

« Io non posso finire senza manifestare il mio rincrescimento per il modo in cui l'onorevole preopinante si è espresso circa gli affari interni austriaci. Se ci riescono sgradite, se noi non possiamo in ogni caso tollerare le immistioni negli affari nostri interni, dobbiamo da parte nostra, occuparci degli affari interni degli altri paesi col massimo tatto, ciò che costituisce la base essenziale di corrette relazioni internazionali».

(l) Non si pubbl!ca.

32

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, SCELSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 29/8. Sofia, 11 gennaio 1902.

Facendo seguito al mio rapporto in data 20 novembre n. 975/281 (1), ho l'onore di partecipare a V. E. che in un colloquio che ebbi ieri col signor Daneff, seppi da lui che le trattative tra la Bulgaria e l'Austria sulle basi da me accennate nel citato rapporto sono ormai condotte a termine. La convenzione relativa sarà tra breve firmata dai due Governi; però non avrà immediata esecuzione, volendo prima il signor Daneff intavolare uguali trattative con tutte le altre potenze che godono dei privilegi delle capitolazioni. Egli mi annunziò che tra qualche giorno mi avrebbe intrattenuto su tale argomento ed aggiunse: «J'espère que M. Prinetti voudra bien se montrer conciliant à tel sujet ».

Attenderò quindi le comunicazioni che mi farà il Signor Daneff per riferirne minutamente a V. E.

33

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A CARACAS, RIVA

T. 70. Roma, 12 gennaio 1902, ore 20.

Non possiamo ammettere diverso trattamento. Se quindi memorandum tedesco contempla espressamente i reclami per i danni 1898-99, ella deve fare

6 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

analogo passo salvo imitare alla pari i passi ulteriori, secondo le istruzioni che mi riservo di impartirLe in base alle ulteriori notizie di Lei. A tal fine rinnovo espressa raccomandazione tenersi in continuo contatto col collega.

(l) Non pubblicato.

34

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 73/3. Pechino, 12 gennaio 1902.

Non essendosi potuto raggiungere un accordo sul modo di ripartire i dieci milioni di taels che occorre dedurre dalle cifre dichiarate dalle potenze per portare l'indennità complessiva ai 450 milioni stipulata nel protocollo mi sono astenuto anch'io dal dichiarare la cifra della nostra indennità ridotta. In una riunione tenuta oggi questo ministro di Russia, considerando l'impossibilità di arrivare altrimenti alla ripartizione del buono complessivo, ha proposto di ridurre al pro rata del 2,25 per cento le cifre già dichiarate da ciascuno. Approvarono tutti, meno il Ministro del Giappone che disse dover chiedere istruzioni suo Governo e il Ministro d'Inghilterra il quale dichiara accettare la proposta russa solo dopo che ciascuna legazione avrebbe dichiarato le rispettive indennità ridotte e se questa riduzione non fosse sufficiente. Siccome buona parte delle Potenze non intende ridurre, dipende ora esclusivamente dal Ministro inglese la definizione di questa questione. Ha creduto potermi unire alla maggioranza, senza chiedere autorizzazione di V. E. perché la nostra riduzione è superiore alla riduzione pro-rata.

35

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 89/30. Berlino, 12 gennaio 1902 (per. il 15).

Ieri continuò nel Reichstag la discussione generale del Bilancio. Nel corso della medesima il deputato socialista Bebel pronunziò un discorso criticando acerbamente il contegno delle truppe Imperiali in Cina ed in generale tutta la politica internazionale seguita dal Cancelliere, cui l'oratore mosse fra l'altro il rimprovero di aver con le ultime sue dichiarazioni provocato negli alleati un sentimento di sfiducia verso la Germania.

La risposta del Conte di Btilow di cui unisco qui il testo (l) contiene fra le altre dichiarazioni quelle che trascrivo qui appresso in traduzione e si riferisce alla triplice Alleanza:

«Ora, miei Signori, il Signor Deputato Bebel ha anche detto che esiste una diffidenza verso di noi da parte dei nostri alleati. Io vorrei veramente pregare l'onorevole deputato di dirmi su quale base si fonda questa sua opinione. Io posso assicurargli -ed in questo momento, non parlo assolutamente come diplomatico, io parlo apertamente, io sono molto più leale di quello che il Signor Deputato Bebel crede, e dico quindi che non esiste nei nostri alleati alcuna diffidenza a nostro riguardo. Io ho avuto la soddisfazione di ricevere ieri da Roma un telegramma, nel quale è riferito che il mio riverito amico il Ministro degli Affari Esteri d'Italia Signor Prinetti ha detto al nostro Ambasciatore, che, nel discorso, che sulle questioni estere io ebbi l'onore di pronunziare alcuni giorni or sono, non vi era una parola sola, alla quale egli non potesse apporre la sua firma. E se il deputato Bebel darà uno sguardo ai giornali di Vienna potrà facilmente convincersi che anche quelli, ad un dipresso, giudicano alla stessa stregua le mie dichiarazioni».

(l) Non si pubblica.

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IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 79/16. Budapest, 12 gennaio 1902 (per. il 16).

Il discorso del Conte Bi.ilow sulla triplice alleanza è stato giudicato dalla stampa ungherese se non in modo assolutamente favorevole, almeno con una moderazione di forma maggiore di quanto si potesse immaginare. Appena l'Hazan organo del partito agrario, ne prese argomento per accusare la Germania di far poco conto dei suoi alleati e sovrattutto di essersi sempre servita dell'Austria come mezzo per tutelare i propri interessi speciali. Il Pester Lloyd nel suo articolo del 10 corrente, premettendo che il discorso fu «troppo spiritoso per avere una completa portata» addusse una serie di argomenti per dimostrare che, malgrado tutto, la triplice rimane sempre una necessità tanto per la Germania come per le altre due Potenze alleate.

Gli altri giornali si limitarono a commenti generici e di poca importanza. Mi sembrò però degno di nota un passo in cui il Budapest Naplo (che è considerato come organo ufficioso del Ministro Presidente Signor de Széll) osservava essere il discorso in questione evidentemente fatto all'indirizzo dell'Italia « la cui avversione (« Enstreudilng) all'alleanza è ora più forte che mai». Senonché il Pester Lloyd nel suo articolo di ieri, che mi onoro accludere in originale (l) sembrò quasi voler spuntare tale affermazione, dimostrando come sia giusta e legittima la cura con cui l'Italia intende ad assicurare da sorprese o da colpi di mano la sua posizione nel Mediterraneo, mentre i suoi alleati hanno tutto l'interesse a non sollevarle ostacoli in questa sfera d'interessi speciali, a cui la alleanza rimane estranea.

(l) Non si pubblica.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA (Eredità Nigra)

T.R. Roma, 13 gennaio 1902, notte (per. il 14 mattina).

Col corriere che faccio partire oggi appositamente V. E. riceverà mia lettera particolare (1), dalla quale vedrà che avendo avuto occasione di parlare della triplice alleanza con gli ambasciatori di Germania e d'Austria Ungheria ho già prevenuto, se non erro, il di lei consiglio.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

(Eredità Nigra)

T. S. N. Vienna, 13 gennaio 1902. Riservatissimo per lei solo.

Ho ricevuto la lettera particolare di V. E. del 5 corrente (2) e La ringrazio. Ho visto Goluchowski, e senza far proposte ad intavolare trattative gli dissi in via privata che a me pareva giunto il tempo di prendere in esame le due questioni cioè il rinnovamento dell'alleanza e quello dei trattati di commercio. Osservai che nell'opinione pubblica italiana si attendeva che le due questioni procedessero di pari passo e siccome Austria-Ungheria non era in caso di cominciare i negoziati commerciali prima della fme dell'anno, chiesi a Goluchowski, come domanda mia, se non credeva utile che per intanto le tre Potenze si accordassero per prorogare i trattati d'alleanza e di commercio per un anno, onde dar tempo ai negoziati. Goluchowski mi confermò che nel suo pensiero le due questioni non debbono esser vincolate l'una dall'altra, e quindi egli non approva una proroga il cui carattere sarebbe appunto di far dipendere il rinnovamento dell'alleanza di quello dei trattati commerciali. In presenza di questa rinnovata dichiarazione sulla separazione delle due questioni, era inutile il parlare degli altri punti esposti nella lettera di V. E. La mia impressione è che il secondo punto, che toccai alla sfuggita, cioè un'esplicita dichiarazione sul carattere pacifico e difensivo dell'alleanza non troverebbe qui un ostacolo invincibile. Ma non credo che l'Austria Ungheria consentirebbe a modificare il trattato circa i Balcani. Io impegno di nuovo V. E. ad un serio scambio di idee col Gabinetto di Berlino. Non bisogna dimenticare che una soluzione concertata con Berlino avrà probabilità di essere accettata a Vienna e sarà meglio accolta in Italia. Finalmente siccome dalla sua lettera parrebbe che Ella si aspetti ad un'iniziativa

che sarebbe presa dagli imperi alleati per il rinnovamento dell'alleanza colla Italia, credo mio dovere di avvertirla di non contare sopra tale iniziativa che potrebbe benissimo non venire. Se adunque il Governo del Re intende rinnovare l'alleanza non v'è tempo da perdere, e conviene aprirsi molto francamente con Berlino, dove, se si deve far fede ai giornali, si comincia a dubitare, al pari che a Vienna, delle intenzioni del Governo italiano.

(l) -Cfr. n. 29. (2) -Cfr. n. 14.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 26/11. Londra, 13 gennaio 1902.

Le recriminazioni scambiate fra la stampa inglese e tedesca in seguito ad un discorso tenuto due mesi or sono da questo Ministro delle Colonie sulla condotta della guerra del Transvaal paragonata a quella di altre guerre anteriori, cominciavano un poco a sopirsi, quando vennero ora a fornirvi nuovo alimento le discussioni verificatesi sull'argomento stesso, nelle sedute dell'8 e 10 di questo mese del Parlamento germanico.

La controversia essendo così passata nel campo parlamentare, ove avrà necessariamente qualche seguito, giova rammentare i termini di quel discorso che vi diedero occasione. Dopo di aver ribattuto le accuse dell'opposizione circa i metodi adottati in questa guerra, di fronte a quelli del nemico nella fase attuale delle ostilità, M. Chamberlain aveva aggiunto che, qualora il comando delle truppe britanniche si trovasse costretto ad usare in avvenire misure più severe di repressione: «noi potremmo trovare precedenti a qualsiasi nostra azione eventuale, in quella di altre nazioni che ora criticano la nostra barbarie e crudeltà, come negli esempi di Polonia, del Caucaso, di Algeria, del Tonchino, di Bosnia e della guerra franco-tedesca, esempi ai quali non siamo mai nemmeno andati vicino».

Un esame obiettivo sul merito di codesta frase sarebbe senza scopo, di fronte al fatto patente dell'intenzione che le si volle attribuire. All'interpretazione offensiva che le fu data, contribuì evidentemente quella suggestione che certi precedenti discorsi di M. Chamberlain hanno creata a suo riguardo in Europa, ogni qual volta egli si avventura a menzionare in pubblico un paese estero qualunque. È però notevole che mentre i ricordi storici da lui evocati toccavano ben quattro nazioni diverse, fu in Germania soltanto ch'essi provocarono un cosi vivo risentimento; non è quindi a sorprendersi che questo sia stato considerato in Inghilterra come uno sfogo piuttosto artificiale dell'avversione ora professata dal popolo tedesco contro questo paese.

In tali disposizioni, si attendeva che alla riapertura del Parlamento in Berlino, quel Governo avrebbe fatto qualche dichiarazione in senso più conciliante che non abbiano suonato le parole pronunciate dal Conte di Billow nella seduta del Reichstag 1'8 di questo mese; e l'impressione poco favorevole di quel discorso fu soltanto in parte attenuata dall'altro, successivamente tenuto dallo

3S

stesso Cancelliere in replica alle violente diatribe di un deputato anti-semita, fuor di misura insultanti per l'esercito inglese e per questo Governo.

La risposta non si fece attendere a lungo. In un discorso tenuto ieri l'altro a Birmingham, Mr. Chamberlain, dopo di avere vivamente rimproverato agli avversari del partito liberale le accuse da loro lanciate contro il Governo del proprio paese, destinate a creare all'estero «la crescente ostilità che tutti deploriamo», il Ministro continuò col dire: «·Io ben so che in certi luoghi codesta animosità si attribuisce ad altra causa. Si dice che essa sia dovuta all'eloquenza indiscreta del Segretario per le Colonie. Signori, ciò che io ho detto ho detto. Io nulla ritiro, nulla modifico, nulla difendo. La storia m'insegna che nessun Ministro inglese ha mai servito fedelmente il proprio paese, e ad un tempo goduto di popolarità all'estero. Debbo quindi scontare le critiche straniere. Io non seguirò l'esempio che mi fu dato. Non intendo dar lezioni ad un Ministro estero, né intendo accettarne da lui, rimanendo responsabile soltanto verso il mio Sovrano ed i miei compatrioti».

È degno di nota che codesto linguaggio ha riscosso la generale approvazione dei giornali di Londra, non solo dei ministeriali, ma (eccezion fatta per la stampa radicale) anche di quelli di parte liberale abitualmente avversi al Ministro delle Colonie. Gli è che, infatti, la campagna d'ingiurie da qualche tempo condotta in Germania contro l'Inghilterra, ha finito col creare qui uno stato d'irritazione non solito a questo pubblico, il quale pecca più spesso d'indifferenza che non di suscettibilità verso simili manifestazioni dell'estero. Il Times inserisce articoli speciali sulla materia, stabilendo paragoni fra il carattere saltuario e superficiale delle ironie e delle caricature francesi contro l'Inghilterra e quello velenoso e sistematico delle analoghe pubblicazioni tedesche; le quali appaiono tanto più significanti, per la differenza tra i costumi della Francia, ove certe licenze sono proprie di una stampa speciale, e la Germania ove le più immonde scurrilità anche contro questa Famiglia Reale, hanno trovato tolleranza nella censura e favore presso persone appartenenti alla classe colta.

Nelle parole del Cancelliere germanico fu rilevata particolarmente l'asserzione che: «non vi era stata intenzione di offendere» (nel discorso anteriore di M. Chamberlain), «come egli doveva ritenerlo, in seguito alle assicurazioni fornitegli dall'altra parte>>. Pur essendo probabile che, in un'amichevole conversazione con l'Ambasciatore tedesco, il Marchese di Lansdowne gli abbia detto qualche cosa in tal senso a titolo d'impressione personale, credo sapere che Sua Signoria non ha fatto, in quei termini, veruna dichiarazione formale. In un suo recente discorso avendo egli anzi affermato pubblicamente che le espressioni adoperate dal suo collega delle Colonie non contenevano di per sé offesa veruna, non è verosimile ch'egli abbia poi trovato necessario di escludere la intenzione di un significato agli occhi suoi non esistente in fatto. Si attendono ad ogni modo gli schiarimenti che su codesto punto saranno dati al Parlamento, la cui apertura avrà luogo giovedì prossimo.

Quanto alle prevedibili conseguenze politiche di codesti incidenti, sarebbe certo imprudente il volerle troppo menomare, non essendo a negarsi che un tanto mal animo creatosi fra i due popoli, non possa, in determinate circostanze, influire sull'attitudine dei rispettivi Governi, per quanto desiderosi essi sieno entrambi di mantenere relazioni di reciproca am1c1za. Questo desiderio è però molto vivo nel Governo britannico, il quale è inoltre persuaso che un eguale sentimento è intimamente diviso dal Gabinetto di Berlino. Esso fa assegnamento, ed è a credersi con ragione, sul temperamento calmo della propria nazione. Né si può infine trascurare la considerazione dell'influenza conciliatrice esercitata dalle disposizioni personali dei Sovrani dei due paesi. Appunto in questi giorni, è venuto a Londra il Vice-Ammiraglio tedesco Barone von Senden-Bibran, latore di una lettera autografa dell'Imperatore Guglielmo pel suo Augusto zio. Per vero, il Barone von Senden suole sempre venire qui in questa stagione, allo scopo di concertare col Yacht-Club le disposizioni relative alle regate internazionali dell'annata; il suo viaggio attuale non può quindi dirsi determinato espressamente da quel messaggio. Sono naturali però le congetture che si fanno sul contenuto di questo e sul suo invio in questo momento. Anzi si ricorda che lo stesso Vice Ammiraglio venne, con un analogo incarico, presso la Regina Vittoria a Londra, nel gennaio 1896, poco dopo il celebre telegramma allora diretto dall'Imperatore Guglielmo al Signor Kruger in occasione del «Jameson raid ».

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA

T. 78/3. Roma, 14 gennaio 1902, ore 19.

Prego rimettere Albasini seguente telegramma: Nomina vicario Shan-si prossima. Persone proposte tutte buone. Conferito ministro Salvago occupiamoci attivamente missioni China secondo suoi desideri. Raccomandiamole somma prudenza rapporti Favier. Raccomandi missionari Shan-si misurare spese costruzioni interesse proficuo azione apostolica» (1).

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 128/70. Parigi, 15 gennaio 1902.

Conformemente alle disposizioni costituzionali, il Parlamento francese si è riunito ieri in nuova sessione annuale ed ha proceduto nell'uno e nell'altro dei suoi rami, alla costituzione dell'uffizio di Presidenza.

Le elezioni generali per la Camera dei Deputati non potendo essere protratte al di là di Maggio prossimo e dovendo forse avere luogo in aprile, la sessione apertasi ieri sarà brevissima. Per comune consenso, non si è pertanto stimato opportuno di suscitare questa volta la competizione politica nella elezione del seggio presidenziale della Camera. Si afferma però che fra coloro i quali non sarebbero stati disposti a riunire i loro voti sul nome del Signor Paul Deschanel per la Presidenza della Camera, fosse corsa l'intelligenza di astenersi completamente dallo scrutinio e ciò allo scopo che la votazione dovesse essere dichiarata nulla per mancanza di numero. Tale intento poco mancò fosse raggiunto sebbene un certo numero di coloro che avrebbero preferito un'altra candidatura, se questa fosse stata proposta, abbia votato sul nome del Signor Deschanel.

Il quorum della Camera è di 291. Votarono 307. Sedici astensioni avrebbero bastato perché la votazione riuscisse nulla. Si trovarono nell'urna 16 schede bianche e 288 voti per il Signor Paul Deschanel che riuscì eletto.

Tutto ciò che riguarda la personalità politica del rieletto presidente della Camera merita, a mio avviso, di essere seguito con la massima attenzione, poiché le non celate ambizioni di lui e le manifestazioni ripetute delle sue tendenze in ordine alla politica estera della Francia, sono forse, nell'ora presente, i soli sintomi che si abbiano di un possibile mutamento delle linee generali che la politica stessa ha fin qui seguito contribuendo agli interessi comuni della pace europea.

Quando la Camera dei Deputati si riunirà dopo le elezioni generali, nella elezione del Presidente si avrà certamente la prima occasione per i partiti di contare le loro forze e questa occasione non sarà negletta. La rielezione di ieri non ingrandisce, ma però consolida la posizione del Signor Deschanel.

Un altro fatto di politica interna si è compiuto in questi ultimi giorni, del quale l'importanza intrinseca è accresciuta dalla interpretazione di cui esso pare suscettibile. Il Signor Waldeck-Rousseau, presidente del Consiglio ha pronunziato, in una riunione a St. Etienne, un notevole discorso politico per il quale era grandissima l'aspettazione. Con la forma splendida che gli è abituale questo Primo Ministro ha dato conto dell'opera politica del suo Gabinetto astenendosi dal tracciare il programma della futura legislatura. Questa circostanza accredita la voce corrente che, dopo le elezioni politiche generali, egli intenda, qualunque abbia da esserne l'esito, dimettersi dal Governo. Ve lo indurrebbero ragioni di salute; ma, al dire di molti, lo determinerebbe a tale passo il desiderio di riservare la propria candidatura alla presidenza della Repubblica per il momento in cui il Signor Loubet venisse a cessare dall'alto uffizio suo. Si tratta di una previsione che normalmente si verificherà soltanto il 18 febbraio 1906. Ma la situazione che il Signor Waldeck-Rousseau ha incontestabilmente acquistato nel suo paese, è ormai giunta all'apice e si comprende che egli possa considerare, nel volontario prossimo ritiro dagli affari di Governo, il modo più sicuro di conservarla per l'avvenire.

In tale ipotesi si erigerebbe di fronte alla candidatura rumorosamente preparata del Signor Deschanel, l'altra del Signor Waldeck-Rousseau e forse ciò che di meglio si potrebbe augurare alla Francia ed ai paesi che sono più esposti a risentire la sua influenza nell'ordine sociale e politico, è che dalla competizione di queste due candidature venga resa più probabile la rielezione del Signor Loubet la quale sarebbe un trionfo del buon senso. L'azione personale dell'attuale Capo dello Stato non si spiega in modo rumoroso; ma è nel sentimento generale che essa si esercita nell'interesse dell'onestà e della moralità del Governo. Né ciò è poco in un paese che, nella sua costituzione repubblicana, ha affidato al Capo dello Stato non la tniziativa politica, ma le alte ed importanti funzioni di moderatore dei partiti.

(l) Questo telegramma fu spedito dietro richiesta di Sch!aparell! come risulta dal t. 77, pari data d! Malvano, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 82/42. Vienna, 15 gennaio 1902 (per. il18).

Nella seduta di ieri della commissione del bilancio S. E. il Presidente del Consiglio, nello esporre in occasione della discussione del bilancio del Ministero degli Interni le idee del Governo su varì argomenti, accennò tra le altre cose alla questione dell'autonomia del Tirolo meridionale e disse che il Governo, a tempo opportuno, si sarebbe senza dubbio messo in contatto coi partiti rappresentati alla dieta tirolese per risolvere tale questione, e che da parte sua è suo vivo desiderio che questa, nell'interesse generale del paese e in quello speciale della detta provincia, possa trovar una soluzione soddisfacente e definitiva.

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IL MINISTRO RESIDENTE A TEHERAN, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 3/2. Teheran, 15 gennaio 1902 (per. il 12 febbraio).

Ho riferito a più riprese sui progressi dell'influenza mssa in Persia e sui mezzi adoperati dal Governo di Pietroburgo per assicurarsi intanto la preminenza economica e finanziaria su questo Stato.

La chiusura del Caucaso al transito delle merci europee (le quali non possono così penetrare in Persia che per i porti del golfo Persico o per la via di Trebisonda, e sono escluse dai vantaggi che le nuove vie di comunicazione aperte nel Nord offrono alle merci russe), il miglioramento dei servizi di navigazione nel Caspio, la costruzione della strada carrozzabile Askhabad -Mesced e di quella Resht -Teheran, l'istituzione di Consolati a Mesced, Isfahan, Buscir e nel Seistan, i premi di esportazione concessi ai principali prodotti dell'industria russa che hanno sbocco su questo mercato, le succursali che la Banque de Prets di Teheran, figliale della Banca imperiale russa, ha recentemente stabilito a Tabriz, a Resht ed a Mesced. costituiscono una serie di provvedimenti, seguitisi nello spazio di pochi anni, dei quali lo ~copo è palese. E dei risultati già ottenuti hanno fornito la prova le statistiche pubblicate dalla nuova amministrazione doganale per l'anno 1900-1901 (le quali sono le prime statistiche meritevoli di tal nome che si sieno mai avute sul commercio persiano) dalle quali risulta che sopra una importazione totale di Krani 212.791.989 (il krano equivale a circa 0,50 lire italiane) Krani 94.520.323 ossia il 44% rappresentano l'importazione russa, mentre le importazioni della Gran Bretagna e dell'India inglese sommate insieme ascendono soltanto a Krani 75.496.911 ossia al 35% della importazione totale. E dalla esportazione, il cui totale è di Krani 147.324.831, Krani 85.234.994, ossia il 58% è diretto alla Russia, e Krani 25.212.464 ossia il 17% soltanto è diretto alla Gran Bretagna ed all'Indie inglesi. Vero è che in questi dati non sono comprese né le importazioni né le esportazioni che avvengono per i porti del fiume Karun, per i piccoli porti del golfo Persico e per il Seistan, ove la nuova amministrazione doganale non ha potuto ancora stabilire la sua autorità, ma il commercio che avviene per questi punti non è di tale importanza da modificare sensibilmente i risultati generali sopra enunciati, vale a dire la prevalenza degli interessi commerciali russi su quelli britannici.

Nel campo finanziario, il prestito fatto or son due anni dal Governo russo al Governo persiano. con proibizione a quest'ultimo di emettere nuovi prestiti senza il suo consenso per un termine di dieci anni, ha assicurato alla Russia un diritto di tutela sulle finanze persiane; ed il nuovo prestito, di cui questo Governo ha assoluto bisogno e per il quale sta ora trattando col Gabinetto di Pietroburgo, non potrà che ribadire la sua dipendenza dal potente vicino.

Da questo continuo sviluppo della prevalenza russa sono danneggiati non solo il prestigio ma altresì gli interessi britannici; ed il Signor Rabino, direttore di questa Imperial Bank oj Persia, costituita nel 1889 con capitali inglesi, la quale ha il privilegio dell'emissione, e per molti anni il monopolio delle operazioni bancarie, si recò nello scorso Novembre a Londra per conferire con quel consiglio di amministrazione sulla situazione e vedere in qual modo vi si potrebbe mettere riparo. Il Signor Rabino spiegò che non è possibile alla Imperial Bank, semplice banca privata, lottare colla Banque de prets, istituzione del Governo russo; che la conclusione del nuovo prestito, quando avvenisse per mezzo di questa, aggraverebbe la situazione; che l'unico rimedio sarebbe d'imprestare subito al Governo persiano con denaro inglese la somma della quale esso ha bisogno urgente; che l'obbligo da esso assunto verso la Russia gli fa bensì divieto di emettere altrove un prestito, ma gli lascia la libertà di contrarre colla Imperial Bank un prestito interno che avrebbe il carattere di una operazione di tesoro, e che il Governo persiano sarebbe lieto di sottrarsi in tal modo alle esigenze accampate dalla Russia per il nuovo prestito ed ai maggiori vincoli che per esso ne deriverebbero. Se non che la lmperial Bank avendo già anticipato al Governo persiano tutta la somma consentita dai suoi Statuti. e trattandosi di un'operazione intrapresa a scopo eminentemente politico, spettava al Governo inglese di intervenire mentre la lmperial Bank avrebbe prestato il suo nome. Il Signor Rabino non ebbe difficoltà a persuadere gli amministratori; si abboccò in seguito col Marchese di Lansdowne e con altri personaggi del Gabinetto, ma tutte le istanze fatte per ottenere il concorso del Governo, che si concretava in sostanza nella anticipazione d'un milione di lire sterline che la

lmperial Bank avrebbe offerte al Governo persiano a nome proprio, riescirono vane, ed egli è ora qui tornato, preoccupatissimo per l'avvenire dell'Istituto che egli dirige.

Mi è sembrato che queste informazioni ch'io ebbi a titolo confidenziale da ottima fonte, ed allo stesso titolo trasmetto a V. E., fossero mt:)ritevoli di essere inviate. Messe a confronto colla azione energica recentemente spiegata dall'Inghilterra a Koweit, esse sembrerebbero indicare che il Gabinetto di Londra reputi inutile rivaleggiare colla Russia d'influenza sull'altipiano, e che la questione persiana si concentri ormai per esso nella difesa della supremazia britannica sul golfo Persico, la quale egli è deciso a mantenere.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

r. 90. Pera, 16 gennaio 1902, ore 10,20 (per. ore 22,30).

Sublime Porta ha telegrafato, due giorni sono, a proprio ambasciatore a Parigi di chiedere al signor Delcassé precisi ragguagli circa notizie pervenutale di un accordo franco-italiano, in forza del quale aspirazioni dell'Italia su Tripoli sarebbero considerate legittime dalla Francia, che rinunzierebbe ad esercitare sua influenza sopra quelle provincie, mentre l'Italia, dal canto suo, riconoscerebbe fondate aspirazioni francesi sul Marocco (l).

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 85. Parigi, 16 gennaio 1902, ore 12,45.

Delcassé mi disse che il signor Oietti gli fu presentato da un amico come un letterato e critico d'arte, che gli portò in omaggio il suo libro sull'Alabama e che, conseguentemente, ciò ha dato motivo allo scambio di poche insignificanti parole circa quel paese. Delcassé mi ha assicurato che anche per il rimanente della conversazione avuta col pubblicista italiano egli deve fare ogni maggiore riserva e che alle cose da questi pubblicate non si deve attribuire alcun valore.

(l) DDF 2, II, 46, 47, 54, 56. L'Avanti! pubblicò, a partire dal 9 gennaio 1902, una serie di articoli di Sylvia Vlviani, Arturo Labriola, Enrico Ferri e Cesare Lombroso contro un'eventuale spedizione italiana a Trlpoli. Avverso si pronunciò anche Il Secolo del 16 gennaio con il titolo «In guardia>> e del 19 gennaio. «A proposito dell'Imperialismo ». Smentì le voci di una possibile spedizione La Perseveranza del 31 gennaio.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL REGGENTE LA RAPPRESENTANZA DIPLOMATICA PRESSO IL NEGUS, COLLI DI FELIZZANO (l)

T. 86. Roma, 16 gennaio 1902, ore 14,20.

Ritardo nell'invio rappresentante Menelich Gerusalemme e nella consegna lettera per console italiano è dannoso interessi comunità etiopiche e può esser causa nuovi incidenti. Mentre abbiamo regolato questione immobile « Ungar », secondo desiderio imperatrice, avviata sistemazione comunità e sussidiato monaci; ci riesce incomprensibile indugio Menelich. Prego voler rappresentare ciò negus, aggiungendo che Ciccodicola lo interessa personalmente e assecondare desiderio R. Governo.

Non ha alcun fondamento notizia spedizione italiana in Somalia. Circa Agos Tafari procuri farlo trattenere Scioa fino prossimo arrivo R. commissario Asmara che le telegraferà.

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IL MINISTRO RESIDENTE A CARACAS, RIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 91. Caracas, 16 gennaio 1902, ore ... (per. ore 22,30).

Presentazione reclami tedeschi avvenuta condizioni completamente diverse dalle nostre. Prego V. E. di volermi autorizzare sospendere memorandum sino arrivo mio rapporto odierno.

Risposta alla nota tedesca rimette questione al congresso nazionale.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO RESIDENTE A CARACAS, RIVA

T. 92. Roma, 17 gennaio 1902, ore 14,45.

Se ella ha certezza che nel frattempo non si prenda, per i reclami tedeschi una decisione che ponga i nostri in condizione di inferiorità autorizzo differire memorandum con riserva darle definitive istruzioni dopo ricevuto annunziato rapporto.

(l) Il telegramma venne inviato tramite il consolato ad Aden.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, E A PARIGI, TORNIELLI

T. 91. Roma, 17 gennaio 1902, ore 15,30.

(Per Costantinopoli) Ricevo il suo telegramma relativo alla interrogazione della Sublime Porta rivolta al signor Delcassé (1).

(Per Parigi) Da R. ambasciatore in Costantinopoli ricevo il seguente telegramma: «Sublime Porta ha telegrafato ... (V. telegramma n. 90 da Costantinopoli).

(Per entrambi) Una analoga interrogazione mi è stata posta da questo ambasciatore di Turchia: Circa Tripoli gli ho risposto che le mie parole pronunciate alla Camera il 14 dicembre dicevano l'esatta verità, che poi, dal canto nostro, non intendendo punto, nelle circostanze presenti nulla intraprendere che possa turbare lo statu quo del Mediterraneo e dar luogo a complicazioni, la Francia non aveva avuto occasione di pronunciarsi su una simile eventualità. Che però dalla dichiarazione della Francia appariva chiaro il significato di un completo disinteresse. Circa il Marocco dissi all'ambasciatore che l'Italia non aveva mai avuto aspirazioni sopra quella regione e non aveva quindi avuto difficoltà, in occasione di scambio di idee, a tale riguardo, di farne la dichiarazione al Governo francese.

Quanto precede è per informazione confidenziale di V. E. e per sua norma eventuale di linguaggio.

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IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 111/22. Budapest, 17 gennaio 1902.

Ho l'onore di comunicare qui appresso, testualmente tradotto, il seguente articolo politico pubblicato nel P ester Lloyd di stamane: « L'Italia e la triplice alleanza». Budapest 17 gennaio.

Da parte italiana ottimamente informata ci giungono le seguenti comunicazioni, che riguardano le osservazioni del Conte Btilow circa la triplice alleanza in relazione all'accordo italo-francese su Tripoli.

«Il discorso del Conte Biilow non può destare preoccupazioni in Italia. Il Cancelliere dell'Impero Germanico colla sua dichiarazione apodittica che la

triplice si sente bene, ha paralizzato tutto il rimanente, che nel suo discorso potrebbe essere interpretato come se la Germania non desse nessun peso alla rinnovazione delle sue alleanze. È invero discutibile se sia stato opportuno ed abile da parte di Biilow il far l'osservazione che la Germania potrebbe sussistere r.nche senza la triplice e non avrebbe necessità di essa.

Del rimanente, in Italia deve fare gradevole impressione l'aver il Cancelliere Germanico apertamente accennato all'accordo concluso fra la Francia e l'Italia relativamente a Tripoli. Sia cosi messo in luce il vero stato delle cose circa questo accordo su Tripoli: l'Italia ha concluso l'accordo colla Francia, perché essa pensava con terrore alla possibilità che la Francia potesse insediarsi a Tripoli. Una occupazione di Tripoli da parte della Francia avrebbe formato per l'Italia un casus belli, poiché ciò sarebbe la completa esclusione dell'Italia dal Mediterraneo e significherebbe: Il Mare Mediterraneo deve esser un mare francese. Ma la triplice è basata sul principio che gli alleati si garantiscono lo status quo. Ora l'Italia avrebbe assolutamente veduto in una presa di possesso della costa Tripolitana da parte della Francia una violazione dello status quo e avrebbe fatto appello agli alleati per respingere le pretese della F'rancia. Si può ora dire che la Germania, la cui tradizione, da Bismarck in poi, è di mantenersi indifferente di fronte alle questioni orientali, avrebbe sguainato la spada per Tripoli? Così l'Italia doveva fare dunque un passo decisivo, per sottrarre il terreno ad eventuali future complicazioni, nella questione di Tripoli. Tripoli è rimasto appunto per l'Italia l'ultimo punto nel Mediterraneo, dove essa ancora può prendere piede coi suoi interessi di commercio e di traffico, dopoché tutto il rimanente e da ultimo Tunisi, è andato perduto; che la Corsica, la quale per rapporto al sangue dei suoi abitanti e alla loro lingua, è italiana, fu tenuta sotto la dominazione francese in modo che la tradizione italiana viene sempre più messa da parte; che inoltre anche Malta oggidì viene governata dagl'Inglesi in modo che la lingua italiana può aspettarsi di essere cacciata via artificialmente, era tempo ormai che l'Italia non continuasse tranquillamente a vedersi cacciata dalla zona del Mediterraneo. Questo è il senso dell'accordo su Tripoli.

Ma non può essere questione di una prossima occupazione di Tripoli per due specie di motivi:

lo -Le finanze dell'Italia sono ora messe in ordine a stento e fatica e nessuno in Italia vorrà assumersi la responsabilità di turbare di nuovo l'equilibrio delle finanze;

2° -I radicali e i socialisti sono divenuti un grande fattore parlamentare, e in quei circoli una politica coloniale sarebbe assolutamente impopolare. E d'altra parte, la politica di Visconti Venosta che era intesa a riconciliare l'Italia colla Francia e a tutelare i non irrilevanti interessi commerciali dell'Italia in Tripoli, ha trovato p auso generale nel paese. Gli uomini di Stato d'Italia possono ora dormire più tranquilli, poiché non debbono più temere che la Francia s'insedii a Tripoli come già fece altra volta a Tunisi. Ove si consideri che l'occupazione di Tunisi da parte della Francia spinse l'Italia nella triplice e quasi avrebbe condotto alla guerra le due nazioni latine vicine, si può ravvisare nell'accordo circa Tripoli una garanzia di più per la pace e tutt'altro che uno ostacolo alla rinnovazione della triplice alleanza».

(l) Cfr. n. 44.

51

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

(Eredità Nigra)

T. S. N. Roma, 18 gennaio 1902.

Riservatissimo per lei solo.

A piena tranquillità di V. E. m'affretto a comunicarle che, con suo lungo dispaccio 14 corrente (1), Conte Lanza mi trasmette apertura ufficiale fatta dal Conte Btilow il 13 corrente per rinnovamento alleanza. In seguito a ciò ebbi oggi un primo abboccamento col conte Wedel. Non mancherò naturalmente informare con telegramma ufficiale V. E. di ogni cosa.

52

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 36/17. Londra, 18 gennaio 1902.

La discussione in questi giorni iniziata nella Camera dei Lords ed in quella dei Comuni sulle risposte al Discorso del Trono, ha dato campo ai Ministri britannici di fare le loro attese dichiarazioni sulla questione della guerra nel Sud-Africa e sui rapporti di essa colla politica estera.

Lord Salisbury pur dichiarando che l'Inghilterra non è menomamente aliena dal por fine alla guerra addivenendo a trattative di pace colle popolazioni delle Colonie Sud-Africane, ha ripudiato la possibilità che l'iniziativa ne sia presa dalla Gran Brettagna stessa; questa non può per ora, disse il Ministro, che continuare le operazioni militari, in attesa delle aperture che potranno esserle fatte dal nemico il quale per primo aveva assalito il territorio britannico: in ogni modo, se la pace sarà invocata questa non potrà mai stipularsi sulla base di un riconoscimento della indipendenza politica della Repubblica Boera. Il seguito della discussione ha dimostrato che su questo punto non vi è oramai sostanziale differenza di vedute, nemmeno col partito dell'opposizione liberale moderata, come si potè rilevarlo dalle dichiarazioni fatte dal suo Capo Sir Henry Campbell Bannerman.

Per ciò che riflette le condizioni del futuro riordinamento delle nuove Colonie britanniche, Lord Salisbury nel suo discorso ha declinato di formulare in questo momento un qualsiasi programma: le disposizioni da adottarsi, egli disse, non potranno essere determinate che dall'ulteriore svolgersi degli eventi, ed ogni anticipata dichiarazione al riguardo sarebbe ora prematura.

Nessuno più di Lord Salisbury è infatti penetrato delle immense difficoltà di quel problema. In un privato colloquio da lui avuto con persona che me ne riferì, avendo il suo interlocutore accennato che per il futuro assestamento dell'Africa Meridionale sarebbero occorsi forse tre anni, Sua Signoria aveva replicato che non già tre ma bensì trent'anni sarebbero a ciò necessari.

Il Marchese di Lansdowne alla Camera dei Lords, in risposta ad un Oratore che aveva lamentato l'ostilità dichiaratasi in altri Stati europei verso la Gran Bretagna a causa dell'attuale guerra, si adoperò ad attenuare l'importanza di quella manifestazione. Ognuno, disse S.S., poteva riconoscere come cosa naturale ed umana le simpatie destate da un debole che combatte contro un più forte; ma la storia imparziale farebbe giustizia di certe accuse; e frattanto non erano pregiudicati in alcun modo i rapporti e la posizione della Gran Bretagna di fronte ai vari Stati d'Europa; né era menomato il suo prestigio, come non lo era di certo la sua compagine militare, giacché malgrado i

250.000 uomini mandati a combattere in Africa, non mancava un sol uomo ai presidi della Madre Patria.

Tanto nell'uno come nell'altro ramo del Parlamento, le avvenute interpellanze fornirono occasione a patriottiche proteste contro le accuse venute dal Continente sulla condotta dell'esercito inglese in Africa, ed anche su questo punto si trovarono concordi gli operatori di ogni partito costituzionale. Fu poi nella Camera dei Comuni che venne presentata l'attesa interrogazione circa la frase del Conte di Btilow allusiva ad assicurazioni da qui ricevute circa le intenzioni del noto discorso di M. Chamberlain. A ciò rispose il Ministro del Tesoro, M. Balfour dicendo: «Nessuna assicurazione è stata officialmente chiesta in proposito. Il mio onorevole collega non mosse alcuna accusa di barbarie contro il tedesco od altro qualsiasi esercito. Questo fatto fu segnalato dal Marchese di Lansdowne all'Ambasciatore di Germania in una conversazione privata. Nulla, nell'opinione del Governo, vi è luogo a dire nel senso di attenuare

o ritirare il discorso del mio onorevole amico».

È degno di nota a tale proposito, che l'ultimo discorso di M. Chamberlain, il quale respingeva sdegnosamente ogni spiegazione delle parole da lui altra volta pronunciate circa l'esercito tedesco, invece di suscitare, come si temeva, una più violenta esplosione di collera della stampa germanica, sembra anzi aver avuto l'effetto di moderarne il linguaggio: né questo successo insperato manca di contribuire alla popolarità dell'ardente Segretario per le Colonie.

Secondo il calcolo che ne fu oggi pubblicato, la composizione attuale della Camera dei Comuni dal punto di vista dei partiti, sarebbe la seguente: Conservatori 333; Liberali Unionisti 69; Liberali 184; Nazionalisti 83; Maggioranza Governativa 135.

Salvo gli imbarazzi che potranno eventualmente essere causati dai Nazionalisti irlandesi, i quali mostrano il proposito di una campagna vivamente aggressiva, la situazione parlamentare del Gabinetto è quindi pel momento assai solida. Ciò deriva non soltanto dalla preponderanza numerica del partito governativo, ma dalla disunione del partito liberale e forse più ancora dall'essere ugualmente ammesso da amici ed avversari, che, anzi ogni cosa, la conclusione della guerra Sud-Africana deve essere ottenuta dal Ministero stesso che l'ha iniziata. Fu certamente per effetto di questa impressione che M. Chamberlain, col quale, alla vigilia dell'apertura, io accennavo accademicamente al periodo di lotta che si preparava or per lui in Parlamento, mi rispondeva, allo stesso modo, che era una lotta cui mancava l'elemento dell'emozione, mentre ognuno già sapeva anticipatamente come essa doveva finire.

(l) Non rinvenuto.

53

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 38/18. Londra, 18 gennaio 1902.

Riferendomi al Dispaccio del 4 corrente n. 2, (1), ho l'onore di informare

V. E. che questo Governo ha ricevuto dalla Legazione Ellenica un memorandum identico a quello a Lei pervenuto, circa il diritto sostenuto dalla Grecia di considerare come permanentemente valevole il Trattato di Canlidja del 1855, anche per le sue clausole concernenti il commercio e la navigazione, attualmente in discussione per la stipulazione di un nuovo Trattato colla Turchia.

Il Marchese di Lansdowne mi disse che tale questione era ora presa nel debito esame e si riservò di farmi conoscere le conclusioni alle quali sarà per giungere il Governo Britannico: e Sua Signoria prese nota frattanto di ciò che gli dissi delle disposizioni in cui sarebbe il Governo del Re, di appoggiare eventualmente le richieste della Grecia, qualora anche gli altri Gabinetti fossero in ciò consenzienti.

54

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, SCANIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI PRINETTI

T. 104. Tripoli, 19 gennaio 1902, ore 12,40.

Provenienti da Malta sono qui arrivati stamane incrociatore « Theseus » ed avviso «Surprise » della marina militare britannica. Console generale in· glese mi ha detto che resteranno a Tripoli quattro o cinque giorni: approdo di dette navi da guerra nell'attuale periodo politico suscita molti commenti, fra i quali anche quello che si tratta di un monito all'Italia in senso contrario ad eventuale sua intrapresa in Tripolitania.

7 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

(l) Non pubblicato.

55

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

(Eredità Nigra)

T. s. N. Vienna, 19 gennaio 1902.

Riservato per lei solo.

Ringrazio V. E. per il suo telegramma di ieri (1). Per escludere ogni possibilità di confusione prima di intrattenere il conte Goluchowski nel senso della lettera di V. E. del 10 corrente (2) ricevuta soltanto il 17 attenderò di conoscere lo scambio di idee tra V. E. e Biilow, tanto più che l'attitudine della Germania eserciterà una grande influenza su quella di Goluchowski il quale, come V.E. sa è contrario al concetto di far dipendere l'alleanza dalla conclusione dei trattati di commercio.

56

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 47/16. Costantinopoli, 19 gennaio 1902.

Giusta le istruzioni racchiuse nel dispaccio di V. E. del 15 Dicembre u.s. (3), ebbi cura di appurare se alcuno dei miei colleghi avesse diretto ai Consolati dipendenti una circolare analoga a quella indirizzata dall'Ambasciata di Francia ai Consolati della Repubblica nell'Impero, per informarli delle concessioni fatte dalla Sublime Porta rispetto alle scuole ed agli istituti religiosi e ospitalieri francesi.

Dalle indagini praticate non mi è risultato che finora alcuna di queste Missioni estere abbia diretto ai propri Consolati una simile circolare.

Giova notare a questo riguardo, che l'accordo fra la Turchia e la Francia che pose fine al recente conflitto, non racchiude che una sola concessione che le altre Potenze aventi diritto al trattamento della nazione più favorita abbiano motivo d'invocare ed è il modus procedendi stabilito per la costruzione e l'apertura di nuovi istituti scolastici e religiosi, dappoiché la franchigia doganale per le scuole e gli stabilimenti religiosi e ospitaleri e l'esonerazione dalla imposta fondiaria a favore di questi ultimi, di cui è parola nella suaccennata circolare dell'Ambasciata di Francia, sono privilegi dei quali da tempo fruiscono le Potenze stesse al pari della Francia.

Già ebbi occasione di fare osservare all'E.V., nella mia corrispondenza, come il modus procedendi, per l'istituzione di nuove scuole stipulato dalla Francia, lasci l'adito aperto alla sistematica opposizione del Governo Ottomano. Ep

perciò io penso che a noi convenga di esigere dalla Sublime Porta, sotto questo rispetto, un trattamento più riguardoso, facendo valere la natura diversa delle nostre scuole le quali, salvo rarissime eccezioni, sono governative, mentre le francesi appartengono a Congregazioni religiose o a privati.

(l) -Cfr. n. 51. (2) -Cfr. n. 29. (3) -Non pubblicato.
57

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 60/13. Pechino, 19 gennaio 1902 (per. l'11 marzo).

r'

Siccome l'E. V. già conosce dai telegrammi delle agenzie private l'Imperatore, l'Imperatrice e la Corte sono rientrati a Pechino il giorno 7 del corrente mese. L'ultima parte del viaggio da Ciengtinfu a Pechino venne percorsa in ferrovia. L'Imperatrice si mostrò molto soddisfatta di questo sistema di locomozione interamente nuovo per lei. Di questo suo compiacimento si sono risentiti gli effetti in un certo numero di editti inspirati a idee più liberali e nella nomina al ministero delle ferrovie e miniere degli stessi funzionari ritenuti, per quanto ciò è compatibile con le idee chinesi, progressisti, che vi erano a capo prima del movimento dei «boxers ».

Non è dubbio che dagli avvenimenti del passato anno sia rimasto nell'Imperatrice, la quale continua ad esercitare da sola il potere sovrano, e nei dignitari della Corte il convincimento che l'indipendenza della Cina non è possibile che alla condizione ch'essa esca dall'antica strada e adotti i metodi di civiltà europea. Sono perciò allo studio progetti di riforme militari, di ferrovie e di istituti dove si insegnino scienze e lingue occidentali.

Ciò malgrado io ho la profonda convinzione che questi tentativi riesciranno a ben poca cosa. La China manca completamente di uomini capaci di concepire un largo piano di riforme e di assumere la responsabilità di condurle a compimento, urtando i molti e potenti interessi che sfruttano la attuale condizione di cose. Questo convincimento mi è dato dalla conoscenza personale che in misura sufficientemente intima io ho avuto occasione di avere con pressoché tutti i principali uomini di stato ai quali questo movimento riformatore dovrebbe essere affidato. Nessuno di essi ha la competenza o il coraggio necessario.

Il Ministero degli Affari Esteri, destinato nella mente dei redattori del protocollo di pace del 7 Settembre 1901 a divenire un intermediario celere ed autorevole nelle relazioni internazionali, è rimasto, sotto altro nome, lo Tsung li yamen dei tempi passati. Nessuno dei suoi funzionari osa o può prendere una deliberazione qualsiasi che urti i più piccoli interessi locali. Agli antichi principi si è sostituto un Direttore Generale nella persona del Principe Ching, due Presidenti, un vice-presidente, parecchi ministri di destra o di sinistra, tutti restii ad assumere qualsiasi responsabilità anche piccola, e decisi a non cedere a qualsiasi domanda che dietro minacce o dispieghi di forza sufficienti a giustificare le loro concessioni.

Individualmente il principe Ching, è persona d'intelligenza mediocre, il Presidente Wang-wen-shao volenteroso ma completamente ignaro dei bisogni della China, Na-tong ministro di sinistra che fu già inviato ad esprimere all'Imperatore del Giappone il rincrescimento dell'Imperatore di China per l'uccisione del cancelliere della legazione giapponese e implicato notoriamente nel movimento dei «boxers ~. è furbo, ma preoccupato solamente del favore imperiale dal quale spera maggiori avanzamenti; Lien-fang, unico fra essi che per il lungo soggiorno in Europa quale segretario di legazione si renda conto della situazione, sfornito di autorità e costretto a piegarsi continuamente per mantenere l'attuale sua posizione alla quale per i suoi natali e le sue aderenze non avrebbe potuto aspirare.

Il Consiglio di Stato composto di 7 membri, di cui non enumero i difficili nomi per non tediare V. E. dai quali l'Imperatrice trae le sue ispirazioni, è un corpo di una completa incompetenza con tendenze vaghe alle quali non sa come dar forma. Yiian-chi-kai infine, nuovo Governatore del Chili coperto di favori importanti, sul quale tutti tengono gli occhi come il successore di Lihung-chang è il futuro grand'uomo della China, è un ardente patriota, antico soldato, ma anch'egli d'intelligenza mediocre, sfornito di coltura moderna, e solo adatto a far tagliare innumerevoli teste per il mantenimento dell'ordine. Più che facilitazioni da lui sono da attendersi accanite resistenze alle domande europee.

Da questo stato di cose così somigliante a quello che si è voluto distruggere nasceranno le stesse conseguenze e nei rapporti con la China ciascuna potenza continuerà a trovare la stessa costante e irrazionale opposizione solo vinta volta per volta dal timore di danni imminenti.

58

L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 51/15. Madrid, 20 gennaio 1902.

Ho telegrafato stamane a V.E. le voci di crisi e la dimissione del Signor Pidal Ambasciatore presso la Santa Sede. Durante la proroga della Camera le divergenze fra i Ministri e la poca compattezza della maggioranza si sono aggravate.

Il Signor Sagasta avanzato negli anni e di cagionevole salute non è più in condizioni di dirigere il Gabinetto e la maggioranza nell'ultima sesssione al Congresso dei deputati si dimostrò incerta e talvolta anche ostile ad alcuni Ministri.

Per altra parte i Ministri agirono senza previ concerti fra di loro manifestando una assoluta mancanza d'indirizzo politico e parlamentare.

La scelta poco fortunata dei Governatori dovuta alla debolezza del Signor Sagasta fu causa che l'azione del Governo nelle questioni d'ordine pubblico si dimostrò debole ed incerta.

Il Ministro delle Finanze ostacolato dall'opposizione del Banco di Spagna ai provvedimenti da lui proposti e non sostenuto dalla maggioranza, che sfugge dalla direzione del Signor Sagasta, sembra deciso di provocare la crisi secon

dato dal Ministro dell'Interno, il quale ron trova appoggio da parte del Signor Sagasta nella riforma del Concordato e nella politica di resistenza al partito clericale.

Il Signor Sagasta ed alcuni suoi colleghi tra cui il Ministro di Stato pur largheggiando in dichiarazioni si dimostrarono riluttanti d'intraprendere seriamente il negoziato della riforma del concordato e solo ora, coll'apertura delle Cortes, si sono decisi di accettare le dimisssioni del Signor Pidal.

La permanenza del Signor Pidal all'Ambasciata presso la Santa Sede era la dimostrazione la più chiara che il Governo non aveva l'intenzione di negoziare la revisione del Concordato. Questa mattina i giornali ministerialL annunziando l'accettazione delle dimissioni del Signor Pidal indicano l'intenzione di iniziare il negoziato. Credo invece che il Signor Sagasta sia stato spinto alla fine di richiamare il Signor Pidal non solo per eliminare l'inesplicabile contrasto della permanenza di uno dei più focosi ultra clericali a rappresentante di un Gabinetto liberale, ma più ancora dagli intrighi da lui fatti per far dare un Cappello di Cardinale all'Arcivescovo dimissionario di Manilla, inviso per la sua condotta all'epoca della guerra.

La condizione del Gabinetto Sagasta è assai difficile; esso è esautorato dinanzi al Parlamento ed al partito liberale e la maggioranza nel Parlamento travagliata da dissensi di principi e di persone desidera e invoca una ricomposizione ministeriale che difficilmente potrà essere fatta dal Signor Sagasta.

Se il Signor Sagasta non potrà ricomporre il Gabinetto, sarà assai probabilmente incaricato di formare una nuova amministrazione il Signor Montero Rios Presidente del Senato. Il Signor Montero Rios eminente giureconsulto appartiene al partito liberale. egli si è tenuto in questi ultimi tempi in disparte. Egli cercherà di formare un Gabinetto di parte liberale. e più omogeneo dell'attuale con una tendenza verso gli elementi temperati del partito.

Questo Gabinetto potrà forse incontrare meno ostilità dal partito conservatore e mantenersi per i primi mesi dopo la fine della Reggenza e il Re Alfonso potrà iniziare il suo regno con un gabinetto liberale evitando d'iniziarlo con un mutamento di partito al Governo.

L'attuale crisi del Gabinetto liberale è dovuta in sostanza alle due diverse tendenze che si manifestano ora in forma ed in misura diversa nei due grandi partiti politici e nella società Spagnuola. L'immobilità negli antichi principi e costumi politici e l'aspirazione ad un rinnovamento verso i principi e la civiltà moderna.

59

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 118. Vienna, 21 gennaio 1902, ore 13,05.

In seguito al rumore che se ne fece nei giornali, ho chiesto al conte Goluchowski quanto ci fosse di vero in un preteso scambio di idee fra i Governi d'Austria-Ungheria e di Russia circa il progetto di tariffa germanica. Conte Goluchowski mi disse che non ci fu nessuno scambio di idee tra i due gabinetti su tale oggetto. Soggiunse che fino a che non sarà avvenuto accordo tra l'Austria e l'Ungheria per la propria tariffa nessun utile scambio di idee può aver luogo tra il Governo austro-ungarico e le altre potenze.

60

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 121. Costantinopoli, 21 gennaio 1902, ore 14 (per. ore 20,25).

Ministero degli affari esteri mi ha oggi informato che se Osman pascià non mandò ad incontrare e salutare console generale Millelire, al suo recente ritorno a Janina, egli è perché non ne venne prevenuto, e non perché intendesse menomamente mancare di riguardo verso il console d'Italia. Ministro degli affari esteri mi ha soggiunto che invitava telegraficamente codesto ambasciatore di Turchia fare all'E.V. una comunicazione a questo riguardo.

61

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 120. Parigi, 21 gennaio 1902, ore 17,48 (per. ore 20,25).

Oggi, senza essere direttamente interpellato e davanti una camera che dimostrava di assai poco interessarsi alla discussione, il signor Delcassé, nella esposizione della situazione internazionale della Francia, dopo di aver enumerati i paesi africani, dall'Inghilterra abbandonati all'influenza francese, ha fatto la dichiarazione convenuta fra V. E. e l'ambasciatore di Francia, riscuotendo moderati applausi dai settori di sinistra. Invierò il testo delle parole pronunziate, con altro telegramma (1).

62

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 125. Parigi, 21 gennaio 1902, ore 22,05.

Extrait du compte rendu officiel de la séance d'aujourd'hui: «L'accord franco-italien du 21 novembre 1898, la convention du 21 mars 1899, enen enveloppant définitivement dans notre sphère d'influence les territoires du Borkou,

du Tibesti, du Kanem, du Baguirmi, da Quadai a relié la rive française du Congo à la rive algérienne et tunisienne de la Méditerranée et forme ainsi pour nous, par rapport aux autres pays et régions attenant à la frontière orientale de notre domaine africain, une limite que nous n'avons pas l'intention de dépasser. On a très heureusement modifié le caractère des relations politiques de la France et de l'Italie. Ces relations sont devenues tellement amicales et confiantes, qu'elles ont permis aux deux Gouvernements d'échanger directement à leur égale satisfaction des explications complètes sur tous leurs intérèts dans la Méditerranée. Et ces explications qui les ont amenés à constater la parfaite concordance de leurs vues sur ce qui est de nature à intéresser leur situation respective, ont abouti au mois d'avril dernier à la manifestation éclatante de Toulon saluée des deux còtés des Alpes, comme le terme d'une trop longue période d'inutiles malentendus ».

(l) Cfr. n. 62.

63

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 2802/69. Roma, 21 gennaio 1902.

Mi è pervenuto il rapporto in data 7 corrente n. 23 (l) relativo ai recenti accordi fra la Francia e il Marocco per la ripartizione delle tribù alla frontiera algerina e ne ringrazio l'E.V.

Ogni cosa riguardante questo argomento essendo, come le è ben noto, di speciale importanza pel R. Governo, sarò grato all'E.V. se vorrà procurarmi in proposito le più particolareggiate e attendibili possibili notizie tenendomi costantemente informato di quanto può concernere l'argomento.

64

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 203/93. Parigi, 21 gennaio 1902.

Il Signor Gustavo Rouanet, deputato di estrema sinistra, ha svolto ieri, in occasione della discussione del bilanci'J degli affari esteri, una interpellanza da lui annunziata da parecchio tempo ed intesa a fare rimprovero al Governo di non aver avuto cura degli interessi morali della Francia trascurando la causa degli Armeni.

In un precedente dibattimento sovra le cause che aveano condotto il Go

verno ad inviare la squadra a Mitilene, il Signor Waldeck-Rousseau, rispon

dendo ai biasimi delle coalizzate opposizioni, aveva pronunciato queste parole: ,, De meme que le Cabinet n'entend pas laisser sacrifier les intérets matériels de nos concitoyens, de meme, il piace, au premier rang de ses préoccupations, tout un patrimoine d'intérets moraux, qu'il ne laissera pas amoindrir ». Per il Signor Rouanet e gli amici suoi nessun maggiore interesse morale poteva avere la Francia da difendere in Turchia di quello d'impedire la continuazione dello sterminio della nazione armena e nessuna occasione migliore le si poteva offrire di prendere in mano questa causa umanitaria che quella della presenza di una imponente sua forza navale nelle acque ottomane.

La risposta del Signor Delcassé, pronunciata, appena il Signor Rouanet ebbe finito di parlare, non meno che le dichiarazioni che, nel successivo corso della discussione, il Ministro degli affari esteri ha portato alla tribuna, misero una volta dippiù in sodo la distinzione che il Gabinetto di Parigi ebbe in animo di fare, nell'ultimo suo conflitto con la Turchia, fra gli interessi materiali e morali propri della Francia e gli stessi interessi che questa ha collettivamente con le altre potenze nell'Impero ottomano. L'azione francese, impegnata con la rottura delle relazioni e l'invio delle navi da guerra, dovea cessare quando era cessata la causa esclusivamente francese che l'avea determinata. Il Signor Delcassé, di cui V. E. ricorderà le dichiarazioni offerte alle Potenze al momento in cui la squadra francese operava a Mitilene, ha tenuto a dare questa precisa interpretazione alle dichiarazioni stesse le quali, nel momento in cui furono presentate, non peccavano forse di eccessiva limpidità. Ad ogni modo questo Ministro è stato ieri altrettanto esplicito nell'affermare che « la questione di Armenia, della sicurezza in Armenia, in Macedonia ed altrove non può né deve essere regolata dalla Francia solo con la Turchia, mentre è questione essenzialmente internazionale circa la quale la Turchia ha preso verso le Potenze, al Congresso di Berlino, degli impegni dei quali la Francia è lungi dal disinteressarsi e sovra i quali essa spera che le Potenze stimeranno opportuno di portare più particolarmente la loro attenzione>>. Proseguendo nel discorso, questo Ministro degli affari esteri non disse verbo per rintuzzare le parole ingiuriose del Signor Rouanet rivolte al Sultano ed al suo Governo; ma insistette alquanto sul diritto che nasce nelle Potenze dall'articolo 61 del trattato di Berlino il quale, dalle discussioni registrate nei processi verbali del Congresso, si ridurrebbe in sostanza ad avere periodicamente dalla Porta comunicazione delle misure prese in applicazione dell'articolo stesso. L'apprensione di suscitare, con un'azione coercitiva, individuale o collettiva, delle questioni, per il componimento delle quali manca la preparazione, o che non si risolverebbero senza il pericolo di una conflagrazione che potrebbe essere generale, ha dominato, al dire del Signor Delcassé, la situazione durante i casi di Armenia e di Costantinopoli nel 1894, 1895 e 1896. Ma da questi stessi casi una situazione nuova sarebbe stata creata ed il Ministro degli affari esteri francese, dopo di aver indicato che direttamente ed indirettamente la Francia ha agito sovra la Turchia per prevenire il ripetersi dei peggiori mali, ha pronunciato severe parole che a Costantinopoli dovrebbero essere interpretate come un monito di una possibile azione comune delle Potenze sotto l'influenza di una coscienza pubblica che si dimostra di meno in meno indifferente. «La Francia 1,, così conchiuse, il Signor Delcassé la sua risposta all'interpellante On. Rouanet, << è convinta di dimostrarsi amica sincera della Turchia, ricordandole che uno Stato non distrugge,

o non lascia longamente distruggere impunemente le ragioni della sua esistenza>>.

Alla fine dell'interpellanza due mozioni stavano di fronte: l'una proposta dal Signor Rouanet e così concepita: «La Camera contando sopra il Governo per chiamare l'attenzione dell'Europa sulla violazione flagrante degli impegni presi dal Sultano, passa all'ordine del giorno»; l'altra, presentata da amici del Ministero, espressa nei termini seguenti: «La Camera, approvando le dichiarazioni del Governo, passa all'ordine del giorno». La votazione seguì sulla priorità delle due mozioni e vinse, con una quarantina di voti di maggioranza, la seconda che il Signor Delcassé avea accettato. Un tentativo fatto dalla destra per associare i propri voti a quelli della estrema sinistra in favore della mozione Rouanet, indebolì di poco l'ordinaria maggioranza ministeriale che suole rimanere intorno ai 50 voti quando l'estrema sinistra le fa defezione.

La discussione della interpellanza Rouanet non sembrò forse al Ministro degli affari esteri il terreno più appropriato per mettere in evidenza gli effetti morali che il Governo della Repubblica crede di avere ottenuti con la sua recente manifestazione armata nelle acque ottomane. Egli poteva infatti temere che ancora più acerbamente gli venisse rimproverato l'oblio della causa degli Armeni quando da lui stesso fosse stata dimostrata la preponderanza della posizione che la Francia tiene nell'Impero ottomano. Fu dunque soltanto nella tornata pomeridiana di oggi ed in un discorso destinato a riassumere lo stato attuale delle relazioni internazionali del Governo della Repubblica che il Signor Delcassé ha esposto il concetto direttivo della politica da lui seguita verso la Turchia e nel tempo stesso formato, direi quasi, l'inventario degli interessi francesi in quel paese. Un atto di vigore, disse il Ministro, era divenuto necessario per non lasciare compromettere il complesso delle intraprese che danno, dal punto di vista industriale, alla Francia in Turchia il primo posto. E qui il Signor Delcassé affermò che più di una terza parte della rete ferroviaria ottomana è stata costrutta da Francesi con capitali francesi; che i quattro grandi porti, che i fari sono imprese francesi; che il capitale francese è il più largamente impegnato nelle operazioni finanziarie e nell'istituto che funge da banca di Stato; che nelle transazioni commerciali la Francia occupa il secondo posto subito dopo l'Inghilterra.

Forse la conseguenza logica che dalla enfatica enumerazione degli interessi materiali che la Francia ha saputo crearsi in Turchia avrebbe dovuto dedursi, sarebbe stata questa: dove gli interessi materiali prevalgono, il patronato morale degli interessi generali della civiltà riesce più difficile. L'esercizio di esso può compromettere le enormi somme impegnate nelle numerose e grandi imprese. Ma il Ministro francese non venne certamente in questa conclusione. Egli preferì invece di segnalare una specie di correlazione esistente fra gli interessi materiali e gli interessi morali propri della Francia nell'Impero ottomano per dichiarare che egli tutelando i primi non dimenticò i secondi. E dò che di questi ultimi egli ha detto tocca ad un soggetto il quale per vari rispetti si connette con interessi nostri, sicché di essi mi sembra opportuno trattare in altro separato rapporto di questa stessa data.

(l) Cfr. n. 16.

65

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, SCANIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 132. Tripoli, 22 gennaio 1902, ore 5,33.

Confermo il mio telegramma 19 corrente (1).

Incrociatore «Theseus >> ed avviso « Surprise » sono partiti oggi per Malta. Console generale inglese mi ha detto che da Malta dette navi da guerra andranno a Bengasi e Derna per visitarvi quei consoli britannici. Comandante «Theseus » durante la sua permanenza Tripoli ostentò esagerata cortesia verso governatore generale e maresciallo, ai quali rivolse pubblicamente straordinarie proteste di simpatia per la Turchia. Avantieri dodici imbarcazioni inglesi hanno ostensibilmente sondato profondità dell'avanporto e del porto. E' qui opinione generale, ed autorità locale lo conferma, che Inghilterra compia una dimostrazione navale su questa costa per affermare che non si disinteressa della questione della Tripolitania ed a tutela del mantenimento dello statu qua. Stamane nell'oasi ho avuto un abboccamento segreto coi capi arabi, i quali sono dispostissimi per noi, purché siano ripristinati loro antichi privilegi.

66

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 119. Roma, 22 gennaio 1902, ore 11,55.

Ho letto con vivo compiacimento le dichiarazioni di Delcassé sulle relazioni tra la Francia e l'Italia pienamente conformi a quelle da me pronunciate alla camera dei deputati nel dicembre scorso (2).

67

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 123. Roma, 22 gennaio 1902, ore 14,35.

Il nuovo pretesto tirato fuori da Osman è uno scherzo di cattivo gusto che non sono affatto disposto a prendere sul serio. Evidentemente egli non ignorava il ritorno del R. console. Prego quindi V. E. invitare formalmente Go

verno turco far cessare questo stato di cose ingiungendo Osman eseguire visita al R. console. Eguale risposta darò all'Ambasciatore turco se verrà a farmi la comunicazione di cui V. E. mi parla nel suo telegramma di ieri (l).

(l) -Cfr. n. 54. (2) -La Tribuna, 23 gennaio, sotto il titolo <<La politica estera della Francia>>, scrisse: «La stampa francese vuoi convincere se stessa e gl! altri, che l'Italia non ha più interesse a conservare l'alleanza con la Triplice e l'amicizia con l'Inghilterra».
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 214/101. Parigi, 22 gennaio 1902.

Nel discorso pronunciato ieri alla Camera dei Deputati, il Signor Delcassé ha svolto la tesi che la Francia in Turchia è non soltanto una grande potenza industriale, commerciale e finanziaria, ma anche una grande potenza morale avente interessi propri da tutelare. Egli ha ripetuto i gravami che contro l'Amministrazione ottomana il Governo francese avea fatto valere in settembre ultimo e forni, con la lettura dei documenti emanati dalla Sublime Porta, la dimostrazione che erano stati tolti gli inciampi al regolare sviluppo degli interessi morali che la Francia rivendica. Essi riguardano più di 500 stabilimenti posseduti dalla Francia in Turchia, dei quali 300 sono scuole dove l'istruzione è impartita a circa 90 mila allievi. Il patronato sul patriarca Caldeo fu pure enumerato fra i diritti che la Francia esercita. Nulla di nuovo vi era in queste affermazioni che il Ministro avea già espresse in precedenti pubbliche occasioni. Ma la novità di ieri, della quale mi pare utile prendere nota, è la citazione del paragrafo delle capitolazioni del 1604, cosi concepito:

«Nous voulons aussi que ce qui est porté par cette notre capitulation en faveur et pour la sureté des Français soit encore dit et entendu en faveur des nations étrangères qui viennent par nos pays, terres et seigneuries, sous la bannière de France, la quelle bannière elles porteront pour leur sureté et marque de protection ». Insistette il Ministro sul carattere convenzionale e non unilaterale dell'obbligazione nascente nella Porta Ottomana dalle Capitolazioni e disse che, sotto la guarentigia di esse, si fondarono ed aprirono gli ospedali, le cappelle, gli orfelinati, le scuole poste sotto la protezione della Francia. Non riesce chiaro, nel seguito del discorso, lo scopo della citazione provocata in nessun modo da ciò che nella discussione era stato anteriormente detto. Volle forse il Signor Delcassé stabilire una specie di priorità di data, oltre quella della misura, che apparterrebbe alla Francia negli interessi di quest'ordine nell'Impero Ottomano? Oppure ebbe egli l'intendimento di precisare il fondamento sovra il quale il Governo francese poggia il suo diritto di proteggere anche gli stranieri quando fanno parte di un istituto da lui protetto? È notevole a questo riguardo l'allusione fatta dal Signor Delcassé alla soddisfazione che altri avrebbero provato se la Francia avesse negletto l'uno

-o l'altro di tali suoi interessi. Inclinerei a credere che questa parte del discorso del Ministro degli affari esteri, intercalata nella esposizione che egli fece della situazione generale internazionale della Francia, debba essere considerata come la esposizione di ciò che la Francia ritiene essere il suo diritto. Prevenendo

l'obiezione della mutata condizione dei tempi, egli affermò di aver ottenuto dalla Turchia soddisfazione nella misura domandata e ciò in condizioni molto meno favorevoli di quelle del 1604 poiché i Francesi non sono più soli in Oriente. La conferma delle antiche capitolazioni ed il consolidamento del posto che le spetta al sole d'Oriente sarebbero stati, al dire del Signor Delcassé, dalla Francia intieramente conseguiti senza toccare ai diritti degli altri.

Non si può omettere di tenere conto che il Ministro degli Affari Esteri parlava ieri già sotto la preoccupazione di dovere difendere, contro il voto della Commissione del bilancio, il credito relativo ai sussidi degli istituti di carità ed insegnamento in Oriente. Egli preparava, durante la discussione generale, il terreno sul quale, in altra tornata, avrà da combattere per mantenere l'integrità del capitolo del bilancio relativo a quel credito. Ma, ad ogni modo, le dichiarazioni fatte ieri sono da ritenersi poiché sembrano costituire il programma della condotta della Francia nella preservazione di ciò che essa considera come il suo diritto in Turchia.

(l) -Cfr. n. 60.
69

IL CONSOLE GENERALE A SMIRNE, ACTON, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

R. 67/3. Smirne, 22 gennaio 1902.

Ho ricevuto ieri i primi rapporti del Vice Console Don Livio Borghese, che coll'autorizzazione del R. Ministero, si recò a Samos lì 12 corrente.

L'inchiesta ch'egli sta compiendo conferma i dubbi che io aveva espressi nel mio rapporto del 23 dicembre 1901, n. 1291/57 (1), sul conto del Cavalier Stamatiades, nostro Agente Consolare.

Il Principe di Samos riconosce le ragioni ed il buon diritto dell'intraprenditore Bianchetti e si dimostra disposto all'esecuzione del lodo arbitrale, come è favorevole alla soluzione degli altri nostri reclami avanzati, ma non ha il potere di agire, mancando gli ordini tassativi dalla Sublime Porta.

Egli ricevette bensì lo scorso mese avviso di non sanzionare le deliberazioni della disciolta Assemblea, e di attendere nuovi ordini. Ma questi nuovi ordini si fanno attendere, ed il silenzio della Sublime Porta, mentre lascia il Principe titubante e debole, dà ardire ai Senatori. Così si è creato un acuto dissidio fra Principe e Senato: il primo teme il suo richiamo (e sarebbe per noi funesto) se la questione Bianchetti, pure tanto limpida, fosse risolta secondo le disoneste e cavillose argomentazioni dei Senatori; questi poi intrigano a Costantinopoli, mettendo innanzi lo spettro delle ingerenze straniere, per ottenere la Sanzione delle Deliberazioni dell'Assemblea, fra cui quella principale del rinvio dell'Affare Bianchetti dinnanzi al Tribunale locale.

Non vi è dubbio che il tribunale locale non oserebbe dar torto ai senatori, divenuti onnipotenti qualora la Sublime Porta si pronunziasse in loro favore. Perciò ringrazio l'E. V. di avere sollecitato la Sublime Porta (come me ne ha informato col telegramma di ieri) (l) d'inviare al Principe di Samos l'ordine

affinché il lodo arbitrale nell'affare Bianchetti sia eseguito senz'altra formalità, e dopo quanto riferisce il Vice Console Borghese, l'E. V. riconoscerà la necessità di ottenere che quest'ordine sia effettivamente e subito trasmesso a Samos.

Intanto i Senatori hanno diretto al Principe un nuovo «Memorandum>> sull'affare Bianchetti, in data del 17 corrente, che travisa completamente i fatti. Basti citare l'asserzione, in seconda pagina, che era stata la Commissione a proporre di non pagare il Bianchetti (circostanza iniziale della vertenza che condusse all'arbitraggio) mentre risulta da due rapporti della Commissione che questa proponeva invece di eseguire il pagamento, e che furono i senatori a rifiutarlo.

Ho l'onore di trasmettere, qui unito, all'E. V. le copie autentiche di questi atti, cioè dei due rapporti della Commissione (28 giugno e 7 luglio 1901) del parere contrario dei Senatori (10 e 11 luglio 1901) e dell'ultimo memorandum dei Senatori (1).

Detti atti furono rilasciati al Vice Console Signor Borghese dallo stesso segretario del Principe, e ciò prova il desiderio di Sua Altezza di svelare la mala fede dei Senatori, cui risale tutta la responsabilità della torbida situazione attuale.

(l) Non pubblicato.

70

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. s. N. Roma, 23 gennaio 1902, ore 1,25.

Per informazione e norma di V. E. qui riproduco un mio telegramma di oggi al R. ambasciatore in Berlino: «L'ambasciatore di Germania è venuto in questi giorni, per istruzione del suo Governo, a manifestarmi il pensiero essere venuto il momento di trattare per la rinnovazione della Triplice Alleanza. Il Governo imperiale, disposto, come è, a rinnovare il trattato nei suoi termini attuali, attende le proposte del Governo italiano per quelle eventuali modificazioni che fossero da noi desiderate.

Ho risposto all'ambasciatore che, dal canto mio, ero pronto a negoziare: nostro desiderio essere che il testo del trattato sia meglio chiarito e rinforzato nei due punti che rispettivamente si riferiscono a Tripoli ed ai Balcani. Rispetto a Tripoli si tratta unicamente di introdurvi una redazione la quale meglio risponda ai concetti oramai messi in chiaro. Rispetto ai Balcani, il nostro precipuo scopo essendo il mantenimento dello status qua, desideriamo che il testo possa, a questo intento, acquistare maggiore efficacia.

All'infuori di queste due varianti, nessun'altra sostanziale modificazione ci occorre chiedere per il testo del trattato. Avevo pensato potere consacrare in un preambolo il concetto essenzialmente pacifico e difensivo del trattato ma, segnatamente dopo il recente discorso Biilow, mi sembra che lo scopo si potrà egualmente raggiungere con una appropriata dichiarazione parlamentare, in

momento opportuno, dopo la firma del nuovo trattato. Infine per quanto concerne il rinnovamento dei trattati di commercio, conviene che il protocollo annesso al trattato di alleanza del 1891 assuma una forma più concreta, poiché ora le circostanze sono assai diverse dal 1891, tenuto conto specialmente delle condizioni difficili che, sotto questo rapporto, si vanno preparando in AustriaUngheria.

Col Conte Wedel conclusi poi che, poiché l'iniziativa era sorta a Berlino e d'altra parte assai minori erano le difficoltà presumibili con la Germania che con l'Austria Ungheria, così avrei comunicato le mie proposte prima a Berlino che a Vienna, eccetto che per le stipulazioni relative ai Balcani, rispetto alle quali il Conte Wedel già mi diceva esser opinione del suo Governo che se ne tratti prima tra Roma e Vienna. Epperò su questo punto già ebbi a conferire, nel senso suespresso, con l'ambasciatore d'Austria-Ungheria.

Il conte Wedel avrà riferito al suo Governo il nostro colloquio onde io m'affretto a farle conoscere quanto precede, per sua informazione ed acciocché Ella sappia, se interrogato, regolarsi.

Col prossimo corriere di Gabinetto le manderò le formule che proporrei coerentemente alle suaccennate nostre proposte».

Col Barone Pasetti ho parlato soltanto delle stipulazioni riguardanti i Balcani, e mi parrebbe opportuno che a questo punto per ora si limitassero anche le eventuali conversazioni tra rE. V. ed il conte Goluchowski, poiché per gli altri argomenti, seguendo i ripetuti consigli di V. E., parmi più opportuno procurare prima una intesa con Berlino per avere, poi, minori difficoltà a Vienna.

Per norma, poi, di V. E. il mio desiderio, per i Balcani, è in massima di rendere più chiare, e più efficaci le stipulazioni intese a conservare lo status quo anche per Costantinopoli ed i Dardanelli, tenuto anche conto delle circostanze in cui ci troviamo per effetto del mutato indirizzo della politica inglese, sulla quale non mi sembra si possa fare molto assegnamento di eventuale cooperazione. Il barone Pasetti mi disse ritenere che il suo Governo consentiva nelle mie idee, e rimanemmo d'accordo che entrambi i Governi studieranno quali modificazioni potrà apparire più opportuno di proporre alla Germania e ci comunicheremo poi il risultato delle nostre riflessioni.

Naturalmente manderò anche a V. E., per mezzo del corriere di gabinetto, le formule delle nostre proposte.

(l) Non si pubblicano.

71

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 129. Roma, 23 gennaio 1902, ore 2,43.

Il

R. console a Tripoli telegrafa: (v. telegramma n. 132 da Tripoli (l) fino alle parole dello statu quo).

Queste notizie sarebbero, se esatte, in aperto contrasto con quanto l'ambasciatore di Inghilterra in questi giorni mi ha detto ripetutamente intorno alle intenzioni amichevoli del suo Governo verso l'Italia di cui ho dato comunicazione a V. E., ed io prego quindi V. E. di appurare colle dovute riserve, ma con sollecitudine quale delle due manifestazioni, indichi il pensiero vero del Governo britannico.

(l) Cfr. n. 65.

72

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 136/14. Roma, 23 gennaio 1902, ore 14.

Rispondo suo telegramma di ieri n. 122 (1). D Trasmetto oggi stesso copia cortesemente fornitami da Richthofen della decisione tribunale superiore di Berlino (tribunale supremo di Lipsia non esisteva ancora) nella questione Arnim, questione però in cui trattavasi però essenzialmente solo constatare se le carte sequestrate erano da considerarsi come documenti ufficiali. ID In occasione della morte di Bismarck Governo imperiale non ha preso alcuna misura per assicurare allo Stato i documenti di pubblico interesse e nessuno di quei documenti è infatti passato allo Stato. Governo imperiale si è solo adoperato, sotto mano, per impedire, nella misura del possibile sia dai giornali, sia da altri pubblicazione di documenti trovati nell'eredità Bismarck.

73

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 138. Malta, 23 gennaio 1902. ore 15,20.

Una persona degna di fede e che è al caso di conoscere il fatto, mi ha riferito che in questi circoli militari è oggetto di studi la probabile occupazione inglese del golfo di Bomba in Cirenaica e la costiera orientale Marmarica fino all'Egitto.

74

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 140. Pera, 23 gennaio 1902, ore 17,35.

Ho chiesto oggi formalmente al ministro degli affari esteri che siano impartiti dalla Sublime Porta ordini immediati e categorici atti a fare cessare

(l} Non pubblicato.

intollerabile mancanza di riguardo di Osman pascià verso Millelire, ingiungendo valì compiere visita dovuta al R. console. Mi ha assicurato avrebbe dato valì ordini eseguire visita.

75

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE

T. 131. Roma, 23 gennaio 1902, ore 20.

Raccomando tenermi esattamente prontamente informato di tutto quanto la S. V. potrà sapere intorno ai progetti da V. S. segnalati (l) di occupazione inglese in Cirenaica.

76

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. CONFIDENZIALE 132. Roma, 23 gennaio 1902, ore 20.

R. console Malta telegrafa quanto segue: «Una persona degna di fede ecc. (l).

Questo telegramma rende anche più necessario che V. E. procuri di appurare sollecitamente col dovuto riserbo le intenzioni del Governo inglese.

77

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 102/44. Washington, 23 gennaio 1902.

È degna di nota la polemica retrospettiva sorta, da qualche tempo, nella stampa europea ed americana, circa l'atteggiamento delle grandi Potenze nel litigio ispano-americano che condusse alla guerra del 1898. Si era formata, nell'opinione pubblica di qui, la credenza che i «buoni amici » fossero, allora, stati gli inglesi soltanto, e che, grazie all'azione del Gabinetto di Londra, fosse stato scongiurato l'intervento europeo in favore della Spagna. La Gran Brettagna ha, come è naturale, fatto di tutto per mantenere tale idea, e spesso si è detto che il contegno benevolo del Governo Federale e la sua azione, intesa a frenare le simpatie spesso manifestatesi nel paese pei boeri, fossero appunto diretti a dimostrare la propria riconoscenza all'Inghilterra pei servizi avuti nel 1898. Se non che ad altri non è piaciuto che siffatto stato d'animo si riaffermasse

agli Stati Uniti, trovando che le cose non andarono, alla vigilia della guerra del 1898, precisamente come qui si è sinora creduto. Senza tener conto di pubblica

zioni di importanza secondaria, è str,ta quella autorevolissima del Signor Hanotaux, Ministro degli Affari Esteri di Francia al tempo della guerra ispanoamericana, che ha destata la polemica. Non ho bisogno di mentovare qui ciò che l'Hanotaux ha espresso; rileva, solo, che egli ha gettato molta acqua fredda sul sentimento di riconoscenza degli americani verso gli inglesi per l'assistenza che questi avrebbero loro prestata nell'ora del pericolo.

Un membro della Camera dei Comuni, il Signor Norman, ha portato la questione in quell'Assemblea, e la risposta datagli da Lord Cranborne, il 20 corrente, è nota a V. E.; che, cioè, il Gabinetto britannico rifiutò di unirsi alle altre Potenze in una nota al Presidente McKinley, poiché questa era diretta ad esercitare pressioni a Washington.

La conseguenza è stata che a Berlino, Parigi, Pietroburgo e Vienna, ravvisandosi quei Gabinetti colpiti da alcune reticenze del discorso del Sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri di S. M. Britannica, si è creduto dare una rettifica. Il significato di questa è, che le Potenze, ciascuna per quanto la concerne, non proposero d'intervenire, come Lord Cranborne ha espresso; e che la diplomazia inglese, insomma, non fece per gli Stati Uniti, in quella occasione, se non quanto fu compiuto dalle altre. Più esplicita in questo senso sarebbe la dichiarazione, che l'agente dell'« Associated Press » a Pietroburgo avrebbe ricevuto da fonte autorevole russa, secondo annunzia un odierno telegramma da quella Capitale.

L'E. V. ha conoscenza del carteggio diplomatico di quell'epoca e può rendersi conto appieno del modo come le trattative furono condotte e della parte che il R. Governo v'ha preso.

Non è dunque il precisare quali «siano stati i veri amici degli Stati Uniti» che abbia importanza. Il fatto, invece, che mi preme di porre in luce nella questione è che le Potenze d'Europa mettono il più grande interesse a guadagnarsi la simpatia di questo paese. Il quale ciò intende perfettamente e conta sempre più sulle proprie forze. L'incidente su cui ho l'onore di riferire conferma meglio tale situazione.

(l) Cfr. n. 73.

78

IL MINISTRO AD ATENE, A VARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 81/26. Atene, 23 gennaio 1902.

Mi pregio di accusar ricevuta del dispaccio di contro segnato (n. 0396/2 del 4 gennaio 1902) (l), col quale l'E. V. si compiacque di rimettermi, per mia informazione, copia di un memorandum presentatoLe da codesta Legazione Ellenica sulle difficoltà insorte per la stipulazione del Trattato di Commercio e di Navigazione tra la Grecia e la Turchia, nonché copia di un dispaccio da Lei indirizzato alle RR. Ambasciate in Berlino, Londra, Parigi, Pietroburgo e Vienna.

8 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

Nel colloquio che ebbi ieri con '1uesto Presidente del Consiglio, S. E. mi fece conoscere che ignorava tuttora l'accoglienza che quel memorandum aveva ricevuta dai Gabinetti di Berlino, Londra e Parigi; ma che secondo le informazioni pervenutegli dal Ministro di Grecia in Vienna, il Conte Golouchowski erasi dichiarato in favore delle domande in esso contenute, che riconosceva fondate e circa le quali era sua intenzione di concertarsi colle Potenze. Gli risultava inoltre che il Gabinetto di Pietroburgo era animato dalle stesse benevole intenzioni, manifestate dall'E. V. Espresse quindi la speranza che queste fossero per essere divise dagli altri Gabinetti, da cui aspetta una risposta e che, in seguito ai paesi che sarebbero da essi iniziati, la Sublime Porta si inducesse a riconoscere la decisione arbitrale per ciò che rifletteva i principi e le clausole già consacrate nel Trattato di Canlidja. Qualora però persistesse nel suo rifiuto, era deciso di pregare le Potenze a sottomettere la questione all'arbitrato degli Ambasciatori in Costantinopoli.

Il Signor Zaimis mi rimise quindi, in via confidenziale, copia di una nota diretta, dietro suo ordine, dal Signor Mavrocordato a Tevfic Pascià, che qui unita trasmetto coi relativi annessi (l), nella quale si fa conoscere le conseguenze che derivavano ai sudditi greci residenti nell'Impero, dall'erronea interpretazione data dalla Sublime Porta alla decisione arbitrale e si chiede che sia messo termine ad una situazione cosi poco conforme ai Trattati ed alle relazioni di buon vicinato, esistenti tra i due Stati.

Queste relazioni, che, nel pensiero del Signor Zaimis, avrebbero dovuto consolidarsi ogni giorno più, erano ora intralciate dalle vessazioni a cui erano fatti segno i sudditi greci dopo la comunicazione della sentenza suddetta, nonostante le disposizioni concilianti del Governo Ellenico delle quali aveva dato prova anche di recente in occasione della partenza di Mahmud Pascià da Corfù. Tale contegno della Sublime Porta aveva avuto naturalmente il contraccolpo in alcuni vilayet, come in quelli di Monastir e di Serres, ove gli ultimi eventi colà accaduti davano a conoscere la noncuranza delle autorità ottomane nel provvedere alla tutela delle popolazioni elleniche nell'impero.

(l) Non pubblicato.

79

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 146/2. Londra, 24 gennaio 1902, ore 18,47.

Non avendo oggi potuto vedere ministro degli affari esteri occupato in parlamento, mi sono rivolto al sotto-segretario di stato lord Granborne, che trovai già informato da Roma delle osservazioni di V. E. circa la visita delle due navi inglesi a Tripoli. Sua Signoria espresse sorpresa e rincrescimento che V. E. abbia potuto sospettare nel Governo britannico intenzione di fare cosa sgradita all"Italia, mentre rimanevano sempre uguali per parte dell'Inghilterra i sentimenti di antica amicizia, ai quali non credeva aver mai mancato. Quanto alle navi,

il Foreign Office nemmeno aveva avuto notizia della loro visita a Tripoli, la quale non poteva che essere effetto delle consuete crociere della squadra del Mediterraneo, dipendenti dall'ammiraglio. I denunziati scandagli erano, probabilmente, un'operazione di bordo resa necessaria dalla disposizione generale che vieta a tutte le navi inglesi di adoperare piloti locali all'ingresso, come alla uscita, da qualunque porto. In presenza del linguaggio tenutomi e di quanto mi risulta delle intenzioni di questo Governo, sono certo di potermi portare garante che nessuna occupazione è contemplata su quella costa. In questa persuasione mi asterrò, salvo ordini contrari, dal tornare, di mia iniziativa, sull'argomento con lord Landswowne, e ciò per non indurlo a interpretare il mio passo come una entratura relativa al noto progetto di dichiarazione, circa il quale V. E. mi prescrisse di evitare ogni simile sollecitazione (l).

(l) Non si pubblica.

80

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 148. Londra, 24 gennaio 1902, ore 23,25.

Una ulteriore comunicazione ora fattami, in via privata, dal Foreign Office, a quanto pare dietro nuove indagini capo ufficio ammiragliato, dice: «Non sappiamo perché le due navi andarono a Tripoli; loro scopo potrebbe essere stato di raccogliere ragguagli circa un contrabbando di armi denunciato a Malta contro certi bastimenti greci, ma nulla del resto vi è di insolito in simili visite a porti ottomani; ci risulta soltanto che occorse un accidente al battello del comandante, mentre traversava la barra rimanendo egli stesso ferito».

81

APPUNTO SUL COLLOQUIO FRA IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CURRIE

Roma, 24 gennaio 1902.

Oggi, 24 gennaio 1902, è venuto alla Consulta lord Currie, ambasciatore d'Inghilterra. Avendogli il Ministro accennato a voci, che corrono a Malta, di una eventuale occupazione inglese in Cirenaica, e più particolarmente a Bomba, lord Currie esclamò che a simili voci non potrebbe credere meglio di quel che crederebbe alla voce di una « descente en Sicilie! ».

(l) Su questo punto e sulla trattativa !taio-inglese su Tripoli, si rinvia a E. SERRA, L'Intesa mediterranea del 1902, cit., che ha utilizzato, tra l'altro, le fonti inedite del Ministero degli Esteri italiano, del Foreign Office, l'Archivio Pansa, Ardagh Papers, le Salisbury Papers, le testimonianze di Henry Wickham Steed, l'archivio Visconti Venosta e la corrispondenza di Prinetti con la sorella Giulia più, ovviamente, le fonti edite e la memorialistica. A questo volume si rinvia per le indicazioni bibliografiche.

82

IL CONSOLE A MONASTIR, GAETANI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

R. 11/2. Monastir, 24 gennaio 1902.

Sono giunti qui in questi giorni per presentare i loro omaggi al nuovo Vali vari bey albanesi, ossia Agliò bey, Orlmn bey e Muharem bey di Coritza, Omer e Mehmet bey di Zavaglian (Coritza), Horev bey di Starovo, Akif bey di Elbassan e Zzet pascià di Florina. Sono stati tutti ricevuti e invitati a pranzo dal Vali. Ora una persona che è in intimità con questi bey di Coritza afferma che tutti costoro aspirano all'indipendenza dell'Albania e ne parlano sempre, benché in modo vago, ma con la speranza di acquistare così maggiore autorità e poter dominare i connazionali cristiani che sono in numero assai minore dei musulmani. Infatti quando il governo ottomano concede loro qualche decorazione od altro segno di distinzione, essi dimenticano la patria albanese e diventano entusiasti del Sultano: e ciò per provare che il loro patriottismo è a base di ambizione e di interesse personale. La stessa persona racconta che ora le trattative per la pacificazione di Malik bey hanno preso altra piega: l'attuale gran Vizir è disposto a concedergli l'amnistia a patto che si ritiri in Asia con la sua famiglia e lasci questi paesi, ma non ha intenzione di fargli le offerte generose del suo predecessore. Intanto sembra assodato, dalle assicurazioni di questa persona bene informata, che Malik bey in persona attaccò la posta ed uccise i gendarmi lo scorso agosto (come ebbi l'onore di riferire col rapporto del 8 agosto N. 106/24) (l), mentre ciò da molti si attribuiva ai briganti bulgari. Le bande bulgare che attualmente infestano questi paesi sarebbero quella di Marcoff nella regione di Castoria, di Cote fra Monastir e Florina, di Melenco a Murihovo, di Peperco fra Kircevo e Demir hissar.

Però giorni or sono è stato preso e condotto qui in prigione il famoso brigante turco Luman di Ostretz con quattro compagni che da alcuni anni era il flagello dei paesi posti tra Monastir e Florina. Intanto gli assassini continuano. La settimana scorsa un altro bulgaro è stato ucciso a Demir hissar dagli agenti del Comitato per aver rifiutato di dare il danaro richiesto. La vittima si trovava a Sofia ove gli fu domandata una certa somma: egli fuggì al suo paese ove gli fu fatta la stessa domanda. Egli allora denunziò alcuni bulgari che furono arrestati nel capoluogo del nahié di Demir hissar: dopo due giorni è stato trovato ammazzato. Nei giorni delle feste pel Natale ortodosso due musulmani andati in un villaggio presso Monastir per esigere qualche somma che dovevano avere dai contadini ne ebbero rifiuto, non volendo costoro pagare in tempo di feste e appena usciti dal villaggio i due turchi furono uccisi. Anche ciò si attribuisce ai bulgari.

L'altra sera presso un han fra Monastir e Florina cinque o sei colgi della Regia s'imbatterono in una decina d'individui che risposero a fucilate: si parla

di qualche morto e di feriti: avvertite 10 autorità di qui furono spedite truppe sul luogo. I colgi dicono che gli assalitori erano briganti bulgari, i bulgari dicono che erano contrabbandieri musulmani. Non ancora si può sapere la verità. Tutto ciò prova però la tendenza generale non solo dei turchi, ma anche dei cristiani di attribuire qualunque fatto criminoso alla propaganda bulgara, il che mostra l'esistenza di uno spirito preconcetto e impregnato di esagerazioni nell'opinione pubblica di questi paesi.

Corre voce che il famoso denunziatore Vanni di Castoria sia stato assassinato colà.

Intanto prima delle feste del bairam i militari di questa guarnigione volevano fare manifestazioni sediziose se non ricevevano l'intera paga loro dovuta per un mese. Il Valì saputo ciò ha preso in prestito tre mila lire turche per completare la somma necessaria pel pagamento di un mensile ai funzionari civili e militari di Monastir. Pare che anche a Salonicco i militari abbiano fatte eguali minacce.

Trasmetto copia del presente rapporto a S. E. il Ministro degli Affari Esteri (1).

(l) Non pubblicato.

83

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 150/75. Vienna, 25 gennaio 1902 (per. il 30).

È annunziato che S.A.I. e R. l'Arciduca Francesco Ferdinando partirà da Vienna il 6 febbraio prossimo per render visita alla Corte Imperiale Russa a Pietroburgo. L'Arciduca farà questa visita per recare personalmente allo Czar i suoi ringraziamenti per la sua recente nomina come Generale di Cavalleria nell'esercito Russo. È difatti consuetudine presso le Corti Imperiali di Russia e d'Austria, che nei casi di nomina di questa natura, il nuovo nominato si presenti di persona coll'uniforme della ricevuta dignità al Sovrano da cui procede la nomina.

È superfluo l'osservare, che l'Arciduca non avrà in questa occasione alcun incarico politico da disimpegnare presso la Corte Russa, quali che possano essere i commenti che saranno fatti in proposito dalla stampa pubblica. Non vi è dubbio però che lo scambio di simili cortesie avrà per effetto, com'è d'altronde l'intenzione dei due Monarchi, non solo di consolidare, ma di rendere più evidenti al pubblico, le cordiali amichevoli relazioni tra le due Corti, ed i due Stati. Questo sarà il solo oggetto politico della visita. Ma è abbastanza importante perché meriti di non passare inosservato.

(l) Con r. 12/6, pari data.

84

IL MINISTRO A BERNA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 160/43. Berna, 25 gennaio 1902 (per. il 28).

Forma oggetto in questi giorni di riservate comunicazioni diplomatiche e di vive polemiche sui giornali la questione delle fortificazioni che la Germania ha intenzione d'alzare a Tullingen, sulla riva destra del Reno, a nord di Basilea, a 5 km. di distanza da quella città e ad un chilometro e mezzo dal confine svizzero. Scopo di tali fortificazioni è di coprire il lato della frontiera tedesca verso la Francia, rimasto indifeso ed esposto ad un attacco dalla parte di Belfort. L'altura di Tullingen è bene scelta, perché domina i tre ponti di Basilea, i tre ponti di Huningen, e le tre linee ferroviarie che mettono capo a Basilea da Mulhouse, da Mulheim e da Lovrach.

Il Governo svizzero solleva la questione che il trattato di Parigi obbligò la Francia a demolire le fortificazioni di Huningen ed a non alzarne in quella regione a meno di 3 km. dalla frontiera della Confederazione elvetica. Ma i tedeschi sostengono che quella clausola concerneva la Francia e la riva sinistra del Reno, ossia l'Alsazia; mentre non può riguardare la Germania, la sponda destra del Reno e il granducato di Baden, dove appunto si trova Tullingen.

Col solito suo contegno la Svizzera. quando le torna conto, si trincera dietro la propria neutralità, mentre laddove entrano in giuoco le sue velleità militari. alza essa stessa delle fortificazioni, come a Saint Maurice e al Gottardo, e si dispone a costruire una ferrovia strategica nell'alta valle del Reno, dicendo senza ritegno nei documenti ufficiali (l) che «quella ferrovia sarebbe molto utile in una guerra contro l'Italia».

Pare evidente che nella questione di Tullingen la Francia spinge sottomano la Svizzera a protestare, dichiarandole lo Stato Maggiore francese non ha mai pensato ad un piano d'invasione della Germania per la Foresta Nera, e che le fortificazioni progettate dalla Germania hanno a scopo soltanto di poter minacciare all'occasione Basilea per tenere in soggezione la Svizzera.

Se questo fosse vero, non sembrerebbe il caso di dolercene, essendo anzi desiderabile che una grande Potenza amica dell'ordine si munisca d'un mezzo efficace di coercizione contro questo paese, divenuto focolare di ribellioni ed una minaccia alle istituzioni politiche e sociali degli Stati vicini.

Ma purtroppo non è ancora certo che si costruiscano le fortificazioni di Tullingen, mentre potrebbe anche trattarsi d'una campagna diplomatica sollevata nel momento presente dalla Germania per ottenere dal Governo Federale qualche concessione nella legislazione contro gli anarchici.

(l) Messaggio del Consiglio Federale alla Camera del 24 giugno 1894 relativo alla ferrovia Reichenau-Hanz-Disentis. fNota del documcntol.

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IL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, FRIOZZI DI CARIATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RR. 122/32. Rio de Janeiro, 25 gennaio 1902.

Nell'ultima parte del rapporto n. 2787/429 del 23 dicembre p.p. (l) con cui le trasmetteva la Relazione del Ministro Federale delle Finanze per l'anno 1901, io esponeva all'E.V. i gravi inconvenienti della politica esclusivamente fiscale inaugurata e proseguita con irremovibile pertinacia dal Signor Murtinho il quale, pur di raggiungere lo scopo principale del suo programma che è di affrettare il ritorno alla circolazione metallica mediante il rialzo artificiale del valore della carta moneta brasiliana, non ha dubitato d'imporre al paese sagrifici enormi che, nelle attuali così critiche condizioni della economia nazionale, oltrepassano di molto le forze contributive della collettività.

Tra le conseguenze più sensibili di quella politica sono da annoverare la rovina dei principali istituti di credito del Brasile, ed in primo luogo del Banco della Repubblica al quale il Governo Federale dovette con riluttanza concedere una moratoria, la paralisi di tutto il movimento industriale, l'arresto quasi completo delle transazioni commerciali e la crisi che infierisce nella produzione agricola cui mancano del tutto credito e capitali.

Ne risulta un malcontento che aumenta e si estende di giorno in giorno e va manifestandosi sempre più apertamente in tutte le classi sociali, scuotendo la caratteristica apatia di questo popolo che, nel breve corso di dodici anni, ha subito senza parteciparvi una rivoluzione e due guerre civili. Né valgono a frenare il crescente malumore gli argomenti con cui il Governo cerca di giustificare la sua condotta. Quelli che nelle sempre maggiori difficoltà della vita materiale ne soffrono gli effetti vedono una cosa sola; ed è che i benefici immediati delle operazioni conchiuse dal Ministro delle Finanze vanno ad esclusivo profitto dei creditori esteri dello Stato e di pochi finanzieri locali amici ed aderenti del Governo per la quale ragione è assai difficile persuadere l'opinione pubblica che quelle operazioni rispondano all'elevato fine del bene ulteriore dell'intera collettività e non già ai personali interessi di una ristretta cricca di cui la voce popolare indica come capo ed ispiratore il Dottor Murtinho, connivente lo stesso Presidente della Repubblica. Opinione erronea, voci calunniose se si vuole, ma di cui è giuocoforza tener conto in una situazione attualmente pericolosamente tesa qual'è quella che si osserva e che un fortuito avvenimento potrebbe da un momento all'altro aggravare oltre ogni possibile previsione.

Non è quindi da meravigliarsi se vanno moltiplicandosi gli attacchi, non soltanto agli uomini cui è affidata la direzione della cosa pubblica, ma allo stesso regime politico che essi personificano; regime che non ha mai avuto in questo paese una base abbastanza larga da assicurargli le simpatie delle masse. È noto che la distruzione della monarchia fu il risultato non tanto dell'attività

del partito repubblicano, poco numeroso e privo d'influenza, quanto del malcontento che l'abolizione della schiavitù produsse nella classe dei grandi proprietari i quali, conservatori intransigenti sino allora, passarono dal giorno al dimani dal campo imperialista in quello dei nemici della dinastia. La maggior parte di quei signori ha avuto tempo di pentirsi della sua defezione, contemplando il risultato ottenuto dopo dodici anni di governo repubblicano. In quanto alle classi popolari, senza propendere piuttosto per questa che per quell'altra forma di reggimento, esse accoglierebbero con favore qualunque evento che mettesse termine al presente stato di cose che non rappresenta per loro se non un sistema d'intollerabili esazioni.

Il Governo della Repubblica è attualmente monopolio di una ristretta oligarchia regionale che distribuisce tra i suoi componenti e la sua clientela le alte cariche e gli impieghi lucrativi. È dessa che maneggia le elezioni con perfetto disprezzo anche delle più elementari apparenze: essa che determina anticipatamente quali debbano essere i risultati del voto popolare: essa che impera tirannicamente nelle amministrazioni locali; essa che nomina e destituisce i magistrati e ne detta le sentenze, facendo servire la giustizia ai propri interessi, odii e vendette. Il Signor Campos Salles è la personificazione di questo regime di soprusi, di frodi e di corruttela che continuerà sotto l'amministrazione del successore che egli stesso si è scelto e che tutti si accordano a dire non sarà che un fantoccio di cui egli ed i suoi partigiani più influenti terranno in mano i fili e dirigeranno ogni mossa. Infatti, il Signor Rodriguez Alvez di cui nessuno d'altronde contesta l'onestà personale -ha fama di uomo debole e vacillante, timoroso di compromettersi, disposto a lasciare a coloro che lo circondano la responsabilità delle più gravi decisioni. Alla vigilia della caduta dell'Impero egli copriva l'alta carica di Governatore di quella che era allora la provincia di San Paolo e si riferisce che nessun funzionario del passato regime dimostrasse più fervida devozione alla monarchia, ciò che non gli impedì di essere tra i primi che aderirono alla Repubblica appena fu manifesto che nel nuovo Governo l'elemento « paolista » avrebbe il sopravvento e potrebbe quindi ritrarne i maggiori vantaggi. Col Signor Rodriguez Alvez alla Presidenza della Repubblica il Signor Murtinho, di cui sembra assicurata per un nuovo quadriennio la permanenza al Ministero delle Finanze, continuerà ad esercitare la sua influenza preponderante in un Governo la cui politica, secondo tutte le apparenze, sarà identica a quella dell'attuale.

La certezza che l'oramai imminente elezione presidenziale non avrà altro risultato che di perpetuare un sistema di governo considerato responsabile dei mali di cui soffre il paese contribuisce indubbiamente a dar forza agli avversari dell'attuale regime a qualunque frazione politica essi appartengano. La stampa di opposizione -il cui linguaggio è sempre più violento e personale -ne approfitta per ribadire il suo argomento prediletto, che cioè fino a quando dureranno le istituzioni che hanno per base la costituzione del 1891, non vi potrà essere nessun miglioramento nella presente situazione. Gli stessi uomini continueranno a godere il monopolio del potere; le stesse idee, gli stessi programmi, gli stessi interessi personali si affermeranno a detrimento del benessere della nazione. E da tutte le parti si sente proclamare la necessità di mutare questo stato di cose. Mutare, ma in qual senso? Qui divergono le opinioni e nella divergenza dei loro avversari più che nelle proprie virtù sta la forza degli attuali governanti.

In una serie di articoli pubblicati il mese scorso nelle colonne di uno dei giornali di opposizione che gode più larga clientela un brillante scrittore che occupava non ha guarì importanti funzioni nel Governo dello Stato di Minas Gerais faceva un paragone tra le condizioni attuali del Brasile e quelle in cui si trovava alla fine dell'Impero. Egli dimostrava colle cifre l'opera disastrosa del regime repubblicano; la dilapidazione del Tesoro pubblico, la rovina del credito, l'enorme aumento dei debiti federali e statali, la bancarotta della maggior parte degìi Stati, la rapida diminuzione della riccchezza privata, la paralisi del commercio, l'aumento del costo della vita, l'accumularsi continuo di nuove tasse che gravano sulla produzione come sul consumo. Le conclusioni dello scrittore, il quale appartiene notoriamente al partito repubblicano, sono queste: che si presentano tre vie di uscita dalla situazione attuale ossia:

lo una revisione della Costituzione del 1891: 2" una dittatura: 3° il ritorno alla monarchia.

La costituzione del 1891, cattiva imitazione di quella degli Stati Uniti dell'America del Nord, è indubbiamente una delle cause principali della disorganizzazione economica di questo paese, dovuta in gran parte alla esagerata autonomia dei singoli Stati dell'Unione i quali ne hanno approfittato per abusare del credito, moltiplicare le tasse locali ed imporre dazi interstatali il cui peso esorbitante grava sul movimento commerciale interno. Né minor danno ha prodotto l'autonomia statale in materia di legislazione giacché ha complicato a tal segno la procedura da intralciare ad ogni pié sospinto il corso della giustizia la quale, per di più, è in balia delle fazioni che tolgono ogni stabilità alla magistratura ridotta a servire gli interessi dei locali caporioni politici. Una revisione costituzionale non potrebbe, allo stato presente delle cose, avere altro scopo se non quello di limitare l'eccessiva autonomia dei singoli Stati, ciò che ricondurrebbe il Brasile alla forma di uno Stato accentratore qual'era sotto l'Impero. Se ciò avvenisse, è probabile che anche la distribuzione dei poteri pubblici subirebbe profonde alterazioni, giacché non è da credersi che sussisterebbe in quelle nuove condizioni l'attuale onnipotenza del Presidente della Repubblica, essendo da ritenere invece che i poteri del primo magistrato sarebbero sottomessi al più efficace e più continuo controllo della rappresentanza nazionale. In altri termini, una revisione della costituzione segnerebbe probabilmente un tentativo di ritorno al governo parlamentare quale esisteva al tempo della monarchia. Sarebbe una naturale reazione contro il sistema attuale in cui il Congresso non è che il docile strumento della volontà del potere esecutivo. -··~·-·

In quanto alla ipotesi di una dittatura, io credo che essa non potrebbe verificarsi se non come mezzo di transizione dal presente stato di cose ad un altro regime. È, del resto, difficile immaginare al Brasile una dittatura che non fosse militare e non vedo attualmente nell'alto personale dell'esercito chi riunisca i requisiti necessari per imporsi al paese. Di tutta la schiera di generali politicanti che contribuirono a rovesciare l'Impero e che, dopo la sua caduta, dettarono la legge alla neonata repubblica brasiliana, gli uni sono morti, gli altri screditati ed incapaci di agire. Gli attuali capi dell'esercito non godono

il prestigio necessario per poter confi:-;care a loro profitto il potere supremo.

Mi rimane da parlare della terza soluzione indicata dall'autore degli articoli che ha dianzi accennati, ossia della possibilità di una restaurazione monarchica.

Dopo l'insuccesso della rivolta della marina nel 1893-94 capitanata dagli ammiragli Custodio de Mello e Saldanha da Gama, il partito monarchico completamente disorganizzato e scisso in varie frazioni --cessò di contare come una forza politica attiva. In questi ultimi tempi però esso ha dato segni di risveglio di cui il Governo Federale si è più di una volta preoccupato. A dire il vero le cospirazioni monarchiche vere od immaginarie di cui si è parlato durante l'anno testè decorso non hanno aumentato il prestigio né la serietà di quelli che si atteggiano a capi del partito e se le fortune della monarchia brasiliana dipendessero esclusivamente dall'opera loro l'ipotesi di una restaurazione del regime imperiale dovrebbe scartarsi come una impossibilità assoluta. Ma il risultato che non hanno conseguito le semiserie congiure di ex ciambellani imperiali potrebbe forse derivare da un insieme di circostanze indipendenti dall'azione dei capi monarchici, purché questi ne sapessero trarre profitto. Il crescente malcontento prepara un terreno favorevole alla propaganda imperialista ed è incontestabile che essa progredisce e si organizza per così dire spontaneamente. Un sintomo notevole del suo progresso è stato l'inaugurazione avvenuta il 19 corrrente a San Paolo di un grande circolo monarchico il quale dovrà servire di centro della propaganda in tutto quello Stato, sinora il più affetto, perché il più interessato, alle istituzioni repubblicane. Erano più di mille gli intervenuti alla riunione inaugurale presieduta dal Dottor Alfonso Celso, figlio del Visconte di Ouro Preto che fu l'ultimo Presidente del Consiglio dell'Impero. Sembra che le autorità paoliste avrebbero avuto la intenzione di proibire la riunione ma che ne desistettero dinnanzi alla minaccia di trasformare quella adunanza privata in pubblica manifestazione che poteva degenerare in gravi conflitti. La riunione fu terminata al grido unanime di

«Viva l'Imperatrice Isabella».

A questo proposito non sembra fuori luogo avvertire che non regna nello stesso partito monarchico la migliore armonia circa la designazione del candidato al restaurando trono imperiale. Molti credono infatti che le note proclività ultramontane della erede di Don Pedro II e le antipatie personali destate dalla condotta del Conte d'Eu, suo consorte, nuocerebbero alla riuscita di qualunque tentativo di restaurazione. Si assicura invece che se si presentasse un candidato meglio gradito esso troverebbe aderenti persino nelle alte sfere governative del presente regime. Corre, infatti, la voce che riferisco con le debite riserve che lo stesso maresciallo Mallet, Ministro della Guerra avrebbe dato confidenzialmente da intendere ad una persona che lo avvicinò nell'intimità che, se fosse esclusa la Contessa d'Eu, egli stesso presterebbe il suo appoggio alla restaurazione della monarchia. Il maresciallo aveva, al momento della rivoluzione del 1889, il grado di maggiore di Stato-maggiore ed a lui fu affidato dal Governo Provvisorio Io incarico di notificare alla famiglia imperiale l'ordine di abbandonare il Brasile: fatto che basta a giustificare il risentimento della Contessa d'Eu a suo riguardo. Una frazione importante del partito monarchico propende per il figlio secondogenito della Contessa d'Eu, il principe

n

Don Luigi di Orléans-Braganza che serve attualmente come ufficiale d'artiglieria nell'esercito austriaco. Nato nel 1878, egli ha fama di grande intelligenza e di carattere energico e deciso ciò che lo renderebbe particolarmente adatto ad affrontare una situazione difficile quale sarebbe quella che si presenterebbe all'indomani del ristabilimento della monarchia. Ma questa candidatura presuppone la eliminazione delle pretese non solo della principessa Isabella, Contessa d'Eu -madre del giovane principe -ma anche di quelle del suo fratello primogenito, il principe Don Pedro, che serve eziandio in Austria ma che, a torto od a ragione, passa per essere intellettualmente e moralmente di gran lunga inferiore al principe Don Luigi. Vi è finalmente un gruppo d'imperialisti che propende per una terza candidatura, quella del principe Pietro figlio primogenito del principe Luigi Augusto di Sassonia-CoburgoGotha e della defunta principessa Leopoldina, sua consorte, figlia secondogenita dell'Imperatore Don Pedro II. Gli aderenti di questo candidato giustificano le loro preferenze per lui con la ragione che se egli ascendesse al trono sarebbe rimosso ogni pericolo che la contessa d'Eu e suo marito potessero esercitare qualsiasi influenza nel Governo dell'Impero, ciò che forse non avverrebbe se l'uno o l'altro dei loro figli cingesse la Corona. D'altra parte la candidatura del principe di Sassonia-Coburgo-Gotha non sembra avere grandi speranze di essere accolta dalla maggioranza dei partigiani dell'Impero dopo una lettera diretta qualche mese addietro da suo padre al Governo Brasiliano offrendo di rinunziare in nome proprio e dei suoi figli i loro diritti al trono in cambio della somma di un milione di lire sterline.

Queste dissensioni nel partito monarchico certo non tendono ad aumentarne né la forza, ,né il prestigio morale, e fino a quando non interverrà un accordo tra le diverse frazioni, sembra da escludersi che possa raggiungere un risultato pratico qualsiasi... L'abdicazione della principessa Isabella faciliterebbe tale accordo, ma pare che essa si mostri restia a fare quel sagrificio e voglia mantenere integri i suoi diritti alla successione di suo padre.

(l) Non pubblicato.

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IL CONSOLE GENERALE A JANINA. MILLELIRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. PRINETTI

T. 154f51. Janina, 6 gennaio 1902, ore 10 (per. ore 19,45).

Oggi alle ore 16 S. E. il vali con Essad comandante Jrendarmeria ed il dragomanno Vilayet vennero questo consolato. Il vali fecemi le sue scuse per non avermi mandato persona a felicitarsi dopo il mio arrivo; soggiunse che, quantunque apparentemente fosse sua la colpa, egli però non era stato avvisato dalle autorità di Prevesa: che ciò nondimeno chiedeva arrendevolezza. Accolsi cordialmente vali e mi felicitai con lui che questa occasione abbia dato luogo alla ripresa delle nostre antiche relazioni. Il governatore si fermò mezz'ora in consolato e poi si accomiatò. Domani andrò restituirgli la visita.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTL AGLI AMBASCIATORI A BERLINO,

LANZA, A LONDRA, PANSA, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E A VIENNA, NIGRA

T. 142. Roma, 26 gennaio 1902, ore 14.

Il R. ambasciatore a Costantinopoli telegrafa quanto segue: (l)

«Sono informato, in via riservata, che Sublime Porta ha indirizzato 21 corrente circolare telegrafica propri ambasciatori Berlino, Vienna, Londra, Pietroburgo invitandoli chiedere confidenzialmente ai Ministri Affari Esteri dei Governi presso cui sono accreditati quali informazioni abbiano ricevute ed il loro modo di vedere circa supposto accordo italo-francese per la Tripolitania.

Nella Circolare Sublime Porta osserva che se questo accordo esiste, esso minaccia equilibrio europeo Oriente, al quale sono interessate le Potenze firmatarie del Trattato di Berlino, ricordando essere queste impegnate al mantenimento dell'integrità territoriale dell'Impero giusta principii stessi del trattato».

Veramente non si comprende come la Sublime Porta possa ravvisare una minaccia per l'equilibrio europeo in Oriente od una offesa alla integrità territoriale dell'Impero in una intesa tra la Francia e l'Italia, la quale, come fu concordemente dichiarato dai Ministri degli affari esteri dei due paesi, consiste essenzialmente nel limite che la Francia pone alla sua espansione, escludendone espressamente la Tripolitania. In ogni modo, desidero che, senza dare alla cosa grande importanza, ed esprimendosi eventualmente nel senso di questa ovvia osservazione, V. E. cerchi di sapere e mi telegrafi se ed in quali termini codesto Governo abbia risposto o intenda rispondere alla comunicazione ottomana (2).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA

T. CONFIDENZIALE 143. Roma, 26 gennaio 1902, ore 21.

Ho tardato a telegrafare a V. E. affinché prima potesse pervenirle la lettera cifrata del senatore Malvano. V. E. avrà visto così che il Governo inglese praticamente si schermisce dal rilasciare all'Italia le assicurazioni relative al vilayet di Tripoli offerteci spontaneamente da lord Currie. Provo quindi qualche preoccupazione intorno a progetti intimi del Governo britannico relativi almeno ad una parte della Cirenaica, e mentre credo sempre prudente astenersi dal prendere iniziative in proposito per non espormi ad un rifiuto importa però, presentandosi l'occasione, cercare di cavare dal Governo britannico dichiara

zioni formali se non scritte, almeno verbali. Riguardo poi ai due telegrammi di

V. E. relativi alla gita delle navi inglesi a Tripoli (1), osservo che non essendosi queste colà redatte per ordine dell'ammiragliato, la decisione fu evidentemente presa a Malta; e una simile decisione in questo momento congiunta con la notizia telegrafatami dal console Grande, e da me comunicata a V. E. (2), mostrerebbe, nelle sfere militari di Malta, disposizioni non simpatiche per il nostro paese. Tutto considerato mi sembra che, se V. E. credesse poterlo fare senza alcun pericolo di compromissione, sarebbe utile far notare al Marchese di Lansdowne che, mentre il Governo inglese esprime il costante suo desiderio che rimangano fermi ed indiscussi i rapporti di cordiale amicizia fra i due paesi, simili manifestazioni, tanto più se come disse il console inglese a Tripoli, si ripetessero prossimamente a Bengasi e Derna, non possono non esercitare spiacevole impressione sull'opinione pubblica italiana, attesochè la notizia data dal. Times in una corrispondenza da Parigi avere cioè l'Inghilterra dopo l'accordo del 1899, rifiutato all'Italia quelle formali assicurazioni di disinteresse nel vilayet di Tripoli che dipoi ci furono date dalla Francia, non ha potuto essere smentita perché sostanzialmente vera e perché oggi ancora quelle assicurazioni non ci furono date da codesto Governo.

(l) -Con. t. 152 del 25 gennaio. (2) -Il 22 gennaio 1902, Malvano scriveva all'ambasciatore a Londra, Pansa, che la questione di Tripoli <<rimaneva in piedi» e che il ministro gli aveva inviato un dispaccio cifrato: in Carte Pansa. Cfr. E. SERRA, Prima che l'Italia sbarcasse a Tripoli, in La Stampa, 12 giugno 1979. Il tentativo di Prinetti era iniziato nel 1901.
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IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 155. Malta, 26 gennaio 1902, ore 23.

Mi hanno assicurato che l'ammiraglio Fisher, comandante in capo la squadra del Mediterraneo abbia interrogato ultimamente alcuni capitani di marina mercantile maltese se avessero costeggiato per la Cirenaica e ne conoscessero i vari punti di atterraggio e se, al bisogno, si prestassero come piloti sopra legni inglesi; uno dei quali imbarcati a bordo della « Surprise » che si recò giorni sono ove l'attendeva l'incrociatore « Theseus ».

90

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 144. Roma, 27 gennaio 1902, ore 11,30.

Dal R. console a Malta ricevo il seguente telegramma: (V. Telegramma

n. 155 in arrivo (3). Mi affretto a trasmetterlo a V. E. essendo in relazione col lungo telegramma che le diressi iersera (4).

(l) -Cfr. nn. 79 e 80. (2) -Cfr. n. 76. (3) -Cfr. n. 89. (4) -Cfr. n. 88.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA

T. 146/4. Roma, 27 gennaio 1902, ore 14.

Prego concertarsi col colonnello Salsa e telegrafarmi se e quale riduzione del nostro contingente si possa fare nella prossima primavera.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 158/15. Berlino, 27 gennaio 1902, ore 14,50.

Stamane, presente il principe di Galles e rappresentanze sovrani stati, impero, fu festeggiato nel modo consueto a castello reale anniversario nascita imperatore. Durante « Defilir Cur >> che seguì funzioni in chiesa, S.M. imperatore ringraziandomi felicitazioni offerte, mi annunciò aver colto giorno d'oggi per regalare città di Roma statua giovane Goethe di cui tratta telegramma diretto da imperatore a S. M. il re. Presenza qui principe di Galles non ha naturalmente fino ad ora, sollevato alcun incidente; i brindisi scambiati ieri a colazione presso reggimento Dragoni della guardia fra Sua Maestà e il principe di Galles furono improntati sensi massima cordialità, senza spiccato carattere politico, tranne qualche incenso speso da Sua Maestà grandezza Inghilterra. Ne trasmetto testo.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A BRUXELLES, CANTAGALLI

T. 145. Roma, 27 gennaio 1902.

Mi riferisco al dispaccio 8 agosto 1901 n. 20 (1). Il Governo francese non crede per ora opportuna comunicazione al Bureau International dei due protocolli relativi delimitazione verso Ras Dumeira essendo documenti di cui non è obbligatoria la comunicazione. Desiderando andare di accordo col Governo francese, prego V. S. di far sospendere, se ancora in tempo, pubblicazione detti protocolli negli atti del Bureau. Attendo suo telegramma.

(l) Non pubblicato.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, POLACCO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 8lj24. Sofia, 27 gennaio 1902.

I rapporti che corrono fra la Russia e la Bulgaria, avendo particolare importanza nei riguardi della politica generale, ho l'onore di riferirne a V. E., in via riservata.

Stando a tutte le apparenze, la Bulgaria avrebbe per alto Sovrano non già S. M. il Sultano, ma sì bene S. M. l'Imperatore di Russia. I ricordi della guerra di liberazione sono tuttora vivi in questo paese; ovunque, il ritratto dello Czar figura accanto a quello del Principe Ferdinando; le principali vie di questa città portano nomi di principi e personaggi russi; ed in ogni occasione le manifestazioni del pubblico e quelle dei governanti sono improntate a sentimenti di affetto e di devozione illimitata per il grande impero slavo.

L'Agente russo, Signor Bakhméteff, è noto per la sua attiva ed ardente propaganda panslavista, nella quale egli ha talora oltrepassato il pensiero e le istruzioni del suo Governo, tanto da subirne dei richiami. Egli non tralascia occasione di affermare la posizione privilegiata che la Russia deve godere in questo oaese, e l'attitudine sua è per l'appunto quella che più legittimamente spetterebbe al commissario Imperiale Ottomano.

Quasi tutti i partiti politici dal Zancovista allo Stambulovista si dimostrano ligi alla Russia, e si può tutt'al più notare qualche sfumatura fra i sentimenti dei seguaci di Karaveloff e di Stambuloff, e quelli degli Zankovisti attualmente al potere. Questi ultimi si mostrano i più ardenti di tutti. Quando correva la voce di una possibile occupazione russa del porto di Burgas, il loro capo, Signor Daneff, ebbe fino a dire, in privati colloqui, che la Russia era libera di prendere in Bulgaria quello che voleva, senza che questo paese potesse neppur pensare ad opporvisi, in altra occasione egli ha inoltre dichiarato che preferirebbe l'annessione pura e semplice alla Russia, piuttosto che la supremazia austriaca; frasi che dispensano da ulteriori commenti.

Lungi dal voler opporsi a questa corrente, il Principe si lascia da essa trascinare in modo completo. Egli afferra tutte le occasioni pubbliche e private per attestare la sua profonda devozione per la Russia; il suo contegno verso il Signor Bakhméteff non è veramente, nell'eccesso dei riguardi ch'egli usa a quell'Agente, quello che si addice ad un sovrano. Ultimamente ancora egli creava un ordine speciale per le Signore e lo conferiva unicamente alla Signora Bakhméteff, ad esclusione di tutte le Signore bulgare. L'azione esercitata dall'Agente russo sulla politica interna di questo paese, è indubbia, e si può ritenere che qui nulla si fa d'importante senza il suo concorso o la sua approvazione.

Questa è la situazione odierna, creata dalla conciliazione avvenuta fra l'Imperatore Nicolò ed il Principe Ferdinando; e sarebbe assurdo il voler fare previsioni sulla durata di questo stato di cose.

Oggi la Russia trattando la Bulgaria quasi come uno Stato vassallo, se ne vale per i suoi fini, e gli accorda ogni tanto, con mano parsimoniosa i benefici della sua protezione, come fece nello scorso anno con la sovvenzione di quattro milioni, ed ultimamente, con l'intervenire presso il Governo francese per la riuscita del prestito bulgaro a Parigi.

Però questa protezione della Russia, conserva un carattere di diffidenza che il Principe cerca invano di dissipare; la stessa esagerazione dei suoi tentativi può far nascere qualche dubbio sulla sincerità dei sentimenti che egli manifesta con tanta ostentazione. A Pietroburgo si rammentano gli esordi del suo Governo, e saranno altresì note le imprudenti parole colle quali talvolta in privati colloqui, il Principe lascia travedere il fondo del suo pensiero, e la possibilità di un mutamento nella orientazione politica di questo paese.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 167. Pera, 28 gennaio 1902, ore 22,45.

Sultano mi ha mandato oggi Ibrahim bey, gran Maestro delle cerimonie, per comunicarmi essere stato informato da Parigi che la notizia di un accordo fra la Francia e l'Italia per la Tripolitania pareva confermarsi; e che l'Italia non aspettava che occasione favorevole per agire. Sultano mi faceva sapere che, sebbene non prestasse fede tali notizie e le ritenesse sparse ad arte dai suoi nemici, i quali disapprovano politica di unione con la Triplice Alleanza da lui seguita, pure tuttavia desiderava essere rassicurato, e lo sperava tanto più che credeva poter contare sull'amicizia Ji S. M. il re e dell'Italia.

Nella mia risposta ho creduto opportuno ripetere a Ibrahim bey dichiarazioni fatte da V. E. a codesto ambasciatore di Turchia e comunicatemi con telegramma 17 corrente (l), incaricandolo volere rassicurare pienamente Sultano e soggiungendo che S. M. I. poteva fare assegnamento sulla sincera amicizia di S. M. il re e sulle favorevoli disposizioni del suo Governo.

Ibrahim bey mi pregò trasmettere messaggio del sultano a V. E. !asciandomi intendere che S. M. I. avrebbe gradito conoscere risposta che ella sarebbe per farmi.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 177/62. Berlino, 28 gennaio 1902.

S. A. il Principe di Galles, dopo di aver passato tre giorni in questa Capitale, ne è ripartito stamane. Secondo mi viene riferito, l'Augusto Principe è rimasto soddisfattissimo dell'accoglienza cordiale ed affettuosa fattagli dall'Impera

tore, il quale, oltre all'averlo colmato di cortesia, lo ha pure nominato Capo del Reggimento Corazzieri del Reno n. 8.

Domenica, in occasione di una colazione presso il l o Reggimento Dragoni della Guardia (Regina Vittoria d'Inghilterra) vi fu tra Sua Maestà e il Principe uno scambio di brindisi improntati alla massima cordialità ma senza allusioni politiche. Dei due discorsi mando, ad ogni buon fine, qui unito il testo (1).

L'atteggiamento della popolazione Berlinese verso l'Erede del Trono britannico è stato, come si prevedeva, cortesemente riservato.

I giornali di stamane hanno pubblicato il testo del telegramma diretto da Sua Maestà al Sindaco di Roma per annunziargli il dono della Statua di Goethe, nonché la risposta del Principe di Sonnino. Di tale atto grazioso e munificente, Sua Maestà si compiacque darmi contezza ieri, allorquando, in occasione della « Gratulation's Cour » io ebbi l'onore di offrirgli i miei auguri per la ricorrenza del suo genetliaco.

(l) Cfr. n. 49.

97

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 174. Pietroburgo, 29 gennaio 1902, ore 7,15.

Rispondo suo telegramma n. 53 (2).

Non appena ebbi accennato comunicazione ottomana, conte Lamsdorff mi ha detto avere risposto verbalmente che, visto le dichiarazioni ministro degli affari esteri Francia e Italia, della cui sincerità non poteva dubitare, non vedeva nessuna ragione di allarmarsi sull'integrità Impero ottomano. Aggiunse che l'ambasciatore di Turchia si era accontentato di questa risposta.

98

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTEIU, PRINETTI

T. 171/16. Berlino, 29 gennaio 1902, ore 11.

Quest'ambasciata di Turchia ha bensì or sono alcuni giorni, chiesto al barone Richthofen informazioni sull'accordo itala-francese, ma lo ha fatto quasi come se parlasse di sua iniziativa per essere in grado di riferirne al suo governo; fino ad ora però, egli non ha accennato ad ordini speciali ricevuti e tanto meno a pericoli per integrità Impero ottomano, come sarebbe detto nella circolare della Sublime Porta ai suoi rappresentanti a Berlino, Vienna, Londra, Pietroburga, che R. ambasciatore a Costantinopoli ha segnalato a V. E. Barone Richthofen ha semplicemente risposto che trattasi di un'intesa verso Tripoli,

9 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

intesa come varie altre simili avvennero in questi ultimi anni tra altri Stati. Ambasciatore di Turchia non ha replicato. Se egli ritornerà sull'argomento, ne informerò V. E.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 87. Il 53 è il protocollo particolare per Pietroburgo.
99

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 172/5. Londra, 29 gennaio 1902, ore 12,46.

Trasmetto per posta testo del discorso pronunciato alla camera dei comuni dal ministro delle colonie sulla questione della lingua italiana a Malta. Esso concluse collo annunziare ritiro del noto proclama, ciò motivando particolarmente come un riguardo ai sentimenti dell'Italia e per la intenzione del governo britannico di dissipare ogni men che favorevole impressione della nazione amica, i cui interessi erano comuni a quelli dell'Inghilterra, specie nel mediterraneo (1).

100

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 153. Roma, 29 gennaio 1902, ore 21.

Approvo risposta data a Ibrahim bey come da telegramma di ieri di V. E. (2). Venne oggi da me ambasciatore di Turchia a parlarmi nuovamente di Tripoli.

V. E. può quindi comunicare a S. M. il sultano la stessa risposta che diedi all'ambasciatore e che è la seguente: <<Nelle presenti circostanze non è affatto nelle nostre intenzioni di compiere alcuna azione sulla Tripolitania e sono false tutte le voci corse di preparativi fatti a questo scopo. Quanto al futuro non posso naturalmente impegnare l'avvenire del mio paese; però il R. Governo vedrebbe sempre con vivissimo rincrescimento presentarsi eventualità che lo forzassero ad abbandonare la costante politica di rispetto per la sovranità turca. Del resto, mi sembra che in qualunque evenienza gli interessi italiani e turchi in Tripolitania potranno trovare il modo di accordarsi e anzi di completarsi vicendevolmente».

V. E. comprende facilmente che questa ultima frase fu da me pronunciata per aprire possibilmente l'adito a qualche scambio di idee nel senso che V. E. conosce se appena Governo turco non prova per esso assoluta ripugnanza.

(l) -La Tribuna, 30 gennaio 1902, sotto il titolo «L'amicizia anglo-italiana»: «Raramente abbiamo potuto raggiungere tanta considerazione nel mondo politico internazionale». Id. The Times, 29 gennaio 1902; id. La Perseveranza, lo febbraio 1902, «La questione di Malta». Il Secolo, 3 febbraio, sotto il titolo <<La vittoria italiana», si rallegra dell'amicizia italainglese e aggiunge: «L'Italia, non più legata alla Triplice, che si va sfasciando, mostrandosi seriamente amica di tutti i popoli, acquista autorità che prima non aveva». (2) -Cfr. n. 95.
101

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 281/133. Parigi, 29 gennaio 1902.

Ho l'onore di qui unito trasmettere a V. E. copia di una Nota direttami da questo Ministero degli Affari Esteri la quale si riferisce alle pratiche che, relativamente alle domande presentate dal Gabinetto di Atene in ordine al trattato di Commercio e di navigazione turco-ellenico, ho eseguite qui in conformità delle istruzioni impartitemi col dispaccio 4 corrente n. 391/14 (1).

Di tali pratiche fu da me riferito col rapporto 16 gennaio n. 159/79 (l) di cui il presente serve di complemento.

ALLEGATO.

26 gennaio 1902.

NOTA.

Par un aide-mémoire en date du 15 de ce mois, l'Ambassadeur d'Italie à Paris a fait connaitre que la Légation de Grèce à Rome avait remis au Gouvernement de S. M. le Roi d'Italie un memorandum au sujet du différend qui a surgi entre le Royaume Hellénique et l'Empire Ottoman sur le texte du traité de commerce et de navigation à signer entre les deux Etats et sur le régime provisoire à appliquer jusqu'au moment de la signature de ce traité. S. E. le Comte Tornielli ajoutait que son Gouvernement serait désireux de connaitre si la Grèce a présenté à la France le méme document, et l'accueil, qu'en ce cas, le Cabinet de Paris a fait à cette démarche du Gouvernement Hellénique.

Le memorandum dont il s'agit a été remis, le 15 janvier par M. Delyanni à M. Delcassé. Après examen de la question qui y était envisagée, le Gouvernement de la République a autorisé son Ambassadeur à Constantinople à traiter cette affaire de concert avec ses collègues, si tel est aussi l'avis des autres puissances. Les instructions adressées à M. Constans l'invitaient à s'inspirer, en outre, d'un esprit bienveillant à l'égard du Gouvernement Hellénique.

102

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 175/6. Londra, 30 gennaio 1902, ore 0,49.

Ministro degli affari esteri da me interrogato sulla circolare turca relativa alle note dichiarazioni, mi disse avergli, infatti, questo momento ambasciatore di Turchia domandato in proposito il modo di vedere del Governo britannico; al che egli aveva semplicemente risposto che le sue intenzioni rimanevano sempre

le medesime, cioè acquisite al mantenimento dello «statu quo » nel Mediterraneo. Lord Lansdowne non annette alcuna importanza speciale a quella comunicazione che sembra, del resto, essere stata fatta dall'ambasciatore di Turchia in forma assai remessiva.

(l) Non pubblicato.

103

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. CONFIDENZIALE 176/7. Londra, 30 gennaio 1902, ore 0,49 (per. ore 7).

L'interrogazione, di cui è cenno nel mio precedente telegramma (1), mi fornì occasione per entrare privatamente col ministro degli esteri nell'altro argomento indicatomi da V. E., e cioè, in via affatto accademica, avendo io dichiarato di non avere alcun incarico circa un affare, di cui soltanto mi risultava che se ne stava trattando a Roma. Dalla conversazione, sulla quale mi riservo di riferire col prossimo corriere, ho rilevato in sostanza: 1) che lord Lansdowne sarebbe disposto in massima, a fare dichiarazioni in termini anche più precisi di quelli già proposti per quanto si riferisce retrospettivamente al significato dell'accordo del 1898; 2) che per il presente, egli considera Governo britannico come assolutamente vincolato dagli esistenti trattati che garantiscono integrità dell'impero ottomano; 3) ma che esso ripugna dal formulare anticipatamente impegni generici a scadenza indefinita, in vista di una situazione futura non determinabile. Circa quest'ultimo punto, avendo io citato, fra altri, il precedente delle dichiarazioni fatteci dalla Francia, Sua Signoria osservò che egli non ne conosceva il contenuto. Egli concluse ripetendo che la nostra privata conversazione di oggi era da considerarsi ufficialmente come non avvenuta, ma aggiunse che si proponeva riparlare meco di questo affare in un giorno della ventura settimana.

104

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 179. Malta, 30 gennaio 1902, ore 11,25.

La notizia che il ministro delle colonie è disposto a ritirare il proclama sulla sostituzione della lingua inglese alla italiana, e ciò per compiacere all'Italia, ha fatto buona impressione popolazione maltese, che accoglie con gratitudine l'intervento morale dell'Italia. Essa però si mantiene sospettosa sulla dichiarazione sino a che non giungerà il discorso ufficiale.

(l) Cfr. n. 102.

105

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. R. 184. Pera, 30 gennaio 1902, ore 20,45.

In conformità telegramma di V. E. di ier notte (1), ho fatto comunicare oggi al sultano, con relazione al suo messaggio, le dichiarazioni fatte ieri da V. E. a codesto ambasciatore di Turchia. Nella probabile ipotesi che il sultano mi faccia chiedere schiarimenti circa ultima frase delle dichiarazioni di V. E., mi proporrei rispondere, a titolo di idea mia personale, che gli interessi italiani ed ottomani in Tripolitania possono accordarsi mercé una convenzione fra i due paesi che, da un lato, garantisca integrità territoriale della provincia in una forma e modo da determinarsi e, dall'altro, assicuri a noi vantaggi coloniali e commerciali. Suppongo con ciò interpretare fedelmente pensiero della E. V.

106

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, TUGINI

T. 163. Roma, 31 gennaio 1902, ore 12,35.

Mi riferisco dispaccio 12 dicembre n. 207 (2).

Pall Mall Gazette ha dal Cairo essere stata firmata da Harrington la convenzione per delimitazione frontiera etiopico-sudanese. Prego interrogare lord Cromer se possiamo ritenere fondata notizia e telegrafarmi.

107

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 162. Roma, 31 gennaio 1902, ore 13,50.

Approvo risposta V. E. si propone di fare ad eventuale interrogazione del sultano (3), marcando bene che è idea personale di V. E. onde poterla lasciar cadere nel caso che trovasse terreno decisamente contrario.

(l) -Cfr. n. 100. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 105.
108

L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 89/31. Madrid, 31 gennaio 1902.

In sostituzione del Signor Pidal è stato nominato Ambasciatore presso la Santa Sede il Signor de Aguera Ambasciatore a Vienna. E' giunto il gradimento e la nomina sarà pubblicata officialmente lunedì.

Il Signor Aguera è un diplomatico di carriera, entrò in servizio nel 1858, fu Sottosegretario di Stato e dal 1898 Ambasciatore a Vienna.

È persona di principi moderati ed appartiene al partito liberale.

Il Governo spera che il Signor Aguera potrà essere migliore interprete della sua politica ed eseguire esattamente le sue istruzioni.

Non credo però che il Signor Sagasta nelle attuali condizioni del Gabinetto intenda di spingere seriamente ed attivamente il negoziato per la revisione del Concordato. Si limiterà a tenere aperte le trattative e così tenere a bada i fautori di una politica meno remissiva verso il Vaticano e non urtare troppo i clericali.

109

IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 124/42. Atene, 31 gennaio 1902.

L'incontro del Re Giorgio col Re Carlo di Rumenia in Abbazia e l'annunzio della stipulazione di un accordo tra i due Sovrani per la difesa dei reciproci interessi nei Balcani avevano prodotto sull'opinione pubblica russa un certo malumore, ad accrescere il quale contribuirono non poco le inconsulte dimostrazioni che ebbero qui luogo in occasione della questione religiosa sollevata dalla volgarizzazione del Vangelo.

Di questo malumore si ebbero segni manifesti nella stampa dell'impero, la quale continua ad esprimersi verso la Grecia in modo men che benevolo.

Le relazioni ufficiali tra i due Governi non si sono però risentite finora dl ciò ed il Conte Lamsdorf non tralascia occasione per manifestare, come per il passato, le sue amichevoli disposizioni verso la Grecia.

Tuttavia da informazioni indirette pervenute al Signor Zaimis risulterebbe che il Governo Imperiale non sia stato indifferente a quanto avvenne in Abbazia ed in Atene e specialmente alla linea di condotta adottata dal Governo ellenico in Macedonia diretta contro i maneggi della propaganda slava. Quantunque nessun fatto positivo sia venuto a confermare queste informazioni, S. E. mi manifestò ieri il dubbio, in via del tutto confidenziale, che gli intrighi orditi presso il Sultano contro la Grecia e di cui mi aveva parlato in precedente colloquio, non fossero che la conseguenza delle disposizioni che sembravano regnare in questo momento in Russia.

Il linguaggio tenuto da alcuni periodici ateniesi contro la propaganda slava in Atene e le nuove pubblicazioni, a cui si accingono, non sono certo confacenti a modificare tali disposizioni, né a dissipare i malumori accennati dal Signor Zaimis.

Ad avvalorare le rivelazioni già fatte e a dimostrare l'azione esercitata da quella propaganda nei Balcani, contraria all'elemento ellenico, il Neologos ha cominciato a riprodurre i documenti segreti della diplomazia russa sottratti nel tempo all'Ambasciata Imperiale in Costantinopoli e pubblicati nel 1877 dal Governo Ottomano, il cui testo non era stato ancora reso qui di notorietà pubblica.

Contro queste nuove pubblicazioni protestano i periodici più autorevoli ed invitano il Governo a porvi un termine nell'interesse della nazione, mirando esse ad offendere lo Czar e la Russia, mercé il cui intervento fu impedita nel 1897 l'occupazione della capitale da parte delle truppe ottomane.

110

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 164. Roma, 1° febbraio 1902, ore 16,45.

Ricevo rapporto 24 gennaio n 23 (l).

Non possiamo consentire di fare noi espressa menzione in un documento ufficiale delle riserve turche su Massaua per non riconoscere che esiste dal punto di vista internazionale una questione sulla legittimità della posizione Italia su costa Eritrea. Sublime Porta può raggiungere scopo mantenere inalterata anche dopo accordo, sua anteriore situazione dichiarando di regolare presente controversia Sambuchi, in linea di fatto senza far menzione sue riserve. Nello scambio di note, pertanto, all'inciso relativo alle riserve dovrebbe essere sostituito il seguente: «Come questione di fatto» o altro analogo.

Prego V. E. adoperarsi perché testo note sia modificato in questo senso. Ciò ottenuto proceda senz'altro allo scambio.

111

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A SANTIAGO, SAVINA

T. 165. Roma, 1° febbraio 1902, ore 19,15.

Ritardammo risposta finché ci pervenne notizia decisione Governo germanico. Ci associamo ora ben volentieri a lui nella iniziativa per ampliazione dei poteri dell'arbitro inglese. Oggi stesso invio per posta le occorrenti istruzioni al R. ministro in Buenos-Ayres. Ella può dare a codesto presidente notizia confidenziale.

(l) Non pubblicato.

112

IL MINISTRO A LISBONA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. CONFIDENZIALE 52/25. Lisbona, 1° febbraio 1902.

Gli scorsi giorni il Ministro d'Inghilterra a Lisbona Sir Hugues Mac Donell mi fece le seguenti osservazioni che, ad ogni buon fine, riferisco, in via strettamente confidenziale, a V. E

« Mi venne riferito da Londra, menzionò Sir Mac Donell, che, fra non molto, l'attuale Ambasciatore Inglese presso S. M. il Re d'Italia Lord Currie of Hawley lascerà, forse, Roma per rientrare nella vita privata e sarebbe probabilmente surrogato a Roma da Sir C.S. Scott ora Ambasciatore in Russia.

Lord Currie, aggiunse Mac Donell, pare non avrebbe soddisfatto a Londra non avendo saputo rendersi molto gradito a Roma, e ciò non sorprende i diplomatici della carriera Inglese che sanno che Lord Currie è duro ed aspro nel trattare gli affari ed ha una certa intolleranza per le idee ed i concetti stranieri non inglesi.

Già da Costantinopoli venne tolto perché non aveva saputo farsi ben volere, e conservare l'antica influenza inglese in Turchia; e prima, quando era un alto funzionario nel Foreign Otfice negli anni 1890 e 1891, fu lui che, colle sue massime autoritarie ed intolleranti, produsse l'incidente, ben inutile, col Portogallo, che costò all'Inghilterra tanti< sforzi, per farlo di)menticare a Lisbona».

Sir H. Mac Donell è, da molti anni, mio amico e mi parla con grande franchezza, inoltre è molto simpatico all'Italia ove ha parenti stabiliti, e se si esprime così sul suo collega Lord Currie si è perché ne è addolorato di avere osservato, crede, che, dopo la missione di Lord Currie a Roma, le relazioni Italo-Inglesi sono meno intime che per lo passato.

Sir H. Mac Donell non ha poi nessunissima idea personale in queste osservazioni, essendo al momento di lasciare il servizio attivo diplomatico.

113

L'AMBASCIATORE A PARIGI TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA (l)

L. P. Parigi, 1° febbraio 1902.

Le rinvio le singolari carte che denotano perfettamente lo stato d'animo esistente a Roma in riguardo ai rapporti nostri con l'Inghilterra. Questo è

il Iato serio di quanto risulta da quelle carte. I vari lati comici mi farebbero ridere se non si trattasse delle cose nostre più vitali. La dichiarazione spontanea che aspettiamo, ma di cui abbiamo preparato la minuta, è un gioiello geografico. Si vede che il V. Presidente della Società geografica (l) non sa che cosa fa il Segretario generale degli affari esteri. Bel esempio del riserbo diplomatico!

Se gli Inglesi avessero dei Machiavelli ci dovrebbero prendere in parola perché un più bel riconoscimento della loro presa di possesso della regione egiziana non sarebbe possibile immaginare da parte nostra. E d'onde dovrebbe infatti venire l'espansione inglese nella Tripolitania dopo che la convenzione franco-britannica del 21 marzo 1899 ha dato a quel Vilayet turco per soli confinanti la Francia e l'Egitto?

Le mando un libro giallo francese dove si trova la carta dove sono segnate le linee concordate fra la Francia e l'Inghilterra nel 1890 e 1899. Non sono certo di potermene procurare un altro esemplare; epperciò le chiedo l'eventuale restituzione di quello che le invio.

Se lo schema della spontanea dichiarazione inglese è ingenuo per non dire bambinesco, per contro gli atti franco-italiani, dei quali tanto si è parlato recentemente, sono così involuti ed oscuri che mi sarebbe impossibile, dopo una semplice lettura che ne feci a Roma, in Maggio ultimo, di rammentarmene il testo. Non è un duetto dove le due parti riprendono lo stesso motivo; sono due cavatine nelle quali ciascuno canta la propria canzone. In fondo in fondo anche quella, per chi è imbevuto delle idee d'altre volte, par roba da matti. Quale vincolo convenzionale nasca infatti da dichiarazioni unilaterali, non collegate fra di loro, ma soltanto espresse in comunicazioni diplomatiche che un governo fa ad un altro, io non saprei vedere. Noti poi che atti siffatti avrebbero la pretensione di alterare gli effetti di solenni trattati nei quali la Francia e le altre potenze guarentiscono l'integrità dell'Impero ottomano ! Ora la leggenda è fatta nel senso che la Francia ci ha dato mano libera sovra la Tripolitania e a Roma faranno bene a tener chiusi sotto i chiavistelli più sicuri i famosi atti perché nessuno mai distrugga la leggenda.

L'affare della lingua italiana a Malta è uno di quegli atti della diplomazia inglese che ricordano gli antichi metodi del gabinetto di St. James. Anche per l'affare di Lord Currie credo che abbiamo cercato di fare qualche cosa senza riuscirvi. Si parlava pochi giorni or sono fra Monson e me della dispiacevole situazione che risultava dalla incompatibilità degli umori prodottasi a Roma e Monson mi disse che la conosceva e sapeva inoltre che il re Edoardo non è amico di Currie, poi soggiunse «Voi capirete che io, suo coetaneo, non ci posso andare». Il meglio sarebbe che Currie, ricco come è, si ritirasse spontaneamente. Lady C. lo desidera: forse, dopo l'incoronazione, per la quale tutti gli Ambasciatori inglesi saranno convocati a Londra, vi si deciderà. Ho creduto comprendere da questo discorso che Monson fosse stato interrogato se per caso egli non fosse disposto ad andare a Roma. Questo episocllo resti naturalmente fra noi.

Un altro episodio sarà bene che Ella conosca per eventuale suo governo. De Martino, il pittore, ritornando da Roma, mi cercò e non poté trovarmi. Mi scrisse da Londra di colloqui avuti con il Re e con Prinetti ed anche con Currie e pareva un po' perplesso sull'uso che ne dovea fare. Trascrivo la parte della mia risposta che riguarda le cose inglesi: « Ciò che vi disse il nostro Re circa Malta prova il suo retto giudizio e pieno buon senso. È una vera stolidità da parte di certi uomini di Stato inglesi di avere suscitato la questione della lingua a Malta mettendo in giuoco diffidenza e sospetti che, sebbene privi d'ogni fondamento, nuocciono alla intimità delle relazioni che è per lo meno altrettanto nell'interesse inglese che nel nostro di coltivare e consolidare. Il re Edoardo ha troppo ingegno per non vedere chiaro in questa questione. La prima volta che mi presentai a Lui, mi parlò dei sentimenti degli altri popoli per l'Inghilterra e mi disse che il solo paese dove si sentiva che gl'Inglesi erano amati era l'Italia. Il Re non può avere una opinione diversa di quella che avea, quasi 12 anni or sono, il principe di Galles. Però se durante i miei 5 anni di Londra non mi riuscì di fare gran cosa nell'interesse della stabilità delle relazioni fra i due paesi, temo che nei 6 anni già decorsi dopo che la mia missione finì, si siano fatti alcuni passi indietro. Ebbi sempre con Sir Ph. Currie a Londra buoni ed amichevoli rapporti; ma sento da tutte le parti che Lord Currie non è affatto l'uomo che ci voleva per Roma! In un centro piccolo come è il nostro, la questione di persone è essenziale. Se ne avete il destro, ditelo al Re: renderete servizio a noi a forse anche a Lui». Poi la variazione mia imboccava un tema tedesco ecc.

Non so quali sono i rapporti di lei con il De Martino. Si ricordi che certi buffoni ebbero influenza grande nelle Corti perché seppero usare il frane parler che agli altri era inibito.

Il mondo cambia; ma i tipi uomo restano gli stessi! Se De Martino non le ha parlato della mia lettera, non gliene dica niente. È furbo e sospettoso come un vero Napoletano.

(l) Ed. in E. SERRA, L'Intesa mediterranea del 1902, cit., pp. 259-261.

(l) Giacomo Malvano, Segretario generale del MAE.

114

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 194/8. Pechino, 2 febbraio 1902, ore 11,40.

La nostra forza è attualmente: esercito 630, marinaj 416, oltre gli ufficiali. I nostri impegni di carattere duraturo sono: guardia legazione 200, Uangh-Sun 300, Tiensin 200, Shanghai, Huan e Takù 100, totale 800. Il colonnello Salsa è in massima contrario ogni riduzione, tanto più che forniamo 100 uomini alla polizia del Governo provvisorio Tiensin, ma cessando questo, ritiene possibile, se il R. Governo lo desidera, riduzione 200 uomini circa A mio avviso, tale riduzione potrebbe decidersi fin d'ora, sia perché Governo provvisorio cesserà probabilmente primavera, sia perché, ad ogni modo, supera di pochi uomini gli impegni assunti, rappresentanti un maggior dispendio ma non un aumento di prestigio.

115

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA

T. 165 bis/6. Roma, 2 febbraio 1902, ore 12,55.

Schiapparelli prega rimettere Albasini seguente suo telegramma: «Faremo quanto compatibile. Non si compromettano spese. Attendano arrivo ministro Gallina, che parte posdomani. Pregola risparmiare telegrammi inviare particolareggiato rapporto».

116

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 167. Roma, 2 febbraio 1902, ore 17,30.

Dopo le dichiarazioni altamente amichevoli di Chamberlain, non posso spiegarmi l'esitazione di codesto governo ad emettere circa Tripoli la dichiarazione che spontaneamente in massima ci aveva offerto lord Currie altrimenti che con una inesatta nozione del nostro pensiero. Quindi se lord Lansdowne con lei ripiglierà nella entrante settimana il discorso su questo soggetto desidero che

V. E. procuri di eliminare ogni dubbio. La dichiarazione fattaci dalla Francia è precisamente quella che Delcassé ed io facemmo pubblicamente nota, che, cioè, la Francia non varcherà il confine di Tripoli; in altri termini la Francia ha dichiarato il suo completo disinteresse verso quel vilayet. Come noi avemmo ancor più ampie dichiarazioni della Germania, e dell'Austria-Ungheria non occorre neppur parlare, così ferma restando ben inteso la nostra attitudine di nulla chiedere, ciò che poi gradiremmo dall'Inghilterra è semplicemente una dichiarazione di disinteresse identica alla francese. Noi non vogliamo nelle presenti circostanze, nulla intraprendere su Tripoli, e V. E. può su questo punto essere recisamente affermativo; ma appunto l'avere la certezza del disinteresse d'ogni altra potenza renderebbe più agevole all'Italia e al suo Governo la calma aspettazione degli eventi. Questi sono i concetti che V. E. potrà schiettamente svolgere con lord Lansdowne, ben inteso qualora egli prenda l'iniziativa di questo discorso, e mi sembra che essi dovrebbero troncare ogni sua esitazione a fare la spontanea dichiarazione a meno che l'Inghilterra nutrisse qualche recondito disegno su parte della Cirenaica, ipotesi che ritengo da escludere ed è in ogni modo contraria a quanto· sempre nelle private conversazioni fu affermato {1).

(l) Nelle carte Pansa si trova una lettera del segretario di Lord Salisbury che Invita l'ambasciatore italiano a recarsi da quest'ultimo al F.O. nel pomeriggio del 31 gennaio.

117

IL REGGENTE LA RAPPRESENTANZA DIPLOMATICA PRESSO IL NEGUS, COLLI DI FELIZZANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 270/63. Addis Abeba, 2 febbraio 1902 (1).

Conversazione avuta con Ilg. Questi mi ha confermato sua viva inquietudine per il viaggio Abuna Mathios al Cairo, che egli ritiene strettamente collegato azione Governo russo preparata dal suo rappresentante unitamente a Leontieff; non ha voluto spiegarsi circa manovre e intendimenti Governo russo, ma mi ha assicurato che molto presto avremo gravi sorprese, che potrebbero cambiare indirizzo politica Abissinia riguardo potenze maggiormente interessate. Si è meravigliato come dalla nostra ambasciata a Pietroburgo non si abbiano notizie in proposito e, con singolare insistenza, mi ha raccomandato provocare dal mio Governo istruzioni ai nostri rappresentanti di Pietroburgo, Costantinopoli, Cairo, per avere informazioni in proposito.

Per quanto abbia fatto, non mi è stato possibile scuoprire alcun sintomo che possa indicare quali siano le mire dei russi, ma la parte molto importante che in questa manovra prende Abuna dimostra che essi non hanno abbandonato idea valersi religione per loro scopo politico.

Credo che Menelich sia estraneo in questo movimento; attualmente è a Bulga, più che mai alieno occuparsi affari di Stato, fiducioso tranquillità impero.

118

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 107/25. Pechino, 2 febbraio 1902 (per. il 15 marzo).

Il giorno 28 gennaio tutti i rappresentanti esteri furono ricevuti in udienza solenne da S. M. l'Imperatore. Qui unito accludo il testo Ietto in tale occasione dal Barone Czikann Ministro d'Austria-Ungheria e Decano del Corpo diplomatico e traduzione della risposta dell'Imperatore (Annessi I e II) (2).

Nel cerimoniale informato alle norme stabilite dal protocollo finale del 7 settembre 1901 e comunicato prima dell'udienza alle Legazioni non si fé cenno dell'Imperatrice madre. I funzionari del Ministero degli Affari Esteri (Wai-wu-pu) dissero solo a voce che la Sovrana avrebbe assistito probabilmente alla cerimonia. In fatto però quando fummo ammessi nella sala del trono questo era occupato dall'Imperatrice, mentre l'Imperatore sedeva sopra un trono più basso davanti a lei a pochi passi dalla porta d'ingresso

Il discorso fu letto dal Decano all'Imperatore. Questi diè il foglio, su cui era scritto la risposta, al principe Ching che la lesse inginocchiato mentre il sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri Lien-fang la traduceva periodo per periodo in francese. Salimmo quindi tutti sul gradino del trono e l'Imperatore mormorò alcune parole che ci furono tradotte come l'augurio di Sua Maestà per la prosperità dei Sovrani esteri e degli Stati da noi rappresentati, e per le future relazioni d'amicizia con essi. Passammo indi a riverire l'Imperatrice che ci fè dire dall'interprete a un di presso le stesse cose.

Il giorno l o di Febbraio poi e cioè ieri furono ricevute dall'Imperatrice le signore del Corpo diplomatico accompagnate dal Decano e dagli interpreti delle rispettive legazioni. Era presente a questa udienza anche l'Imperatore.

Essa ebbe speciale importanza e ne fò cenno connessamente all'altra perché l'Imperatrice ebbe occasione di dare più libera espressione ai suoi sentimenti. Dopo che la signora Conger, moglie del Ministro degli Stati Uniti d'America, ebbe letto alcune parole di felicitazioni alle quali rispose parafrasando l'Imperatrice, questa condusse le signore in un'altra sala e qui tirò fuori il fazzoletto e diè in pianto esclamando: «la China ha agito assai male verso le potenze estere, noi veramente ce ne vergogniamo». L'interprete cinese diè una traduzione modificata di queste frasi ma tali furono le parole pronunziate. Negli occhi dell'Imperatrice, mi si assicura, non erano lagrime ma l'intenzione fu certamente cortese. Sua Maestà volle poi che si facessero avanti quelle fra le signore che erano state rinchiuse nelle Legazioni durante l'assedio ed espresse a ciascuna abbracciandole il proprio rincrescimento per l'accaduto.

Al pranzo che segui l'Imperatrice sedè a tavola con le signore colmandole di cortesie, mentre l'Imperatore rimase sempre in piedi dietro le loro sedie. Il barone Czikann e gli interpreti pranzarono in altra sala.

L'Imperatrice donò alle signore prima che partissero anelli e bracciali con pietre in parte vere e nel complesso di qualche valore.

L'importanza politica di queste due udienze, che sono fra loro congiunte è che con esse l'Imperatrice ha indirettamente riassunto anche di fronte ai ministri esteri la situazione di vera governante della China. Sembra ch'ella in principio fosse titubante e che esitasse a prendere subito questa attitudine memore della responsabilità attribuitagli degli avvenimenti del 1900, ma che vi sia stata incoraggiata dalla Legazione di Russia la quale si è sempre atteggiata a sua protettrice.

L'imperatore non ha più alcun seguace, tutti i suoi partigiani essendo stati uccisi e dispersi. Egli vive solo nel suo palazzo dov'è di fatto prigioniero. Ha l'aria abbattuta ma l'occhio intelligente che qualche volta si ravviva. Forse egli spia il momento di poter rompere il giogo, ma nelle condizioni attuali non vedo come gli sia possibile.

Dalle impressioni mie e di altri e da ciò che penetra fuori di quel che si pensa a Palazzo sembra che la Corte, la quale ha creduto per un pezzo di non rivedere più la capitale e che malgrado le assicurazioni dei plenipotenziarii vi è venuta tremante, non riesca ancora a vincere la sorpresa che le cagiona il trattamento deferente dei vincitori così contrario al concetto chinese secondo cui vincere significa abbattere dalle fondamenta.

(1) -Ritrasmesso da Aden il 16 febbraio. (2) -Non si pubblicano.
119

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 151/64. Washington, 3 febbraio 1902.

Sui primi di gennaio, il R. Console d'Italia in Avana mi scrisse aver saputo in modo confidenzialissimo, dal Console Generale d'Inghilterra, Signor Lionel Carden, che il futuro presidente Signor Estrada Palma non sarebbe, come erroneamente credevasi, un istrumento nelle mani degli Americani; che potrebbe con costoro ostentare di favorirne gli interessi, ma in realtà era deciso a fare anzitutto gli interessi del suo paese. A tale intento egli cercherebbe che Cuba avesse i suoi rappresentanti diplomatici presso le potenze Europee e cercherebbe di protrarre il più possibile il negoziato del trattato di commercio con gli Stati Uniti. Il detto Console Generale d'Inghilterra riteneva che la consegna dei poteri avrà luogo realmente all'epoca a cui venne rimandata, cioè nei primi di maggio. Per la quale circostanza, il Cavalier Beauregard si dichiarava d'avviso che il R. Governo mandasse nelle acque di Cuba una nave da guerra, come dalle sue informazioni risultava avrebbero fatto Inghilterra, Germania e Francia. La R. nave «Calabria», che doveva trovarsi all'Avana alla fine di febbraio, potrebbe, qualora il Governo del Re credesse farlo esso pure, non allontanarsi di troppo nel frattempo

Mi sono mancati i mezzi di sindacare le asserzioni del Console Generale d'Inghilterra, all'Avana, a talune delle quali, quelle, tra le altre, concernenti il Signor Estrada Palma e le sue mire d'indipendenza, il detto nostro agente dava poco credito.

120

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL REGGENTE LA RAPPRESENTANZA DIPLOMATICA PRESSO IL NEGUS, COLLI DI FELIZZANO (l)

T. 175. Roma, 4 febbraio 1902, ore 15,20.

Secondo accordo segreto firmato in seno conferenza delegati anglo-italiani Roma e del quale le scrisse Ciccodicola, questione Setit fu riservata risolverla costì da Ciccodicola e Harrington con consenso Menelich. Prego dire ciò al Negus, dichiarando se ella fosse interrogato non avere istruzioni e attendere prossimo arrivo Ciccodicola.

(l) Il telegramma venne inviato tramite il consolato ad Aden.

121

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 203. Aden, 4 febbraio 1902, ore 20,30.

Compiuta missione armi con cura. Traffico moderato compiesi su costa inglese proveniente dintorni Aden. Informerò questo governatore. Avendo indotto sultano sollecitare agente italiano a Cassero ho nominato insediato tosto El Kuakibi, con riserva approvazione di V. E.

Cattura Mullah mancata unicamente per infelice mossa inglese: ribelle si è diretto contro inglesi verso Berbera, come scrissi al commendator Agnesa. Il 25 gennaio ho ricevuto una lettera autografa dal Mullah per mezzo di lui intimo amico, compagno, con cui ebbi già rapporti al riguardo: in essa il Mullah, pur dando al detto suo amico pieni poteri per trattare e conchiudere, mi nomina altresì suo procuratore per comporre conflitto con inglesi che accusa di sevizie, persecuzioni a danno sue tribù: aggiunge avere inglesi chiesto invano pace con lui. Avendo lungamente parlato con predetto amico Mullah, che ho condotto qui meco, potei subordinare molteplici pretese ribelle alla condizione principale che Mullah e tribù costituenti Dolbahanta siano emancipate da qualsiasi ingerenza inglese, non potendo Inghilterra, secondo lui, vantare protezione di sorta su quelle tribù. Da indagini minuziose risulta che messaggio e messaggero sono autentici. Affare sembrami serio. Qualora V. E. reputasse opportuno coltivare questa nuova fase, sarebbe bene che inglesi ci aprissero via Berbera per vicinanza Mullah e mi lasciassero libertà d'azione. Mi fisserei colà a dirigere tutto, inviando presso Mullah suo rappresentante El Kuakibi, che io ho ritirato da Cassero per eventuale circostanza, lasciando reggenza mio interprete. Il 15 miei rapporti costì [sic]. Se non ci vogliamo occupare affare Mullah, dovrei tornare Cassero sul «Governolo», per condurre El Kuakibi e sistemare tutto, se V. E. lo approva.

122

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 207/18. Berlino, 5 febbraio 1902, ore 10,50.

'"'Il

Ieri ambasciatore d'Inghilterra ha annunziato ufficialmente, ma in 'vTà confidenziale, a questo governo imperiale, trattato testé concluso tra Inghilterra e Giappone, di cui V. E. avrà già notizia per altra via. Da quanto a me consta, le due Potenze si impegnano reciprocamente mantenimento statu quo in China, Corea, e neutralità in caso di guerra dell'una o dell'altra con una terza Potenza. Se una delle due Potente contraenti sarà attaccata da due altre Potenze, l'altra dovrà intervenire in suo aiuto. Non ho bisogno aggiungere che le precedenti informazioni mi sono state comunicate in via strettamente confidenziale.

123

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO RESIDENTE A CARACAS, RIVA

T. 181. Roma, 5 febbraio 1902, ore 14,30.

Azione energica spiegata Germania avviene in seguito consenso Stati Uniti. Ho dato istruzioni R. ambasciata a Washington di intendersi similmente con quel Governo anche per nostri reclami, i quali, a mio avviso, non si trovano in condizioni diverse da quelli della Germania. È opportuno V.S. mantenga attitudine riservata in attesa istruzioni positive che manderò appena ricevuta risposta Stati Uniti.

124

IL CONSOLE GENERALE A MONASTIR, GAETANI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

R. 18/4. Monastir, 5 febbraio 1902 (per. l'11). (l)

Il lavorio della propaganda bulgara continua in questo vilaiet incessantemente ed attivamente. A Cruscevo, città di un dodicimila abitanti, in cui l'elemento bulgaro rappresenta il quinto della popolazione, essendo la maggioranza valacca o grecizzante, si è in questi ultimi mesi ricostituito seriamente il comitato che già esisteva da tempo. Esso è suddiviso in diversi gruppi, composti di 5 a 15 membri. Ogni gruppo ha il suo capo e lavora a uno scopo determinato: ogni membro ha la sua missione speciale: chi deve spiare la autorità: chi fa il corriere, chi il raccoglitore di danaro, chi l'esecutore delle condanne inflitte dal comitato a coloro che rifiutano i soccorsi chiesti e via via. Il comitato ha istituito anche una specie di tribunale al quale invita i bulgari a ricorrere nelle loro vertenze private, affin di non andare avanti le autorità turche. Fra i membri del comitato figurano molti valacchi e grecizzanti: anzi il più attivo membro è un giovane rumeno che riceve 60 f_ranchi al mese dal comitato centrale di Sofia. Il danaro non manca, perché oltre le ablazioni dei soci si ricorre alle contribuzioni forzate, come altrove. Recentemente alcuni agenti bulgari si sono recati da un ricco valacco grecizzante di Cruscevo

e gli hanno chiesto 50 lire turche. L'indomani costui è fuggito a Monastir per

andare in Egitto, ma anche qui il comitato gli ha mandato i suoi agenti per

dirgli che se non darà la somma richiesta, sarà sequestrata l'unica sua figlia

che è a Cruscevo con la madre: ed egli ha promesso di spedire il danaro dal

l'Egitto. Persona bene informata mi assicura che fin dall'estate scorsa esiste

a Cruscevo un deposito di armi: egli clke di aver visto 75 fucili, di cui 40 Martini e 35 Gras e alcune casse di cartucce pei Gras, da servire egualmente pei Martini, avendo la stessa forma e lo stesso volume. I Martini sarebbero stati comprati dagli stessi ufficiali turchi: pei Gras prima si compravano quelli di piccolo calibro della cavalleria, ma non facendo molto effetto ora si prendono

anche quelli della fanteria. Con questi fucili i bulgari si esercitano nascostamente in città, evitando di far molto rumore, per cui impiegano una piccola partita di polvere con qualche pallino. Però un mese fa il comitato di Cruscevo ba spedito in Grecia alcune persone per acquistare a Volo 5 fucili Gras e, un po' prima ne aveva fatto venire altri 50 anche dalla Grecia. Questi fucili sono stati distribuiti pure nei villaggi bulgari dei dintorni. Le autorità turche conoscono tutto ciò, ma o non vogliono o non possono impedirlo. Intanto gli assassinii e le esecuzioni continuano. Il 27 gennaio scorso, a Tirnovo presso a Monastir fu ucciso con due colpi di fucile certo Takè Ciona il quale era da tutti considerato come una spia della polizia turca ed era cognato di quel prete Stavre che fu assassinato nell'agosto del 1900 per aver rifiutato di dare il danaro richiesto dal Comitato. Sono stati fatti varii arresti, ma si ritiene che gli autori del delitto siano agenti bulgari. Il 28 gennaio un notabile di Exi-Su (Florina) borgata esarchista, denunziò alle autorità la presenza di una decina di banditi bulgari in quella località. Accorse il Mudir di Sorovitch ed il maggiore di gendarmeria di qui con un centinaio di gendarmi accerchiarono il villaggio, perquisirono le case, ma nulla trovarono. Una quindicina di persone fra notabili e preti furono condotti e arrestati qui.

Nei dintorni di Castoria continuano gli assassinii. A Smardesc tre bulgari patriarchisti furono uccisi per non aver voluto divenire esarchisti: a Zagoviciani fu ammazzato un bulgaro pei suoi sentimenti grecofili; per lo stesso motivo fu ucciso un altro a Holista presso Vlaho-Clissura.

Invece del famoso Vanni, di cui parlai nel precedente rapporto del 24 gennaio n. 11/2 (1), risulta che è stato ucciso un altro delatore da un agente del comitato di Castoria, per vendetta. Di tutti i bulgari arrestati da Muktar aga a Castoria, molti furono liberati tempo fa, alla spicciolata, una quarantina sono stati rilasciati in questi giorni e una ventina sono stati condotti in queste prigioni per essere poi giudicati sotto l'accusa di cospirazioni politiche.

Il 28 gennao scorso furono giudicati da questa Corte criminale sette bulgari del villaggio Exi-Su (cazà di Florina) sotto l'imputazione di aver comprato l'estate scorsa da due turchi una trentina di fucili Gras, una diecina di once di polvere e quattro sacchi di cartucce, munizioni che furono trovate in una capanna dalle autorità. Erano accusati anche di aver avuto trattative con un ignoto che guidava un cavallo carico di fucili ed esortava i contadini a comprarli. I due turchi furono assolti, tre dei bulgari furono prosciolti per mancanza di prove, e quattro furono condannati al carcere a vita, di cui due in contumacia.

Trasmetto copia del presente rapporto a S. E. il Ministro degli Affari Esteri per sua informazione.

10 -Documenti diplomatici -Serle III -Vol. VI

(l) Copia di questo rapporto fu inviata a Prinetti con r. 19/10. pari data.

(l) Cfr. n. 82.

125

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 219/10. Pechino, 7 febbraio 1902, ore 11,50.

Con infinito lavoro ho potuto vincere opposizione governatore Cilì decisa

a nulla accordare fino a che non gli fosse restituito Tientsin. Sono perciò lieto

poter informare V. E. che i negoziati relativi << settlement » sono entrati in una

fase definitiva e che potrò, fra qualche giorno, telegrafare per l'approvazione

principali punti del contratto, prevenendola fin da ora che occorrerà fare

qualche concessione sul modo di espropriazione del villaggio chinese.

Prego V. E. di volermi intanto autorizzare subito, secondo il mio rapporto

n. 115, (l) per l'asportazione del cimitero che dovrà, altrimenti, rimandarsi al prossimo inverno.

126

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. 5629/41. Roma, 7 febbraio 1902.

Con rapporto del 29 gennaio scorso n. 40 (2) V. E. mi ha riferito circa il discorso testé pronunciato dal Segretario di Stato per le Colonie sulla situazione politica di Malta, specialmente riguardo alla questione delle lingue. V. E. mi ha, del pari, trasmesso un esemplare a stampa del mentovato discorso consegnatole personalmente dal Signor Chamberlain.

Mentre esprimo all'E. V. il mio compiacimento per tale importante comunicazione, mi è grato avvertire altresì che le parole del Signor Segretario di Stato per le Colonie hanno prodotto in Italia la migliore impressione.

L'E. V. vorrà di tale generale sentimento rendersi interprete presso il Signor Chamberlain.

127

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 120/31. Pechino, 7 febbraio 1902 (per. il 25 marzo).

I negoziati fra la Russia e la China relativamente alla Manduria dei quali ho informato da ultimo V. E. col telegramma n. 133 del 22 dicembre 1901 (l), sono condotti da entrambi le parti con tanta segretezza che non mi è possibile, senza tema di incorrere in errori, specificare fin d'ora quali ne saranno le clausole. Sembra però che l'accordo sia presso che completo e che la Russia

pur cedendo su alcuni punti di ordine militare si assicuri con esso una incon

trastata supremazia in quella provincia.

Il preveduto successo della diplomazia russa è tanto più grande in quanto che non soltanto essa avrà fatto un passo decisivo verso l'annessione di tutto il territorio, su cui si svolge la Transiberiana, ma vi sarà riuscita conservando l'amicizia dell'Impero Chinese.

Questo Governo è infatti ora molto annoiato dalle pressioni che Inghilterra e Giappone gli vanno facendo in proposito e anziché esser grato a quelle potenze le considera un ostacolo alla sollecita soluzione dei negoziati.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicato, ma cfr. n. 99.
128

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 121/32. Pechino, 7 febbraio 1902 (per. il 25 marzo).

È giunto a Pechino da qualche giorno il Signor De Castello Branco inviato Ministro Plenipotenziario del Portogallo in China.

La misione affidatagli dal suo Governo era noto fosse quella di chiedere una estensione della concessione di Macao, ma [da] ciò che è trapelato dai suoi primi negoziati sembra che non si tratti soltanto di un ingrandimento del territorio contiguo alla città ma di aver un altro porto migliore dell'attuale nell'imboccatura del ramo occidentale del Sikiang.

Atteso i stretti legami coi quali il Portogallo è avvinto all'Inghilterra, questo fatto ha prodotto il più grande allarme alla Legazione francese.

Se invero il Portogallo riuscisse, coadiuvato dalla Legazione Inglese nel suo intento, l'Inghilterra che già con Hong-Kong domina il ramo orientale del fiume verrebbe per mezzo del suo alleato ad avere l'assoluto controllo del Sikiang mentre sono notorie le vedute che la Francia ha sul bacino di quel fiume in contrapposizione alle mire inglesi sulla vallata del Yang-tse-kiang.

A questo si vuole sia dovuta la subitanea decisione presa dal Ministro di Francia di recarsi nel sud e di spingersi sino al Tonkino per abboccarsi col Governatore dell'Indo-China Signor Doumer.

Ciò che si va svolgendo merita di essere tanto più sorvegliato in quanto che potrebbe derivarne una rottura degli impegni assunti dalle potenze con l'adesione all'accordo anglo-tedesco, e che, in queste eventualità, qualunque siano le presenti tendenze dello spirito pubblico del paese, l'Italia non può ormai, mi sembra, esimersi dall'esaminare la questione dal punto di vista non di momentanee convenienze, ma dei suoi futuri interessi (l).

«I Seguire attentamente e tenersi informati. Confermo in massima nostra convinzione e vivo desiderio che la clausola di disinteressamento territoriale dell'accordo anglo-tedesco debba rimanere in vigore. Sono convinto che in questo senso agiranno la maggioranza dei rappresentanti a Pekino e specialmente il Ministro di Germania. In questo caso V. S. è autorizzata ad agire eventualmente nello stesso senso. Se mie convinzioni e speranze non corrispondessero alla realtà me ne avvisi subito anche per telegrafo».

«II A Lisbona perché verifichi l'esattezza. Speriamo vivamente non siano esatte in quantoché una tale attitudine del Portogallo potrebbe esser punto di partenza per complicazioni non trascurabili nell'Estremo Oriente ».

«C'è già un rapporto nel quale il Conte de Sonnaz fornisce informazioni diverse sulla missione Castello Branco ».

(l) Annotazioni marginali:

129

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A L'AIA, DE BOSDARI

T. 197. Roma, 8 febbraio 1902, ore 13,20.

Mi propongo di designare a Sua Maestà, per codesto posto il commendator Tugini, inviato straordinario e ministro plenipotenziario. Prego chiedere per esso il gradimento d'uso e telegrafarmi risposta.

130

IL MINISTRO DEGLI ESTERI PRINETTI ALL'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, DELLA TORRE

T. 198. Roma, 8 febbraio 1902, ore 13,20.

Ragioni di servizio avendo indotto il R. Governo a dare destinazione diversa al commendator Tugini, mi propongo di designare a Sua Maestà, per codesto posto, il conte Magliano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario presentemente titolare della R. legazione in Messico. Prego chiedere per esso il gradimento di uso e telegrafarmi risposta.

131

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

D. R. 5811/27. Roma, 8 febbraio 1902.

Da Atene ci pervengono ripetute notizie secondo le quali un movimento antirusso si andrebbe accentuando in Grecia a causa della propaganda slava. Questa sarebbe incoraggiata e sostenuta dall'oro russo: l'ex-metropolita Procopio avrebbe ricevuto dalla società panslavarussa di Pietroburgo 60.000 rubli e lo stesso Czar avrebbe largito un mezzo milioni di rubli. Questi dati forniti dalla stampa greca -l'Akropolis, l'Embros e l'Astrapi --hanno alimentato l'agitazione praticamente promossa dagli studenti di Atene i quali potrebbero, sembra, contare nell'appoggio della intera popolazione a tutela degli interessi nazionali.

Prego V. E. di volermi informare se l'eco di questi fatti è giusta anche costà e se si sappia che cosa ne pensi il Governo imperiale. Le chiedo notizie che Ella vorrà assumere in via privata riservatamente e delle quali ho bisogno per mia norma.

132

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 76/14. Tangeri, 8 febbraio 1902.

La propensione sempre più accentuata del Sultano e del suo Governo per tutto quello che è inglese, ha turbato, pare, e insospettito l'Inviato di Francia. Il quale, d'un tratto, e contrariamente al predisposto, si è indotto a visitare esso pure a Rabat, anziché a Fez, la Corte Imperiale.

Il Ministro di S. M. Britannica, Sir Arthur Nicolson, era appena partito a quella volta, (vi andò sull'« Illustrious », superba nave di quindicimila tonnellate), e il Rappresentante della Repubblica, Signor Saint Réné di Taillandier, colà lo raggiungeva, quasi a sorvegliarne le mosse, imbarcando sul « Charlemagne », corazzata di primissimo ordine, non men di quella potente.

Si è ritornati alla situazione politica d'or sono trent'anni, quando Inghilterra e Francia, sole. e fronte a fronte, si contendevano la supremazia in questo Impero.

Adesso, come allora, il Governo di S. M. Britannica si atteggia ad amico disinteressato e consigliere di riforme che, attuate, consoliderebbero il potere del Sultano, ed acquetando il malcontento delle popolazioni, man mano introdurrebbero il Marocco nel giro della civiltà europea.

Il Governo della Repubblica non osteggia apertamente ma neppure desidera migliorie che, assodando il trono, farebbero di questo Impero un vicino temibile da spregiato che egli è. E brusco e minaccioso, sa imporsi e, dato il momento, riaffermare la propria influenza.

Notevole in mezzo all'armeggiare delle due rivali Potenze, è l'attitudine della Germania che al Marocco manifestamente seconda la politica inglese.

La dappochezza del Sultano, le gelosie d'inesperti e corrotti ministri, accrescono le incertezze e danno ragione dell'inquietudine e dei vaghi rumori di possibili novità in Europa diffusisi.

133

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. R. 201. Roma, 9 febbraio 1902, ore 17,50.

Mercoledì scorso l'ambasciatore di Inghilterra, in seguito a telegramma avuto dal suo Governo, è venuto a presentarmi, in via ufficiosa, la formola seguente di dichiarazione per Tripoli: «Una precisa assicurazione che il Governo di Sua Maestà non ha alcun disegno di aggressione o ambizione al riguardo del vilayet di Tripoli; che esso continua a desiderare sinceramente lo statu qua come altrove sulla costa del Mediterraneo, e che se giammai in avvenire un cambiamento nello statu qua divenisse inevitabile, lo scopo del Governo di Sua Maestà sarebbe che un tale cambiamento non sia di natura da portare pregiudizio agli interessi italiani. « Lord Currie avendomi richiesto di manifestargli in proposito la mia impressione, presi tempo a riflettere ed oggi gli ho detto che dal momento che il Governo britannico intendeva colla sua spontanea dichiarazione farci cosa gradita, mi parrebbero opportuno due lievi emendamenti nella suddetta formola e cioè: l) sostituire alle parole «divenisse inevitabile» le parole «dovesse aver luogo »; 2) sostituire alle parole «non sia di natura a portare pregiudizio» le parole <<sia in conformità». Aggiunsi a lord Currie che con queste due modificazioni la dichiarazione che ci rilascerebbe il Governo britannico sarebbe di piena soddisfazione del Governo del Re che ne sarebbe assai grato. L'ambasciatore ne riferisce al suo Governo, ed io ne telegrafo a V. E. per sua informazione e norma, ferme rimanendo del resto, le mie precedenti istruzioni.

134

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. CONFIDENZIALE 231/8. Londra, 9 febbraio 1902, ore 19,54 (per. ore 23,15).

Ministro affari esteri che incontrai ieri sera ad un pranzo di corte mi disse che in seguito alla nostra ultima conversazione, egli aveva trasmesso a Roma, per essere comunicata a V. E., proposta di un'aggiunta al primo progetto di dichiarazione che egli sperava verrebbe trovato soddisfacente. Sua Signoria non ne aveva a memoria il testo preciso, ma mi disse che, pur evitando di assumere impegni di assoluto disinteresse a scadenza indefinita, egli aveva cercato di comprendervi il massimo che gli fosse possibile dichiarare nel senso di quanto io gli avevo esposto sul desiderio del Governo italiano di vedersi cioè sostanzialmente rassicurato circa propositi dell'Inghilterra di nulla intraprendere contro la Tripolitania ed i nostri eventuali interessi colà.

S. M. il re mi disse di sua propria iniziativa avere con rincrescimento avuto sentore di un certo raffreddamento manifestatosi da qualche tempo nei rapporti del Governo italiano verso l'Inghilterra, ma essere convinto che ogni malinteso era ormai completamente dissipato, in conformità della cordiale amicizia che ha sempre esistito fra le due Nazioni.

135

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. CONFIDENZIALE 207. Roma, 10 febbraio 1902, ore 20,30 (1).

Il suo telegramma di ieri sera (2) si è incrociato col mio, pur di ieri sera (3), che pienamente le confermo. Da quel mio telegramma V. E. avrà rilevato che il divario si riduce oramai al lieve mutamento di poche parole ed io confido, anche tenuto conto delle amichevoli disposizioni verso l'Italia, a lei manifestate dal re d'Inghilterra, che l'E. V. avendone l'occasione, potrà agevolmente indurre lord Lansdowne ad accettare le varianti da me proposte, e telegrafategli, a quanto credo, con raccomandazione di accoglierle da lord Currie.

136

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 210. Roma, 11 febbraio 1902, ore 16,20.

Avendo fatte caute indagini, non mi riuscirebbe confermata la notizia, da V. E. telegrafatami (4), di una alleanza anglo-giapponese. Prego assumere più precise informazioni e telegrafarmi.

137

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RR. S.N. Berlino, 12 febbraio 1902.

Ieri, in occasione del solito ricevimento del corpo diplomatico, il sottosegretario di stato mi chiese se io sapevo quando mi sarebbero giunte le istruzioni definitive di V. E. circa le preannunciate modificazioni al trattato di triplice alleanza. Risposi supponevo che queste istruzioni mi perverrebbero col prossimo corriere di gabinetto di cui la partenza da Roma aveva subito un ritardo. Il segretario di Stato replicò esprimendo la speranza che l'arrivo delle istruzioni non tarderebbe troppo, e non mi nascose, in linea generale, il vivo desiderio del Governo imperiale che i negoziati procedano speditamente, per modo che la rinnovazione del trattato possa dirsi fra breve un fatto compiuto.

(-4) Cfr. n. 122.
(l) -Sic nel registro dei telegrammi in partenza; la minuta conservata nell'archivio di gabinetto reca invece ore 22,45. (2) -Cfr. n. 134. (3) -Cfr. n. 133.
138

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 250/9. Londra, 13 febbraio 1902, ore 0,12 (per. ore 7,15).

Ministro degli affari esteri mi disse di avere autorizzato codesto ambasciatore di Inghilterra di accettare i due emendamenti da V. E. desiderati per la nota dichiarazione subordinatamente soltanto ad un'aggiunta colla quale ultima frase risulterebbe come segue: «che se in una qualunque epoca dovesse aver luogo una modificazione dello statu qua, sarebbe suo scopo che, compatibilmente con i proprii obblighi convenzionali, tale modificazione fosse conforme agli interessi italiani». Avendo io aggiunto che quella aggiunta poteva parere superflua nessun stato ammettendo possibilità di mancare ai proprii obblighi convenzionali, marchese Lansdowne osservò che simili atti diplomatici non erano come atti puramente legali, ma dovevano anche tener conto della impressione morale, e che quindi egli riteneva necessario quella riserva per dimostrare che il Governo britannico non intendeva violare gli esistenti trattati concernenti impero ottomano. Sua Signoria manifestò del resto, fiducia che il testo riuscirebbe gradito a V. E. mentre da parte del Governo britannico si era fatto tutto quanto stava in lui per soddisfare desiderio dell'Italia andando anche un poco più oltre, egli aggiunse, di quanto si era dapprima considerato come il massimo delle dichiarazioni possibili.

139

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 253/12. Pechino, 13 febbraio 1902.

Ministro del Giappone ha notificato ieri al Governo cinese il trattato di alleanza concluso con l'Inghilterra, di cui taccio le clausole certamente telegrafate a V. E. da Londra, dove l'accordo fu pubblicato ieri.

Esso s'interpreta qui come diretto specialmente ad impedire che la Francia sorregga la Russia e renda improbabile la conclusione dell'accordo per la Manciuria.

140

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 276/94. Berlino, 13 febbraio 1902 (per. il 16).

Sulle relazioni tra l'Inghilterra e Germania sembra che, da qualche tempo, pesi una fatalità la quale impedisce che le medesime prendano quel carattere normale di cordialità, tanto desiderato dai due Sovrani e dai due

Governi, perché conforme non soltanto agli interessi particolari dei due Paesi, ma anche a quelli generali della pace Europea.

La visita a Berlino del Principe di Galles era riuscita a sopire, fino a un certo punto, le aspre polemiche sorte nella stampa, intorno al discorso Chamberlain, ed ecco verificarsi un novello incidente destinato a gittare sempre più olio sul fuoco e che, senza alcun dubbio, acquista maggiore importanza, in quanto che sono messi direttamente in causa i due Governi.

I fatti che hanno dato luogo all'incidente sono noti: basterà quindi di riassumerli succintamente. Le dichiarazioni assai sibilline fatte, giorni sono, alla Camera dei Comuni dal Visconte Cranborne e più ancora i telegrammi spiegativi della ufficiosa Agenzia Reuter, circa il contrasto tra l'atteggiamento dell'Inghilterra, estremamente favorevole agli Stati Uniti, con quello di altre Potenze, allo scoppiare delle ostilità tra la Repubblica Nord Americana e la Spagna, produssero qui cattiva impressione. A torto od a ragione, si volle vedere, in esse, da parte dell'Inghilterra, una manovra tendente a raffreddare l'entusiasmo del popolo americano per la prossima visita del Principe Enrico, e soprattutto ad impedire che la medesima possa produrre quei risultati che l'Imperatore da essa si ripromette. Come era da prevedersi, le proteste contro le intimazioni Inglesi vennero fuori in grande copia e la Kreuz Zeitung, inspirata per la circostanza ab alto, narrò pure che, contrariamente a quanto erasi affermato nei giornali Inglesi ed in alcuni tra quelli d'America, fu appunto la Germania che nell'aprile 1898 fece mandare a monte la proposta dell'Ambasciatore Britannico, intesa a dirigere al Gabinetto di Washington una Nota collettiva firmata dai Rappresentanti delle grandi Potenze in quella Capitale, per dichiarare che l'Europa non riteneva giustificato un intervento armato degli Stati Uniti a Cuba. L'affermazione della Kreuz Zeitung fu qualificata di assurda e sciocca (absurd statement) da due giornali seri di Nuova York, il Times e l'Evening Post. Ciò ha indotto questa Cancelleria ad uscire dalla riserva in cui erasi fino ad ora mantenuta, per entrare direttamente in lizza. La Nord DeutschP Allgemeine Zeitung di lunedì sera, pubblicò, ciò stante, una Nota ufficiosa redatta in quei termini drastici qui tradizionalmente cari, in date circostanze, e nella quale, fra le altre, si leggeva la frase seguente: «Dobbiamo a tal proposito (l'articolo dell'Evening Post) spiegare che, in questo affare, la sciocchezza viene dimostrata da coloro i quali cercano di oscurare un incidente che non ha avuto luogo a quattr'occhi, ma che, al contrario, ha formato, in data del 14 aprile 1898, oggetto, in seguito ad accordi presi, di rapporti contemporanei ed identici inviati dai Rappresentanti delle Grandi Potenze a Washington ai loro Governi rispettivi».

Scopo evidente di tale Nota era di provocare da parte del Governo Inglese una dichiarazione categorica in cui risultasse ben chiaro che, indipendentemente dall'atteggiamento delle altre Potenze, quello della Germania, !ungi dall'essere ostile agli Stati Uniti, fu loro, invece, decisamente propizio. Le spiegazioni invero confuse, avviluppate e per niente esaurienti fornite da Lord Cranborne in risposta all'interrogazione Norman, sono state qui giudicate insufficienti onde, perdendo la pazienza, e per rimettere le cose al posto, il Governo Imperiale ha fatto pubblicare nel Reichs Anzeiger di ieri sera, integralmente il telegramma diretto al Conte di Biilow, in data del 14 aprile, dal Signor von Holleben nonché il testo inglese della proposta formulata da Lord Pauncefote e comunicata ai suoi Colleghi. Entrambi quei documenti debbono essere, a suo tempo, pervenuti a codesto Ministero, credo, pertanto, inutile inviare la pubbblicazione del Reichs Anzeiger.

A margine del comunicatogli mrssaggio del suo Ambasciatore, Sua Maestà aveva scritto, di sua mano, alcune annotazioni che sono state ugualmente pubblicate: esse suonano così: <<Io lo considero interamente sbagliato, senza scopo e, per conseguenza dannoso. Sono contrario a un tale passo».

La pubblicazione delle annotazioni del Sovrano ha grande importanza, in quanto dimostra sempre più la parte diretta che egli ha voluto prendere in questo incidente, nel doppio scopo di far sentire a Londra quanto l'avvenuto gli riesca personalmente increscioso, e di provocare, in pari tempo, in America, nuove e più intense manifestazioni di riconoscente simpatia, allorquando si recherà colà il suo Augusto fratello. Del resto, Sua Maestà cui, negli affari che gli stanno particolarmente a cuore, piace di prendere direttamente posizione, non avrebbe, secondo mi si afferma, in una visita mattutina da lui fatta ieri al mio Collega Britannico, tralasciato, secondo il suo costume, di spiegare a Sir Frank Lascelles, in termini chiari e precisi, il suo modo di pensare circa questa mossa del Governo Inglese, la quale francamente, riesce finora poco comprensibile per coloro. e non sono pochi, che di essa ignorano il recondito movente.

141

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BIANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 258. Trieste, 14 febbraio 1902, ore 2,18.

Situazione aggravata: sciopero divenuto generale: temibili disordini con flitti forza pubblica.
142

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES

T. 217. Roma, 14 febbraio 1902, ore 10,45.

Un telegramma della Stefani annunzia che il New York Herald ha pubblicato un rapporto della polizia americana comunicato a codesta Ambasciata in cui fornirebbe ampi dettagli relativi al complotto organizzato per l'attentato contro il re Umberto, e alle persone che vi parteciparono. Non dice se si tratta di rapporto comunicato ora od in passato. Certo è che né ora né prima nessuna comunicazione di questo genere è a conoscenza di questo ministero. Prego verificare e telegrafarmi spiegazioni.

143

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. s. N. Roma, 14 febbraio 1902, ore 21,30.

Riservatissimo per lei solo.

Ritornando oggi Roma trovo telegramma di V. E. (1). Da quindici giorni ho rimesso al presidente del consiglio lo schema delle modificazioni che io crederei opportuno introdurre nel trattato della triplice alleanza e un corriere è pronto da allora a partire appena il presidente del consiglio me lo restituisce come ho più volte pregato di sollecitare. Solleciterò nuovamente. Non ho però alcuna ragione di temere che tale ritardo sia dovuto ad altro che alla lentezza colla quale presidente del consiglio è solito decidersi nei gravi affari (2).

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 248/131. Vienna, 14 febbraio 1902 (per. il 17).

Mi pregio di rispondere al dispaccio di V. E. del 12 corrente n. 6259/87 (3), relativo alla visita di S.A.I. e R. l'Arciduca Francesco Ferdinando alla Corte di Russia.

Ho l'onore di confermare all'E. V. quanto Le scrissi in proposito col mio rapporto del 25 gennaio u.s. n. 150j75 (4). L'Arciduca non fu incaricato di nessuna missione politica da parte del Governo Austro-Ungarico. Qui, come in Italia ed altrove, le missioni politiche non si affidano ai Principi delle Case Regnanti. L'Arciduca andò a Pietroburgo per presentarsi allo Czar nella sua qualità di Generale di Cavalleria Russo, e per ringraziare Sua Maestà Imperiale dell'alto grado conferitogli nell'esercito Russo. L'Imperatore Francesco Giuseppe incaricò in questa occasione Sua Altezza Imperiale e Reale di portare allo Czar le assicurazioni della sua fedele amicizia, e la fiducia che i due Governi rispettivi procederanno d'accordo nel mantenimento della pace. Se queste assicurazioni siano state date verbalmente o per mezzo di lettera particolare, non sono in misura di dirlo; nè ho creduto di chiederlo al Conte Goluchowski, parendomi insomma assai indiffferente se sia stato seguito l'uno o l'altro modo. Non saprei dire nemmeno se nelle conversazioni che l'Arciduca avrà avute collo Czar, sarà stata fatta menzione, per confer

mario, dell'accordo tra la Russia e l'Austria-Ungheria circa lo status qua da mantenersi nei Balcani. Ma non importa molto che se ne sia parlato esplicitamente o no; perché il fatto stesso della visita confermante i buoni rapporti Austro-russi, implica la conferma di quell'accordo, il quale, com'ebbi occasione di dire a V. E., è verbale, e non comporta altro impegno reciproco che quello di dirigere gli sforzi comuni allo scopo del mantenimento dello status qua nelle dette regioni. Nessun altro impegno fu preso nel 1897, ed ho ragione di credere che nessun altro impegno è stato preso adesso.

La dimostrazione di cui il Conte d'Osten Sacken, Ambasciatore Russo a Berlino, è stato oggetto all'occasione del suo 50" anno di servizio diplomatico, da parte dell'Imperatore Guglielmo, non ha assolutamente nulla che fare colla visita dell'Arciduca Austriaco a Pietroburgo, nè con una presunta intesa tra i Gabinetti di Berlino e di Vienna per un riavvicinamento alla Russia. Le tre Corti stanno da un pezzo in ottimi rapporti, ed i tre Gabinetti conservano buone relazioni reciproche, pur mantenendo ferme le rispettive alleanze. Non è un mistero per nessuno che l'Imperatore di Germania non lascia passar occasione per dimostrare il suo vivo desiderio di essere caldo amico della Russia. È questa del resto una antica tradizione della Casa di Hohenzollern. Ed è naturale che il Sovrano Germanico sia costantemente preoccupato di tener lontano il pericolo di avere contro il suo Impero i 30 corpi di esercito della Russia. Circa la dimostrazione benevola dell'Imperatore Guglielmo verso il Conte d'Osten-Sacken, importa non dimenticare che in Germania, come in Russia ed in Austria, è uso di celebrare con una certa solennità di servizio, non solo militari ma anche civili e diplomatici. Non è quindi da meravigliarsi se il Sovrano Germanico abbia colto l'occasione del 50° anno di servizio diplomatico dell'Ambasciatore russo a Berlino per felicitarlo personalmente, ben sapendo del resto che tale atto di cortesia sarebbe stato apprezzato non solo dalla Corte Russa, ma dal popolo russo.

Quando un giornale Viennese annunziò che io stava per compiere il mio 70" anniversario di nascita, S. M. l'Imperatore Francesco Giuseppe mandò il Conte Paar, suo primo aiutante di Campo Generale, a presentarmi le sue Sovrane congratulazioni. Fu un atto cortese, del quale fui molto riconoscente, ma che non ebbe nessun significato politico speciale.

Un'intesa cordiale tra i Governi di Russia, di Germania e d'Austria-Ungheria, sarà possibile il giorno in cui la Russia rinunzierà dall'un lato alla alleanza francese, e dall'altro ad un libero accesso territoriale nel Mediterraneo. Ora quel giorno non mi pare vicino. Quanto poi all'amicizia dei tre Imperatori, essa esiste in questo momento, com'è mostrato dalle continue prove di reciproca benevolenza che si scambiano tra loro. Ma la vera solidarietà tra i più grandi rappresentanti del principio monarchico, per la conservazione di questo principio, non avrà alcuna probabilità di rinnovamento finché il trono non sia minacciato, anche in Russia, dalla invadente democrazia sociale; ed allora sarà troppo tardi. II giorno in cui Alessandro III ascoltò a capo nudo la Marsigliese sui navigli francesi a Cronstadt, quel giorno l'Imperatore autocrata di tutte le Russie ebbe la coscienza che le alleanze degli Stati non avrebbero più potuto stringersi per il mantenimento del principio Monarchico.

(l) -Cfr. n. 137. (2) -G. P. XVIII, l, 5706-5758. Sul rinnovo della Triplice Alleanza, cfr. E. SERRA, Camille Barrère e l'intesa italo-trancese, cit., cap. IV; id., La Triplice Alleanza, cit., p. 1318 e s. (3) -Non pubblicato. (4) -Cfr. n. 83.
145

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 307/37. Budapest, 14 febbraio 1902 (per. il 18).

Il presidente del Consiglio Ungherese si è trovato ieri alla Camera in grave imbarazzo perché tutti gli appunti mossi all'Arciduca Francesco Ferdinando, compreso quello della sua antipatia per le aspirazioni ungheresi, sono fondati. È notorio che il padre diede a lui ed ai fratelli una istruzione insufficiente ed una educazione clericale intransigente non conciliabile con le tendenze liberali ungheresi. Quando morì l'Arciduca Rodolfo, Francesco Ferdinando aveva 26 anni, ma per motivi che non appariscono bene chiari non si pensò né a completare la sua educazione né ad iniziarlo alle arti del Governo. Qui, nei circoli politici dell'aristocrazia, l'incidente di ieri ha fatto molta sensazione ed ho sentito io stesso deplorare che l'incentivo a simile scandalo venga dall'Arciduca medesimo. Il tentativo del Presidente del Consiglio di calmare la bufera cominciando il suo discorso col celebrare la nota correttezza costituzionale del Re non servì che a stabilire un confronto a tutto sfavore dell'Arciduca. Apparve evidente esservi stato serio contrasto fra lui ed il Governo Ungherese che non riuscì ad ottenere che invece di Zichy egli prendesse

seco un ungherese. Ciò fu del resto rilevato dal primo interpellante ma il Presidente del Consiglio non fu in grado di ribattere questa osservazione.

146

IL SEGRETARIO DI STATO ALLE COLONIE BRITANNICO, CHAMBERLAIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

(Carte Pansa)

L. P. Londra, 14 febbraio 1902.

I am very much obliged to Your Excellency for your kind note, and I beg you, when communicating with Signor Prinetti, to tell him how much gratification his message has given to me. Ever since I have been in politics it has been one of my objects to promote as far as I could good-feeling between the Italians and ourselves.

It is a real satisfaction to me now to have been able to do something, however little, to remove the slight cloud that has arisen (l).

147

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BIANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 259. Trieste, 15 febbraio 1902, ore 13.

Ier sera conflitto con la forza: morti; numerosi feriti, fra cui quattro

regnicoli. Situazione grave. Proclama podestà raccomanda calma, facendo sperare prossima soluzione.

(l) Cfr. n. 126.

148

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 261. Pietroburgo, 15 febbraio 1902, ore 16.

Accordo anglo-giapponese, cui non si ritiene estranea la Germania, è qui considerato come tentativo di contrappeso alla influenza russa nell'estremo oriente e specialmente ai suoi progetti di espansione in Manciuria e sulla Corea. Finora nessun commento speciale.

149

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 134/58. Costantinopoli, 15 febbraio 1902.

I soliti informatori del Palazzo hanno da alcun tempo indotto nel Sultano la persuasione che esiste una vasta cospirazione intesa a provocare l'avvenimento al trono di Resciad, presunto successore e fratello di S. M. Imperiale. A conseguenza di ciò vennero recentemente eseguiti nella Capitale numerosi arresti di persone ritenute sospette, fra cui alcune favorevolmente conosciute, quali, ad esempio, i fratelli Costandari, onesti orefici di Galata, di null'altro colpevoli che di aver venduto gioie a Resciad e di averne fatta la consueta annotazione sui libri.

Ma una vittima più illustre era designata. Il Maresciallo Fuad Pascià, quello stesso che si distinse nella campagna turco-russa e che a tre diverse riprese rappresentò il Sultano presso l'Imperatore di Russia, denunziato egli pure quale cospiratore, trovavasi da qualche tempo sottoposto a rigorosa sorveglianza. Dopo aver fatto inutilmente pervenire in alto luogo l'assicurazione dei suoi sentimenti di fedeltà, stanco di vedere la propria casa costantemente circondata da spie, diede l'ordine ai suoi servi di scacciarle. Ne nacque una zuffa nella quale due agenti della polizia rimasero feriti. Uno di essi morì poco dopo. Fuad Pascià fu chiamato immediatamente dal Sultano a render conto della propria condotta. Trattenuto prigioniero a Palazzo, fu pescia imbarcato sovra un yacht Imperiale che ieri l'altro salpò per la Siria. Egli sarà relegato a Damasco.

Tostoché il mio collega di Russia ebbe sentore dell'incidente, mandò per mezzo del suo Primo dragomanno un messaggio al Sultano pregandolo di voler usare a Fuad Pascià ogni possibile riguardo. S. M. Imperiale fece assicurare il Signor Zinoview che nessun provvedimento sarebbe preso contro Fuad, ma, nel frattempo, lo faceva partire precipitosamente a bordo dell'<< Izzedin >>.

Recatosi ieri appositamente al Selamlik, l'ambasciatore di Russia manifestò al Sultano la penosa sorpresa che gli aveva cagionato la misura adottata contro Fuad Pascià, aggiungendo che non meno sfavorevole sarebbe l'impressione che produrrebbe in Russia, dappoiché il carattere ed il passato di quel valoroso soldato escludevano che potesse vedersi in lui un cospiratore contro la Maestà Sua. Al che il Sultano rispose di aver avuto le prove che Fuad Pascià ricettava armi per distribuirle ai suoi nemici e che perciò era stato costretto, sebbene a malincuore, ad allontanar:o da Costantinopoli, ma che aveva ordinato al Governatore di Damasco di trattarlo colla maggior considerazione.

Il mio collega di Russia tentò pure di interessare a favore di Fuad Pascià il Gran Vizir ed il Ministro degli Affari Esteri, ma senza alcun risultato. Entrambi dichiararono al Signor Zinoview che non osavano intrattenere di questo argomento S.M. Imperiale.

È generale convinzione che Fuad Pascià sia stato vittima di una denuncia del tutto infondata, provocata forse da qualche personale rancore. Frattanto i suoi amici sono stati arrestati. Mahmoud Damat è condannato a morte, i figli di questi, che sono principi del sangue, sono stati deferiti ai tribunali, ed il fratello del Sultano, Resciad, è tenuto come prigioniero nella sua residenza. È questo per i musulmani il regime del terrore.

Nella preoccupazione costante della propria sicurezza il Sultano dà ascolto alle più strane denunzie e si lascia guidare dai consigli di gente che della tutela della sua persona fanno oggetto di speculazione e di lucro. E così accade che domini a Palazzo l'influenza nefasta di un Izzet Bey, il noto organizzatore dei massacri armeni e di un nuovo elemento non meno pericoloso, cresciuto ora nel favore sovrano, certo Fehim Pascià, additato da tutti quale principale artefice dell'attuale disgrazia di Fuad Pascià.

150

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BIANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 267. Trieste, 16 febbraio 1902, ore 14,30 (per. ore 15,40).

Continuando collisioni forza pubblica, proclamato stato d'assedio. f:dopero cessato, essendo state accettate domande fuochisti.

151

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 266/144. Vienna, 16 febbraio 1902 (per. il 21)

Il R. Console Generale a Trieste avrà senza dubbio informato codesto R. Ministero degli scioperi che hanno avuto luogo colà, trascendendo in tumulti, i quali hanno richiesto l'intervento della truppa, con vari morti e feriti, sicché credo superfluo, per parte mia, di riferire all'E. V. intorno ad eventi sui cui particolari non ho notizia che in modo indiretto. Ma non posso tralasciare di notare che il Governo, in seguito a tali avvenimenti, con decreto in data di ieri, ha proclamato il piccolo stato d'assedio a Trieste.

I fatti di Trieste hanno formato pure argomento di discussione nella seduta di ieri della Camera dei Deputati Austriaca. Ad una interpellanza del deputato Mayorana il Ministro-Presidente, Signor de Koerber, ha risposto giustificando l'attitudine dei soldati che hanno usato delle armi, in seguito alle provocazioni degli scioperanti, per legittima difesa.

In seguito a due mozioni d'urgenza sullo stesso argomento dei deputati Basevi, del Circolo parlamentare Italiano, e Pernersdorfer, democratico-socialista, la proposta Basevi, accettata dal Ministro-Presidente, di invitare il Governo a promuovere una severa inchiesta sugli avvenimenti di Trieste fu approvata a grande maggioranza con una aggiunta del deputato Mayorana. diretta ad ottenere che le famiglie delle vittime vengano soccorse.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 146/37. Pechino, 17 febbraio 1902 (per. il 29 marzo).

Col mio telegramma del 13 febbraio n. 12 (l) ho già avuto l'onore di comunicare a V. E. che il Ministro del Giappone aveva notificato al Governo Chinese il trattato di alleanza concluso con l'Inghilterra, a garanzia dei comuni interessi in China ed in Corea e ad impedire che in caso di guerra una delle due potenze avesse a trovarsi di fronte coalizzate le forze di più nazioni.

Il giorno seguente essendovi stato ricevimento del Corpo Diplomatico al Ministero degli Affari Esteri in occasione del capo d'anno chinese, dopo il solito discorso d'augurii letto a nome dei rappresentanti esteri dal Decano, ministro d'Austria-Ungheria, si levò il Ministro degli Stati Uniti e lesse a sua volta un discorso per felicitare la China della speciale buona situazione politica con la quale cominciava il nuovo anno.

Con questo aperto apprezzamento sugli effetti del recente trattato il Signor Conger volle pubblicamente far conoscere che il Governo degli Stati Uniti sebbene non partecipe all'accordo lo appoggiava come diretto ad arrestare le mire russe sulla Manciuria, contro le quali già la diplomazia Americana si era unita a Pechino e Pietroburgo a quelle dell'Inghilterra e del Giappone.

Siccome ho già detto nel telegramma sopra accennato in questi circoli diplomatici l'accordo s'interpreta come diretto ad isolare la Russia nel caso che i suoi conflitti d'interessi coll'Inghilterra o col Giappone conducessero ad una guerra. Sebbene perciò esso apparentemente non urti gli interessi delle potenze che con l'adesione all'accordo anglo-tedesco hanno già dichiarato di non avere in China mire territoriali, non è men vero che questa unione di due fattori preponderanti della politica dell'Estremo Oriente sorretta dagli Stati Uniti è destinata a produrre uno squilibrio d'influenza a svantaggio delle altre nazioni di cui si sentiranno quotidianamente gli effetti anche nel campo commerciale ed economico.

(l) Cfr. n. 139.

153

IL CONSOLE GENERALE A JANINA, MILLELIRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 109/33. Janina, 17 febbraio 1902 (per. il 21).

V. E. fu già edotta come a successore del Signor Trojan Console Generale Austro-Ungarico in questa città, trasferito vari mesi or sono ad altra residenza, era stato nominato il Cavalier Petrovic, titolare del Consolato Austro-Ungarico di Valona; anzi io avevo sottomesso a V. E. come il Valy, avesse pubblicamente dichiarato che egli avrebbe rifiutato il suo consenso a tale nomina, avvegnaché il Petrovic, essendo oriundo di Gorgia e susseguentemente stabilito in Serajevo, e quindi ancora suddito Ottomano, egli riteneva la sua presenza in Janina a quella funzione dannosa agli interessi Ottomani.

Pare che quella tesi del Valy, a Costantinopoli, non abbia potuto resistere alle pressioni dell'ambasciata Austriaca giacché il Petrovic è arrivato la settimana scorsa in questa città, ha preso possesso del suo posto, ed jeri in uniforme, ha scambiato le visite con questo Governatore locale, il quale si sarà certamente trovato a disagio di fronte del Signor Petrovic, poiché quest'ultimo, come del resto tutti in Janina, era a cognizione delle poco sensate chiacchiere del Valy a suo riguardo.

Il nuovo Console Generale Austriaco in questa città, è una persona simpatica sui 36 anni. La sua famiglia è di origine Albanese, perché già appartenente alla città di Gorgia, nel vilayet di Monastir, con noi confinante. Susseguentemente poi la sua famiglia si stabilì a Serajevo, e dopo l'occupazione Austriaca, egli fu mandato a Vienna, dove compié i suoi studi nel Teresiano all'accademia Orientale pei Consolati.

Il Signor Petrovic mezzo orientale di origine, parla benissimo l'Albanese, il Greco, il Turco, lo Slavo, l'Italiano, il Francese e naturalmente il Tedesco. Essendo stato in passato destinato a Costantinopoli, pare che per queste sue qualità, egli abbia potuto accaparrarsi la benevolenza del Barone Calice, che ha intraveduto in lui la persona adatta per questi passi, e da ciò la sua rapida carriera.

n Signor Petrovic fece le sue prime armi Albanesi in Valona; egli iniziò la sua venuta colà, collo stabilimento della residenza consolare per quattro mesi dell'anno a Berat, centro Albanese Musulmano di prima importanza, nello scopo evidente di insinuarsi nell'animo di quei suoi ex compatriotti. I suoi primi passi però, per la precipitazione e foga giovanile del novellino, non furono in Berat coronati da successo. V. E. non ha che a riandare i miei passati rapporti per ritrovarvi l'insuccesso di PaftaH, quando il Petrovic approfittando di un dissidio che era sorto tra gli Albanesi Ortodossi di quel Villaggio ed il loro Vescovo, gli avea sobillati a diventare tutti Cattolici, per essere sottoposti alla protezione Austriaca, e poi dopo che egli fece venire a Valona Monsignor Bianchi Arcivescovo di Durazzo, ed un rappresentante della Curia Romana, per rice-

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vere la loro abiura, ebbe la delusione di vedere, che mercé le pratiche del Governo Ottomano, i Paftalesi si erano rabboniti col loro Gerarca, ed i due prelati Cattolici ritirarsi vergognosamente.

Un fatto curioso: Il nuovo Console Austriaco, il protettore del Cattolicismo della Bassa Albania è invece di religione Ortodossa.

Il Petrovic venne a vedermi, gli ho già restituito la visita, è come ho detto una persona simpatica, istrutta, di facili rapporti, e col quale, senza dubbio, sarò in eccellenti relazioni, come del resto lo fui con tutti i suoi predecessori.

Nonostante che egli sia Ortodosso, jeri mattina ha assistito alla Messa in questa Cappella Cattolica. In paese si dice che egli sia stato mandato a Janina per ostacolare, la ognor crescente, influenza Italiana in questo paese. Se ciò sarà vero non mancherò di tener dietro ai suoi movimenti per segnalare a V. E. i passi che egli potesse fare in ordine allo scopo suddetto. Copia della presente è stata data alla R. Ambasciata a Costantinopoli.

154

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. R. 239. Roma, 18 febbraio 1902, ore 20.

L'ambasciatore d'Inghilterra mi fece, ieri l'altro, circa Tripoli, la comunicazione che V. E. mi aveva annunziato col telegramma del 13 (l): che, cioè, il Governo britannico accettava i due nostri emendamenti al testo della offertaci dichiarazione, ma aggiungendo entro l'ultima frase le parole << compatibilmente con i propri obblighi convenzionali». Avendo preso tempo a riflettere, oggi soltanto ho fatto conoscere all'ambasciatore nei seguenti termini la nostra risposta, e cioè: l) Accettiamo la proposta intercalazione purché sia così concepita: «compatibilmente cogli obblighi risultanti dai trattati che formano oggi parte del diritto pubblico europeo; 2) Dopo le parole « vilayet di Tripoli » desideriamo che siano aggiunte le parole « vale a dire la Tripolitania e Cirenaica». V. E. intende lo scopo di questa variante e di questa aggiunta. La variante mira a premunirei sia contro eventuali patti segreti già esistenti, sia contro eventuali patti futuri. L'aggiunta è una precauzione suggeritaci dalla incertezza e dalla mutabilità degli ordinamenti amministrativi dell'impero ottomano.

L'ambasciatore ne telegrafa al suo Governo, però la sua impressione era nel senso che le nostre proposte saranno accolte. Mi affretto, dal canto mio, ad informare V. E. acciocchè ella possa convenientemente regolarsi col Marchese Lansdowne.

(l) Cfr. n. 138.

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IL CONSOLE GENERALE A MONTREAL, MAZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 193/15/1062. Montreal, 18 febbraio 1902.

Giovedì 13 corrente alle ore 3 p. è stata aperta con la consueta pompa ufficiale la 2a Sessione del 9" Parlamento Federale in Ottawa, nell'Aula del Senato.

L'aula era gremita di signore in ricchi abiti da ballo scollati, appartenenti alle famiglie dei Ministri, Senatori e Deputati. L'Arcivescovo Cattolico di Ottawa ed il Vicario Generale erano pure presenti, e dei consoli invitati, intervennero in uniforme il Console Generale di Francia, il Console Imperiale di Russia, il Console Generale Americano di Ottawa ed io.

Alle 3 p. S. E. Lady Minto, accompagnata dalle sue dame entrò al braccio di Sir Wilfied Laurier, Primo Ministro, e poco dopo, preceduto dagli Aiutanti di campo e dagli altri ufficiali della sua casa militare e seguito dai Ministri in grande uniforme fece il suo ingresso nell'aula S. E. il Governatore Generale, Lord Minto; e sedutosi sul trono, col capo coperto, lesse prima in inglese e poscia in francese i due testi del discorso di apertura, che gli vennero successivamente presentati dal suo primo aiutante di campo.

Ho l'onore di trasmetterLe qui accluso il testo Ufficiale del discorso d'apertura, il quale constata gli eccezionali abbondanti raccolti ottenuti nel Manitoba e nei territori del Nord Ovest, ed i progressi considerevoli verificatisi nel paese, malgrado che l'ultimo censimento non abbia dato i risultati sperati circa l'aumento della popolazione.

Due cose poi trovo specialmente degne di nota nel discorso: l'accenno alla intenzione di proporre leggi per punire gli attentati anarchici, e l'accordo avvenuto per iniziativa del Governo Canadese, tra questo e l'inventore italiano Marconi, per l'applicazione del suo sistema di telegrafia transoceanica senza fili.

Riguardo alle misure contro gli anarchici, che certamente non mancheranno di venire ad annidarsi anche nel Canadà, sebbene per ora il terreno non sia loro molto propizio, osservo che sarebbe più di tutto necessario di organizzare un miglior sistema di sorveglianza, la polizia attuale essendo assolutamente inadatta ed impari allo scopo.

Circa l'accordo con Marconi, i giornali riferiscono, che il Governo probabilmente chiederà al Parlamento di votare $ 50.000 per aiutare Marconi a stabilire la sua stazione telegrafica senza fili al Capo Breton; ma che il danaro non sarà pagato, finché non sia stata dimostrata la possibilità commerciale della trasmissione transoceanica.

Finita la cerimonia, ebbe luogo un corto ricevimento nell'appartamento del Presidente del Senato con l'intervento delle LL. EE. Lord e Lady Minto ed altro in quello del Presidente della Camera, ai quali si recarono le persone presenti nell'aula.

156

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 241. Roma, 19 febbraio 1902, ore 10,45.

Riferendomi telegramma di lunedi n. 237 (l) circa scalo di Bengasi vengo informato dal nostro vice console colà, ora in congedo a Roma che Mutasserif ricevette infatti ordine dalla Sublime Porta per apertura detti scali colla restrizione però che non vi fossero stati inconvenienti. Mutasserif allegò giustificare la chiusura, il contrabbando. La ragione addotta non è che un pretesto, inquantoché contrabbando infierisce su tutta la costa della Cirenaica sprovveduta di ogni sorveglianza e quello che avveniva agli scali di Bengasi prima della loro chiusura era trascurabile e comunque può essere impedito con una semplice staccionata. Avverto di quanto precede, ad ogni buon fine, V. E. per ribattere le obiezioni che le venissero eventualmente mosse.

157

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE A MARSIGLIA, CARCANO

T. 247. Roma, 19 febbraio 1902, ore 19,45.

Prego comunicare Ciccodicola, che sarà costì per partenza giorno 25 su piroscafo «Messaggeries » diretto Gibuti, che ministero guerra non consente cessione moschetti n. 91 da lui domandati. Sono disponibili moschetti modello 70. Prego interrogarlo se desidera questi ultimi.

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IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A BARCELLONA, ROCCA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 172/23. Barcellona, 19 febbraio 1902.

Compio il dovere di far conoscere all'E. V. che in questi giorni si sono verificati in Barcellona degli scioperi imponenti di tutte le arti e mestieri di questa città, che dettero pretesto agli operai scioperanti a provocare dei gravissimi disordini che, purtroppo, continuano malgrado l'immediata proclamazione dello stato d'assedio in tutta la provincia di Barcellona. I disordini attuali furono e sono di gran lunga più gravi di quelli che in antecedenti occasioni determinarono la sospensione delle garanzie costituzionali. Dopo numerosi e violentissimi meetings che ebbero luogo il 15 e il 16 corrente, ed ai quali l'autorità politica ebbe la debolezza di non saper tener testa,

lunedì mattina, 17 corrente, scoppiò d'improvviso uno sciopero generale a cui si calcola che partecipino non meno di 60 o 70 mila operai, i quali si dettero

a percorrere in numerose bande la città, e facendo chiudere negozi, caffè, mercati, impedirono colla violenza la circolazione dei trams, delle ferrovie locali, delle vetture pubbliche e private, lo sbarco ed imbarco delle merci al porto e alle stazioni ferroviarie, ed attaccarono la polizia e la gendarmeria che volevano opporsi a tali violenze.

Impedirono poi che gli operai delle poche fabbriche che ancora funzionavano seguissero nel lavoro e pare siano stati uccisi due proprietari di fonderie che si opponevano alle loro prepotenze.

Dico pare perché da tre giorni non si pubblica qui nessun giornale. Gli scioperanti impediscono il trasporto dei viveri e la fabbricazione del pane. Ci furono numerose collisioni tra la cavalleria e la folla degli scioperanti con parecchi morti e numerosi feriti da ambo le parti, nelle giornate di lunedì e martedì.

La città è terrorizzata e semi deserta, non osando la gente uscir di casa, i negozi tutti chiusi, e lo stato d'assedio proclamato dal Governo spagnuolo, e la conseguente occupazione militare delle strade non sembrano, per ora almeno, sufficienti a riportare l'ordine e la tranquillità, ed a far riprendere i traffici e gli affari. Sembra che gli elementi anarchici non siano estranei a questi gravi disordini.

Un italiano, che fu già segnalato da questo R. Ufficio al Ministero dell'Interno come pericoloso anarchico militante. certo Neri Agostino (o sedicentesi tale) di Livorno, fu ferito mentre si trovava alla testa d'un gruppo di facinorosi esaltati.

Ieri, poi, si sono verificati gravi disordini anche in altre città della provincia, ed a Manresa fu incediato un convento di frati maristi. Mi farò premura di tener al corrente l'E. V. delle ulteriori fasi di così anormale stato di cose.

(l) Non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. R. 284. Londra, 20 febbraio 1902, ore 1 (per. ore 7).

Ministro degli affari esteri mi si dimostrò oggi un poco dispiacente che le sue proposte non avessero riuscito a soddisfare, come egli se n'era sinceramente lusingato, i desideri di V. E. Sua Signoria si riservava tuttavia, di esaminare i nuovi emendamenti comunicatigli da Roma. Circa gli obblighi convenzionali futuri, tali da pregiudicare gli effetti dell'attuale dichiarazione. Sua Signoria mi aveva allora osservato non essere ammissibile la supposizione di un simile procedere, il quale avrebbe costituito una mancanza di fede, ed io aveva replicato che certamente non alludevo ad alcun atto direttamente inteso a menomare l'impegno verso noi contratto, ma che una sua menomazione potrebbe derivare in modo indiretto, od anche involontario, da una qualche futura, ora imprevedibile, stipulazione avente scopo diverso più generale. Avendo io oggi ricordato quella mia osservazione al ministro, egli finì col dire che avrebbe cercato di prendere in considerazione una formola limitata ai trattati esistenti. Quanto alla specificazione della Cirenaica, cercai dissipare l'impressione che mi parve scorgere nel ministro, che quella domanda fosse ispirata da alcuna diffidenza o mira speciale. Gli rappresentai, fra l'altro, che il nostro desiderio di eliminare ogni dubbio era anche spiegabile per la circostanza che il distretto di Bengasi, pur formando parte integrale del vilayet di Tripoli, dipendeva, dal punto di vista amministrativo, direttamente da Costantinopoli, come gli altri quattro mutasserifati dello stesso vilayet. Ministro non volle pronunziarsi, ma disse che sperava poterei dare una risposta entro pochi giorni.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 285/22. Berlino, 20 febbraio 1902, ore 5,27.

Con rapporto di oggi mvio traduzione comunicato ufficioso comparso iersera nella Norddeutsche Allgemeine Zeitung in cui, in termini cordialissimi, vengono espressi augurii che l'imperatore e suo Governo rivolgono a Sommo Pontefice in occasione prossimo suo giubileo. Barone Richthofen mi ha poi partecipato or ora che generale Loc ben noto a codesto ministero, sarà incaricato rappresentare questo sovrano feste giubileo pontefice. Analoga missione è stata dal re di Sassonia affidata suo ministro a Monaco, barone Friesen.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 329/109. Berlino, 20 febbraio 1902.

La Nord Deutsche Allgemeine Zeitung di ieri a sera ha pubblicato una Nota ufficiosa, nella quale vengono espressi gli auguri che il Governo Imperiale rivolge al venerando Pontefice in occasione del suo Giubileo Pontificale, auguri che -è assai probabile -saranno espressi verbalmente da una speciale Missione che, per ordine di S. M. l'Imperatore, si recherà a Roma per assistere alle funzioni solenni che verranno celebrate in Vaticano. Qui unito ho l'onore di inviare la traduzione del comunicato ufficioso (l): sarà mia cura altresì di fare conoscere all'E. V. i nomi dei componenti la Missione straordinaria non appena essi mi saranno noti.

È possibile che una decisione definitiva in proposito intervenga dopo che l'Imperatore che, attualmente trovasi a caccia ad Hubertug Stock, avrà fatto ritorno nella sua Capitale.

L'intonazione insolitamente cortese e particolarmente effusiva non deve destare soverchia meraviglia, quando si ponga mente a due circostanze:

0 ) che le relazioni tra la Santa Sede e la Germania sono ora perfettamente cordiali come da un pezzo non lo erano;

2") che data la situazione politica interna, il Governo ha in oggi ogni maggiore interesse a propiziarsi il partito del Centro del quale gli è indispensabile il favore per risolvere i due gravissimi problemi che in questo momento gli stanno precipuamente a cuore, cioè, la tariffa doganale e la questione polacca.

Ciò non esclude però che a questa manifestazione ufficiale dei sentimenti della Germania verso la Sanda Sede si debba attribuire. anche Der altre ragioni di diversa indole, una certa importanza.

(l) Non si pubblica.

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IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 287. Budapest, 21 febbraio 1902, ore 10,55.

Stampa ungherese del mattino commenta favorevolmente discorso della Corona. Pester Lloyd ne loda specialmente indirizzo liberale, rileva con soddisfazione che esso distrugge completamente leggenda dello scioglimento della Triplice Alleanza e crede poter argomentare, dal silenzio sulla questione economica internazionale, che non vi è timore che nascano conflitti economici con gli Stati vicini.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 286. Berlino, 21 febbraio 1902, ore 11,28.

Agenzia Wolff pubblicò iersera tardi riassunto discorso della corona. Giornali odierni lo riproducono senza speciali commenti, limitandosi a rilevare, non senza compiacenza, accenno politica estera.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T.· RR. 254. Roma, 21 febbraio 1902, ore 14,20 (1).

Ho avuto oggi con l'ambasciatore di Inghilterra una conversazione circa la dichiarazione per Tripoli. Gli ho mostrato a titolo strettamente confidenziale la dichiarazione rilasciata dalla Francia !asciandogli prendere copia della

parte di essa nella quale la locuzione « Vilayet di Tripoli », e la locuzione «Tripolitania e Cirenaica » sono entrambe adoperate dimostrando cosi la loro equivalenza e insieme la opportunità di adoperarle unite per ottenere la massima esattezza di espressione. Avendomi però lord Currie manifestato il dubbio che la preoccupazione del suo Governo dipenda dal timore che la locuzione «Cirenaica» possa includere parte dell'Egitto, si sarebbe immaginato di adoperare come la più chiara di tutte la locuzione « Vilayet di Tripoli e i Mutasseriflik di Bengasi e Murzuk ». Lord Currie telegrafa in questo senso a Londra ed io mi affretto a prevenirne V. E. per sua informazione e norma.

(l) Sic nel registro del telegrammi in partenza; la minuta conservata nell'archivio di Gabinetto reca invece ore 15.

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L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 288. Madrid, 21 febbraio 1902, ore 15.

Disordini, minaccie di sciopero generale Saragozza fu dichiarato stato di assedio; agitazione Valenza. Direttore partito socialista manifestò disapprovazione sciopero generale. Dalle ultime notizie ordine fu ristabilito Barcellona ed altri luoghi.

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IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 93/18. Tangeri, 21 febbraio 1902.

Il mio Collega di Spagna, reduce da breve licenza a Madrid, mi ha testè visitato e tenuto un discorso che reputo di dover qui sostanzialmente riferirle. Incominciò col dirmi che le cose del Marocco seriamente preoccupano la Corte ed il Governo di Sua Maestà Cattolica.

«L'Italia -soggiunse -non più ardente sostenitrice dello statu quo dell'Impero, l'Inghilterra e la Francia oggi in lotta e domani forse riconciliate, la Spagna isolata, tale mi sembra in ultima analisi la situazione.

Inquieto di tutto quello che si va sussurrando attorno all'ascendente degli inglesi presso il Sultano ed alle simultanee misteriose missioni degli Inviati di Francia e di Germania alla Corte, io mi sono indotto a muovere (n'ebbi la autorizzazione del mio Governo) talune precise interrogazioni all'egregio Collega Sir Arthur Nicolson.

Gli ho chiesto se sussista che egli sia per sollecitare od abbia dal Governo Scerifftano ottenuto speciali concessioni ferroviarie a pro' di capitalisti inglesi e se il Marocco pensi a negoziare, come ne è corsa voce, un prestito a Londra; né gli tacqui che di sue risposte io porgerei telegrafica notizia a Madrid».

Ed egli, con somma cortesia e franchezza, mi ha assicurato (e noi tutti sappiamo quanto sia sincero) non esservi in tutte le riferite dicerie, nulla, nulla assolutamente di vero: scopo di sua recente missione alla Corte Sceriffiana, fu quello unicamente di presentare al Sultano le nuove Lettere Credenziali del nuovo suo Re Edoardo VII: avere egli bensì colta l'opportunità per confortare il Makhzen a persistere nelle riforme amministrative e tributarie da lui e da Lord Salisbury da tempo consigliategli, e così pure a concedere nuove ed ampie franchigie al commercio europeo; ma di strade ferrate e di combinazioni finanziarie non essersi altrimenti parlato. E dirò di più, soggiunse, dove me ne fosse stato discorso, avrei declinato ogni officiale o privata mia ingerenza

o partecipazione. Il Marocco, è questo il mio convincimento, dove s'induca a dotare il paese di strade ferrate o comuni, di ponti od altre opere pubbliche, dovrebbe a ciò provvedere con capitali propri, e affidarsi a industriali e ingegneri e operai, che inglesi o francesi non siano ma di nazionalità non avente salienti interessi politici nell'Impero».

Io ascoltai deferente le parole del Signor Ojeda, parole che corrispondono in complesso alle amichevoli confidenze onde sovente pur m'onora il Collega d'Inghilterra; traendone argomento per ritenere, tra l'altro, che il Rappresentante della Repubblica, Signor Saint Réné di Taillandier, non abbia ritrovato a Rabat il freddo ambiente che supponeva, e che il Sultano, ispirandosi ai saggi consigli di Sir Arthur Nicolson, saprà eliminare ogni ragione o pretesto di troppo aperto loro contrasto o rivalità.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA

T. 258/12. Roma, 22 febbraio 1902, ore 16,15.

Rispondo telegrammi n. 4 e 13 (1).

Associazione missionari interpellata sulla destinazione residua somma da versarsi dal governatore dello Scian-si consente rimettere centomila franchi vicariato Scian-si; prega inviare qui subito rimanente somma in chèque intestato senatore Lampertico presidente associazione. Sulla rimanenza indennità associazione non consente nessuna anticipazione ai missionari.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE

T. s. N. Roma, 22 febbraio 1902, ore 20.

Vengo indirettamente a sapere che una comitiva di 300 studenti dell'Università di Messina e Catania farà una gita costì il 24 di questo mese. Ne pre

vengo, ad ogni buon fine, la S. V. sia perché si tenga in grande riservatezza, sia perché Ella si adoperi come meglio crederà opportuno onde questa gita non abbia a dar luogo a spiacevoli incidenti.

(l) Non pubblicati.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. CONFIDENZIALE 184/79. Londra, 19-22 febbraio 1902 (per. il 28).

Adempio al dovere di riassumere in questa corrispondenza le fasi successive del negoziato per la Dichiarazione inglese circa la Tripolitania, quali esse si svolsero posteriormente al mio rapporto del 30 gennaio (n. 47) (l) trasmesso a V. E. coll'ultimo corriere del 5 febbraio. Confermo al riguardo i miei tre telegrammi del 9 e 12 corrente e di oggi (n. 8, 9, 10) (2) risponsivi a quelli dell'E. V. in data dei 9 10 e 18 (201, 207 e 239) (3).

II mio rapporto predetto riproducente un colloquio da me avuto la vigilia col Marchese di Landsdowne, conchiudeva con la riserva di un ulteriore convegno, nel quale S.S. si proponeva di darmi certi schiarimenti sulla portata dell'accordo anglo-francese del 1899; ma più di queste spiegazioni retrospettive, -dalle quali avevo del resto già potuto rilevare il senso, -importava constatare la disposizione dal Ministro manifestatami di consentire ad una aggiunta più sostanziale al progetto primitivo della Dichiarazione a noi già offerta: «non avere l'Inghilterra, colla convenzione del 1899 inteso pregiudicare i diritti di chicchessia sulla Tripolitania ».

Un'indisposizione del Ministro avendolo reso invisibile durante alcuni giorni, fu soltanto nella sera dell'8 febbraio, che mi occorse d'incontrarlo, e precisamente ad un pranzo di Corte al quale io ero stato invitato da S. M. il Re.

Durante la conversazione che seguì al pranzo, il Re mi intrattenne con molta affabilità, chiedendo notizie dei Nostri Augusti Sovrani e interrogandomi circa la rappresentanza della nostra Corte alle feste dell'Incoronazione.

Sua Maestà entrò quindi a dirmi avere con suo rincrescimento avuto sentore di un certo quale raffreddamento manifestatosi negli ultimi tempi nei rapporti del Governo Italiano verso l'Inghilterra, ma risultargli che ogni malinteso circa le benevoli disposizioni di questa riguardo all'Italia, si trovava ormai dissipato, cosa che gli riusciva assai grata, essendo conforme alla tradizionale amicizia sempre esistita fra i due paesi, nonché ai suoi propri sentimenti che riportavano sul nostro Sovrano da lui conosciuto fin dalla prima età, l'affezione personale che lo aveva legato al Padre ed all'Avo. Ringraziai, come si conveniva, Sua Maestà per le sue parole, assicurandolo che i vincoli di simpatia del popolo italiano per la nazione inglese erano di natura troppo solida e di data

troppo antica, per poter essere compromessi da impressioni passeggere, dovute più che altro a interpretazioni esagerate che il pubblico e la stampa tendevano talora ad attribuire a piccoli fatti, sui quali era facile ai governi amici di intendersi con reciproca fiducia. E il Re conchiuse rallegrandosi che la leggera nube fosse ora scomparsa.

Accostato poco dopo il Marchese di Lansdowne, gli riferii le parole di Sua Maestà, delle quali S.S. si compiacque. Ed egli stesso venendo senz'altro sull'argomento della nota dichiarazione, mi disse che, avendo preso in attenta considerazione le cose da me espostegli nel nostro precedente colloquio, aveva autorizzato Lord Currie a proporre un'aggiunta concepita in termini assai più lati di quelli dapprima contemplati, ma ai quali il Governo Britannico si era nonostante indotto pel suo vivo desiderio di dare completa soddisfazione ai voti del Governo Italiano: non vi era in essi, aggiunse il Ministro, la non possibile espressione letterale di un assoluto ed eterno disinteresse dell'Inghilterra da ogni futuro evento nella Tripolitania, ma vi era il massimo di quanto il Governo Britannico poteva ragionevolmente dichiarare, nel senso sostanziale da

V. E. desiderato ed egli non dubitava che Essa ne sarebbe contenta. Il Ministro non avendo, naturalmente, a memoria i termini precisi comunicati a Roma, egli non poté darmene, in quel momento, che un ragguaglio approssimativo. Per debito di chiarezza, stimo pertanto opportuno di riprodurli qui appresso, quali essi mi vennero più tardi da lui comunicati e confermati eziandio dal telegramma di V. E. che m'informava dell'offerta a Lei fattane da Lord Currie:

« ... Il sottoscritto è inoltre autorizzato a dare positiva assicurazione che il Governo di S. M. Britannica non ha alcun disegno di aggressione od ambizione riguardo al Vilayet di Tripoli; che esso continua ad essere sinceramente desideroso del mantenimento dello statu qua, colà come nelle altre parti della costa del Mediterraneo; e che se mai in avvenire, un'alterazione dello statu qua divenisse inevitabile, scopo del Governo di Sua Maestà sarebbe che una tale alterazione non fosse di natura da recare pregiudizio agli interessi italiani».

Col sovracitato telegramma di V. E. del 9 febbraio Uncrociatosi col mio di pari data), io ero informato avere Ella risposto a Lord Currie che, dal momento che il Governo Britannico intendeva con la sua spontanea dichiarazione farci cosa grata, le sarebbero parse opportune due modificazioni della predetta formola e cioè: sostituire alle parole <<divenisse inevitabile», le parole «non sia di natura da recare pregiudizio agli interessi italiani», le parole «dovesse aver luogo», e sostituire alle parole «non sia di natura da recare pregiudizio agli interessi italiani», le parole: «sia in conformità degli interessi italiani »; consentite le quali modificazioni, la dichiarazione che ci rilascerebbe il Governo Britannico riuscirebbe di piena soddisfazione del Governo del Re, il quale ne sarebbe assai grato. E col successivo telegramma del 10,

V. E. mi invitava, avendone occasione, ad appoggiare presso Lord Lansdowne le varianti da Lei proposte, ch'Ella confidava sarebbero accolte, anche tenuto conto delle amichevoli disposizioni verso l'Italia manifestatemi da questo Sovrano.

Ebbi quindi una nuova conversazione col Ministro degli Affari Esteri, in seguito alla quale mi trovai in grado di telegrafare a V. E., in data del 12, che Sua Signoria aveva accettato entrambi gli emendamenti da Lei desiderati. Egli suggeriva soltanto una intercalazione, mediante la quale l'ultima frase della Dichiarazione suonerebbe:

«... che se in una qualsiasi epoca avvenire, un'alterazione dello statu quo dovesse aver luogo, sarebbe suo scopo (del Governo Britannico) che, compatibilmente coi suoi obblighi convenzionali, tale alterazione fosse in conformità degli interessi italiani».

Nel corso del nostro colloquio, io accennai che la proposta aggiunta poteva parere superflua, in quanto che nessuno Stato poteva ammettere l'eventualità di voler mancare ai propri obblighi convenzionali. Sua Signoria insistette però, osservando che non si trattava qui di un atto puramente legale le cui espressioni dovevano avere ciascuna un significato stretto e preciso, ma bensì di uno di quei documenti diplomatici nei quali non poteva trascurarsi il lato del sentimento e dell'impressione morale che erano destinati a produrre: se alla formola negativa dapprima proposta si doveva sostituire quella positiva «in conformità degli interessi italiani», importava far risultare che il Governo Britannico non intendeva con essa sottrarsi all'osservanza del propri Trattati. Notai in allora che le parole « compatibilmente con i suoi obblighi convenzionali» riferite a una qualsiasi epoca futura, potrebbero, a rigore, interpretarsi come applicabili anche ad obblighi convenzionali contratti anteriormente a quell'epoca, ma posteriori all'epoca attuale; il che, dissi, lasciava aperto l'adito a qualche incertezza, nel caso per esempio di nuovi obblighi, tali forse da menomare gli effetti della presente dichiarazione. «Un simile caso » rilevò subito Lord Lansdowne «è impossibile, giacché il contrarre oggi un impegno verso il Governo italiano per contrarne poi un altro ad esso contrario, costituirebbe una violazione di fede». Replicai che certamente non alludevo ad alcuno nuovo patto diretto del Governo Britannico, inteso a pregiudicare il valore dell'attuale sua Dichiarazione, ma che, dato il lungo tempo che forse trascorrerà prima che questa trovi la sua applicazione, non era nemmeno da escludersi la possibilità di qualche futuro accordo internazionale, d'interesse politico più generale o diverso, cui fosse partecipe l'Inghilterra, in circostanze ora imprevedibili, e che contenesse disposizioni atte a produrre conseguenze indirette, anche non calcolate, interpretabili in senso sfavorevole allo scopo ora contemplato. E citai, a titolo d'esempio, l'accordo appunto del 1899, che, stipulato sotto l'impressione dell'incidente di Fascioda, allo scopo immediato di prevenire un conflitto con la Francia, aveva poi dato luogo alle apprensioni che ora si tratta di rimuovere. Il Marchese di Lansdowne non stette a discutere questi miei dubbi, ma conchiuse col dire che le sue ultime proposte essendo ormai formulate, conveniva attendere ciò che se ne direbbe a Roma. Né io ritenni per allora opportuno di insistere, tanto più che non conoscevo

ancora in quel momento l'impressione che di ciò riporterebbe V. E.

Mi giunse poi stamane il suo telegramma del 18 (n. 239), nel quale acco

gliendo l'aggiunta proposta dal Governo Britannico, Ella esprimeva il desi

derio di vederla formulata nei termini:

«compatibilmente cogli obblighi risultanti dai Trattati che formano oggi parte del Diritto Pubblico Europeo».

E il telegramma stesso m'informava di una nuova modificazione da Lei pure presentata ieri l'altro a Lord Currie, nel senso che, invece di menzionare soltanto il « Vilayet di Tripoli » la dichiarazione inglese abbia ad aggiungere: «vale a dire la Tripolitania e la Cirenaica».

Recatomi oggi stesso dal Ministro, lo trovai già informato di quelle due obbiezioni e devo dire ch'egli mi parve esserne poco favorevolmente impressionato e ciò non tanto pel valore intrinseco delle nuove proposte, quanto per l'idea, come egli me lo lasciò comprendere in termini del resto assai amichevoli, di non essere ancora riuscito a soddisfare il Governo Italiano mentre si era sinceramente lusingato di aver fatto ogni suo possibile a tale intento.

Avendo però S. S. soggiunto che si riservava di esaminare quegli emendamenti, gli ricordai, quanto al primo, ciò che io gli aveva già sottoposto nella nostra precedente conversazione, circa le dubbie interpretazione alle quali potrebbe eventualmente prestarsi in futuro la espressione generica: «suoi obblighi convenzionali». E suo codesto punto egli accennò che una limitazione agli obblighi esistenti si potrebbe specificare.

Quanto all'altro punto relativo alla espressa menzione della «Cirenaica» in aggiunta a quella del «Vilayet di Tripoli », essendomi sembrato di scorgere nel Ministro il dubbio che ciò si connettesse a qualche recondita diffidenza del Governo Italiano, cercai di dissipare tale impressione, dicendogli che per certo, unico scopo di V. E. aveva dovuto essere di definire più esattamente la ragione di cui si trattava, sull'entità della quale non poteva esistere da entrambe le parti, che una sola intenzione, quella cioè di riferirsi all'intero territorio attualmente posseduto dalla Turchia su quella costa. E una più specifica definizione, aggiunsi, era forsanco giustificata dalla circostanza che il Mutasserifiik di Bengasi pur facendo parte ufficialmente del Vilayet di Tripoli, dipendeva, per ragioni del servizio amministrativo, direttamente da Còstantinopoli anziché dal Valy di Tripoli, come gli altri quattro Mutasseriftik del Vilayet stesso.

Ma tanto sull'uno che sull'altro emendamento il Ministro mi disse che non poteva oggi pronunciarsi meco in modo positivo, dovendo, specie quanto al secondo, verificare presso il competente ufficio geografico del Foreign Offtce ciò che esattamente si comprendesse sotto il nome di Cirenaica. Dietro qualche altra mia osservazione S. S. mi domandò ancora a questo proposito se la specificazione della Cirenaica era cosi espressa nella Dichiarazione analoga a noi rilasciata dalla Francia. Al che risposi che di questa non mi era noto il testo.

E così ebbe termine il nostro colloquio. Dal quale credo di poter inferire che, malgrado un'impressione non gradevole, dovuta forse più che altro, al dubbio sovraccennato circa lo spirito dell'accoglienza fatta a Roma alla sua offerta, il Marchese di Lansdowne finirà coll'accettare anche le ultime obbiezioni di V. E., mediante una qualche formola atta a soddisfarle. Tutto indica invero essere in questo momento deliberato proposito del Governo Britannico di nulla omettere di quanto possa contribuire ad affermare le sue amichevoli disposizioni verso l'Italia.

22 febbraio 1902.

P. S. -Mi giunge il telegramma di ieri della E. V. (l) che m'informa avere Ella mostrato confidenzialmente a Lord Currie una parte della dichiarazione della Francia o ve è adoperata la locuzione « Tripolitania e Cirenaica »; in seguito a che si sarebbe pensato di suggerire i termini: «Il Vilayet di Tripoli ed i Mutasseriftik di Bengasi e Murzuk ». Nè oggi né domani domenica non potrò vedere il Ministro, ma tengo presente la comunicazione di V. E. per valermene, se sarà necessario, al nostro primo incontro.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. nn. 134, 138; il t. del 19 non è pubblicato. (3) -Cfr. nn. 133, 145, 154.
170

IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 217/67. Atene, 22 febbraio 1902.

Il Signor Zaimis essendo stato informato che gli Ambasciatori a Costantinopoli avevano ricevuto dai rispettivi Governi istruzioni in ordine al memorandum da esso presentato alla Potenze, relativo alle difficoltà insorte per la stipulazione della Convenzione di Commercio e Navigazione greco-turca, ha incaricato il Signor Rangabé di dirigere loro una nota per pregarli di pronunciarsi circa l'interpretazione da darsi alla decisione arbitrale per ciò che riguarda le clausole consacrate nel Trattato di Canlidja.

Le disposizioni piuttosto favorevoli nelle quali sarebbero gli Ambasciatori gli fanno sperare che tale interpretazione sarà conforme ai principi sanciti in quella decisione.

Mi risulta a questo proposito che il Governo Ellenico è stato informato dal proprio Console in Salonicco che le Autorità Ottomane mentre rifiutano di attuare le stipulazioni del Trattato suddetto nei porti dell'Asia Minore, queste sarebbero da esse applicate nelle varie località della Macedonia.

Tale disparità di trattamento, a cui le popolazioni elleniche sarebbero sottoposte nell'Impero, è spiegata dal Signor Zaimis dalla necessità che avrebbe la Sublime Porta di cattivarsi le simpatie della Grecia per assicurarsi la sua collaborazione nei Balcani, della quale non avrebbe bisogno nell'Asia Minore avuto riguardo alle condizioni differenti in cui si trova quella regione.

171

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 297. Malta, 23 febbraio 1902, ore 9,40 (per. ore 11).

Governo locale prepara accoglienze festose studenti e altrettanto faranno questi studenti maltesi. Mi adopero, ad ogni modo, perché non nascano dispiacevoli incidenti.

(l) Cfr. n. 164.

172

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

(Eredità Nigra)

L. P. Roma, 23 febbraio 1902.

Non risposi più alle di Lei lettere 22 e 30 spirato Gennaio (l) perché ho sempre sperato di giorno in giorno mandarle copia delle modificazioni che io proporrei al trattato della Triplice. Esse furono da me parecchio tempo concretate e sottoposte all'esame del Presidente del Consiglio, il quale non me le ha ancora riconsegnate.

Sono però tranquillissimo e sicuro che questo ritardo non deve essere attribuito ad alcuna esitazione da parte Sua nel proposito di mantenere la attuale situazione politica e che invece esso unicamente deriva dell'abitudine sua di lungamente molto lungamente riflettere e ponderare sulla redazione dei documenti che vengono sottoposti al suo esame.

Egli mi aveva promesso di darmi il suo parere al più tardi per oggi, ma purtroppo la crisi sopravvenuta sospende ogni cosa. Ritengo però ormai certo che appena risoluta la crisi se resteremo al potere il Presidente del Consiglio mi metterà in grado di dare finalmente corso al negoziato, e siccome esso sarà dopo condotto da me fino alla sua conclusione riservato unicamente per allora l'avviso del Presidente del Consiglio, così il negoziato potrà poi per parte nostra procedere spedito.

Io non so se il Presidente del Consiglio vorrà proporre modificazioni e proposte diverse da quelle che io ho formulato, ma inclino a credere di no. Ho visto altre volte che dopo lungo esame e riflessione egli ha poi sempre finito per consentire intieramente con me. Ed a sua volta Ella vedrà che se non vengono modificate le mie proposte, esse non saranno difficili a conciliarsi colle idee manifestate a Lei dal Conte Goluchowski e da Lei comunicatemi colla di Lei gentilissima del 30 spirato.

Appena avrò la risposta del Presidente del Consiglio, farò partire un corriere speciale per Vienna e Berlino; intanto il corriere che Le porta la presente, è unicamente destinato a consegnare a Lei e al Conte Lanza documenti di Ufficio riguardanti affari correnti e non di carattere politico, ma che non potevano subire ulteriore ritardo.

Non potei per considerazioni che sarebbero lunghe e ormai troppo retrospettive adottare pel discorso della Corona la formula da Lei proposta; però venne modificato il progetto che io Le mandai in modo da accostarsi il più possibile al di Lei desiderio, ed io spero che l'impressione del discorso Reale in questa parte non sarà stata cattiva nelle sfere autorizzate di Vienna. Nei giornali mi pare sia stata accolta abbastanza bene; così avesse fatto buona impressione pur troppo il resto del discorso!

Non le parlo della crisi, perché prima che questa mia Le giunga, già il Telegrafo gliene avrà portata la soluzione, poiché essa verrà decisa domani,

mentre oggi ancora tutto è incerto. Può darsi quindi che quando Ella riceverà questa mia io abbia lasciato il potere. In questo caso serberò sempre il più gradito ricordo della prova di bontà e di benevolenza che Ella mi ha tante volte dato e di cui Le esprimo la maggiore gratitudine.

(l) Non pubblicate.

173

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 240/88. (l) Washington, 23 febbraio 1902 (per. il 10 marzo).

Ho domandato, giorni sono, al Segretario di Stato in qual modo egli considerasse, dal punto di vista nord americano, il recente trattato anglo-giapponese.

Il Signor Hay mi ha risposto premettendo che gli Stati Uniti non avevano avuto parte veruna nei negoziati, non erano stati consultati o presentiti dalle parti contraenti, ed avevano conosciuto il trattato allora soltanto quando fu reso di pubblica ragione. Essi, però, non hanno se non motivo di compiacersene, come di atto internazionale che tende a mantenere lo statu quo politico nell'Estremo Oriente.

Egli non ha motivo di supporre che, lateralmente al trattato, esistano patti segreti, che ne modifichino le clausole a vantaggio dei contraenti ed a detrimento dei terzi.

Il Signor Hay ha ammesso che gli Stati Uniti avevano dubitato precedentemente che, fra la Cina e la Russia, fossero intervenuti, per pressione esercitata dalla seconda sulla prima di codeste due potenze, accordi segreti che, riguardo alla Manciuria, avrebbero intaccato il principio dell'open door, da essi fatto riconoscere appunto come principio, unanimemente dalle Potenze, riguardo alla Cina. Ma le dichiarazioni raccolte da Pietroburgo e da Pechino li hanno rassicurati in proposito.

Nel corso della conversazione, il Signor Hay mi ha confermato che gli Stati Uniti non perseguono in Cina ed in genere nell'Estremo Oriente, alcun intento politico, ma vogliono esclusivamente la libera concorrenza dei commerci internazionali. Essi s'insospettirono della Banca cino-russa di Shangai, a cui potevasi temere che dovesse essere abbandonata, ad esclusione degli altri, la exploitation della Manciuria. Ma anche su cotal punto speciale essi ricevettero assicurazioni che ritengono per ora tranquillanti. Ammettono che la Banca suddetta possa sollecitare, come altri Istituti esteri, ed ottenere delle concessioni, ma contestano che ciò possa aver luogo in virtù di un diritto esclusivo.

(l) Per un evidente errore questo rapporto e quello pubblicato al n. 175 recano lo stesso numero di protocollo.

174

IL CONSOLE GENERALE A MARSIGLIA, CARCANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI,

T. 302. Marsiglia, 24 febbraio 1902, ore 6,35.

Maggiore Ciccodicola chiede invio Gibuti moschetti cavalleria modello 70 relative cartuccie.

175

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 240/88. Washington, 24 febbraio 1902 (per. il 10 marzo).

Ho parlato più volte col Conte Cassini del trattato anglo-giapponese, riuscito a lui ed al suo Governo, come ai più, e forse a tutti, un colpo di sorpresa.

Questo Ambasciatore di Russia non può dissimularsi che esso non sia stato stipulato in diffidenza della Russia, ma afferma che tale diffidenza era ed è del tutto ingiustificata. Il Governo imperiale russo è in perfetta comunità di vedute e d'intenti con i Gabinetti di Londra e di Tokio, ed avrebbe quasi potuto sottoscrivere, in terzo, il recente trattato. Per ciò che concerne la Corea, la Russia non l'ha mai desiderata, non la vuole, non ne ha d'uopo. Le basta che non sia acquistata dal Giappone, popolo troppo irrequieto perché non lo si debba temere come vicino. Circa la Manciuria, l'Impero russo, che ha dovutò invaderla a scopo di difesa, perché aggredito nelle sue frontiere, avrebbe potuto ritenerla per diritto di conquista; ma, come l'ha dichiarato, gli basta regolarne le condizioni, nella parte limitrofa della Siberia, abitata da popoli turbolenti, per prevenire future aggressioni. La Russia non vuole nuove conquiste; la sua grandezza, ove aumentasse, le sarebbe causa di debolezza. E si sbaglia di molto, attribuendole ambizioni territoriali ed intenti meno che pacifici. La Gran Bretagna non sembra apprezzare al suo giusto valore il contegno della Russia negli ultimi due anni, nei quali sarebbe bastato ben poco per rovinare la potenza britannica nei più ricchi suoi possessi asiatici.

Il Conte Cassini mi ha parlato delle diffidenze degli Stati Uniti verso la Russia. Essi hanno, invero, fatto riconoscere dalle Potenze il principio dell'open door, ma non sembrano capacitarsi che questo principio non è da tutti inteso allo stesso modo. Gli Stati Uniti vorrebbero che alla banca Sino-russa istituita a Shangai con capitali cinesi, russi ed anche francesi, non fossero fatte concessioni speciali. Ciò non è ammissibile quando, in Cina, tanti altri istituti di altre nazioni ne posseggono. Vorrebbero distinguere tra concessioni e privilegi. Ma molte concessioni sono di fatto dei privilegi e privilegi esclusivi. Così la costruzione di una data ferrovia, l'esercizio di una data minera. Anche la Russia

12 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

riconosce il principio dell'open-door, ma quanto all'interpretazione da darsi a tale formola, «il faut s'entendre ».

V. E. non avrà difficoltà a discernere, nella riassunta conversazione la parte del sofisma e quella del vero.

176

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, MARTIN!

T. 267. Roma, 25 febbraio 1902, ore 14,45.

A richiesta Ciccodicola, prego inviare Gibuti moschetti cavalleria modello 1870 e relative cartucce.

177

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

(Eredità Nigra)

L. P. Roma, 25 febbraio 1902 (1).

Oggi finalmente spedisco a Berlino il testo delle modificazioni ed aggiunte che il Governo Italiano desiderebbe introdurre nella Triplice Alleanza (2) in occasione del suo rinnovamento, e di esse mando anche a Lei copia per di Lei personale informazione. Quando avremo la risposta del Governo Tedesco, d'accordo con esso le comunicheremo a Vienna; mi pare un riguardo naturale da usare al Governo di Berlino poiché dal Conte Biilow mi venne fatta l'apertura ufficiale per aprire il negoziato del rinnovamento.

Però, per i due articoli da sostituire al VI e VII che riguardano i Balcani, avendoci il Conte BUlow detto che egli in massima si sarebbe più facilmente accostato a quella redazione che fosse prima concordata tra Italia e AustriaUngheria, io La prego di darne comunicazione al Conte Goluchowski e provocarne il giudizio.

A me sembra anche malgrado quanto Ella mi ha recentemente scritto intorno al desiderio del Conte Goluchowski di non fare mutamenti, che questo che noi proponiamo non dovrebbe essere da lui osteggiato.

Infatti la nuova redazione dell'art. VI, ha per solo scopo di rendere maggiormente impegnata la Germania in difesa dello statu quo a Costantinopoli

col principio del non intervento di altre Potenze, ed io penso che se ciò si potesse ottenere, l'Austria-Ungheria dovrebbe esserne soddisfatta quanto e più di noi.

L'art. VII poi è modificato unicamente secondo la dizione delle note ultime scambiate fra Italia e Austria-Ungheria riguardo all'Albania. Parmi ben naturale che in occasione del rinnovamento della Alleanza le disposizioni del Trattato vengano messe in armonia colle combinazioni tra noi intervenute dopo la sua stipulazione; e mi pare anche sia utile per entrambi l'estendere anche alla Macedonia quelle intese che già furono fatte per l'Albania.

La avverto a buon conto che Sua Maestà si è particolarmente interessato a questa nuova redazione dell'articolo VII.

Avendo avuto occasione col Barone Pasetti di discorrere confidenzialmente e di mostrargli questa redazione, ho potuto comprendere che in lui era nato, leggendola, il dubbio che le disposizioni di questo articolo, anché là dove si parla dell'eventuale applicazione dell'autonomia potessero essere un giorno da noi invocate anche per la Bosnia ed Erzegovina. Ciò non mi sembra affatto fondato, ma in ogni modo se un simile dubbio nascesse anche nell'animo del Conte Goluchowski, Ella sa fino da ora che ciò non entra in alcun modo nel nostro pensiero, e non abbiamo eventualmente difficoltà ad introdurre quanto fosse necessario per dissipare ogni possibile equivoco.

Infine La prego di non dire nemmeno al Conte Goluchowski di conoscere le altre proposte, perché io sono lieto di approfittare del fatto che da Berlino ci venne la prima apertura, per poter sottoporre prima al Governo Germanico la nuova redazione del protocollo relativo ai Trattati commerciali. Siccome immagino che essa non incontrerà molte difllcoltà a Berlino, e invece, a quanto Ella mi ha più volte scritto, ne incontrerà molta a Vienna, parmi opportuno che ci troviamo insieme, Germania ed Italia, a cercare di vincere le ritrosie dell'Austria Ungheria, prima che questa si metta sulla base del rifiuto.

E parmi che Ella, dicendo a mio nome al Conte Goluchowski che ho mandato le mie proposte a Berlino perché di là ci venne l'invito ufficiale, e che mando a lui solamente la parte riguardante i Balcani perché così si espresse nel suo desiderio il Conte Btilow, non dica cosa che possa parere non giusta né amabile al Governo Austro-Ungarico.

Ed ora non mi resta se non augurare che tutto proceda bene e arrivi ad una conclusione utile al mio paese e alla pace dell'Europa.

P. S. -Come Lei avrà visto non mi fu possibile adottare la redazione che Ella mi proponeva pel discorso della Corona, ma ho modificato la mia in modo che si accostasse di più al di Lei modo di vedere.

Sembrami del resto che l'impressione generale nella stampa austriaca e germanica sia stata buona, senza provocare scontento in quella Francese che era lo scopo cui io miravo, quello cioè di mantenere la posizione attuale preparando a poco a poco l'opinione pubblica francese a rassegnarsi al rinnovamento della Triplice Alleanza (l).

(l) -La copia conservata in ASMAE reca la data 25 corretta in 26 febbraio (data della l. p. a Lanza cui si fa riferimento nel testo). (2) -Cfr. n. 182 allegato.

(l) Il post scriptum ,manca nella copia conservata in ASMAE.

178

IL CONSOLE A L'AVANA, BEAUREGARD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 70/7. Avana, 25 febbraio 1902.

Ieri ebbe luogo l'elezione del signor Estrada Palma a Presidente della Repubblica Cubana, e del signor Luigi Estevez Romero a vice-presidente.

Malgrado tale solennità sia stata fissata pel giorno della festa nazionale, e cioè della commemorazione del grido di indipendenza, e malgrado si fosse dato ordine di chiudere tutti i negozi ed avesse il Governatore militare... (l) una parata di tutti gli allievi delle scuole pubbliche nel corso centrale della città, non si vide mai tanta quiete nell'Avana e nessun cittadino si può dire parve accorgersi del fausto avvenimento.

La stampa non si occupa punto di quanto avviene.

Il nuovo Presidente ancora non è venuto e non lo si aspetta che per la fine di aprile.

Tanto ho creduto bene di riferire a V. E., perché da questo fatto si scorge lo stato d'animo della cittadinanza che sembra aspettare in perfetta calma la fine dello stato transitorio e la più o meno prossima annessione.

179

IL MINISTRO RESIDENTE A TEHERAN, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 307. Teheran, 26 febbraio 1902, ore 2,30 (per. ore 14,10).

Gran Visir mi ha detto che Scià desidererebbe visitare nostra Real Corte in Roma nella seconda metà di maggio. Chiedo autorizzazione invitarlo in nome del nostro Augusto Sovrano, come ha fatto pochi giorni or sono ministro d'Inghilterra per visita a Londra.

180

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 308. Malta, 26 febbraio 1902, ore 11,40.

Questa notte arrivati 50 studenti Catania Messina, senza professori, benissimo accolti da Governo e maltesi. Un comitato di quattro studenti li ha oggi presentati al governatore che li accolse affabilmente. Nel pomeriggio S. E. ha invitati tutti ad un the al palazzo. Domattina visiteranno nave da guerra per invito autorità.

(l) La parola manca nell'originale.

181

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 306/1. Pera, 26 febbraio 1902, ore 12,47.

Con nota circolare 26 gennaio, Sublime Porta ha significato a queste rappresentanze estere divieto pesca per gli stranieri nelle acque territoriali ottomane. Rappresentanze hanno, con nota identica, risposto alla Sublime Porta che non potevano ammettere validità di tale provvedimento perché contrario ai trattati che assicurano sudditi esteri libero esercizio loro commerci e industrie nell'Impero. Rapporto per via.

182

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

L. P. Roma, 26 febbraio 1902.

Come ho telegrafato a V. E. oggi, Le mando finalmente il testo delle modificazioni ed aggiunte che il Governo Italiano desidera introdurre nel trattato della Triplice Alleanza in occasione del suo rinnovamento.

Già feci ripetutamente nota a V. E. la ragione del lungo ritardo, ed io la prego ancora una volta di togliere, ove Le si presenti l'opportunità, dall'animo del Conte BUlow ogni dubbio che il lungo tempo impiegato dal Presidente del Consiglio nell'esaminare le proposte che io avevo formulate possa essere indizio di una tendenza in lui divergente dall'attuale indirizzo della politica italiana Tant'è ciò vero che il Presidente del Consiglio non introdusse alcun cambiamento nemmeno di secondaria importanza nelle proposte che avevo preparato e che oggi trasmetto a V. E.

Come V. E. già, del resto, conosce per mia comunicazione succinta telegrafica, le aggiunte e modificazioni che noi mettiamo avanti sono tre.

Di esse, quella relativa a Tripoli non può sollevare obiezioni, perché non fa che tradurre in carta i chiarimenti che sono intervenuti nei giorni scorsi. Anche il mutamento introdotto nel protocollo relativo ai trattati di commercio parmi, non può incontrare difficoltà in Germania. Certo ad esso avrà obiezioni serie l'Austria-Ungheria; ma appunto per ciò parmi opportuno che le mie proposte sieno prima esaminate dalla Germania, perché a suo tempo essa pure, quando l'accordo fra noi sarà conseguito, aiuterà a persuadere il Governo di Vienna. D'altronde è evidente che non possiamo esporci, soprattutto di fronte all'Austria-Ungheria all'eventualità di una guerra di tariffe che, nell'Adriatico principalmente, potrebbe dar luogo a gravi inconvenienti, e l'unico modo di evitarla è di mantenere in vigore il trattato attuale finché non sia stipulato il nuovo. E a questo proposito è bene osservare che a negoziare il nuovo trattato

il Governo italiano è pronto fin d'ora, e non è quindi colpa nostra se questo negoziato non può essere intrapreso in tempo utile per condurlo a termine in modo da evitare che il trattato attuale rimanga in vigore oltre la sua legale scadenza.

Infine, la nuova redazione che io propongo per i Balcani è inspirata al concetto di rendere un po' più efficace l'azione delle tre potenze nell'assicurare il mantenimento dello statu quo in Oriente. È inutile che io faccia rilevare a V. E. quale grandissimo interesse abbia l'Italia a questo obiettivo, poiché la entrata di un'altra grande Potenza nel Mediterraneo ridurrebbe di molto la posizione del nostro Paese. È questo, si può dire, l'unico vitale interesse italiano che non sia assicurato da accordi con tutte le Potenze che lo possono minacciare e mi pare quindi che l'Italia non chieda troppo cercando di metterlo al coperto nell'occasione del rinnovamento dell'alleanza.

Seguendo il desiderio espresso dal Governo Tedesco, quest'ultima parte delle nostre proposte ho incaricato il Conte Nigra di comunicare al Governo AustroUngarico, poiché il Conte Biilow desidera che in questa materia intervenga prima l'accordo coll'Austria-Ungheria, ed io non mancherò di tenere informato

V. E. dell'accoglienza che il Conte Goluchowski farà alle proposte italiane.

Per il momento non parmi aver nulla da aggiungere: parmi aver esposto a V. E. in quest'occasione e in tutte le conversazioni più volte avute insieme, abbastanza chiaramente il mio pensiero perché V. E. sia in grado di apprezzare al suo giusto valore il significato delle proposte italiane.

In ogni modo se appena qualche parola o frase riuscisse dubbiosa a V. E., Ella non ha che a telegrafarmi domandando i chiarimenti che fossero del caso.

ALLEGATO.

NUOVO TESTO PER GLI ARTICOLI VI E VII

Art.... Les Hautes Parties contractantes, n'ayant en vue que le maintien, autant que possible, du status qua territorial en Orient, conviennent de s'opposer, le cas échéant, à toute tentative, de la part d'une tierce grande puissance quelconque, de madification territoriale dans les régions des Balkans ou dans les iles des mers adjacentes, et plus spécialement dans celles de ces régions et iles qui sont soumises à la dominatian ottomane, qui porterait dommage à l'une ou à l'autre des Puissances signataires du présent traité. Elles se cammuniquerant, à cet effet, tous les renseignements de nature à les éclairer mutuellement sur leurs prapres dispositians, ainsi que sur celles d'autres Puissances.

Art.... L'Italie et l'Autriche-Hongrie s'engagent, au cas où l'état de chases actuel dans ces régions ne pourrait étre conservé et des changements s'imposeraient, à employer leurs efforts afin que les modifications du status qua se réalisent dans le sens de l'autonomie.

Le deux Puissances s'engagent, en outre, en général et comme dispasition mutuelle, de part et d'autre, à rechercher en commun, et toutes les fois qu'il y aurait lieu, les voies et moyens les plus propres à concilier et à sauvegarder leurs intéréts réciproques. Si, par suite des événements, l'Italie et l'Autriche-Hongrie se vayaient dans la nécessité de modifier le status qua dans ces régions par une occupation temporaire ou permanente de Leur part, cette occupation n'aura lieu qu'après un accord préalable entre les deux Puissances, basé sur le principe d'une compensation réciproque pour tout avantage, territoriel ou autre, que chacune d'Elles obtiendrait en sus du statu qua actuel et donnant satisfaction aux intéréts et aux prétentians bien fondées des deux Parties.

NUOVO TESTO PER IL N. I DEL PROTOCOLLO

l". Sauf réserve d'approbation parlementaire pour les stipulations effectives qui découleraient de la présente déclaration, les Hautes Parties contractantes se promettent, dès maintenant, de négocier et conclure les nouveaux Traités de commerce et de navigation en les calquant sur les Traités en vigueur avec les seules modifications qui seraient exigées par leurs intéréts actuels, et pour les-quelles Elles pourraient s'accorder sur la base d'une parfaite compensation des avantages que chacune d'Elles obtiendrait en sus du statu quo actuel, les traités actuel demeurant en attendant en vigueur, jusqu'à la mise en exécution des nouveaux accords.

Pour ce qui concerne les rapports entre l'Italie et l' Autriche-Hongrie, il est en outre convenu que les modifications éventuelles au status quo ne pourront, comme effet pratique, étre de nature à surcharger le traitement actuel des vins italiens à leur entrée dans la Monarchie voisine.

ARTICOLO DA AGGIUNGERSI DOPO L'ART. X

Art.... Comme complément des stipulations ci-dessus, les deux Puissances alliées se déclarent, envers l'Italie, absolument désinteressées en vue de toute action que les circonstances l'amèneraient à entreprendre à ses risques et perils, dans le vilayet de Tripoli, à savoir dans la Tripolitanie et Cyrénai'que.

183

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 227/103. Londra, 26 febbraio 1902.

Il Marchese di Lansdowne quest'oggi mi ha informato che nell'occasione dell'attuale Giubileo del Papa Leone XIII, venne deciso da S. M. il Re d'Inghilterra di mandare a Roma come suo Inviato Speciale il Conte di Denbigh incaricato di complimentare Sua Santità in nome Suo.

Il Conte di Denbigh che si tratterrà per pochi giorni in Roma, è partito

la scorsa notte per la sua missione. Egli è accompagnato da suo fratello

Everard Feilding, dal Maggiore G. Pereira e dal Signor Somers Cocks.

184

IL CONSOLE GENERALE A SCUTARI, LEONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI.

R. 74/37. Scutari, 26 febbraio 1902 (per il 2 marzo).

Mi pregio qui unita trasmettere copia di un rapporto direttomi dal R. Vice

Console in Durazzo relativo alla sempre più attiva propaganda austriaca in

Albania.

Quello che il R. Vice Console osserva per Durazzo Io si può ripetere per

il circondario di Scutari e in generale credo per tutta quanta l'alta e bassa

Albania.

Quello che più impressiona si è la facilità con cui l'Austria non dico spende, ma profonde il danaro. Pur di riuscire la spesa non è un ostacolo; e riuscire per ora vuoi dire infondere l'idea e la convinzione che è l'Austria l'unica ad avere a cuore le sorti di questo disgraziato popolo e abbandonato paese, e che fa ogni suo possibile per migliorarne le sorti e la situazione. Nel circondario di Scutari, dove fuori della città prevale l'elemento cattolico, è più facile riuscire mediante il clero assoldato e stipendiato; in quello di Durazzo, dove predomina l'elemento ortodosso, l'Austria affronta ora il non facile problema di convertire gli ortodossi all'Uniatismo per poterli poi dominare. E a questo lavorio attivo, incessante e che ha a sua disposizione mezzi direi quasi senza limite, ed è frutto di un programma bene stabilito, noi fuori della città non abbiamo che opporre fin'ora.

Certo è che in Durazzo tutto è ancora da fare e tutto è da fare in Tirana ed Elbassan dove fin'ora l'Italia è nome perfettamente sconosciuto.

A questo proposito ritengo io pure che la circoscrizione territoriale dei Consolati nostri in Albania dovrebbe essere modificata, per poter esercitare ~ non altro un utile ufficio di osservazione, con che però la situazione attuale resterebbe invariata, non potendo certo coi nostri modesti mezzi finora posti in essere controbbilanciare la audace e potente propaganda austriaca che si fa strada dovunque e che non esita di fronte a qualsiasi ostacolo pur dl riuscire.

ALLEGATO.

MACCHIORO A LEONI

Durazzo, 16 febbraio 1902.

La propaganda politica austriaca si fa di giorno in giorno più attiva più inframettente ed anche più manifesta. Tutto le serve di pretesto per mettersi avanti e non vi è incidente di cui essa non sappia tirar partito, valendosi dei larghissimi mezzi che sono messi a sua disposizione.

La grande miseria ad esempio, in cui s'è trovato, per i rigori della stagione il popolo albanese ha offerto un campo eccellente a questa propaganda, poiché i Consolati AustroUngarici non hanno mancato di far pervenire ai poveri delle sovvenzioni ingenti sia in denaro che in natura, e questo non soltanto nei centri popolosi ma fin nelle più remote e miserabili borgate di montagna, dove i preti cattolici, facendo la distribuzione delle offerte austriache, invitavano la popolazione ad un solenne rendimento di grazie all'Imperatore. Il che è servito mirabilmente a confermare gli albanesi nell'idea che da nessuno, se non dal Governo Austriaco essi possono attendersi un soccorso ed un conforto nei loro dolori.

Ho voluto in qualche modo controbilanciare l'azione austriaca istituendo una distribuzione domenicale di pane, carne e minestra ai poveri di Durazzo che mi sembravano più meritevoli di aiuto, ma avendo constatato che il Regolamento Consolare Italiano non mi autorizzava a dare dei sussidi a sudditi stranieri ho dovuto assumere sopra di me le spese di tale distribuzione, e perciò restringerla ai limiti molto modesti delle mie facoltà personali. Una goccia d'acqua nel mare, com'Ella vede.

Ma anche questa goccia è bastata a destare l'intransigente suscettibilità dell'I. R. Consolato d'Austria-Ungheria il quale ha fatto pratiche presso l'Autorità Locale perché fosse proibito ai poveri di venire a ricevere un soccorso da me. L'Autorità Locale infatti non ha mancato d'invitare questi poveri a non più venire in Consolato, ma essi hanno trovato nell'infinita miseria in cui si trovano il coraggio che di solito fa loro difetto ed hanno fatto le orecchie da mercante alle ingiunzioni ottomane.

Oltreché coi sussidi ai poveri la propaganda Austriaca s'esercita con gli omaggi ed i presenti ai notabili. Fra questi i capi tribù cattolici ed i bey mussulmani sono preferiti, ed io posso assicurare con tutta certezza la S. V. Illustrissima che non v'è a Cavaia ed a Tirana un bey solo il quale non abbia ricevuto dall'I. R. Consolr,to d'Austria-Ungheria a Durazzo un qualche regalo.

Aggiungo anzi che questi regali consistono quasi sempre in armi da fuoco, e che essendo proibita l'importazione di tale articolo in Turchia, esse vengono spedite in cassa chiusa e con falsa indicazione di contenuto, al Console Austriaco di Durazzo, il quale è naturalmente esente dalla visita doganale. È poi sua cura il distribuire tali armi nello interno del paese a mezzo dei suoi agenti e segnatamente dei preti cattolici. Al qual proposito è mio dovere il riferire con assoluta certezza alla S. V. Illustrissima che non più lontano della settimana scorsa, il Noto Don Nicola, parroco di Durazzo, e propagandista infaticabile, s'è recato ad Elbassan dove, a nome del Consolato Austriaco, ha fatto presente a molti notabili, fra cui Dervisc Bey e Chefket Bey, di alcuni eccellenti fucili Mauser.

L'importante città di Elbassan non si trova nella mia sfera di giurisdizione, ma in quella del Consolato di Monastir.

Io però, come la S. V. avrà osservato, devo spesso occuparmi di quella località, perché la propaganda vi viene esercitata dal mio collega austriaco di Durazzo, e non già da quello di Monastir. Il che è giusto e pratico ad un tempo, perché Elbassan dista una giornata di cavallo da Durazzo e quattro da Monastir, sicché sarebbe desiderabile che anche a me, come al collega d'Austria, fosse data facoltà di occuparmi di questa città, su cui non credo che il R. Console a Monastir possa esercitare un efficace controllo.

Or dunque ad Elbassan, la propaganda Austriaca ha il carattere spiccato d'una propaganda religiosa, che s'esercita sugli ortodossi procurando di convertirli al cattolicismo

o per meglio dire all'uniatismo.

L'uniatismo, come m'insegna la S. V. Illustrissima, serba inalterati i dogmi principali della religione ortodossa, ma la mette alla dipendenza del Sommo Pontefice, che gli Uniati riconoscono come capo supremo della religione. Esso è uno strumento eccellente per la propaganda religiosa del clero politicante austriaco, perché molti ortodossi che si farebbero uno scrupolo d'abbandonare completamente la loro fede e d'abbracciare il cattolicismo, .si convertono invece facilmente quando si tratti soltanto di riconoscere la supremazia del Vaticano, restando salvo ogni altro principio religioso dell'ortodos'òia.

Una volta però avvenuta la conversione, questi uniati sono messi al bando dagli altri ortodossi, i quali non possono frequentarli sotto pena di scomunica, e perciò essi divengono, nel loro isolamento i più fidi alleati ed i più devoti strumenti degli agenti austriaci.

I vantaggi poi che da queste conversioni ritrae la propaganda austriaca sono molteplici, e cioè:

1°) Di spezzare l'unità esistente nelle comunità ortodosse Albanesi, le quali sinora sono state sempre contrarie all'azione Austriaca in Albania;

2°) D'approfittare dell'opera di questi neo-convertiti, i quali divengono dei propagandisti tanto più solleciti ed animosi, quanto maggiori sono le umiliazioni che devono sopportare dai loro antichi compagni di fede;

3°) Di rendersi sempre più devoto l'elemento cattolico-albanese, il quale mena gran scalpore di queste conversioni e le considera come un suo proprio trionfo;

4°) Di guadagnarsi sempre più la stima e la simpatia del Vaticano, il quale manifesta la sua riconoscenza per queste conversioni sia con l'istigare i preti cattolici a lavorare zelantemente per la propaganda austriaca, sia col punire quei pochi preti che si mostrano ancora riluttanti a farsi gli strumenti di tale propaganda.

Ad Elbassan è certo Papa Ghermann, prete ortodosso convertito all'Uniatismo, che si è fatto il principal interprete delle aspirazioni politico-religiose dell'Austria e che è riuscito infatti a convertire una decina di famiglie alla nuova fede.

Uomo ambizioso ed avido di denaro, non ritenuto per nulla da scrupoli di coscienza e mal contento della parte modesta che gli era fatta nella Chiesa ortodossa, egli si converti, or fanno tre anni circa, all'Uniatismo verso la promessa (che fu anche mantenuta) del Consolato Austriaco d'uno stipendio mensile di duecento franchi. Egli fu anzi in seguito decorato dal Sommo Pontefice, e non mancò mai di esercitare una propaganda constante iri favore dell'Uniatismo.

È però inutile il dire che questo non recluta certo i suoi adepti fra i migliori elementi e che il denaro ha la parte più importante in queste conversioni.

Ad ogni modo è bene la S. V. Illustrissima sappia come anche la settimana scorsa Don Nicola recatosi ad Elbassan vi prese con sé due ragazzine ortodosse per farle accogliere presso queste Suore cattoliche. Anche i parenti dovevano naturalmente essere convertiti all'Uniatismo, e si prometteva in compenso di far aprire loro bottega a Durazzo, mediante un capitale fornito dal Consolato Austriaco.

Però il progetto non riuscì che in parte e cioè per una delle due famiglie quella di Sifi Nossi, che si trova infatti già a Durazzo mentre la ragazzina è in educazione presso le Suore.

Quanto all'altra famiglia, il metropolita, avvisato della cosa in tempo, riuscì con l'aiuto dell'Autorità Locale ad arrestarla per istrada ed a farla ritornare sui suoi passi.

E con ciò, se null'altro mi si domanda che d'essere l'osservatore ed il cronista della propaganda Austriaca in Albania, il mio compito per il momento almeno, può considerarsi esaurito.

Se però si ritenga che un Consolato Italiano in Albania non debba limitarsi a questo umile ufficio passivo, ma debba procurare almeno di controbilanciare con una propaganda sua propria, la propaganda austriaca, le poche cose da me dette devono bastare a suggerire confronti melanconici e riflessioni scoraggianti, sui quali e sulle quali sarà però meglio non insistere.

185

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 316/11. Londra, 27 febbraio 1902, ore 4,22.

Ministro esteri mi disse che, in presenza dei nuovi movimenti minacciati del Mad-mullah, una cannoniera inglese ha ricevuto ordine di recarsi a sorvegliare costa ove sembra essere ora sensibilmente riattivato il contrabbando delle armi e munizioni. Sua Signoria mi ha di ciò avvertito per debita informazione e per il caso che le autorità italiane credessero poter, in qualche modo, cooperare all'azione di cui si tratta.

186

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO RESIDENTE A TEHERAN, MAISSA

T. 278. Roma, 27 febbraio 1902, ore 17.

Avendo preso gli ordini di Sua Maestà la autorizzo a far conoscere al Gran Vizir che il nostro Augusto Sovrano sarà lieto di ricevere in Roma, nella seconda metà di maggio, la visita dello Scià.

187

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BIANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 657/91. Trieste, 27 febbraio 1902 (per. il 2 marzo).

Era precisamente mio intendimento di inviare a V. E. una relazione il più possibile accurata ed esatta sulla natura ed importanza degli avvenimenti che hanno funestato ultimamente questa nobile città italiana; ma che appunto perché riuscisse tale, mi pareva necessario attendere che sbollite le passioni, ritornata la calma, cessato il regime eccezionale sotto il quale tuttora viviamo la verità si facesse strada attraverso il fitto velo di inesattezze (per non dir peggio) e di esagerazioni partigiane che l'oscuravano.

E che oggi ancora non riesca agevole il discernerla intera, appare manifesto dai resoconti delle discussioni avvenute in seno alla Commissione Parlamentare d'inchiesta, la quale fu costretta a domandare alla Camera una dilazione di otto giorni, solo per tentare di appurare i fatti.

Tuttavia, e poiché V. E. me ne fa domanda, non voglio tardare a manifestarLe le mie impressioni ed i miei apprezzamenti, riservandomi di farLe pervenire, ove occorra, quelle più precise informazioni, o sicure notizie che solo in momenti di assoluta calma è possibile ottenere.

Gioverà ricordare che ci troviamo in paese profondamente scisso e diviso da partiti, dove l'antagonismo fra germanisti, austriaci nazionalisti, italiani irredentisti ed autonomisti, slavi, socialisti, anarchici, semiti ed antisemiti, si manifesta ogni giorno apertamente, non deve recar meraviglia che ciascuno veda le cose da un punto di vista diverso dagli altri, od almeno cerchi di lumeggiarle nel modo che può tornare più utile al proprio interesse.

Però dalle accurate informazioni ch'io ho potuto procurarmi da persone autorevoli di tutti i partiti, e da chi è stato testimone oculare di alcuni tra i dolorosi episodi di quelle tristi giornate, ho acquistato il convincimento che sia da escludere ogni idea di complotto o di un movimento diretto contro il Governo.

Basterà a persuadersene il riflettere alla qualità ed al numero dei primi scioperanti i quali ad altro non miravano che a migliorare le loro miserrime condizioni; che se in seguito al rifiuto delle loro eque domande la maggior parte degli operai, per spirito di solidarietà, fece causa comune con essi, non v'ha però alcuno indizio che autorizzi la supposizione che altro e diverso fosse lo scopo che questi si proponevano di raggiungere. Il contegno calmo tenuto dagli operai durante le troppo lunghe trattative ne è la migliore riprova. La manifestazione assunse una portata che gli stessi organizzatori non avrebbero mai immaginato e che appunto per l'inaspettata estensione tolse agli animi la misura e la serenità: l'intervento inevitabile in ogni anormale situazione, degli elementi torbidi, contribuì a far degenerare il movimento e condusse agli eccessi ed alle conseguenti sanguinose repressioni.

Ed io oso esprimere l'opinione che nella veramente inesplicabile lentezza dei negoziati corsi tra la Direzione del Lloyd ed i suoi dipendenti, siano da ricercarsi le cause prime che determinarono i disordini. Se è sempre pericoloso il procrastinare una decisione, il pericolo cresce a mille doppi quando una delle parti contendenti componesi di diecine di migliaia di persone, impazienti di far riconoscere i loro pretesi diritti od ansiose di veder accolte le loro domande.

Se la proposta di arbitrato fosse giunta solo un giorno prima, e se il lodo fosse stato pronunziato nella stessa giornata, forse lo sciopero avrebbe avuto fine naturalmente.

Profittarono invece delle anormali condizioni in cui fu lasciata per sì lungo tempo la città, per dar sfogo ai loro istinti malvagi, i peggiori elementi della popolazione senza distinzione di nazionalità o di partito.

Turbe di monelli, giovanetti appena adolescenti, donne di malo affare, figuri non si sa donde usciti, e se e da chi aizzati, si diedero a scorrazzare per la città, ora precedendo le colonne di operai, ora gettandosi in mezzo alle file dei soldati, ora e più sovente commettendo atti di vero vandalismo. Questi e non altri, nascosti in mezzo alla folla, lanciavano pietre ed insulti ai soldati.

Sono quegli stessi elementi che all'epoca di Oberdan inscenarono dimostrazioni contro gli Italiani, giungendo perfino ad insudiciare lo stemma del Consolato, e che in occasione dell'infame assassinio della compianta Imperatrice Elisabetta correvano le vie urlando «morte agli Italiani». Sono gente nata e cresciuta in un ambiente anarchico, felice di poter pescar nel torbido, facile strumento di chi meglio li paga.

Non oserei asserire che tanto i socialisti che i nazionalisti non abbiano colto l'occasione di dar sfogo al loro risentimento contro le autorità e specialmente contro il militare, e gli slavi per mettere in imbarazzo ed in mala vista il comune ed il partito progressista; ma se anche queste manifestazioni hanno avuto luogo, esse furono piuttosto scatto di passione individuale che risultato di accordi dei partiti, i quali, come del resto le stesse autorità, si lasciarono sorprendere dagli avvenimenti.

Ciò che nei tristi fatti accaduti colpiva maggiormente l'osservatore imparziale era la nessuna intesa fra le diverse autorità, la mancanza assoluta di affiatamento fra amministratori ed amministrati, la deficienza di provvedimenti preventivi, il passaggio improvviso dal «lasciar fare» alla repressione violenta. Le autorità erano affatto impreparate agli eventi: esclusivamente preoccupate delle questioni politiche e di nazionalità non ritenevano che potesse così presto assumere anche qui tanta importanza la lotta politica di classe. Il partito socialista veniva da esse considerato soprattutto come un ausiliario negli attacchi contro il partito liberale italiano di cui il primo combatteva ad oltranza le tendenze ed i metodi e l'imperfetta sua organizzazione non sembrava atta a destare apprensioni.

Nessun proclama, nessun manifesto fino all'ultimo giorno, né da parte dell9 Luogotenenza, né dall'Amministrazione civica, nessun intervento di funzionari governativi o locali per calmare, per consigliare, per imporre occorrendo; la massa degli operai di ritorno dal Politeama ove aveva avuto luogo il comizio, si è trovata improvvisamente di fronte ai soldati che le sbarravano il passaggio; qualche sasso è volato in aria, lanciato non certo dalle prime file, e senza squilli, senza intimazioni i fucili e le baionette si abbassarono e i colpiti non furono certo i maggiori colpevoli. Le successive collisioni, le devastazioni, le misure repressive non furono forse, a parer mio, che la conseguenza di quella prima colluttazione. Se un delegato di Pubblica Sicurezza avesse intimato lo scioglimento avvertendo la folla del pericolo imminente cui si esponeva, non si avrebbero forse oggi a deplorare tante vittime.

Dei regnicoli sette soltanto furono i colpiti; di questi uno è morto, e sei trovansi tuttora in cura all'ospedale; il personale di questo Consolato si è recato ripetutamente a visitarli, informandosi dei loro bisogni.

Non ho d'uopo di dire che non ho mancato d'inculcare ai connazionali di mantenere un contegno ed un linguaggio prudente e riservato, in modo da allontanare da loro ogni sospetto, e so che l'immensa maggioranza ha seguito i miei suggerimenti. Ciò nonostante, come ebbi a riferire ultimamente a V.E., non pochi tra i regnicoli sono stati arrestati dopo la proclamazione del giudizio statarlo perché sospetti di anarchismo, molti furono senz'altro sfrattati come pericolosi all'ordine pubblico, senza che il R. Consolato ne sia stato avvertito, mentre sarebbe a mio parere conveniente, e per molti riguardi quasi indispensabile che questo R. Ufficio ne fosse preventivamente informato.

Non sta a me emettere un giudizio sulla necessità dei provvedimenti eccezionali che il Governo ha stimato di dovere adottare, dopo che colla pubblicazione del lodo arbitrale interamente favorevole agli operai era cessata ogni ragione di sciopero e di dissidio; mi limito a far voti che essi abbiano a cessare al più presto possibile, mentre l'ordine più perfetto regna ora dovunque in città e nel distretto; non credo però che cesserà così presto tra i cittadini di Trieste il ricordo dei tristi momenti trascorsi.

Conchiudendo: due punti paionmi assodati: l) che lo sciopero degli operai non aveva carattere di complotto e non era diretto contro il Governo; 2) che dei disordini che ne seguirono si è di molto esagerata l'importanza e che la responsabilità va divisa fra molti, poiché essi furono il portato e quasi direi la naturale conseguenza di uno stato di cose costantemente anormale.

188

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 322/16. Malta, 28 febbraio 1902, ore 9,50.

Questa mattina sono partiti gli studenti e nel corso della loro dimora che fu oggetto di accoglienza affabilissima, non avvenne alcun incidente.

189

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, CUSANI CONFALONIERI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 323/1. Budapest, 28 febbraio 1902, ore 11,20.

Ieri rispondendo alle diverse interpellanze, presidente del consiglio dichiarò 1n modo generico e senza menzionare particolarmente l'Italia, che nessuno può predire se i nuovi trattati di commercio potranno, o no, essere conclusi per la fine anno prossimo; che egli non ha ufficialmente sistemato, né fatto aperture circa eventuale prolungamento dei trattati di commercio e che quindi Governo ungherese conserva libertà di azione in proposito. Segue rapporto.

190

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RR. S. N. Berlino, 28 febbraio 1902, ore 14,52 (per. ore 16,50).

Per mia norma di linguaggio, sarei grato dirmi se proposte pella rinnovazione triplice alleanza che mi porterà corriere di gabinetto, annunziatomi col telegramma di V.E. in data di iersera (1), sono, o meno, in pari tempo, comunicate a Vienna.

191

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 281. Roma, 28 febbraio 1902, ore 17.

Prego V. E. ringraziare Governo inglese invio cannoniera sopra costa ed avvertirlo che ho dato ordine comandante uno dei nostri stazionari di Aden recarsi sopra luogo e combinare con comandante inglese azione comune.

192

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA

T. 283. Roma, 28 febbraio 1902, ore 17.

Governo inglese comunica continuando sensibile contrabbando armi costa, cannoniera inglese ricevette ordini recarsi sopraluogo sorveglianza. Deplorando

attitudine debole tenuta con Osman abbia prodotto risultato così negativo, impartisca istruzioni comandante dello stazionario che sarà designato dal ministero della marina recarsi con sua nave sopra luogo intendersi comandante cannoniera inglese per energica azione comune. V. S. rimanga Aden.

(l) Non pubblicato.

193

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. s. N. Vienna, 28 febbraio 1902, ore 17,15 (per. ore 19,15).

Ho ricevuto oggi per la posta la lettera particolare di V. E. del 25 corrente (1) coi suoi annessi e la ringrazio. Posso sin d'ora dirle che Goluchowski troverà naturale che le trattative siano condotte a Berlino, come si fece l'ultima scadenza. La mia impressione personale in seguito alla lettura degli annessi è: l) che la nuova redazione dell'art. 6 non piacerà alla Germania perché contempla troppo direttamente la Russia; 2) il nuovo articolo 7 indebolisce l'impegno esistente circa l'Albania, giacché questo è perpetuo e se si include nel trattato diventerà caduco alla scadenza dell'alleanza; 3) il mantenimento del dazio sui vini italiani in Austria-Ungheria, come V.E. ben sa, è una impossibilità ineluttabile. Salvo prescrizione contraria e secondo l'istruzioni da V. E. datemi colla sua lettera del 25 corrente comunicherò al conte Goluchowsky lo schizzo dei nuovi articoli VI e VII e ne provocherò il giudizio. La stampa austriaca come Le scrissi giudicò in modo equo il discorso della Corona, il passo relativo alla politica estera fu però il solo che in ultimo luogo incontrò approvazione generale qui ed altrove e glie ne fò i miei complimenti.

194

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. R. R. Roma, 28 febbraio 1902, ore 20,30.

Ricevo suo telegramma riservatissimo (2). V. E. troverà risposta anche a questo riguardo nella lettera (3) con cui le accompagno le nostre proposte, che arriveranno Berlino ritengo domani.

(l) -Cfr. n. 177. (2) -Cfr. n. 190. (3) -Cfr. n. 182.
195

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 233/106. Londra, 28 febbraio 1902 (per. il 12 marzo).

Il recente trattato di alleanza conchiuso dalla Gran Brettagna coll'Impero del Giappone continua a formare oggetto di svariati commenti per parte della stampa inglese ed ora appena può cominciare a formarsi un giudizio sulle impressioni che il suo inatteso annuncio ha prodotto sugli uomini politici e sull'opinione pubblica di questo paese. Di tali impressioni si può dire ch'esse sono generalmente favorevoli, non senza un certo senso di preoccupazione per le eventuali future conseguenze di quell'atto internazionale.

Furono certamente gravi motivi che indussero il Governo britannico a entrare in un impegno di tale natura quale non aveva più legato l'Inghilterra con alcuna Potenza fino dall'epoca della Santa Alleanza ed è un segno dei tempi nuovi che esso abbia ciò fatto, per la prima volta dopo quasi un secolo, con un paese di razza esotica, posto a 12 mila miglia di distanza da queste isole. Diverse congetture si sono emesse circa le origini dell'attuale Trattato, che alcuni vollero far coincidere col recente viaggio del Marchese Ito asserendosi che quell'uomo di stato nel suo passaggio per Pietroburgo aveva ricevuto proposte analoghe dal Governo russo e che, venuto in Inghilterra, egli se ne era valso per decidere il Gabinetto britannico ad accettarle per proprio conto. Codesta supposizione -che non sembra del resto guarì verosimile, almeno in quella forma -sarebbe da escludersi, se è vero quanto mi viene ora riferito, che cioè le trattative anglo-giapponesi furono segretamente iniziate fino dall'autunno dell'anno passato.

Ciò non esclude però che sulle risoluzioni di questo Gabinetto abbia influito la considerazione che la difficile situazione in cui si trovava il Governo di Tokio di fronte alla Russia riguardo alle cose di Corea, avrebbe potuto obbligarlo in un qualunque momento ed entrare con quell'Impero in qualche transazione, le conseguenze della quale non potevano non costituire un grave pericolo per gli interessi britannici nell'Estremo Oriente.

Le preferenze del Giappone per l'alleanza inglese erano del resto abbastanza giustificate e preparate dal contegno amichevole qui osservato a suo riguardo nell'ultimo decennio. Fu l'Inghilterra che per prima riconobbe le aspirazioni di quel nuovo Stato nella grave questione della sua giurisdizione autonoma sugli stranieri; fu il Gabinetto britannico che declinò di associarsi alle pressioni esercitate nel 1895 a Tokio dalla Russia, dalla Francia e dalla Germania per privare il Giappone dei vantaggi conseguiti nella sua guerra con la China; e anche nel corso delle spedizioni straniere nel Peteili durante gli eventi del 1899, furono le autorità militari e civili inglesi che più di tutte diedero appoggio ai giapponesi e resero omaggio ai servizi in quell'occasione prestati dalle loro truppe.

Quanto all'attuale trattato, i suoi vantaggi dal punto di vista degli interessi giapponesi sono evidenti. Oltre all'effetto morale della importanza politica ch'esso viene a procacciare al giovane Impero riconoscendolo come un elemento attivo del mondo civile, quel trattato gli assicura ciò che tocca più da vicino ai suoi interessi nazionali, cioè l'integrità della Corea e una perfetta uguaglianza di trattamento con le Potenze europee per lo sviluppo dei suoi traffici e della sua influenza in quella penisola come pure nell'Impero Cinese.

Né sono da trascurarsi le maggiori facilità che la nuova alleanza sarà per procurargli nell'ottenere il concorso dei capitali inglesi al suo sviluppo finanziario ed economico. Se anche sono premature le voci già ora in corso di un prestito qui cercato da quel Governo, non v'ha dubbio che presentandosi l'occorrenza di una simile operazione, essa troverà ora più di prima un favorevole accoglimento sul mercato di Londra.

A qualche maggiore dubbio si presta la questione dei profitti dell'Inghilterra in questo accordo, bilanciati con i suoi eventuali inconvenienti. Nelle discussioni avvenute al riguardo nei due rami del Parlamento, fu da vari oratori segnalato quello che si presenta come il più immediato di tali inconvenienti, cioè il pericolo per la Gran Brettagna di trovarsi, a un momento imprevisto -che potrebbe anche esserle molto inopportuno -impegnata involontariamente in una questione nell'Estremo Oriente pel fatto per esempio di qualche mossa imprudente di quel suo alleato.

Nel giustificare il Trattato alla Camera dei Lords il Ministro degli Esteri dichiarò che i suoi scopi erano: «in primo luogo, il mantenimento dello Status quo nell'Estremo Oriente; in secondo luogo, il mantenimento della politica commerciale comunemente chiamata della porta aperta; e in terzo luogo il mantenimento della pace in quella parte del mondo~. Tutte le Potenze, aggiunse il Ministro, che avevano partecipato ai recenti avvenimenti di Cina, si erano, in diverse occasioni manifestate consenzienti in codesti scopi e nulla vi è quindi nell'attuale Trattato che faccia contrasto alla politica di alcun altro Stato. Codeste dichiarazioni, per quanto senza dubbio sincere, non tolgono che l'impressione generale del nuovo trattato, sia ch'esso è diretto contro la Russia. Dietro un cenno che di ciò fu fatto da un oratore in Parlamento, il Ministro dichiarò che il Governo britannico era sempre disposto a fare tutto quanto stava in lui per mostrare la sua disposizione a mantenere con quell'Impero i più amichevoli rapporti. Nel corso delle stesse comunicazioni fu d'altra parte dichiarato dai rappresentanti del Governo in entrambi i rami del Parlam.ento che la Manciuria come parte integrante dell'Impero Cinese, era compresa nei territori ai quali miravano le disposizioni del Trattato relativo alla indipendenza e alla integrità dell'Impero stesso e alla parità ivi spettante in materia commerciale a tutte le nazioni. Ciò sembrerebbe a prima vista preparare elementi a una applicazione dell'articolo 1o del Trattato, di fronte alla posizione che la Russia ha presa in quelle provincie cinesi poco conciliabile invero colla loro indipendenza e integrità. Ma non ne segue che qui s'intenda prendere la cosa tanto alla lettera, mentre invece i ministri inglesi nelle loro manifestazioni mostrano accettare la versione ufficiale che al Gabinetto di Pietroburgo piace dare della occupazione attuale di quelle regioni e della sua intenzione di ritirarsene a tempo debito. Si consideri poi che la Russia stessa dovrà nel proprio interesse andar cauta nel risolversi a un'annessione di territori abitati da cinesi,

13 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

i cui effetti potrebbero da più di un i:;,.to riuscire sgradevoli: Vl e, fra altro, la riflessione che s'impone, della impossibilità in cui il Governo russo verrebbe allora a trovarsi di impedire l'infiltrazione di quei nuovi suoi sudditi nelle proprie provincie siberiane ove non tarderebbero a dilagare.

Così, quanto ai privilegi ferroviarii, miniferi ed altri che formerebbero oggetto degli accordi negoziati fra Pechino e Pietroburgo, qui si fa molto calcolo sull'assistenza degli Stati Uniti, i quali hanno uguale interesse a impedire che quegli impegni divengano esclusivi per modo da sopprimere in qualunque parte della Cina la loro concorrenza industriale e commerciale. Fu quindi accolto in Londra con viva compiacenza lo scambio di spiegazioni promosso in proposito dal Gabinetto di Washington con la Russia, nello scorso mese. Si confida che questo impedimento, congiunto a quello del trattato giapponese, avrà per effetto pratico di produrre almeno un temporario arresto nella conclusione dei patti russo-cinesi; e quanto all'avvenire, i due nuovi alleati si regoleranno secondo le circostanze. (Il Marchese di Lansdowne parlando meco accademicamente di queste cose, mi diceva che, col vincolarsi il Giappone, l'Inghilterra calcolava aver fatto opera di pace, nel senso che quello Stato sentendosi cosi appoggiato nei proprii vitali interessi, ne riporterebbe un sentimento di calma tale da servirgli eventualmente di freno salutare contro il pericolo di risoluzioni intempestive troppo ardenti. Il Governo inglese in altre parole, considerandosi come il socio dominante di questa alquanto ibrida unione, confida di poterla guidare in modo da evitare ch'essa lo esponga a pericoli o responsabilità troppo gravosi. Se questa è la sua fiducia, cioò risponderebbe in modo negativo all'interrogazione levatasi da qualche parte: se gli impegni della sua nuova alleanza nell'Estremo Oriente non imporranno all'Inghilterra la necessità di crearsene un'altra in Europa, a titolo di contro-assicurazione.

Fra le questioni per così dire laterali che si connettono al nuovo Trattato, non è senza valore quella della immigrazione giapponese in Australia che leggi anche recenti di quella Colonia hanno dichiarato illegale; mentre ora è a domandarsi se tali leggi potranno essere mantenute senza protesta, contro uno Stato riconosciuto degno di divenire il solo alleato delìa madre patria. Su questo come su altre conseguenze del Trattato del 30 gennaio vi sarà certamente occasione di ritornare.

196

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 328/174. Vienna, 28 febbraio 1902 (per. il 3 marzo).

La stampa austriaca ed ungherese si è frequentemente occupata in questi ultimi tempi delle trattative che sono in corso tra i Governi Austriaco ed Ungherese per concordare un progetto di tariffa autonoma da presentarsi all'approvazione dei due Parlamenti. A questo scopo ebbero ad incontrarsi varie volte i due Ministri-Presidenti Austriaco ed Ungherese, ma non pare che si sia giunti finora al desiderato accordo e neppure sembra probabile che il progetto di tariffa possa esser concretato e presentato ai due Parlamenti per la prossima primavera.

I due Governi, se sono vere le voci che corrono in questi circoli politici, non si sarebbero potuti ancora intendere sul principale punto in questione, e cioè sulla protezione da accordarsi all'agricoltura, protezione non facilmente conciliabile cogli interessi dell'industria, specialmente austriaca.

L'Ungheria, infatti, paese essenzialmente agricolo, vorrebbe chiudere quasi completamente il proprio mercato ai prodotti agricoli esteri ed ottenere facilitazioni per i propri prodotti del suolo, mentre il Governo Austriaco, per la speciale costituzione del Parlamento Austriaco non troverebbe in esso il necessario appoggio per la difesa degli interessi industriali dell'Impero. Infatti nel Reichsrat la rappresentanza dei proprietari rurali è numericamente dì molto superiore a quella degli industriali.

Nella Camera Alta (Herrenhaus) una notevole parte di essa, cioè quasi tutti i membri ereditari, sono grandi proprietarì territoriali, mentre nella Camera bassa (Abgeordnetenhaus) ben poca influenza rimane agli interessi industriali, di fronte alla numerosissima rappresentanza di regioni essenzialmente agricole, quali la Galizia, la Dalmazia, l'Istria, il Tirolo e buona parte dell'Austria propriamente detta ed alla rappresentanza della prima curia (grande possesso) che ha 17 deputati per forse 400 elettori, tutti proprietari di beni rustici.

D'altra parte, anche i rappresentanti delle regioni industriali tedesche difficilmente si deciderebbero ad assumere energicamente la difesa dell'industria nazionale per non ostacolare la conchiusione del trattato di commercio colla Germania. Come ebbe a dire recentemente un autorevole deputato tooesco, i tedeschi austriaci sacrificherebbero i propri interessi materiali per gli interessi della loro nazionalità.

Tutto ciò concorre naturalmente ad assicurare una superiorità notevole, nelle trattative tra le due parti della Monarchia, all'Ungheria, la quale è unanime a chiedere una energica difesa dei suoi interessi agricoli. Le trattative, ad ogni modo, procedono con grande difficoltà, ed a meno che la Germania non riesca a far approvare fra breve la propria tariffa autonoma, è probabile che si giunga alle vacanze parlamentari senz'aver nulla conchiuso. Se cosi fosse, allora si presenterebbe l'assoluta necessità di una proroga d'un anno dei vigenti trattati di commercio, proroga già ventilata anche dalla stampa austriaca e che avrebbe anzi fatto oggetto di discussione tra il Governo Austriaco e quello Ungherese in occasione della recente gita a Budapest del Signor de Korber. Questa potrebbe essere una soluzione, che, secondo l'opinione di molti, darebbe modo all'opinione pubblica di tranquillizzarsi e di ponderare gli inconvenienti ed i vantaggi d'una rottura commerciale o di reciproche concessioni. Certo è che nelle sfere parlamentari austriache si ritiene che i trattati non verrebbero, per quest'anno, denunziati dall'Austria Ungheria.

D'altro lato i due Governi non volendo pronunziarsi prima d'aver conosciuto i termini precisi della nuova tariffa germanica, non vogliono neppure

suscitare con decisioni affrettate od innanzi tempo pubblicate una agitazione troppo prolungata.

Altro importante argomento di trattative tra le due parti della Monarchia è stata la questione dei premi sugli zuccheri. Di fronte alla pressione dell'opinione pubblica, che ad essi attribuisce il maggior prezzo dello zucchero in Austria-Ungheria in confronto di quello che esso ha altrove, in Inghilterra ad esempio, ed alle tendenze che si vanno manifestando all'estero, in Inghilterra ed in Germania specialmente, sembra che il Governo Austro-Ungarico sia deciso a sopprimere tali premi, o ridurli notevolmente, benché esso non ignori che ciò segnerebbe la fine dei minori zuccherifici, e condurrebbe necessariamente ad un monopolio dei pochi grandi fabbricanti, che non mancherebbero certo di riunirsi in un trust, frustrando così il pubblico della maggior parte della sperata diminuzione di prezzo.

Conchiuèlendo, si può affermare che decisioni positive tra l'Austria e l'Ungheria non saranno prese finché non si conosca il destino della tariffa germanica e che, intanto, la tendenza generale nelle regioni parlamentari, non solo in Ungheria, ma anche in Austria, è per un aumento di protezionismo dei prodotti agricoli.

197

IL MINISTRO RESIDENTE A TEHERAN, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 35/15. Teheran, 28 febbraio 1902 (per. il 19 marzo).

Le istruzioni che V. E. si compiacque di impartirmi col telegramma del 21 gennaio (l) mi furono di norma preziosa per quanto riguardava il viaggio dello Scià in Europa e la sua visita eventuale alla nostra Real Corte.

Dai miei rapporti l'E.V. avrà rilevato che per alcune settimane il viaggio rimase incerto. Soltanto il 26 corrente l'Atabeg Azam mi informò che la partenza era stata definitivamente decisa e che lo Scià avrebbe desiderato visitare la Nostra Real Corte in Roma nella seconda metà di Maggio. Mi affrettai di darne avviso a V.E. (2) e stamane mi pervenne il Suo telegramma col quale, avendo preso gli ordini di S. M. il Re, Ella mi autorizzava a far conoscere all'Atabeg Azam che il nostro Augusto Sovrano sarà lieto di ricevere in Roma nella seconda metà di Maggio la visita dello Scià.

Ho veduto oggi stesso l'Atabeg Azam e gli ho comunicato il telegramma di V.E.

Nella stessa seconda quindicina di maggio lo Scià visiterà la Corte di Berlino, ma non è ancora stabilito in quale ordine le due visite avranno luogo. Sarà naturalmente mia cura di tenere V. E. informata di quanto si riferisce a questo viaggio.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 179.
198

IL DRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, LEONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 333. Roma, 1° marzo 1902, ore 12,40.

Per opportuna notizia pregiomi comunicare seguente telegramma prefetto Roma:

«Ore 19 di jeri col treno di Berlino-Napoli giunsero qui LL.AA.II. arciduca Francesco Ferdinando Austria e consorte; e dopo 45 minuti proseguirono per Napoli viaggiando strettamente incognito. Furono fatti scortare. Il delegato ferrovia riferisce avere avuta notizia che a 20 minuti dopo stazione di Ratisbona in Germania furono tirati due colpi arma da fuoco contro treno di lusso nel quale viaggiavano Loro Altezze Imperiali oltre la principessa Federico Carlo di Germania discesa a Firenze. Proiettili colpirono vetri del vagone restaurant nel momento in cui la principessa trovavasi a pranzo. Del fatto fu informata la polizia a Monaco che interrogò il personale».

199

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. R.S.S.N. Roma, 1° marzo 1902, ore 14,25.

Rispondo telegramma ieri di V. E. (l). Riguardo articolo VI pochi indizi che ho finora non farebbero supporre opposizione insormontabile Germania. Non parmi articolo VII indebolisca impegno circa Albania perché alla scadenza trattato, se eventualmente non rinnovato, cesserà di essere estesa a tutte le altre provincie balcaniche soggette dominazione diretta della Porta l'intesa stabilita per Albania, ma essa rimarrà in vigore per Albania, essendo, come V. E. giustamente osserva, perpetua. Quindi, se V. E. saprà far accogliere da AustriaUngheria nuova redazione articolo VII, avrà aggiunto altro servizio ai molti da lei resi alla patria e al re. Confermo che per ora soli articoli VI e VII sono da sottoporre esame conte Goluchowski, desiderando che altre questioni siano prima esaminate Berlino.

Riguardo clausola vini potremo suo tempo eliminarla rimandando questione al negoziato del nuovo trattato, ma stante sua gravità per noi non è inutile il metterla innanzi anche ora con qualche insistenza.

(l) Cfr. n. 193.

200

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 290. Roma, 1° marzo 1902, ore 14,55.

Apprendo doloroso incidente di cui fu vittima il presidente Waldeck-Rousseau. Prego V. E. essere interprete dei miei sentimenti di simpatia presso l'illustre infermo e dei miei voti per sollecita guarigione.

201

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 287. Roma, 1° marzo 1902, ore 15.

Relativamente ferimento francescani ed assassinio don Garello mando oggi stesso istruzioni troppo lunghe per esser telegrafate. Qualora urga decisione significato succinto mio dispaccio è seguente: non ammettiamo azione concorde parallela delle due ambasciate, riteniamo nostro diritto intervento esclusivo. Nel fatto però come temperamento pratico, e, salva ogni compromissione di diritto per l'avvenire, tolleriamo intervento rappresentante francese se a ciò apparisca invitato da autorità ottomane.

202

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S.N. Berlino. 1° marzo 1902, ore 16,15 (per. ore 19,25).

Oggi è giunto il corriere di gabinetto, con le proposte modificazioni al trattato di triplice alleanza da rinnovarsi. Queste e la sua lettera d'accompagnamento (l) mi spiegano chiaramente i suoi concetti. Domani vedrò Biilow o Richtofen.

La mia impressione personale è che per i Balcani la Germania non ammetterà, per quanto la riguarda, nessun impegno o modificazione che alteri le disposizioni del trattato esistente. Per Tripoli e per i trattati di commercio la Germania non dissentirà in massima dai concetti espressi da V. E., ma dubito che voglia ammetterli come parte integrante del trattato d'alleanza.

Salvo contrario ordine telegrafico di V. E., trattengo qui alcuni glorni il corriere di gabinetto Marcone per ogni eventuale occorrenza.

(l) Cfr. n. 182.

203

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 274/103. Washington, 2 marzo 1902.

Molte supposizioni si sono fatte e si faranno intorno agli lntentl perseguiti da S. M. l'Imperatore di Germania coll'invio del Principe Enrico di Prussia in questo paese. Ho già espresso, in questa corrispondenza, n parere cne mirasse più direttamente e più immediatamente ad ottenere, m moao generico. un mutamento del pubblico americano nei suoi sentimenti, slno a poco ra, assai poco amichevoli per l'Impero ed il popolo tedesco, salvo, pot, a consee:uire. dall'operato riavvicinamento fra le due Nazioni, altri risultati piU concreti e specifici, d'indole finanziaria o politica. Persisto nel ritenere tale essere 11 oensiero ispiratore del viaggio principesco che si va compiendo. Quanto ai fini specifici che l'Imperatore potrebbe avere di mira, credo dovere accennare all'opinione espressa, giorni sono, confidenzialmente dal Direttore generale della Associated Press americana, signor Melville Stone, in una conversazione intima riferitami dal suo interlocutore, non senza notare che, per quanto strana sia qualche sua asserzione, il Signor Stone è persona ragguardevole e seria, di grandissima influenza sulla stampa americana, e che egli, anche per le ragioni accennate nel mio rapporto n. 246/91 (1), fu dal Principe Enrico e dal Signor Von Holleben fatto segno alle più premurose attenzioni, invitato ripetutamente e trattenuto a bordo dell'« Hohenzollern », ecc. Lo Stone ritiene, dunque, anzi afferma sapere, da persona «molto vicina all'Imperatore», che il viaggio del Principe Enrico ha per iscopo di «tastare il po:so » al Governo ed all'opinione pubblica americana in vista d'una intrapresa coloniale della Germania, in qualche parte dell'America. A suo dire (e traduco fedelmente parole riferìtemi per iscritto), «il Governo tedesco va nuovamente pazzo (crazy) per avventure coloniali; l'Imperatore vuole e sta allestendo, con quanta più rapidità gli riesce, una flotta sempre più potente, e siccome non conosce questo paese, crede poter agire su di esso in un modo o nell'altro. Naturalmente (continuo a tradurre con la maggiore fedeltà di concetto) la cosa è impossibile, ma qui è noto come in Europa non si riesca a penetrare nelle idee e nei sentimenti americani e si immaginino possibili molte cose, che tutti in America sanno non saranno mai attuabili».

Per quanto mi è dato giudicare, ammettendo che le informazioni sui reconditi disegni dell'Imperatore, dal Ei:.;nor Stone asserite certissime, non si scostino troppo dal vero, egli avrebbe perfettamente ragione nel ritenere impossibile che gli Stati Uniti, con l'idea che si sono fatta, ormai, della loro missione, nel nuovo mondo, non consentiranno mai ad una «intrapresa coloniale» della Germania da questo lato dell'Atlantico, né mai la tollereranno. Un tentativo che se ne facesse basterebbe a risollevare la più fiera ostilità verso

colui che l'osasse. È, anzi, quello, uno degli eventuali casi già preveduti di guerra tra gli Stati Uniti e la Germania, a cui si attribuivano, alcuni mesi sono, vedute di occupazione di qualche isola del mar Caraibico, o di qualche punto del Venezuela o del Brasile. Un «kiantschon » sul suolo americano è fra le cose che possono dirsi impossibili, anche da chi ritenga 11 vocabolo pericoloso in politica. E, sempre ammettendo fondate le informazioni del Signor Stone, chi qui risiede stupisce che un simile concetto sia vagheggiato da una mente osservatrice e pratica, e che chi rappresenta cotale mente in questo paese non ne abbia fatto rilevare l'assoluta inattuabilità. Rimarrebbe, e sarebbe, anzi, il punto iniziale, da appurare le informazioni, che il Signor Stone dichiarava sicurissime. E debbo dire che sebbene siffatte informazioni mi paressero assai improbabili, pure alcune parole udite dalla bocca dell'Ammiraglio von Tirpitz, Segretario di Stato per la Marina imperiale germanica, mi danno da pensare. Ne faccio oggetto di speciale rapporto (n. 275/104, in data d'oggi) (l), ma mi paiono potersi collegare col presente argomento di nuove ed ampie vedute coloniali dell'Imperatore Guglielmo. Parimenti vi si collegherebbe il timore che, se posso stare ai giornali, avrebbe espresso, poco dopo tornato in Italia, l'ammiraglio Candiani, che la Germania possa avere vedute sulla Tripolitania e colà precederei. Così, impressioni raccolte dal detto Ammiraglio nell'Estremo Oriente, verrebbero a collimare con affermazioni riferitemi in questo Occidente americano, per denunciare disegni avventurosi coloniali della politica tedesca in America, ove l'insofferenza di questa Nazione non permetterà che siano raggiunti e nel bacino mediterraneo, ove la preveggenza del Governo del Re avrà saputo o saprà prevenirli, se a noi dannosi.

(l) Non pubbllcato.

204

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S.N. Berlino, 3 marzo 1902, ore 10,40.

Ho conseg:1ato al segretario di stato per gli affari esteri il testo delle modifl.cazioni ed aggiunte al trattato, dall'E. V. inviatemi per corriere di Gabinetto (2). Ho avuto altresì un breve primo colloquio in proposito con Btilow, spiegandogli i concetti e la portata delle idee di lei. Ambedue, pur esprimendo di nuovo, per i motivi noti, il desiderio vivo del Governo imperiale di rinnovare il trattato senza modifl.cazioni, accolsero di buon grado il documento da me presentato, riservandosi di esaminarlo a fondo e di farmi conoscere, al più presto possibile, il risultato di tale esame.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 182.
205

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, E A LONDRA, PANSA

T. 306. Roma, 3 marzo 1902, ore 18.

Lo Standard dice che la questione del libero passaggio della flotta russa attraverso i Dardanelli è di nuovo agitata nei circoli governativi di Pietroburgo e che la Germania e l'Austria Ungheria più non farebbero obiezioni. Per quanto si tratti di una semplice notizia di giornali desidererei sapere se così si ha sentore della intenzione attribuita alla Russia e quale sarebbe eventualmente l'atteggiamento di codesto Governo.

206

IL MINISTRO RESIDENTE A CARACAS. RIVA. AL MINISTRO DEGLI ESTERI. PRINETTI

R. 24/93. Caracas. 3 marzo 1902.

È per me argomento di somma soddisfazione il poter riferire a V. E. che malgrado il convincimento quasi generale che l'apertura del Congresso Nazionale avrebbe dato luogo a torbidi. ed anche messa ln forse l'amministrazione del Generale Castro -convincimento diviso dai Ministri di Inghilterrà e di Germania, che hanno nello stesso senso informati l loro Governi -si sono invece verificate le previsioni contrarie, che io ho qul sempre sostenute, e spesse volte manifestate anche all'E. V.; e difatti dal giorno 20 febbraio in cui ebbe luogo l'apertura del Congresso, sino ad oggi, si sono svolte nel massimo ordine, ed in mezzo alla più perfetta tranquillità pubblica, le funzioni le più importanti nell'ordine costituzionale, come la formazione degli Uffici di Presidenza delle due Camere; la lettura del messaggio presidenziale; l'approvazione, e la risposta di esso; e finalmente la proclamazione del Generale Castro a Presidente Costituzionale della Repubbllca.

In conformità all'Art. 39 della Costituzione, si riunirono il giorno 20 febbraio, colla quasi totalità dei Senatori e dei Deputati eletti dai venti Stati e Territori, le due Camere Legislative, e procedettero Io stesso giorno alla costituzione dei rispettivi Uffici di Presidenza, i qual! riuscirono così composti:

Senato: Presidente: Dott. Santiago Bricefio. Primo Vice Presidente: Generale Diego B. Ferrer. Secondo Vice Presidente: Dott. Diego E. Chacòn. Segretario: Generale Ezequiel Garcla.

Camera dei Deputati: Presidente: José Ignacio Lares. Primo Vice Presidente: Nephtali Urdaneta. Secondo Vice Presidente: Rafael Monserrate. Segretario: Marciano Espinal.

Nessuna opposizione si fece intorno a quei nomi, che sono d'altronde abbastanza oscuri, e privi di qualsiasi determinato carattere, o significato politico, che non sia quello di dedizione assoluta all'amministrazione Castro.

Del resto l'attuale Congresso, fatto ad immagine e volontà del Potere Esecutivo, non ha per se stesso nessun significato politico, nessun carattere di serietà e di indipendenza, e si ispira esclusivamente al concetto di dedizione sovra espresso; esso non ha quindi che una funzione di forma, ed eseguirà come un'ingranaggio amministrativo qualunque. il compito ed il lavoro precedentemente fissato dal Potere Esecutivo.

Il giorno 22 febbraio il Generale Castro ha letto alle due Camere riunite in Congresso, il Messaggio di cui mi onoro accludere un esemplare a V. E. (1).

Esso è la solita esposizione apologetica del proprio operato, e la solita recriminazione violenta contro i tentativi fatti per rovesciarlo, i quali si compiace di enumerare e descrivere; a quei tentativi egli necessariamente attribuisce tutti i mali che ancora affliggono la Repubblica, e su di essi soltanto deve cadere tutta la colpa, e tutta la responsabilità, se la sua amministrazione, che si inspirava ai concetti più sublimi, non ha potuto coprire il Venezuela di quegli ingenti benefici che il suo cuore e la sua mente escogitavano.

In tutto ciò vi è certamente qualche cosa di vero, ed è fuori di dubbio che le incessanti preoccupazioni dell'amministrazione per la propria sicurezza ed esistenza, e l'impiego straordinario delle risorse finanziarie nelle spese militari, ed in quelle di polizia e di spionaggio, non potevano a meno di paralizzare l'opera del Governo, e di rendere impossibile, o quanto meno incompleta, l'attuazione di quei provvedimenti che si può credere era nelle sue intenzioni di applicare onde beneficare e migliorare il paese; ma d'altro canto se si riflette che tutti i movimenti rivoluzionari hanno per scusa e per obiettivo di liberare il paese dai danni innumerevoli dell'amministrazione Castro, alla quale a lor volta attribuiscono il decadimento morale ed economico della Repubblica, si è pure obbligati di chiedersi se anche in quelle recriminazioni non vi sia qualche cosa di vero; ed un giudizio spassionato ed imparziale non può a meno di riconoscere che esistono errori e responsabilità dalle due parti, e che al loro complesso è dovuto se il periodo della Presidenza provvisoria del Generale Castro non fu certamente dei più brillanti e dei più proficui alle sorti politiche ed economiche della Repubblica.

Nessun passaggio del Messaggio Presidenziale merita di essere particolarmente segnalato, se si eccettuano i due punti ove accenna al Decreto del <r 24 Gennaio 1901 » sui reclami, ed ai risultati dell'operato della Giunta di Classificazione, in modo da affermare il solito concetto: che il regolamento dei reclami è una questione assolutamente interna, e soggetta alle leggi della Repubblica.

Per quanto riguarda le relazioni coi Governi Esteri, accenna in primo luogo alla Colombia, ripetendo le cose già note: passa in rassegna quanto

formò argomento di trattative colle diverse Legazioni, e parlando dell'Olanda, «deplora la facilità colla quale i nemici dell'ordine stabilito nella Repubblica, trovano nell'isola di Curaçao un sicuro asilo per l'esercizio della loro azione perturbatrice ».

L'Incaricato d'Affari di Olanda manifestò l'intenzione di protestare contro quella asserzione.

Con molto compiacimento mi permetto di richiamare l'attenzione di V. E. sul passaggio che riguarda le relazioni coll'Italia. Mentre negli accenni alle altre Rappresentanze Estere, il Messaggio Presidenziale non si occupa che degli affari con esse conclusi, o pendenti, e non fa motto alcuno delle rispettive colonie, il periodo destinato alle relazioni col Governo di S. M. ha invece non solo una intonazione generale di speciale deferenza e di simpatia ma contiene anche parole molto lusinghiere per la nostra colonia.

Molto sobria, e quasi inconcludente, è la parte del Messaggio che riguarda la Germania, e ciò prova ancora una volta quanto esagerate fossero le notizie, e quanto prive di fondamento le previsioni, e gli allarmi per l'azione di quest'ultima.

Secondo quanto prescrive l'Art. 84 della Costituzione, il Senato procedette il giorno 26 febbraio allo scrutinio dei voti mandati dalle Assemblee Legislative degli Stati, -Art. 83. Cost.ne -, per la elezione del Presidente, e dei due Vice Presidenti della Repubblica, e compiutesi normalmente tutte le operazioni, riescirono eletti ad unanimità:

Presidente: Generale ~ipriano Castro.

Primo Vive Presidente: Generale Ramon Ajala.

Secondo Vice Presidente: Generale Juan Vicente Gomez.

Sabato primo marzo il Generale Castro prestò col consueto cerimoniale avanti le due Camere riunite in Congresso, il giuramento di fedeltà alla Costituzione e alle Leggi, e nella breve allocuzione ripetè con forzR il giuramento di compiere il proprio dovere; indi si recò al Campidoglio per ricevere le felicitazioni dei Corpi costituiti, ed il primo introdotto fu il Corpo diplomatico, che era in uniforme, e preceduto dal Nunzio Pontificio.

L'unico atto che abbia segnalato l'avvenimento importante, fu la liberazione di ventinove detenuti politici... ma in verità dei minori, poiché i maggiori, come gli ex Ministri C. Urbaneja, A. Olavaria, G. Villejas Pulieto, i Generali J. Pietri, R. Guerra, Lutowskj, ed altri molti dei più importanti, furono in precedenza mandati ai castelli di Maracaibo, e di Puerto Cabella, ove io temo resteranno coll'Hernandez, rinchiusi per tutta la durata della Presidenza del Castro, o almeno per quel tanto che egli riescirà a compierne.

Perché se colla elezione dei 26 febbraio 1902 il Generale Castro si è legalmente assicurata la Presidenza Costituzionale della Repubblica per sei anni -Art. 73 Cost.ne -non per questo la pacificazione è entrata del pari negli animi, né le ambizioni rivali si sono sagrificate, né si sono fusi i partiti, né ogni nube si può dire dileguata nel suo orizzonte politico. Il Generale Castro ha accumulati molti odi, e molte inimicizie non ancora rese del tutto impotenti; l'insurrezione non si può dire ancora distrutta: Matos, Mendoza, Rolando, Monegas, sono tuttora militanti, e se l'elezione del «26 febbraio>> certamente lo afferma, ed è fatto importantissimo in suo favore, essa non basta però ad assicurare le sorti in modo incrollabile ed a garantirlo dalle rivalità, dalle defezioni, dai pericoli che qui minacciano sempre chi esercita il potere.

L'elezione del Generale Castro fu accolta dalla cittadinanza di Caracas colla massima indifferenza, ed anziché a dimostrazioni di entusiasmo, ha dato luogo a dimostrazioni contrarie assai significanti; né valsero a sollevare gli spiriti, i bollettini -giunti a proposito -di strepitose vittorie sugli ultimi avanzi della insurrezione, e neppure la notizia telegrafata da Parigi, proprio il giorno dell'apertura del Congresso, che era stato firmato dal Ministro Delcassé, e dal rappresentante Venezuelano, il protocollo -il terzo -per la ripresa delle relazioni diplomatiche colla Francia, ciò che indubbiamente costituirebbe, a fatto compiuto, un grande svantaggio economico pel Venezuela, ed un indiscutibile successo della politica del Generale Castro.

(l) Non si pubblica.

207

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 345. Aden, 4 marzo 1902, ore 4,20.

Governolo avendo imbarcato munizioni Benadir, partirà domani sera con cannoniera inglese per compiere insieme su costa italiana missione ordinata dall'E. V. Congederò soldati Alula nel successivo viaggio Governolo. Onorevole Martini giunto ieri mattina, ripartirà Massaua domani sera.

208

L'AMBASCIATORE 1\. VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RR. S.N. Vienna, 4 marzo 1902, ore 13,45 (per. ore 16).

In obbedienza alle di lei istruzioni, ho comunicato ieri a conte Goluchowsky i progetti degli articoli 6 e 7 modificati da V. E. avvertendolo che l'intero progetto era stato comunicato prima al gabinetto di Berlino, che aveva preso l'iniziativa del rinnovamento, ma che su questi articoli, i quali riguardavano specialmente Austria-Ungheria, V. E. desiderava avere fin d'ora il di lui giudizio: per ciò io lo pregava di esaminarli con particolare attenzione. Conte Goluchowsky mi ha promesso di ciò fare riservandosi tuttavia di procedere ad uno scambio d'idee con Berlino, ma mi pregò informare V. E. fin d'ora che egli stima importante di nulla innovare al trattato d'alleanza attuale, attesoché è necessario che i tre Gabinetti possano rispondere alle interrogazioni delle altre Potenze e dei parlamenti, assicurando che l'alleanza permane nelle antiche pacifiche condizioni. Egli poi mi ha detto che fino dal 26 febbraio, Wedel ebbe istruzioni informare V. E. che il Governo germanico era contrario ad ogni cambiamento nel testo.

209

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. R. 311. Roma, 4 marzo 1902, ore 14,30.

11.vverto a buon conto V. E. che, dOi)O il colloquio a cui si riferisce il mio telegramma del 21 febbraio (1), da lord Currie più non ebbi comunicazione alcuna circa la dichiarazione per Tripoli.

210

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 248/113. Londra, 4 marzo 1902.

Mi riferisco al telegramma di V. E. del 3 corrente (2) che mi segnalava una notizla nubblicata sullo Standard secondo la quale la quistione «del libero passagglo della flotta russa attraverso i Dardanelli sarebbe di nuovo agitata nei circoli politici di Pietroburgo e la Germania e l'Austria-Ungheria più non farebbero obiezioni».

Tale notizia è passata qui affatto inavvertita e nemmeno fu riprodotta dagli altri giornali. Mi risulta poi certamente che nessuna importanza venne ad essa attribuita al Foreign Office ove si ritiene che le questioni attinenti al Mar Nero sono le ultime che il Governo di Pietroburgo vorrebbe sollevare in questo momento.

Noto del resto che la seconda parte delle notizie dello Standard cui si allude non affermava che <<la Germania e l'Austria Ungheria più non farebbero obiezioni» ma soltanto diceva: «si sostiene che né la Germania né l'Austria Ungheria potrebbero fare alcuna ragionevole obiezione »; frase che dimostra trattarsi di semplici discorsi congetturali ( 3).

RUSSIA AND TRE DARDANELLES

(From our correspondent).

The question of the free passage of the Dardanelles by the Russian Black Sea Fleet is being again agitated in Government circles at St. Petersburg. It is now urged that neither Germany nor Austria-Hungary can bave any reasonable objection to Russia's acquisition of tbis rigbt -the term of « privilege » is avoided -of free egress and ingress througb the Thracian Straits; and tbat it would be absurd, on the part of England, wbo has consolidated ber occupation of Egypt, seriously to appeal to the injunctions of Treaties, whicb are now practically obsolete. As regards Turkey, it is obviously to the Sultan's best interests to mal'e a concession wbicb, more tbant anytbing else, is calculated to assure him of Russia's protection.

(l) -Cfr. n. 164. (2) -Cfr. n. 205. (3) -Annotazione marginale: c non risulta arrivata a Roma, probabilmente è una minuta che non è stata utilizzata».
211

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 360/195. Vienna, 4 marzo 1902.

In occasione del giubileo del Sommo Pontefice questo Nunzio Apostolico, Monsignor Emidio Taliani, ha ieri dato dalle 2 alle 5 pomeridiane un ricevimento ufficiale. Pel servizio d'onore erano stati inviati al Palazzo della Nunziatura dei riparti di fanteria, ussari e guardie di polizia montate, in alta uniforme.

Gli auguri di Sua Maestà I. R. Apostolica furono portati al Nunzio dal Gran Ciambellano della Corte I. e R., Conte Abensperg-Traun.

Si recarono poi al Palazzo della Nunziatura tutti gli Arciduchi e le Arciduchesse presenti in Vienna, nonché i ministri comuni ed austriaci, il Corpo Diplomatico (meno naturalmente la R. Ambasciata) e le principali autorità in uniforme. . ,

Alle 8 pomeridiane ebbe luogo alla Nunziatura un pranzo di gala, al quale presero parte l'I. e R. Ministro della Casa I. e R. e degli Affari Esteri, Conte Goluchowski, gli Ambasciatori di Francia, Russia, Inghilterra e Spagna, vari ministri esteri ed i due primi Capi-sezione del Ministero Austro-Ungarico degli Affari Esteri.

212

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, POLACCO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 162/56. Sofia, 4 marzo 1902.

Le elezioni generali politiche hanno avuto luogo il 2 corrente con piena tranquillità in tutto il paese. Il Governo aveva preso misure eccezionali di precauzione, ordinando per quel giorno la chiusura di tutti gli spacci di bevande alcooliche e dei pubblici ritrovi. Tale provvedimento ha dato buoni frutti, e per la prima volta, forse in Bulgaria, malgrado l'accanimento della lotta le elezioni si sono compiute senza spargimento di sangue.

L'esito definitivo conosciuto soltanto ieri sul tardi è come si prevedeva, favorevole al Governo. I partigiani del Signor Daneff riportarono la vittoria in 97 collegi, gli oppositori in 92; ma queste cifre di 97 e 92 devono essere rispettivamente ridotte in seguito ad elezioni plurime, a 90 ed 88. Gli zancovisti avranno dunque durante la prima sessione della Sobranje una maggioranza di due voti, la quale però, secondo le previsioni universali sarà facilmente accresciuta fin dall'inizio dei lavori parlamentari. Intanto, per ciò che concerne l'importante questione del prestito, di 120 milioni, il cui progetto sarà indubbiamente ripresentato dal Governo, questo può, fin d'ora, contare sul concorso degli sta<nbulovisti in numero di otto e sopra dieci Karavellisti che si sono dichiarati favorevoli a quel progetto. ll Signor Daneff, Presidente del Consiglio fu eletto in due collegi, il Ministro dell'interno in tre, quello della Giustizia m 4, quello del Commercio in 2. Tutti i capipartito furono rieletti ad eccezione del Signor Radoslavoff, e del Generale Petroff; il primo è coinvolto nel processo intentato per corruzione contro l'ex Ministero Ivantchoff di cui faceva parte, ciò che spiega la sua caduta; quanto al Generale Petroff, che fu uno degli avversari più accaniti del prestito, la sua sconfitta desta generale sorpresa, essendo egli uomo politico riputato per l'onestà del carattere e l'energia di cui diede prova quando in momenti difficili il Principe lo chiamò alla Presidenza del Consiglio.

In conclusione il Governo ha ragione di mostrarsi contento: gli zancovisti, di cui è formato, tornano alla Camera in numero che si è più che raddoppiato, alle spese di tutti gli altri partiti specialmente degli Stambulovisti ridotti ad 8, e con eccezione dei socialisti, riusciti in numero di 8 mentre prima erano 3 soltanto.

In causa delle elezioni multiple saranno dichiarati vacanti 11 seggi nel maggior numero dei quali saranno certamente eletti i candidati governativi. Salvo queste elezioni suppletive le elezioni del 2 marzo sono definitive perché in Bulgaria non esistono ballottaggi.

213

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 350/3. Budapest, 5 marzo 1902, ore 9.

Furono accettate dimissioni ministro del commercio Hegedues e nominato per successore deputato Horansky.

214

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 358/12. Londra, 5 marzo 1902, ore 23,06 (per. ore 6,30 del 6).

Marchese Lansdowne mi disse oggi che si disponeva a riprendere in esame affare della nota dichiarazione rimasta in sospeso, riguardo alla nostra crisi ministeriale, e che sperava potere preparare e comunicare, entro pochi giorni, una formola definitiva nel senso delle ultime conversazioni.

215

L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 57. Madrid, 5 marzo 1902.

Ieri S. E. il Ministro di Stato venuto nel discorso delle questioni politiche generali mi disse che si compiaceva dell'accordo intervenuto fra l'Italia e la Francia circa al Mediterraneo che la Spagna considera anche come favorevole ai suoi interessi.

Il Duca di Almodovar accennò vagamente alla voce corsa che all'occasione di quest'accordo si fosse pure trattato del Marocco.

Risposi a S. E. che quanto concerneva le relazioni dell'Italia con la Francia in ordine alle questioni del Mediterraneo era stato chiaramente definito da V. E. nel suo discorso al Parlamento e quanto al Marocco ripetei i concetti espostimi dall'E. V. quando fui a Roma cioè il desiderio e la fiducia dell'Italia di veder mantenuto lo statu qua al Marocco e l'equo apprezzamento per la particolare condizione della Spagna che ha possessi ed interessi in quel paese.

Il Ministro proseguì col dirmi che per la Spagna era di vitale interesse che nessuna Potenza si stabilisse sulla costa di fronte al suo territorio e che non potrebbe consentire di lasciar alterare a suo danno la posizione che già occupa al Marocco. S. E. pur riconoscendo il desiderio generale delle Potenze di mantenere lo statu qua desiderava chiamare particolarmente la mia attenzione sulle gravi conseguenze che avrebbe per la Spagna un mutamento di possesso nella costa occidentale d'Africa di fronte alle Canarie o sullo stretto.

Il suo discorso, soggiunse, toccava eventualità forse remote, ma nondimeno gli interessava di far presente queste contingenze all'Italia, potenza amica e mediterranea, colla quale vi era stata sempre conformità di vedute su questo argomento.

Mi tenni riservato, !imitandomi di rispondere che avrei chiamato l'attenzione di V. E. su quanto mi aveva esposto.

Credo che il discorso del Ministro di Stato sia ispirato dalle notizie dei giornali di Parigi accennanti al disinteresse dell'Italia nel Marocco in compenso dell'accordo pattuito colla Francia per la questione del Mediterraneo.

Riferisco questa conversazione che si tenne sempre sulle generali, ma che

ha una certa importanza pel fatto il Ministro di Stato non mi aveva mai tenuto

parola dell'accordo fra l'Italia e la Francia per le questioni del Mediterraneo.

Prego V. E. di volermi dare una norma per mio contegno su quest'argo

mento.

216

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, POLACCO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 163/67. Sofia, 5 marzo 1902.

Il recente viaggio di S.A.R. il Principe di Montenegro a Pietroburgo e la missione affidata di poi in Serbia al Ministro Montenegrino degli Affari Esteri, hanno svegliato in questi circoli politici viva attenzione e non minore inquietudine. Tra i due fatti si vede la correlazione esistente tra causa ed effetto; ed il riavvicinamento prodottosi o che si crede essersi prodotto fra il Montenegro e la Serbia sotto gli auspici della Russia, è qui ritenuto come dannosissimo per gli interessi politici della Bulgaria.

Questo Governo dice di non possedere precise notizie sulla missione testè compiuta dal Signor Vucovitch a Belgrado. Si trattava forse di concertare una azione comune dei due paesi nei riguardi delle loro rivendicazioni sulla Mace·· donia? Oppure del progetto di un matrimonio del Principe Mirko con la figlia del parente di Re Alessandro, il Colonnello Costantinovitch? Le due ipotesi, raccolte da organi autorevoli della stampa, trovano l'una e l'altra credito a Sofia. Si osserva che esse presumono lo stesso programma, l'intesa politica del Montenegro con la Serbia non potendo che essere consolidata da un matrimonio che unirebbe le dinastie regnanti dei due Paesi. E la questione sempre aperta della successione al trono Serbo, non verrebbe in tal caso risoluta con la designazione del Principe Mirko quale erede di Re Alessandro'!

Una simile eventualità è qui considerata addirittura come disastrosa. L'ex Presidente del Consiglio Signor Karavelow fu udito dire in passato, che alla Bulgaria non potrebbe toccare calamità maggiore ed il Principe Ferdinando è dello stesso avviso. Parlando con me del viaggio del Principe Nicola a Pietroburga, Sua Altezza Reale se ne mostrava preoccupatissimo e mi interrogava in proposito nella evidente supposizione che io dovessi conoscerne lo scopo. La vivace fantasia del Principe è pronta a discernere ovunque delle cospirazioni ai suoi danni; egli sa di non essere mai riuscito, malgrado i suoi sforzi, a cancellare completamente a Pietroburgo il ricordo della politica da lui seguita nei primi anni del suo principato, e ciò lo mette in continua apprensione.

Intanto si annunzia ora che il viaggio ch'egli doveva fare in quest'epoca a Pietroburgo, è -stato ritardato, alcuni dicono rinviato sine die e possiamo star certi che ciò non fu per volontà di Sua Altezza Reale.

La verità è che Bulgaria e Serbia sono profondamente divise dalla questione Macedone e che il riavvicinamento fra questi due paesi, di cui si è parlato or non è molto, non appare possibile. La Bulgaria si ritiene più forte della

14 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

Serbia e crede di poterla sopraffare sen:3::t troppa difficoltà, alla quale idea contribuiscono la memoria delle passate vittorie e l'audacia senza scrupoli dei comitati macedoni, per non parlare delle attuali condizioni della monarchia Serba. Ma la condizione delle cose sarebbe totalmente mutata se la Serbia avesse a lato il Montenegro di cui si teme per le sue alte aderenze, la sua virtù guerriera e l'ardimento accoppiato colla saggezza politica.

217

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE AL CAIRO, MANZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 362/1. Cairo, 6 marzo 1902, ore 12.

Nomina marchese Salvago già partecipata questo Governo con nota trasmessa in copia codesto ministero con rapporto n. 28 (l). Sublime Porta ha domandato in questi giorni gradimento S. A. il Kedive per rilascio relativo berat. Gradimento sarà inviato al più presto possibile.

218

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 368/14. Washington, 7 marzo 1902 (2).

Mi riferisco dispaccio V. E. ufficio diplomatico 7 febbraio n. speciale 53, concernente reclamo italiani contro Venezuela (1).

Segretario di stato mi ha risposto, come già all'ambasciatore di Germania, apprezzare nostri riguardi, poter noi far valere nostri diritti quando e in quel modo che vogliamo, purché escluse prese di possesso territoriale od occupazioni permanenti. Ha espresso augurio che Italia, Germania non agiscano collettivamente né simultaneamente, il che commuoverebbe opinione pubblica.

219

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES

T. 330. Roma, 7 marzo 1902, ore 19,30.

V. E. può assicurare codesto segretario di stato che prese di possesso territoriali od occupazioni permanenti sono affatto estranee inten11ioni del R. Governo. Secondo suo desiderio eviteremo anche agire collettivamente colla Ger

mania, ma sarà difficile evitare simultaneità nostra azione provenendo da controversie di eguale natura di quelle della Germania e che trovansi approssimativamente allo stesso stadio di svolgimento.

(l) -Non pubblicato. (2) -Benché privo di ora di arrivo il telegramma si unisce qui perché pervenuto certamente prima della partenza di quello pubblicato al n. 219 che ad esso risponde.
220

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE A SCUTARI, LEONI

D. R. 10164/34. Roma, 7 marzo 1902.

Segno ricevuta alla S. V. e La ringrazio del Suo rapporto n. 37 in data del 26 febbraio scorso {l) relativo alla propaganda austriaca in codesta regione.

Lo svolgersi della influenza austriaca costà viene da noi attentamente seguito. Ci riusciranno quindi gradite tutte quelle notizie che Ella potrà fornire e che varranno a darci una nozione esatta e fedele dell'attività Austriaca. È certo, per quanto ci riguarda, nostra intenzione di far corrispondere a quella attività una azione adeguata da parte nostra: e questo noi faremo, senza nasconderei però che la ristrettezza dei mezzi di cui disponiamo ci consente di muoverei soltanto entro certi limiti. Ciò in linea generale: per quanto concerne poi i particolari della nostra azione, posso dirle ora, in presenza delle considerazioni da Lei svolte nel rapporto al quale rispondo, che circa una conveniente revisione dei RR. Consolati nell'Impero Ottomano attendiamo le proposte della R. Ambasciata in Costantinopoli. Nello studio che ne faremo non sarà dimenticato quanto Ella mi ha fatto rilevare intorno alla opportunità di comprendere Elbassan nella giurisdizione dell'Ufficio Consolare residente a Durazzo.

Quanto a doni da fare a persone influenti in Albania, i mezzi troppo limitati di cui dispone il Ministero degli Esteri non mi consentono di seguire l'esempio Austriaco, del quale Ella mi fa la descrizione. Forse potrei pregare il mio Collega della Guerra di mettere a mia disposizione dei bei fucili Vetterli, da regalare a qualche Notabile Albanese come l'Austria donò ad essi i fucili Mauser. Ma prima di fare questa domanda al mio Collega, gradirei sapere da Lei se simili doni otterrebbero lo scopo voluto e se l'introduzione di essi darebbe luogo a prevedibili difficoltà.

Ella mi farà cosa grata fornendomi queste notizie.

221

IL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, FRIOZZI DI CARIATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 285/77. Rio de Janeiro, 7 marzo 1902.

Sabato scorso, l • marzo, conformemente all'articolo 47 della costituzione, hanno avuto luogo in tutto il Brasile le elezioni del presidente e del vice

presidente della repubblica per il quadriennio che incomincerà dal 15 novembre dell'anno in corso.

Erano tre i candidati alla magistratura suprema: i signori Rodriguez Alves, attuale presidente dello Stato di San Paolo, Quintino Bocayuva, presidente dello Stato di Rio de Janeiro ed Ubaldino do Amarol, ex senatore e consigliere del Supremo Tribunale federale. Il Signor do Amaral era il candidato, improvvisato all'ultima ora dal partito repubblicano dissidente di San Paolo, che riconosce, a suo capo, il predecessore del Signor Campos Salles nella presidenza della repubblica, Prudente de Moraes. Egli si presentava con un programma i cui punti essenziali erano la revisione costituzionale, la soppressione dell'autonomia municipale, la limitazione dei poteri dei singoli Stati, la diminuzione delle imposte, l'elezione del presidente della repubblica per il Congresso e non più per i suffragi di tutto il corpo elettorale, l'abolizione della carica di vicepresidente della Repubblica ecc.

In quanto al Bocayuva, considerato, ed a ragione, come il principale autore della rivoluzione del 15 novembre 1889, egli rappresentava le aspirazioni del vecchio partito repubblicano, distinto dagli adesionisti ed avverso alla oligarchia paolista personificata dal Campos Salles e dal Rodriguez Alves, candidato ufficiale designato dall'attuale Governo la cui elezione era anticipatamente assicurata dalla cooperazione di tutte le influenze, di tutte le pressioni governative. Il Bocayuva, convinto sin dal principio dell'inevitabile insuccesso della sua candidatura, combattuta dal Governo attuale ed invisa a tutto il partito conservatore, aveva dichiarato ritirarsi dalla lotta: ma i suoi aderenti persistettero a mantenere la sua candidatura.

I risultati dell'elezione hanno pienamente confermato le previsioni generali. La candidatura del Rodriguez Alves ha riunito circa 260 mila voti, quella del Bocayuva appena 36 mila, mentre l'Amaral ha avuto meno di 5000 voti a suo favore.

Il primo compito del congresso federale nella prossima sua sessione ordinaria, dovrà essere la verifica (apuraçao) dell'elezione presidenziale e la proclamazione del presidente eletto, il quale entrerà in carica il 15 novembre di quest'anno, giorno in cui spirerà il mandato dell'attuale presidente.

Volendo riferire le impressioni che ho risentite, assistendo per la prima volta ad un fatto così importante nella vita politica del Brasile, quale è l'elezione del futuro capo dello Stato, direi che ciò che maggiormente mi ha colpito, è la completa indifferenza del paese, all'atto solenne, cui era chiamato a prender parte. Né prima, né durante l'elezione, mi fu possibile scorgere alcun segno visibile di interesse nella sua preparazione, o nel suo eventuale risultato. La astensione è stata enorme, se è vero quanto mi si aft'erma da buona fonte, che dei sessantamila elettori inscritti nelle liste della sola capitale federale, un migliaio appena si presentò a votare. È vero però che, secondo i dati ufficiali, quattordicimila elettori avrebbero deposto nelle urne i loro bollettini; ma tutti sanno il valore che bisogna dar a simili dati in un paese nel quale è uso costante di far figurare nei processi verbali delle diverse sezioni non solo gli assensi, ma anche i defunti. Per dare una idea del modo, con cui si conducono al Brasile le elezioni, mi basti dire che il presidente di una delle sezioni di Petropolis, nella quale sono inscritti 167 elettori, disse ad una persona di mia conoscenza che solo 32 degli inscritti si erano presentati a votare: ma che, per ordine del presidente della camera municipale (sindaco) egli aveva fatto figurare tutti i 167 elettori nello spoglio dei voti. Ed è così -e forse in proporzioni anche maggiori -in tutta l'estensione della repubblica, dallo Stato di Amazonas a quello di Rio Grande do Sul.

Fra l~ varie cause di una così deplorevole apatia, una delle più serie è incontestabilmente la persuasione universale che, qualunque sia il numero effettivo dei votanti, e qualunque la preponderanza dei voti per l'una o per l'altra candidatura, sarà sempre il candidato del Governo che figurerà eletto ad enorme maggioranza. Le cose sono così, tutti lo sanno: pochissimi protestano: nessuno muove un dito per mutarle.

Non aggiungerò nulla a quanto ho già detto nel rapporto n. 2522/366 del 23 novembre dello scorso anno (l) sulla personalità del futuro presidente. Debbo però constatare un primo risultato della elezione presidenziale che ha per noi non solo la sua importanza, ma anche fino a un certo punto la sua gravità. Da questo momento sino al termine dell'attuale amministrazione, l'autorità del Governo in carica non farà che diminuire di giorno in giorno, mancandogli oramai il mezzo più efficace d'influire sugli uomini politici dei diversi partiti. Questi non avendo più nulla da chiedere, né da sperare da un Governo che sta per cedere il posto ad altri, riprendono la loro completa libertà d'azione nel congresso federale, e non pensano più che al miglior mezzo di entrare nelle buone grazie della futura presidenza.

In questa condizione di cose, vi è quindi molto da temere che, anche ammettendo la sincerità delle promesse fatteci dagli attuali governanti, in vista di un miglioramento della legislazione sul lavoro, che assicurasse ai nostri emigranti le garanzie, di cui ora difettano, quelle promesse rimangano in sospeso fino alla entrata in funzione del nuovo presidente. Mi conforta intanto il pensiero che, essendo buonissime le mie personali relazioni col Signor Rodriguez Alves, potrò valermene per ottenere il suo attivo appoggio al progetto di legge, che il Ministro delle Relazioni Esteriori mi ha promesso di far presentare al congresso nel prossimo venturo maggio. Sarebbe anzi mia intenzione di recarmi per qualche giorno a San Paolo nel corso del mese entrante, per intendermi a tale riguardo col futuro presidente della repubblica.

Nell'aggiungere alle precedenti informazioni, che per la carica di vicepresidente è stato eletto con circa 262 mila voti il Signor Silviano Brandao, attuale presidente dello Stato di Minas Geraes, ...

(l) Cfr. n. 184.

222

IL CONSOLE A MONASTIR, GAETANI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

R. R. 33/9. Monastir, 7 marzo 1902.

Ho avuto occasione di conoscere due bey albanesi Femi bey e Meti bey entrambi di Zavaglian presso Coritza, che risiedono da qualche tempo a Monastir

e che avevano espresso il desiderio di vedermi per parlarmi. Fu combinato l'abboccamento per ieri con la solita segretezza, perché costoro hanno sempre paura di essere spiati dalla polizia turca e p~rché i Consoli d'Italia e di Austria sono sospetti nei loro rapporti con gli albanesi. Questi bey cominciarono col dirmi che gli albanesi sono stanchi del dominio turco e che lavorano per la loro indipendenza, che l'Austria cerca di attrarli con tutti i modi, ma che le loro simpatie sono verso l'Italia ove stanno i loro fratelli ed ove vi sono sempre rifugiati gli albanesi fin dai primi tempi di persecuzioni. Mi hanno assicurato che l'Austria lavora attivamente: che tre anni or sono essi andarono da questo Console Austriaco il quale scrisse a Vienna e poi mostrò loro un dispaccio cifrato con cui il Gabinetto Imperiale prometteva aiuto di danari, fucili e cannoni se gli albanesi insorgevano: che simile offerta è stata ripetuta in questi mesi: che il Console Austriaco di Monastir è stato tempo fa a Coritza e ha dato una somma per sussidio alla scuola albanese. Avendo io domandato come facevano essi a trattare col console Austriaco senza aver paura di esser sorvegliati, mi hanno risposto che costui va da loro di notte e col fez in testa per non esser riconosciuto. Essi mi hanno dichiarato che convengono che l'Austria li attrae per preparare l'occupazione dell'Albania, ma che essi per liberarsi della Turchia ne profittano, non vedendo altro appoggio. Per questo appunto volevano parlarmi per sapere se potevano contare sull'aiuto dell'Italia, e per pregarmi di scrivere al R. Governo in favore della causa albanese. Ho loro risposto che non avrei mancato di riferire tutto ciò ai miei Capi, ma che sapevano benissimo come l'Italia s'interessi allo sviluppo della nazionalità albanese, creando Consolati, scuole e Agenzie Commerciali nei luoghi più importanti e dimostrando la sua simpatia in tutti i modi, compatibili coi buoni rapporti da osservare verso il Governo. Essi hanno riconosciuto che non è certamente il momento opportuno per l'insurrezione, ma che se tutti si agitano essi non possono restare tranquilli, che gli albanesi devono preparare la loro emancipazione con la coltura e che appunto hanno bisogno di appoggio per fondare scuole. A questo proposito mi hanno riferito che Salih bey della Malissia, uno dei più influenti capi albanesi di Dibra è qui venuto per incarico dei Dibrioti a dichiarare al Vali che è inutile cambiare Mutessarif e che alcuno non sarà più ricevuto se il Sultano non accorda quel che domandano i dibrioti, cioè l'apertura di scuole albanesi e l'esenzione delle imposte. Il Vali avrebbe scritto

o telegrafato a Costantinopoli consigliando di cedere, essendo questo l'unico mezzo per tranquillizzare i Dibrioti. Avendo io accennato all'utilità di diffondere la lingua italiana in Albania, anche come condizione per un aiuto pecuniario da parte del nostro Governo, mi hanno risposto che gli albanesi considerano la lingua italiana come la prima lingua per loro e che se potessero aprire scuole albanesi insegnerebbero dappertutto l'italiano, ma che per far ciò ci vogliono danari che essi non hanno e che dovrebbe fornire l'Italia, come han cercato di farmi comprendere, aggiungendo che a Dibra gli albanesi finiranno per creare scuole nazionali anche contro la volontà del Sultano, appena ne avranno i mezzi. Mi hanno detto che l'Austria ha ottenuto il permesso di aprire scuole albanesi a Scutari e ad Uskub e che l'Italia dovrebbe far lo stesso in tutta l'Albania. Ho loro consegnato alcune copie di quelle pubblicazioni albanesi che la Dante Alighieri mi ha rimesso per mezzo del R. Ministero degli affari esteri e sono stato richiesto di altri esemplari che darò loro subito, con le debite cautele.

Nell'informare di tutto ciò V. E. per sua norma, aggiungo che trasmetto copia del presente rapporto a S. E. il Ministro degli affari esteri, richiamando su di esso la speciale sua attenzione.

(l) Cfr. Serle III, vol. V, n. 1032.

223

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RR. S.N. Berlino, 8 marzo 1902, ore 12,40 (per. ore 14,25).

Ieri sera ebbi lunga conversazione con Blilow, nella quale egli mi espose francamente il suo modo di vedere sulle modificazioni al trattato di alleanza proposte da V. E. Feci, naturalmente, valere tutte le ragioni che militavano in favore di quelle modificazioni, ma non riuscii a rimuovere Btilow dal suo convincimento che, se non voglionsi creare nuove inquietudini in Europa che tanto anela a quiete e pace, sia necessario poter, all'occorrenza, assicurare che alla Triplice Alleanza, che a quella pace fino ad ora ha contribuito in modo così efficace, nulla fu mutato. Il solo dubbio che il trattato abbia subito modificazioni, siano pur di poco rilievo, può suscitare sospetti e dubbi che occorre assolutamente evitare. Ciò premesso, con preghiera caldamente appoggiare presso V. E. questo suo modo di vedere, facendo appello all'alto senno dell'E. V., Btilow passò esaminare, una ad una, con molta benevolenza, le proposte dell'E. V. Circa Balcani, come era da prevedere, Blilow osserva che la proposta di V. E. non solo allargherebbe territorialmente gli oneri assunti dalla Germania col trattato attuale, ma trasformerebbe eventualmente questi obblighi in una vera azione diretta a «opporsi » ad ogni modificazione territoriale da parte di una terza potenza, azione che va al di là dei principi fondamentali della politica tedesca nei Balcani. Che se, osservava eziando Blilow, con quella proposta si mira a evitare pericolo di una estensione della dominazione austriaca in quelle regioni quel pericolo è assolutamente escluso, giacché quell'estensione di dominazione, per ora e per molti anni avvenire, non può entrare nelle aspirazioni pratiche del governo austro-ungarico. Circa Tripoli Btilow mi confermò che nel pensiero del Governo imperiale, l'impegno formalmente assunto dall'art. IX del trattato attuale implicò la constatazione del disinteressamento assoluto della Germania riguardo a qualunque azione che le circostanze portassero l'Italia a intraprendere a suo rischio e pericolo in quella contrada. Perciò egli non saprebbe vedere necesità dell'aggiunta dichiarazione dall'E. V. invocata che non darebbe all'Italia alcun diritto maggiore, ma potrebbe provocare falsa interpretazione sugli scopi cui mira la Triplice Alleanza. Passando pocia alle modificazioni che V. E. propone al protocollo attuale, relativamente alle reciproche relazioni economiche delle tre parti contraenti, Btilow osservò che le questioni della Triplice e quelle dei trattati di commercio sono troppo etero

gene perché possano venire combinate nel modo proposto da V. E.; che, d'altra parte, per le difficoltà che gli sorgerebbero all'interno, egli non può, per quanto lo desideri, iniziare, fin d'ora, negoziati per i nuovi trattati di commercio, né prendere un impegno formale di non denunziare il trattato attuale, impegno che, conosciuto, renderebbe sua posizione impossibile dinanzi Parlamento. Ma, pur facendo tali dichiarazioni, Btilow mi ha dato le più ampie assicurazioni che, per parte della Germania, non saremo mai esposti al pericolo di una guerra di tariffe e che il negoziato per rinnovamento del trattato di commercio, sulla base del trattato esistente, sarà iniziato al più presto possibile, appena, cioè, lo consenta la discussione del nuovo progetto di tariffa che sta dinanzi al Reichstag. Ho pregato Btilow di far mettere per iscritto le dichiarazioni fattemi e ne invio il testo per corriere a V. E. In esso, in sostanza, vengono, cosa prevedibile, respinte le proposte relative ai Balcani, s'interpreta l'art. IX nel senso, da noi desiderato, di piena libertà d'azione a Tripoli, si declina, per semplice formalità costituzionale, ogni impegno relativo ai trattati di commercio, ma si lascia intendere ciò che, più diffusamente e più apertamente, fu verbalmente esposto a me, che nulla sarà tralasciato da parte del Governo imperiale, perché si addivenga e presto a conclusione di un nuovo trattato di commercio. Btilow mi ha assicurato, in fine della conferenza, che anche a Vienna si desidera sollecita rinnovazione del trattato di alleanza senza modificazione.

224

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 335. Roma, 8 marzo 1902, ore 14,45.

Millelire telegrafò anche a V. E. che Valì di Janina offrì sue dimissioni. Raccomando adoperarsi, se possibile, vengano accettate nell'interesse dell'ordine pubblico di quel Vilayet.

225

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 737/327. Parigi, 8 marzo 1902 (per. il 12).

L'onorevole Denis Guibert, scrittore di questioni internazionali in giornali che sembravano ricevere inspirazione ministeriale quando era al Governo il Gabinetto Méline-Hanotaux, ha presentato, nella tornata d'ieri, una interpellanza alla Camera sovra il trattato anglo-giapponese conchiuso e divulgato recentemente.

La discussione che già ne fu fatta nel parlamento britannico e nel tedesco, i discorsi dei Ministri inglesi motivarono tale domanda sembrando all'interpellante che il desiderio del Ministro francese degli affari esteri di evitare in questo momento una discussione parlamentare in proposito, non sia giustificato. Il Signor Delcassé avea infatti prevenuta un analoga domanda d'interrogazione che l'onorevole Chastenet gli avea voluto rivolgere. Questi si era arreso alle osservazioni del Ministro ed avea rinunziato a dare seguito al suo proposito. La nuova domanda del Signor Denis Guibert provocò ieri una dichiarazione pubblica del Signor Delcassé intesa ad escludere la opportunità di una discussione sovra l'atto internazionale conchiuso fra l'Inghilterra ed il Giappone.

Il Signor Ministro degli affari esteri non avrebbe potuto disconoscere il diritto dell'interpellante; ma ha stimato di dovere fornire alla Camera, che stava per deliberare sovra la data dello svolgimento della interpellanza, una indicazione che bastasse per giustificare l'aggiornamento. Egli disse: «Quando avrò fatto rimarcare che il trattato anglo-giapponese, che ci fu comunicato prima della sua pubblicazione, non potrebbe modificare in alcuna guisa la politica francese in Estremo Oriente la quale resta oggi ciò che era jeri, cioè sinceramente pacifica ed amichevole verso la Cina di cui l'integrità e l'indipendenza, -oggetto dichiarato del trattato anglo-giapponese -, furono da assai tempo proposte da noi in principio come particolarmente favorevoli allo sviluppo degli interessi d'ogni ordine che vi possediamo; e quando avrò aggiunto che abbiamo i mezzi ed avremmo la volontà, col vostro consenso, di preservare questi interessi il giorno in cui, per impossibile, essi fossero disconosciuti, avrò detto tutto ciò che posso dire sovra questo soggetto alla Camera con utilità e senza inconvenienti».

La Camera fu del parere del Ministro poiché deliberò, con 149 voti di maggioranza, l'inscrizione della interpellanza all'ordine del giorno in seguito alle molte altre già inscrittevi, ciò che equivale, nelle presenti condizioni della sessione, ad un aggiornamento indefinito.

Nella dichiarazione del Signor Delcassé fu enunciata una circostanza nuova che cioè, quando il trattato fu divulgato dalla stampa, il Governo francese ne avea avuto comunicazione. Una interruzione del Signor Denis Guibert costrinse il Ministro a precisare. La comunicazione gli sarebbe stata data, non prima della firma, ma prima della divulgazione. La cosa non ha per sé altra importanza che quella di cancellare almeno parzialmente l'impressione disaggradevole qui avuta dalla sorpresa cagionata dalla pubblicazione nelle gazzette di un atto di tanta importanza del quale si era ignorata l'esistenza. Ma che di esso si sia avuto notizia a Parigi ventiquattro ore prima o dopo, non è tale circostanza da influire sovra il carattere ed il valore intrinseco dell'atto internazionale di cui la discussione nella Camera francese avrebbe potuto avere, per i rapporti di questo paese con l'Inghilterra, qualche conseguenza disturbosa mentre nulla ne sarebbe risultato di particolarmente vantaggioso per la politica generale della Francia.

L'atteggiamento del Signor Delcassé in questa occasione costituisce una prova dippiù del costante suo proposito di evitare tutto ciò che può, anche in piccola misura, alimentare i dissidi fra il suo paese e l'Inghilterra ed inasprirne le relazioni.

226

IL CONSOLE GENERALE A SCUTARI, LEONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 97/51. Scutari, 8 marzo 1902 (per. il 13).

Trasmetto copia di un rapporto ricevuto dal R. vice console di Durazzo.

Sulla proposta fatta non posso emettere giudizio alcuno, ma la serietà di proposte di cui mi ha sempre dato prova il signor Macchioro m'induce a ritenere che egli non avrebbe fatto la proposta se questa non fosse per riuscire utile ai nostri interesi, ed è perciò che la raccomando all'E. V. per una favorevole accoglienza.

ALLEGATO.

MACCHIORO A LEONI

R. s. N. Durazzo, 28 febbraio 1902.

Più volte nei miei rapporti ho avuto occasione d'intrattenere la S.V. Illustrissima circa la Comunità ortodossa di Durazzo, né certo poteva avvenire altrimenti, data l'importanza che l'elemento ortodosso ha in questo distretto non solo per il suo numero, ma anche per la sua posizione sociale e soprattutto per la sua grande coesione.

A Durazzo, Ella lo sa certamente, su 100 cattolici appena, si contano ben 1500 ortodossi ed ugualmente numerose sono le comunità ortodosse di tutte le altre più importanti località del distretto. Quasi tutto il commercio è raccolto nelle mani degli ortodossi ed essi sono per giunta così uniti colle leggi della loro comunità che il loro numero ne viene ad essere decuplato e che essi appariscono in tutte le manifestazioni della vita sociale come l'elemento determinante la pubblica opinione.

È dunque del più alto interesse il conoscere quali siano le aspirazioni politiche di questo elemento.

Per gli ortodossi come pure per tutti gli altri Cristiani lo statu quo è la brutta realtà a cui nessuno vuoi rinunziare d'opporre, almeno nella immaginazione, la parvenza d'uno stato di cose migliore e la speranza d'un miglior assetto del paese.

Certo queste loro aspirazioni non rivestono mai il carattere d'indipendente fierezza che si trova facilmente tra i cattolici delle montagne e segnatamente tra i Mirditi; ma se gli ortodossi hanno potuto qualche volta essere tacciati di timidi e di rassegnati, di sfiduciati od incerti, sudditi fedeli essi non sono mai, e sarebbe errore per parte nostra il ricantar loro troppo spesso il ritornello dell'integrità e dello statu quo.

Che cosa vogliono dunque? Questo è il punto essenziale.

In Italia s'è parlato tanto d'indipendenza e d'autonomia albanese, che molti si figurano questo popolo tutto unito in una comune aspirazione e quasi ritengono calunnioso l'asserire il contrario. Eppure nulla di più vero e di più doloroso insieme della grande diversità di propositi che separa gli albanesi. Ma si rifletta un po' -potrebbe essere altrimenti quando si tratta d'un popolo che è diviso in tre religioni diverse e che si trova ancora in quello stadio di civiltà nella quale la religione determina tutte le manifestazioni della vita civile, anche le più remote dal culto?

Dovrebbe essere altrimenti se due politiche urgenti ed imperiose, quella ottomana e quella austriaca, gareggiano nel moltiplicare le scissioni, servendosi a questo intento, io non dirò della religione, ma d'un clero politicante, che della religione si serve a scopo di propaganda e della propaganda a scopo di lucro?

Or dunque (parrà strano a taluno, ma è così) io non mi sono mai intrattenuto con un ortodosso del mio distretto, senza sentirmi dire che l'autonomia e peggio, l'indipendenza, sarebbero rovinose per l'Albania e ad ogni modo che esse sono idee male accette alla totalità degli ortodossi. Né di questo a dir vero, io mi sono stupito, né può stupirsi chi per poco conosca l'Albania.

In questo paese, è cosa nota, i mussulmani sono più numerosi e soprattutto più fieri e più prepotenti, perché a torto od a ragione, si considerano i padroni di casa e si sanno spalleggiati dai loro bey, per i quali veramente tutto ciò che libito, suol divenire lecito. Però, bene o male, a questi mussulmani ed anche, in certi limiti modesti, ai loro nobili, il Governo Ottomano, che è pur sempre un Governo, un qualche freno sa imporre. Date, mi dicono continuamente gli ortodossi, l'indipendenza ed anche solo l'autonomia a questo paese, e noi diverremo gli schiavi dei mussulmani e la nostra situazione sarà cento

volte peggiore dell'attuale.

Se dunque questi ortodossi non vogliono saperne né del Governo Ottomano né né dell'autonomia e dell'indipendenza, sono essi forse proclivi ad accogliere le lusinghe dell'Austria?

È bene dirlo subito: l'Austria non ha trovato fin'ora in Albania alcuna più aperta resistenza di questa mossale dalle comunità ortodosse. E se questo può non avere importanza altrove, dove gli ortodossi sono poco numerosi ha invece un'importanza grandissima nel distretto di Durazzo.

Gli ortodossi, l'ho già detto, sono come tutti gli albanesi, religiosi fino allo scrupolo ed attaccati alla loro chiesa con affetto figliale. Essi non possono dunque desiderare l'avvento dell'Austria, che darebbe ogni preferenza alla religione cattolica e tenderebbe a deprimere l'ortodossa. E poiché questa politica d'intolleranza religiosa, l'Austria l'ha già iniziata colle sue conversioni al cattolicismo, l'animosità degli ortodossi è arrivata sino a provocare degli incidenti clamorosi (come quello svoltosi durante gli esami alle scuole di Durazzo e l'altro avvenuto in occasione d'un ricevimento cui era stato invitato Papa Ghermanos) ed in seguito fino alla rottura completa d'ogni rapporto diplomatico fra i rappresentanti consolari Austriaci ed il Metropolita Greco.

Ancora una volta: che cosa vuole dunque l'elemento ortodosso? Non è meraviglia se tutte le opinioni politiche essendo determinate in Albania dal punto di vista religioso, alla fantasia di qualche ortodosso sorrida l'idea dell'annessione alla Grecia. Ma ho detto deliberatamente alla fantasia, perché non ho trovato ancora una persona sola che creda seriamente alla possibile realizzazione d'un simile progetto. L' Ethnikù Eteria stesso ha ristretto la sua propaganda alla Bassa Albania non più al di sù della Voiussa o tutt'al più del Devol, e se Consolati Ellenici esistono a Scutari ed a Durazzo, essi sono piuttosto dei posti d'osservazione che dei posti di combattimento.

Il che spiega perché tutti questi ortodossi, e questo è il punto che a noi deve interessare, si sieno raccolti con tanto slancio intorno al Vice Consolato italiano di Durazzo. È il loro capo stesso, il Metropolita che s'è incaricato di spiegarmene i motivi e la S. V. non potrà mettersi meglio a corrente della situazione che ascoltandone le franche parole. «Noi siamo fedeli ortodossi, mi disse il Metropolita in una visita solenne che egli mi fece accompagnato da tutti i notabili della comunità, e dobbiamo sopratutto preoccuparci dell'avvenire che sarà fatto alla nostra religione, qualora, come speriamo, si dovesse far luogo un giorno ad un novello assetto del nostro paese. Delle varie ipotesi che ci sono offerte, respingiamo apertamente quella dell'indipendenza del paese od anche solo della sua autonomia perché cadremmo in balia dei mussulmani e respingiamo pure tutte le proposte dell'Austria, perché se anche in proporzioni minori, la nostra religione sarebbe ugualmente proposta ed anzi minacciata dalla politica delle conversioni, che l'Austria ha già iniziata. Lasciando da parte le velleità del Montenegro, con cui non possiamo intenderei a causa degli odi secolari che esistono fra le due razze, e non illudendoci ormai più sulla possibilità di vedere la Grecia installarsi sull'Alta Albania, noi abbiamo raccolto tutto il nostro affetto ed abbiamo riposto tutte le nostre speranze sull'Italia che degli interessi Ellenici s'è fatta più d'una volta patronatrice, a cui ci avvincono stretti legami di razza, e la cui tolleranza religiosa ci dà il più largo affidamento che la nostra fede non avrà a subire danno di sorta».

Ed a questo programma debbo dire che non solo i notabili, ma tutti indistintamente gli ortodossi del distretto di Durazzo si sono tenuti costantemente fedeli, creando a dir così, le occasioni per poter manifestare il loro attaccamento all'Italia.

Ora quando si consideri che i cattolici del distretto (pochi fortunatamente) sono tutti fino all'ultimo, legati all'Austria e che con l'Austria non ci è possibile di gareggiare nella propaganda presso i bey mussulmani (perché qui si tratta di spendere somme ingenti di denaro e ad ogni altro argomento meno sonante i bey sono sordi e ciechi) si comprenderà facilmente quale importanza abbia per noi la simpatia degli ortodossi e quanto rilevi ch'essa non vada perduta.

Io riterrei dunque sommamente desiderabile che agli ortodossi almeno il R. Governo desse una prova del suo interessamento ed un pegno sia pure piccolo, della sua benevolenza, non foss'altro per dimostrare loro che le prove di attaccamento datemi dalla Comunità ortodossa non gli sono sfuggite.

E poiché s'avvicinano le feste di Pasqua e poiché alla loro Chiesa gli ortodossi sono oltre ogni dire attaccati, io sarei d'avviso che neanche con pochissima spesa si potrebbe ottenere un grande risultato, qualora un atto di liberalità del R. Governo prendesse le forme appunto di qualche donativo alla Chiesa ortodossa; esempio questo non nuovo anche per parte del Governo d'un paese cattolico, poiché l'Austria stessa ha regalato, dieci anni fa, alla Chiesa ortodossa di Durazzo la sua attuale campana. Ma allora i Consoli Austriaci e gli ortodossi erano in termini abbastanza buoni; ora non più, e sarebbe un errore per parte nostra il non tentar di prendere almeno questa successione dell'Austria.

Venendo dunque ad una conclusione pratica, io sarei a pregare il R. Governo di volermi accreditare d'una somma dalle 400 alle 500 lire oro, non però meno di 400, con le quali provvederei ad acquistare a Corfù degli arredi sacri che regalerei, a nome del Governo di Sua Maestà alla Chiesa ortodossa di Durazzo, in occasione delle Feste di Pasqua.

Mi rendo mallevadore che i buoni risultati di questa liberalità non tarderanno a farsi sentire che primo fra tutti sarà quello d'invogliare sempre più il ceto commerciale di Durazzo a cercar d'entrare in rapporti d'affari piuttosto con Venezia che con Trieste, tanto lo spirito religioso informa in questo paese tutti gli atti privati e pubblici della popolazione.

Mi permetto solo di richiamare l'attenzione della S. V. Illustrissima sulla grande opportunità che l'autorizzazione a far questa spesa mi venga con qualche sollecitudine, non più tardi possibilmente della fine di questo mese, poiché la Pasqua ortodossa cade verso la fine d'Aprile e mi converrà bene aver un mese almeno di tempo per far le ordinazioni necessarie a Corfù e perché la spedizione degli oggetti comandati mi sia fatta. Io metterei poi a suo tempo la spesa incorsa nella Contabilità dell'Ufficio, ma sarebbe bene che intanto, appena preso un provvedimento in proposito, il R. Governo me lo facesse conoscere, se ciò è possibile, direttamente ed eventualmente anche per telegrafo.

227

IL MINISTRO DESTINATO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI (l)

T. 611. Gibuti, 9 marzo 1902.

Arrivato, formo carovana per ripartire via Harrar. Qui continua traffico armi con qualche speciale invio costa migiurtina. Governatore Gibuti mi ha detto Sultano Raheita minaccia in questi giorni razzia su nostro territorio. Dietro mia preghiera e consiglio, cercherà catturarlo per clar termine continui intrighi di ribelle. Abuna Mathios, che recasi Gerusalemme, ebbe festose cortesissime accoglienze in Egitto da Wingate. È indiscutibile che Governo inglese cerca cattivarselo con promesse doni ed onori. A noi è indispensabile non alienarcelo perché non intrighi a Gerusalemme. Mi parrebbe consigliabile ac

coglierlo colà con cortesia ed essergli nei giusti limiti larghi di agevolezza. Il nostro console potrebbe, se lo crede e sempre con estrema accortezza e cautela, fare conoscere all'Abuna che sono dolente non poterlo trovare Addis Abeba per consegnargli oggetti per la sua Chiesa, secondo i suoi desiderii. Tali oggetti, che il Governo gli inviava in dono, gli saranno da me rimessi al suo ritorno in Etiopia, e se non ritorna presto, potrebbe farmi conoscere come e dove potrò farglieli avere (ciò forse ci permetterà avere qualche indizio sullo scopo e durata sua missione).

(1) Ritrasmesso da Asmara il 7 aprile.

228

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S. N. Berlino, 10 marzo 1902, ore 13,42 (per. ore 15,20).

Riservatissimo per lei solo.

Nel corso della giornata di jeri, mi è riuscito di far modificare parte del testo scritto delle dichiarazioni fattemi da Btilow circa i trattati di commercio e riassunte nel mio telegramma dell'8 (l) e che già mi erano state consegnate in modo da renderle più esplicite e redatte in termini che, se non costituiscono promessa formale, che Btilow realmente non può dare, vi rassomigliano: però molto possono esercitare anche influenza a Vienna (2).

Credo opportuno dare qui appresso traduzione del passo più importante: «Quanto alla Germania, Governo Imperiale lamenta di non essere in grado di iniziare fino da ora discussione dei nuovi trattati di commercio in causa serie difficoltà che sorgerebbero all'interno se noi volessimo pregiudicare in tal modo nostro progetto di nuove tariffe doganali. Le stesse difficoltà si oppongono da parte nostra ad un impegno formale di non denunciare i trattati attuali prima di conclusione nuovo trattato; nondimeno noi dividiamo interamente avviso del R. Governo che un intervallo fra lo scadere dei trattati attuali e entrata in vigore dei trattati futuri pregiudicherebbe relazioni commerciali che poterono si felicemente svilupparsi «fra i tre paesi » noi siamo quindi pronti a iniziare discussione dei nuovi trattati tostoché nostro progetto di tariffa doganale sarà passato dinanzi ai corpi legislativi e a mantenere, in quanto ciò sia possibile, i trattati attuali fino a entrata in vigore dei nuovi trattati. Noi siamo convinti che nostro progetto di tariffa generale non farà in alcun modo ostacolo a conclusione di un nuovo trattato di commercio fra la Germania e l'Italia, e che non sarà difficile giungere ad accordo sulla base indicata dal Governo italiano». Ad ogni buon fine credo opportuno inviare qui appresso traduzione anche del passo delle dichiarazioni scritte relative a Tripoli che a me sembrano chiare ed esplicite. « A termine dell'art. IX del trattato in vigore Germania si è formalmente impegnata appoggiare Italia in ogni azione sotto forma di occupazione o altra presa di garanzia che questa ultima dovesse intraprendere nella Cirenaica o la Tripolitania nel caso in cui

il mantenimento dello statu quo in quella regione fosse riconosciuto impossibile. A parere del Governo imperiale questo impegno implica constatazione assoluta disinteresse Germania a riguardo di azione che le circostanze spingessero Italia ad intraprendere a suo rischio nei detti paraggi. Per conseguenza il Governo Germanico non saprebbe riconoscere la necessità o tampoco l'utilità della nuova dichiarazione proposta la quale non darebbe all'Italia alcun diritto addizionale ma potrebbe provocare false interpretazioni sullo scopo cui mira la triplice alleanza ».

Possiamo, tutto compreso, considerare di avere in due punti conseguito scopo da noi desiderato. Sulla parte relativa ai Balcani ciò era impossibile argomentandolo dal suo telegramma del 27 febbraio (l) ritengo che ciò era preveduto da V. E.

In tale stato di cose qui si aspetta oramai sollecita rinnovazione del trattato ed a me sembra che anche a noi non convenga frapporre ulteriore indugio. Con tranquillità d'animo e con coscienza di far opera di sommo interesse pel paese possiamo a mio avviso procedere a quella rinnovazione.

(l) -Cfr. n. 223. (2) -G. P., XVIII, 2, 5705-29.
229

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 353. Roma, 10 marzo 1902, ore 14,25.

Sultano ha fatto fare, per via molto autorevole nuove insistenti premure in seguito alle quali R. Governo potrà assai probabilmente decidere espulsione Damat. Sarebbe però opportuno che V. E. trovasse modo far comprendere confidenzialmente primo segretario Sultano che Governo italiano tiene vivamente allontanamento Osman Vali di Janina e che soddisfazione di questo nostro desiderio avrebbe grande efficacia per deciderci accordare espulsione Damat.

230

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 403/5. Pera, 11 marzo 1902, ore 7,10.

In conformità telegramma di V. E. 8 corrente n. 335 (2) feci ieri ufllci presso Gran Visir perché venisse accettata nell'interesse stesso ordine pubbìico vilayet Janina dimissione Osman. Gran Visir rispose non constargli che Vali avesse presentato dimissione, ma che se ciò si verificasse avrebbe fatto presenti mie considerazioni al Sultano cui spettava decidere.

Mi pervenne successivamente telegramma n. 353 (1). Oggi Cangià fece al primo segretario del Sultano comunicazione confidenziale insistendo sull'opportunità dei richiami di Osman rammentando tutti gli incidenti provocati dal suo atteggiamento ostile verso il nostro console, compreso ultimo del mancato invito cerimonia ufficiale ginnasio ortodosso di Janina e facendo sentire che l'allontanamento Osman avrebbe grande efficacia per indurre Governo del re a concedere espulsione Damat.

Primo segretario sultano rispose che avrebbe tosto riferito a Sua Maestà comunicazione nei suoi termini precisi assicurando non avere notizia delle dimissioni Osman.

(l) -Non rinvenuto. (2) -Cfr. n. 224.
231

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 412/17. Pechino, 12 marzo 1902, ore 10,05.

Ho raggiunto accordo per la concessione di Tiensin sulle seguenti basi: l) i limiti sono quelli segnati sulla pianta; 2) i suoli e case, proprietà del governo chinese, sono ceduti gratuitamente al Governo italiano; 3) la banchina del sale diventa proprietà del R. Governo, che si obbliga di cercare, d'accordo con i mercanti, altra località adatta sulla sponda del fiume, pagarne il prezzo e fare lavori di adattamento; 4) i proprietari del villaggio cinese restano padroni del suolo e delle case, ma il R. Governo può sempre, per ragione pubblica utilità

-o di igiene o se l'affluenza dei mercanti italiani lo richiede, espropriarli a prezzo del 10% inferiore a quello stabilto nella concessione giapponese. Questo articolo che dà di fatto il pieno diritto di espropriazione, è cosi formulato poiché il Governo cinese non può apertamente disporre di un villaggio di oltre 18 mila abitanti; 5) se risulterà che nei limiti della concessione, parte del terreno, lungo la ferrovia, sia proprietà della società esercente, dovrà farsi con questa uno speciale accordo, mediante la cooperazione dei funzionari cinesi. Le rimanenti clausole sarebbero uguali a quelle delle altre concessioni. Prego V. -E. telegrafare le sue istruzioni.
232

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. R. 408/7. Parigi, 12 marzo 1902, ore 19 (per. ore 21,10).

Delcassé mi ha detto di avere ricevuto con l'ultimo corriere da Roma un dispaccio relativo alla conferma fattagli da V. E. delle dichiarazioni concernenti la rinnovazione eventuale delle alleanze. Questo Ministro degli Affari Esteri fa porgere ringraziamenti a V. E.

(l) Cfr. n. 229.

233

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RR. S.N. Roma, 12 marzo 1902.

L'ambasciatore d'Inghilterra mi ha ora rimesso una nota contenente, circa Tripoli, dichiarazioni perfettamente conformi al nostro desiderio. Ne avverto, ad ogni buon fine, V. E., riservandomi di inviare col prossimo corriere copia della nota con incarico di manifestare a lord Lansdowne il nostro compiacimento e pieno consenso.

234

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. CONFIDENZIALE S.N. Roma, 12 marzo 1902.

Lo scambio di idee che, come a V. E. è noto mercè il nostro confidenziale carteggio, io ebbi con questo Signor Ambasciatore d'Inghilterra, dopo la spontanea offerta di codesto Governo di rivolgerei una amichevole sua dichiarazione circa Tripoli, è giunto a propizia conclusione, avendomi Lord Currie rimesso la Nota, in data di ieri, di cui qui acchiudo una copia.

Il R. Governo è grato al Governo di S. M. Britannica dell'avere con le precise enunciazioni contenute nella unita nota. chiarito in modo non dubbio le sue intenzioni ed i suoi propositi circa lo stato presente e le eventuali future contingenze in quella regione. Prego V. E. di volerne porgere al Principale Segretario di Sua Maestà per gli affari esteri i nostri più vivi ringraziamenti, assicurandolo, in pari tempo, che, rispetto all'intero contenuto della Nota il R. Governo si dichiara conscio e consenziente.

V. E. è autorizzata a rilasciare a Sua Maestà copia del presente mio dispaccio, se tale è il suo desiderio.

ALLEGATO.

CURRIE A PRINETTI

NOTA VERBALE. Roma, 11 marzo 1902.

The undersigned Ambassador Extraordinary and Minister Plenipotentiary of His Britannic Majesty is authorized to declare on behalf of His Majesty's Government that the agreement between Great Britain and France of the 21.th March 1899, laid down a line, to the East and West of which, respectively, the two signatory powers bound themselves not to acquire territory or politica! influence in the regions traversed by the said line, but that the agreement in no way purported to deal with the rights of other Powers, and that in particular, as regards the Vilayet of Tripoli and the Mutessariflik of Benghasi all such rights remain entirely unaffected by it.

The undersigned is further authorized to give an assurance that His Britannic Majesty's Government have no aggressive or ambitious designs in regard to Tripoli as above described; that they continue to be sincerely desirous of the maintenance of the status quo there, as in other parts of the coast of the Mediterranean and that if at any time an alteration of the status quo should take place, it would be their object that,

so far as is compatible with the obligations resulting from the public law of Europe,

such alteration should be in conformity with Italian interests.

This assurance is given on the understanding and in full confidence that Italy

on her part has not entered, and will not enter into arrangements with other Powers in

regard to this or other portions of the coast of the Mediterranean of a nature inimicai

to British interests ( 1).

235

IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 284/92. Atene, 12 marzo 1902.

A quanto mi fece conoscere, ieri, il Signor Zaimis la situazione della Macedonia sarebbe tuttora oltremodo precaria a causa delle nuove aggressioni e dei nuovi misfatti commessi per opera del Comitato bulgaro e del terrore da cui erano invase quelle popolazioni minacciate dalle numerose bande che scorrazzavano per la campagna.

L'azione esercitata dal Governo ellenico per cooperare al mantenimento dell'ordine e tutelare gli interessi ellenici, per quanto attiva fosse, non produceva i desiderati effetti, perché non trovava nelle autorità ottomane il necessario concorso. Tuttavia essa era riuscita ad intralciare in parte i maneggi del Comitato, coll'impedire che i bulgari rimasti fedeli al patriarcato fossero attratti a far causa comune con esso. D'altro lato, siccome emissari bulgari si sarebbero recati in Tessaglia a fare incetta d'armi. ne aveva vietata con recente decreto l'esportazione in Turchia. Il pericolo poi, accennatomi in un precedente colloquio, che le popolazioni albanesi fossero indotte a partecipare al movimento che si tenta di provocare in Macedonia, sembrava svanito, giacché l'eccitazione, che regnava nelle località limitrofe a quella provincia, avrebbe cause, esclusivamente, locali. Per ciò che riguardava poi l'inazione nella quale persisteva la sublime Porta essa sarebbe motivata, secondo il Signor Zaimis, dal timore che avrebbe, se adottasse provvedimenti energici, di indisporre la Russia, che sospetta di favorire indirettamente i maneggi del Comitato bulgaro.

Dai telegrammi pervenutigli, in questi giorni, risultava che le potenze, a cui era stata comunicata la circolare da esso diretta ai rappresentanti ellenici sulla situazione in Macedonia, erano disposte ad agire presso la Sublime Porta per prevenire gli eventi che si stavano preparando.

Il Signor Zaimis mi espresse la sua soddisfazione per l'accoglienza che quella circolare aveva incontrato da parte dell'E. V. e per le benevoli disposizioni da lei manifestate al Signor Deljannis.

Il testo dell'accordo non è stato pubblicato nei BD.

15 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

A questo proposito mi fece conoscere che la Russia aveva deciso di far passi nel senso suddetto d'accordo con l'Austria-Ungheria, simultaneamente a Sofia ed a Costantinopoli. Uguali passi verrebbero fatti dall'Inghilterra. Ignorava ancora quali fossero le intenzioni della Francia. Quanto alla Germania era stato assicurato da Berlino che l'Ambasciatore germanico a Costantinopoli sarebbe lasciato giudice di fare le pratiche che avrebbe giudicato del caso.

Il Signor Zaimis mi dimostrò quindi la sua compiacenza di aver potuto provocare, in certo modo, l'azione ch'era intenzione delle Potenze di esercitare presso la Sublime Porta, perché l'avrebbe indotta ad uscire dalla sua inerzia ed a prendere provvedimenti nei giusti limiti, per non provocare complicazioni d'altro genere.

(l) Nel documento conservato dal «Foreign Office » (101/94 e 170/595 D. n. 39) esiste una differenza, laddove nel testo sopracitato si dice « ... so far as i t is compatible with obligations resulting from the public law of Europe », in quello del «Foreign Office » si legge: « ... so far as !t is compatible with the obligations resulting from the Treaties which at present form part of the public law of Europe ». Cfr. E. SERRA, L'Intesa mediterranea del 1902, cit., pp. 180 e ss.

236

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 414/18. Pechino, 13 marzo 1902, ore 9,25.

Mentre nel primo versamento mensile della indennità delegato inglese aveva accettato ripartizione provvisoria proporzionale alle cifre dichiarate da ciascuna Potenza, pel secondo versamento, temendo compromettere questionE> di principio, ha preteso una percentuale maggiore. Non avendo la commissione una cassa comune, il disaccordo dei delegati ha impedito accettazione versamento. Ad pvviare al grave inconveniente, in una riunione dei ministri ieri, sì è convenuto proporre rispettivi Governi che il versamento sia pel momento depositato, in parti eguali, fra le cinque banche rappresentate nella commissione. Consiglierei aderire con la sola frase «fra le banche rappresentate nella commissione » allo scopo di assicurare eguale partecipazione al nostro istituto, se questa condizione di cose dovesse perdurare quando esso funzionerà.

237

IL MINISTRO A BERNA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 415/4. Berna, 13 marzo 1902. ore 10,30.

Con nota, che spedisco in copia, presidente della Confederazione, come capo dipartimento politico, mi partecipa che la mia nota 8 corrente ha urtato consiglio federale, il quale protesta e non ne accetta contenuto; aggiunge che la sua nota 25 febbraio indicava condizioni alle quali processo contro il Risveglio era possibile, secondo legge federale; se il R. Governo non vi si conforma, non vi è luogo richiamare Consiglio federale osservanza doveri internazionali o imputargli alcuna responsabilità.

Prego V. E. di volermi autorizzare rispondere che, legislazione federale non concernendoci per nulla, R. Governo mantiene e conferma contenuto mia nota 8 corrente.

238

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. R. S.N. Roma, 13 marzo 1902, ore 14,55.

Rammento infatti che in una conversazione molto accademica avuta tempo fa con Barrère ebbi occasione incidentale di dirgli che fino allora nessun negoziato concreto era cominciato per rinnovamento alleanze che in ogni modo egli conosceva esattamente già per questa eventualità il mio pensiero, a cui non avevo nulla da mutare. Mi sorprende che egli abbia creduto valesse la pena di rilevare ciò. Del resto ciò non ha alcun inconveniente.

239

IL MINISTRO RESIDENTE A TEHERAN, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 421/1. Teheran, 13 marzo 1902, ore 18.

Gran Vizir ha telegrafato oggi stesso codesto ministro Persia itinerario scià per essere sottoposto a V. E.

240

L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 427/3. Madrid, 13 marzo 1902, ore 18.

Crisi ministeriale cagionata da dissensi nella maggioranza sulla proposta di legge del ministro delle finanze sul banco di Spagna. Situazione non ha gravità. Sagasta sarà incaricato formare nuovo gabinetto. Si crede che si limiterà a pochi mutamenti.

241

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 425/19. Pechino, 13 marzo 1902, ore 18,55.

In seguito a richiesta ufficiale del Governo Imperiale, vi è stata oggi adunanza dei Ministri delle Potenze rappresentate nel Governo provvisorio di Tien-tsin, per decidere circa la restituzione della città alle autorità cinesi. Vi fu unanimità nel riconoscere, in principio, opportunità restituzione, variando solo opinione per la data tra il primo maggio e il primo luglio preferito dalla Germania, per potere previamente concordare con la Cina questione secondaria di comune interesse con la permanenza delle truppe nella città. Ho dichiarato non avere istruzioni dal mio Governo, ma che pensava esso si sarebbe unito agli altri in questa decisione.

242

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 428/26. Berlino, 13 marzo 1902, ore 22,05.

Oggi nella Commissione che esamina progetto di legge tariffa doganale, barone Richthofen, di fronte inconsulte esigenze maggioranza agraria, ha dichiarato esplicitamente che Governo imperiale è deciso mantenere, nel futuro trattato di commercio coll'Italia, esenzione dazi legumi e fiori ora esistenti. Segue rapporto.

243

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

L. P. Roma, 13 marzo 1902.

Debbo risposta a parecchie tue lettere giuntemi in questi ultimi giorni. Lo farò con brevi ma sentite parole. Ab Jove principium. [L'affare della dichiarazione è finalmente giunto a buon termine: Lord L. è stato veramente di una notevole condiscendenza. Da parte mia, posso rassicurarti pienamente sull'uso che di questa dichiarazione potrà farsi. Essa rimarrà per ora, e probabilmente per molto tempo, in archivio. Se, poi, accadesse in Oriente o nel Mediterraneo qualche cosa di grosso, il Ministro anziché ad una impresa su Tripoli, alla quale tra l'altro, il Presidente Zanardelli è decisamente contrario, penserebbe piuttosto ad un qualche accordo, più o meno amichevole, con la Porta stessa.

Ciò tra di noi: ma intanto, ripeto, puoi pienamente tranquillizzare quei signori del Foreign Office] (1).

Ho fatto subito nel tuo rapporto N. 106 del 28 febbraio (2) le correzioni da te desiderate (scambio di spiegazioni, invece di scambio di note). Il tuo Rapporto del 30 novembre ci era regolarmente pervenuto: fu di quelli che vanno seralmente sotto gli occhi di Sua Maestà, e quando tornò, ci si dimenticò

dell'accusé de réception.

Avendo chiesto all'Ufficio del cerimoniale qualche spiegazione circa l'omaggio Castelli, il buon Brofferio mi preparò addirittura l'accluso scritto che ti mando come pièce à consulter. Ed ora tu farai ciò che credi. Questa, degli omaggi, non è la sola piaga dei tempi odierni.

Spero che il soggiorno di Brighton gioverà ai tuoi; e forse gioveranno anche a te le corse che ti proponi di fare !ungi dalle nebbie del Tamigi.

ALLEGATO.

PROGETTI DI CONVENZIONE ITALO-TURCA (l)

N. 1

Sa Majesté le Roi d'Italie et Sa Majesté l'Empereur des Ottomans ayant, à la suite des derniers événements, reconnu l'opportunité de raffermir, par une entente plus intime entre les deux gouvernements, au sujet de la Tripolitaine, les garanties de Leur intéret commun de paix et d'equilibre dans la Méditerranée, les Soussignés à ce dument autorisés, sont convenus de ce qui suit:

Art. 1. Le gouverneur général du Vihyet de Tripoli devra directement s'entendre avec le Consul Général de S. M. le Roi d'Italie pour tout arrangement destiné à développer, dans le Vilayet, les rapports commerciaux et industriels avec l'Italie, ainsi que l'immigration italienne en vue d'une colonisation agricole. Aucune concession dont le Consul Général présenterait la proposition ne pourra étre réfusée dès qu'elle se trouverait d'accord avec les prescriptions des traités en vigueur entre les deux Pays.

Art. 2. Le gouvernement du Roi s'engage à contribuer pour autant que cela peut dépendre de lui, au maintien de la tranquillité dans le Vilayet, ainsi qu'à la sauvegarde de son intégrité territoriale d'après sa frontière actuelle.

A cet effet, une station de la marine royale italienne pourra étre établie sur tel point de la còte que le gouvernement du Roi jugerait le plus apte pour une pareille destination. En outre le gouvernement du Roi se réserve la faculté de piacer des garnisons, sous drapeau royal, dans les points, sur la còte ou à l'intérieur, où leur présence serait la plus efficace pour le maintien de l'ordre et pour la sécurité du Vilayet.

Art. 3. Il demeure expressément entendu que les stipulations contenues dans la présente convention ne sauraient porter atteinte aux droits de souveraineté de Sa Majesté Impériale, ni au plein et libre exercice de l'administration locale, qui continuera de relever exclusivement des fonctionnaires désignés et nommés par Sa Majesté Impériale.

En foi de quoi, les Soussignés ont apposé leur signature et leurs cachets à la présente convention. Fait, en double exemplaire, à le

N. 2

Sa Majesté le Roi d'Italie et Sa Majesté l'Empereur des Ottomans ayant, à la suite des derniers événements, reconnu l'opportunité de raffermir, par une entente plus intime entre les deux gouvernements au sujet de la Tripolitaine, les garanties de leur intérét commun de paix et d'équilibre dans la Méditerranée, les Soussignés, à ce dument autoriés, sont convenus de ce qui sui t:

Art. l. Le gouverneur général du Vilayet de Tripoli s'entendra directement avec le Consul Général de Sa Majesté le Roi d'Italie pour tout arrangement destiné à développer, dans le Vilayet, les rapports commerciaux et industriels avec l'Italie, ainsi que l'immigration italienne en vue d'une colonisation agricole. La volonté de Sa Majesté Impériale est que toute concession de parelle nature, qui serait demandée sous les

auspices du Consul Géneral du Roi, soit accordée dés qu'elle harmoniserait avec les prescriptions des traités en vigueur entre les deux Pays.

Art. 2. Le gouvernement du Roi est prét à contribuer, pour autant que cela dépend de lui, au maintien de la tranquillité dans le Vilayet, ainsi qu'à la sauvegarde de son intégrité territoriale d'après la frontière actuelle.

A cet effet, une station de la marine royale italienne pourra étre établie sur tel point de la cote que le gouvernement du Roi jugerait le plus apte pour une pareille destination. En outre, des postes de police, sous drapeau italien, pourront ètre installés dans les points de la cote ou à l'intérieur, où leur présence serait la plus efficace pour le maintien de l'ordre et pour la sécurité du Vilayet.

Art. 3. Il demeure expressément entendu que les stipulations contenues dans la présente convention ne sauraient porter atteinté aux droits de souveraineté de Sa Majesté Impériale ni au plein et libre exercice de l'administration locale, qui continuera de relever directement et exclusivement des fonctionnairs désignés et nommés par Sa Majesté Impériale.

En foi de quoi, les Soussignés ont apposé leur signature et leurs cachets à la présente convention. Fait, en double exemplaire, à le

N. 3 (1902)

N.B. Questo testo di convenzione è stato sostanzialmente modellato sulla Convenzione anglo-turca per Cipro del 4 giugno 1878, con annesso del 1° luglio 1878, relativo a Cipro.

(Preambolo come per i testi NN. l e 2).

Art. l. Sa Majesté Impériale le Sultan consent à ce que le Vilayet de Tripoli, le Mutasseriflik de Bengasi compris, soit administré par le gouvernement italien sous la haute souveraineté de Sa Majesté Impériale.

Art. 2. Le drapeau ottoman, confié à la garde des autorités royales, flottera à coté du drapeau italien sur tous les points et en toutes circonstances où ce dernier drapeau devra étre hissé.

Art. 3. Les garnisons ottomanes du Vilayet seront, dans un délai de trois mois, remplacées par des garnisons italiennes.

Art. 4. L'administration civile du Vilayet, basée sur le principe d'une large autonomie, sera organisée de façon à se concilier autant que possible avec les us et coutumes du pays.

Art. 5. Les tribunaux religieux continueront d'exister dans le Vilayet pour connaìtre exclusivement des affaires religieuses concernant la population musulmane.

Art. 6. Un délégué, désigné par le Département des Fondations Pieuses de l'Empire (Eukaf), dirigera, de concert avec un délégué du gouvernement italien, l'administration des fonds, propriétés et terres appartenant aux mosquées, cimetières, écoles musulmanes et autres etablissements religieux existant dans le Vilayet.

Art. 7. Le gouvernement italien paiera annuellement à la Sublime Porte une somme de... {l) lires italiennes, comme représentant l'excédant du revenu du Vilayet en sus des frais d'administration.

Art. 8. La Sublime Porte pourra librement vendre et affermer les terres, terrains et autres propriétés appartenant à l'Etat ou à la Couronne (Arazii Mirivd ve Embaki Houmayoun) dans le Vilayet.

Art. 9. Le gouvernement italien pourra, par l'organe des autorités compétentes, exercer le droit d'expropriation pour acheter, à des prix équitables, les terres et les terrains nécessaires pour des améliorations et autres buts d'utilité générale (Chiusa come per i Testi NN. l e 2).

Proposte di aggiunte al progetto di convenzione N. 3.

Art. IV. L'adminlstration civile du Vilayet basée sur le principe d'une large autonomie sera organisée de façon à se concilier autant que possible avec les us et coutumes du pays. Le Gouvernement italien n'objecte pas à conserver tous ceux des fonctionnaires actuels qui posséderaient les aptitudes nécessaires pour bien remplir leur emploi.

Art. V. (nuovo) La liberté et la pratique extérieure de tous les cultes existants seront assurées aux personnes habitant ou séjournant dans le Vilayet. Notamment pleine liberté est assurée aux musulmans dans leurs rapports avec leurs chefs spirituels. Les autorités italiennes porteront le plus grand soin à ce qu'il ne soit porté aucune atteinte à l'honneur, aux moeurs, à la liberté du culte, à la sécurité des personnes et des propriétés des musulmans.

Toute agression contre des musulmans, leurs biens ou leur religion sera sévèrement punie.

Le nom de S. M. le Sultan continuera à étre prononcé dans les prières publiques des musulmans comme par le passé. En tant qu'il serait d'usage de hisser le drapreau sur les minarets, cet usage sera respecté.

Aggiungere Là ove si crederà meglio l'art. seguente: Art.... Les monnaies ottomanes effectives continueront à avoir libre cours dans le Vilayet de Tripoli.

(l) Ed. !n E. SERRA, L'Intesa mediterranea del 1902, c!t., pp. 263-264.

(2) Cfr. n. 195.

(l) Una nota sull'inventario informa che si tratta di documenti restituiti dall'ex ministro Prinetti nel giugno del 1907. In un'annotazione «da parte del Re» che accompagna i progetti, si legge: « ... Introdurre nelle convenzioni qualche elemento in modo che ne vengano vantaggi al Tesoro del Sultano>>.

(l) Questa cifra sarà da stabilire nel momento opportuno [Nota del documento].

244

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, POLACCO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 185/61. Sofia, 13 marzo 1902.

Da qualche tempo non ho avuto da riferire all'E. V. intorno all'agitazione macedone, perché i comitati di propaganda bulgari, si mantengono tranquilli ed il Governo principesco non solo si dichiara risoluto a reprimerne l'azione, ma mostra, col far corrispondere i fatti alle parole, di aver compreso i pericoli che per lui potevano nascere da moti inconsulti. Mi risulta che tanto il Governo ottomano quanto il bulgaro esercitano una severa sorveglianza sulla frontiera e questo Commissario Imperiale mi diceva ultimamente di non prestare alcuna fede alle voci corse, secondo le quali i comitati avrebbero fatto passare in questi giorni dalla parte macedone una forte quantità di armi e di munizioni. Ma se dal lato della Bulgaria non vi è, pel momento, nulla di notevole da segnalare, ciò non significa che le cose in Macedonia siano tranquille e che l'agitazione sia cessata; il fermento continua, mantenuto da agitatori rifugiatisi altrove fra i quali vi è il noto Boris Sarafov che fu veduto a Belgrado 15 giorni or sono. Intanto 60.000 uomini di truppe turche sono pronti a reprimere qualunque moto, con l'eventuale concorso, da quanto mi risulta, anche dei bascibuzuk; e l'apprensione maggiore è destata dal pericolo di una repressione esercitata fuor di luogo. oppure in modo troppo severo.

245

IL CONSOLE GENERALE A JANINA, MILLELIRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 435/164. Janina, 14 marzo 1902, ore 14.

Pessima amministrazione valì principia a dare suoi frutti. Avanti ieri a Filiates, per ingiusto arresto prete musulmano Husnikogià, popolazione insorta. 200 albanesi armati assalirono palazzo Governo: seguito scontro colla pubblica forza, tre gendarmi furono uccisi; tre feriti; tenente Samy bey mortalmente ferito. Di qua venne spedito in fretta un maggiore con forza. Avanti ieri clandestinamente furono affissi città manifesti ribelli contro valì, dove si esortava popolazione insorgere contro brutale tiranno. Stesso giorno ufficiali subalterni truppa regolare dichiararono comandante militare che se non si provvedesse truppe con vestiti e paghe, declinano ogni responsabilità. Regna fermento popolazione musulmana. Diedi copia ambasciata.

246

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA

T. 374/19. Roma, 14 marzo 1902, ore 14,45.

Rispondo suo telegramma n. 19 (l). Per restituzione Tientsin ella può associarsi quella decisione nella quale si produrrà accordo delle potenze.

247

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DECLI ESTERI, PRINETTI

T. 433. Berlino, 14 marzo 1902, ore 17,43.

Poiché non si pubblicano resoconti stenografici ufficiali delle sedute delle commissioni del Reichstag, ma sunti che vengono comunicati giornali, ho voluto far confermare da Richthofen dichiarazioni da lui fatte nella commissione per la tariffa doganale, di cui parlasi mio telegramma n. 26 (2). Richthofen mi ha confermato esattezza di quanto giornali hanno pubblicato e che riferisco particolareggiatamente con rapporto di oggi. Deve essere, quindi, considerato come ufficiale aver segretario di stato affari esteri dichiarato «che il Governo imperiale ritiene condizione preliminare per la conclusione dei

trattati di commercio, che egli è deci::o concludere con l'Italia la libera importazione legumi e fiori freschi, quale è prevista nel disegno di tariffa doganale presentato Parlamento, e questa libera importazione Governo imperiale è deciso a mantenere anche contrariamente decisione della commissione parlamentare».

(l) -Cfr. n. 241. (2) -Cfr. n. 242.
248

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO

D. 14518/57. Roma, 15 marzo 1902.

Mi son giunti i rapporti 202/57 e 212/61, delli 5 e 7 marzo (l) relativi entrambi al Marocco.

Approvo il riserbo da Lei tenuto nel colloquio col Signor Duca di Almodovar, riserbo dal quale V.E. non dovrà in alcun modo dipartirsi, tenendosi per norma del suo linguaggio, se interrogato, nei limiti del concetto seguente che l'Italia desidera lo statu quo nel Marocco e di veder equamente apprezzate le condizioni nelle quali la Spagna travasi rispetto a quello Stato.

249

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, POLACCO

D. 14526/41. Roma, 15 marzo 1902.

Questo Signor Ambasciatore di Turchia è venuto oggi a leggermi un dispaccio circolare col quale il suo Governo attira l'attenzione delle potenze sulle mene dei comitati bulgari in Macedonia ed esprime il desiderio che le potenze facciano comprendere a codesto governo che ogni suo atto o manifestazione intesa ad appoggiare l'opera dei comitati stessi sarebbe da essi disapprovata poiché il loro obiettivo preciso è che non venga turbato lo statu quo nella Penisola Balcanica.

Ho detto all'Ambasciatore che il Governo del Re si sarebbe volentieri associato ai passi che le potenze avrebbero fatto eseguire costà e che mi riservavo di impartire istruzioni in questo senso alla S. V.

Nell'informarla di quanto precede io La prego quindi di volere, analogamente a quanto faranno i suoi colleghi, far sentire a codesto Signor Ministro degli Affari Esteri quanta importanza annetta il Governo del Re al mantenimento della tranquillità e dell'ordine in Macedonia e quanto sia necessario che codesto governo si applichi a vigilare l'azione dei comitati bulgari ed a

contenerla entro quei limiti che sono richiesti dalla conservazione della tranquillità e dell'ordine stesso. Ella vorrà poi informarmi dell'esito delle pratiche che avrà fatto in conformità di queste mie istruzioni.

(l) Cfr. n. 215; il rapporto del 7 marzo non è pubblicato.

250

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 274/131. Londra, 15 marzo 1902.

Dalla data dell'ultimo mio rapporto concernente la situazione del partito liberale inglese, si sono seguite diverse manifestazioni dei suoi capi politici, le quali però non hanno che scarsamente contribuito a rischiarare i dubbi creati dai loro dissidi.

Come per confermare la idea espressa da Lord Rosebery, nell'atto della sua uscita dal «tabernacolo » ufficiale del partito, ch'egli <<non rimarrebbe in solitudine», il gruppo rappresentato da M. Asquith, Sir E. Grey, M. Forster e altri, annunciò la creazione di una « Unione Liberale » destinata a sostenere il suo programma. Senonché questo programma non è finora concretato in modo abbastanza sostanziale per dissipare le incertezze che pongono in grande imbarazzo i gregari del partito circa la condotta da seguirsi. Giova infatti tener presente che le divisioni politiche in Inghilterra sono da lungo tempo uscite dalla forma rudimentale delle designazioni nominative dei capi-gruppo, i quali sono bensì considerati, pella loro influenza personale, come i portavoce di certe gradazioni di opinioni, ma non tengono di per sé il luogo delle opinioni stesse. La viva discussione che ora si fa nei comizi, nella stampa e sotto forma di molteplici lettere e altre manifestazioni private, si aggira appunto sulla questione se le divergenze prodottesi nelle file del partito liberale sieno tali da permettergli un accordo sopra una comune azione in Parlamento, o se, in difetto di ciò, esse siano almeno conciliabili con la coesistenza di frazioni distinte, ma alleate nell'ambito del partito stesso, o se infine si tratti di una scissura assoluta, tale da rendere inevitabile la sua dissoluzione. Molti sforzi si fanno per dimostrare che si tratta di semplici gradazioni di pareri su certe determinate questioni (guerra e home-rule) mentre un completo accordo continua ad animare tutti i liberali sulle questioni di principio e di riforma della Amministrazione; ed anche Sir Henry C. B. in un suo discorso di pochi giorni orsono, si espresse piuttosto nel senso della conciliazione e senza mostrare irritazione per le ultime dichiarazioni di Lord Rosebery. Questi parlò ancora il 10 marzo a Glasgow, insistendo dal canto suo sui sentimenti di amicizia personale che sempre lo legavano al capo del partito. Egli non aveva, aggiunse Sua Signoria, intenzione veruna di sostituirsi a lui in tale qualità; il suo discorso di Chestfield, a tenere il quale egli era stato indotto da pressanti inviti, non

s'indirizzava tanto al partito liberale quanto al pubblico in genere; Sir Henry

C. B. lo aveva poscia diffidato a dichiarare se egli appartenesse o no al suo

stato maggiore ed egli era stato costrrtto a constatare il contrario; ma ciò non era cosa nuova per chi, come lui, già da cinque anni era dispensato da ogni funzione direttiva nel partito; la nuova «Lega Liberale» non aveva intenzione di uscirne, ma anzi di cooperare agli scopi comuni, come in altri tempi vi aveva cooperato l'« Anti-Corn Law League » e come tuttora vi cooperavano altre associazioni speciali che, pur avendo certi scopi distinti, rimanevano connesse al partito senza per ciò solo esserne scomunicate; così la Lega Liberale intendeva rimanere nel partito, cercando d'influenzarlo nella direzione da essa ritenuta come buona. Sulla questione del Sud-Africa, Lord Rosebery confermò le sue precedenti dichiarazioni, nel senso che la prima iniziativa delle possibili trattative di pace non doveva spettare al Governo inglese, aggiungendo però che quando ne verrebbe il momento, invece di esigere una resa incondizionata dei Boeri, si doveva addivenire ad una discussione bilaterale coi loro rappresentanti, sulle condizioni di un accordo, e ciò allo scopo di rendere possibile per l'avvenire la buona armonia delle due razze destinate a convivere in quella colonia. Quanto all'Home-Rule, S. S. riaffermò con maggiore decisione il suo proposito di escludere ogni proposta tendente alla creazione di una rappresentanza legislativa propria all'Irlanda. Ciò era divenuto tanto più impossibile, egli disse, in presenza del contegno offensivo assunto dai deputati irlandesi parecchi dei quali, appunto la vigilia, avevano osato accogliere con applausi l'annuncio fatto in Parlamento del rovescio toccato alle armi inglesi (colla recente sconfitta del Generale Methuen) : si potrebbero più tardi sviluppare le libertà locali dell'isola mercè disposizioni comuni a quelle desiderate pure per l'Inghilterra e la Scozia, ma la sicurezza dell'Impero era inconciliabile colla creazione di un Parlamento irlandese animato da simili sentimenti. Infine, Lord Rosebery ritornò sulle riforme interne (educazione, case operaie e leggi di temperanza) che allo stato attuale delle cose si dovevano considerare come scopi immediati e comuni all'intero partito liberale, mentre era cosa inutile e non pratica ·il farsi anticipatamente a compilare un più esteso e completo programma necessariamente esposto ad essere modificato secondo le circostanze del momento futuro e ancora imprevedibile in cui il partito stesso potrà ritrovarsi al potere.

Se a queste dichiarazioni fanno sensibile contrasto quelle di M. Morley il quale vi replicò in un vigoroso discorso sostenendo il dovere del partito liberale di rimanere fedele all'integro suo programma compreso l'Home-Rule, lo stesso non può dirsi delle idee della frazione principale del partito stesso formulate da Sir Henry Campbell Bannermann. Sulla questione della guerra questi si trova alquanto imbarazzato da certe frasi di un suo precedente discorso nel quale egli aveva biasimato il Governo per «i metodi di barbarie>> usati nel Sud-Africa. Per quanto egli abbia di poi cercato di attenuarne il significato, quelle espressioni gli sono costantemente rinfacciate, col rimprovero che ad esse devono in grande parte attribuirsi le esagerate accuse della stampa continentale contro l'esercito e la nazione inglese. Sta di fatto però che Sir Henry

C. B. e i suoi amici non hanno mai mercanteggiato il loro voto alle domande governative per i bisogni della guerra, ch'essi anzi sempre affermarono doversi proseguire efficacemente. Nè è molto maggiore il loro divario coi fautori di Lord Rosebery sul punto relativo alle eventuali trattative di pace, da promuoversi, secondo gli uni o gli altri, con espedienti più o meno diretti. Ed è da notarsi, infine, che queste discussioni sulla guerra male si prestano a formare la base di una divisione pratica dei partiti, e che del resto, prima che i liberali possano aspirare al potere, la guerra stessa sarà cosa del passato.

Da tutto quanto precede, sembra doversi inferire che una soluzione dal presente stato di cose non sia da attendersi a breve scadenza. Essa dipenderà in ultimo appello dalle decisioni della maggioranza della massa liberale -quella che qui si chiama «the rank and file » le cui opinioni rimangono per ora oscillanti. Uomini politici imparziali propendono a credere che difficilmente essa si lascierà trascinare dal gruppo capitanato da Lord Rosebery, del quale essa sente istintivamente che le sue tendenze imperialiste implicano un abbandono dei principi tradizionali che sempre le furono cari. Se questo è vero, sarebbe logicamente a prevedersi che Sir Henry C. B. sarà spinto dalla maggioranza del partito ad accostarsi sempre più alla frazione radicale, nel quale caso Lord Rosebery ed i suoi seguaci Imperialisti verranno fatalmente assorbiti nelle file dei conservatori, come lo furono gli Unionisti del Duca di Devonshire e M. Chamberlain. L'intera situazione parlamentare potrebbe però venir modificata sensibilmente dalla comparsa di nuove questioni che ora si trovano allo stato latente. Alludo in specie ai progetti pel servizio militare obbligatorio ed a quelli per una unione doganale colle colonie. Sono gravi questioni sulle quali mi riservo riferire più in esteso, non uscite finora dal terreno delle discussioni private e della stampa; ma il giorno in cui esse prendessero forma abbastanza concreta per essere portate in Parlamento, è intorno ad esse che verrebbero a raggrupparsi i partiti e probabilmente in condizioni diverse dalle presenti.

Ma questo riguarda l'avvenire. Frattanto, il Gabinetto dispone di una sicura maggioranza e -fino almeno al termine della guerra -non sono a prevedersi cambiamenti, all'infuori di quelli eventuali che si possono connettere a congetture sulla tarda età e lo stato di salute del Primo Ministro. Vi ha chi suppone ch'egli abbia intenzione di ritirarsi dopo le feste del Coronamento e si fanno calcoli sulle probabilità dei possibili candidati alla sua successione: M. Chamberlain, M. Balfour, e, secondo altri, il Marchese di Lansdowne. Ma tutto ciò è assolutamente prematuro e posso aggiungere, del resto, che avendo avuto recentemente l'occasione di un abbastanza lungo colloquio con Lord Salisbury, ho trovato Sua Signoria, secondo ogni apparenza, in eccellenti condizioni di corpo e di spirito.

251

IL CONSOLE GENERALE A SCUTARI, LEONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 105/56. Scutari, 15 marzo 1902 (per il 20).

Trasmetto qui unita copia di un rapporto direttomi dal R. Vice Console in Durazzo nel caso in cui l'E. V. credesse far luogo alla proposta del suddetto

R. Vice Console.

Per quanto riguarda questa regione l'azione dei così detti Comitati Albanesi è fin'ora quasi nulla. Essa si esplica per mezzo di opuscoli e giornali che arrivano da ogni parte, e che letti da poche persone lasciano il tempo che trovano. Fra questi giornali il più notevole è l'Albania che si stampa a Bruxelles e che è intonato ad un anti Italianismo che colpisce. È distribuito gratis, e date le poche risorse del proprietario, ciò è indizio che qualcuno deve sovvenzionarlo.

Quanto alla N azione Albanese che si stampa in Italia io credo che sia più organo del Cavaliere Lovecchio che ne è il direttore, che dei così detti Comitati. È letto con interesse è vero, ma non ha autorità di sorta. Basti il dire che arriva sempre datato da tre mesi prima.

Ciò non toglie però che tutte queste pubblicazioni possano essere cagione di grave disgrazia per chi ne fosse trovato detentore.

ALLEGATO.

MACCHIORO A LEONI

R. 102/34. Durazzo, 13 marzo 1902.

Quest'Ufficio -e così sarà probabilmente di codesto -è da qualche tempo inondato da un profluvio di giornali, di circolari, di manifesti, di cartoline-réclame il cui scopo è la propaganda per la costituzione dell'Albania in Principato autonomo.

Anche il Principe sarebbe già bell'e trovato nella persona di Don Juan Aladro Castriota, presunto discendente di Scanderbeg ed ex-agente diplomatico del Regno di Spagna, come risulta dalle numerose fotografie di questo signore che mi sono state inviate e dalla comunicazione, che Le trasmetto qui unita, del giornale La Patria.

Questa propaganda, che lascia perfettamente freddo e scettico il paese, potrebbe considerarsi come un'innocente ricreazione dello spirito ed essere passata sotto silenzio, se disgraziatamente da taluno non fosse stata propalata la voce che il Governo italiano appoggiava tale burlesca candidatura e se questa voce non avesse trovato qualche credito nel fatto che è un giornale pubblicato in Italia -La Nazione albanese del Signor Anselmo Lovecchio -, che ha lanciata la candidatura e che ora la sostiene col più grande ardore.

Il fatto sta che più d'una persona m'ha chiesto informazioni sul curioso pretendente apparso ora all'orizzonte e che a più d'una io ho dovuto rispondere di non saper nulla del Signor Aladro Castriota e che quanto al Signor Lovecchio, egli era solo responsabile delle sue azioni e per nulla appoggiato o sostenuto dal Governo Italiano.

Così facendo, io penso d'aver rettamente interpretato il pensiero del R. Governo, il quale, fra l'altro, non deve ignorare certamente come la Nazione albanese si sia schierata in tutte le occasioni contro ogni azione rivolta all'incremento del prestigio italiano in Albania. Recentemente anche in occasione di certi platonici voti emessi dalla « Dante Alighieri».

Ad ogni modo, i Comitati albanesi all'estero sono molti e qualcuno può aver anche una certa influenza sugli avvenimenti che si maturano in Albania.

Sicché non mi parrebbe fuori di luogo che il R. Governo, all'intento di conoscere meglio ed anche di far conoscere meglio ai suoi agenti in Albania i diversi elementi da cui può essere determinata l'opinione pubblica di fronte alla questione albanese, cercasse di raccogliere qualche notizia intorno a questi Comitati ed alla loro azione e mi permetto pertanto di gettar l'idea che il R. Ministero inviti con una sua circolare gli Agenti Diplomatici residenti ad Atene, Cairo, Bucarest, Sofia e Bruxelles a voler raccogliere nelle loro residenze e poi comunicare informazioni in proposito.

Che se tale idea fosse dal R. Governo accettata, sarebbe, credo, ottima cosa che i RR. Consoli in Albania fossero poi messi a corrente dei risultati ottenuti dall'inchiesta in parola.

252

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 443/7. Costantinopoli, 16 marzo 1902, ore 1,30 (per. ore 14,20).

Ho richiamato ieri attenzione gran vizir e ministro affari esteri sopra notizie telegrafate da Millelire circa incidente Filiates e Janina, ponendo in rilievo come questi fatti rendano sempre più opportuna rimozione valì.

253

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 447/1. Pietroburgo, 16 marzo ore 4,16 (per. ore 17).

Mi risulterebbe essere stato firmato trattato speciale franco-russo riguardante Estremo Oriente in contrapposto al trattato anglo-giapponese e che tale trattato sarà reso di pubblica ragione. Risulterebbe pure sia stato combinato prestito importante tra Russia e Germania, prova degli ottimi rapporti tra i due paesi.

254

IL CONSOLE GENERALE A CANEA, MEDANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 448/2. Canea, 16 marzo 1902, ore 8,20.

Giunte Suda, ieri, oggi, 13 navi da guerra inglesi, provenienti da Salonicco, Lemnos, Larnaca costituenti due squadre rispettivamente comandate da un contrammira2:lio e un commodoro. Dicesi rimarranno fino al 22 corrente.

255

IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 302/97. Atene 16 marzo 1902 (per. il 23).

Il giornale Acropolis pubblicò, non ha guari, due proclami diretti agli albanesi datati, l'uno da Parigi, l'altro da Roma.

Col primo, Don Giovanni Aladro, che si dichiara discendente da Giorgio

Castriota Scanderbeg, invita, le varie genti albanesi a riunirsi insieme per riac

quistare la propria indipendenza e costituirsi in Nazione.

Col secondo il Presidente della Commissione nazionale albanese fa appello

a tutti gli albanesi residenti nella penisola balcanica ed altrove, perché mani

festino la loro opinione sulla persona di Don Giovanni d'Aladro, affine di deci

dere, nella riunione che sarà tenuta in Napoli il 25 marzo, se egli debba esser rico

nosciuto come capo del movimento albanese e come futuro Re d'Albania.

Questi proclami, di cui credo superfluo di trasmettere il testo, perché non

dubito sarà già pervenuto a notizia dell'E. V., furono inviati in Atene, come in

altre città della Grecia, alle varie persone, di origine albanese, ma non forma

rono oggetto di speciali comunicati per parte dei periodici locali. Come feci

conoscere all'E. V., con la mia precedente corrispondenza, questo Governo venne

più volte eccitato dalla stampa, ad istituire nella capitale e specialmente in

Corfù, scuole di lingua albanese, affine di attirarvi la gioventù albanese e

stringere così vieppiù i vincoli che uniscono la Grecia a quella regione. Era

nell'intenzione del passato Ministro della Istruzione Pubblica, Signor Stais, di

effettuare tale istituzione, ma la dimissione del Gabinetto Theotokis, del quale

faceva parte, gl'impedì di darvi seguito.

Ritornando su tale argomento i giornali ateniesi hanno riferito, in questi

giorni, un colloquio avuto da Re Giorgio con un diplomatico greco, che non sareb

be altri che il Signor Mavrocordato, nel quale Sua Maestà avrebbe fatto rilevare

l'opportunità di quella istituzione, nell'intento di affratellare maggiormente le

razze greca e albanese, che sarebbero destinate, dall'origine e dalla religione, a

collaborare insieme per la difesa dei propri interessi.

Riferisco tale colloquio a semplice titolo d'informazione, giacché non mi

fu dato di controllare se esso ebbe realmente luogo e se Sua Maestà si espresse

nel senso sopraindicato.

256

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, CUSANI GONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 551/76. Budapest, 16 marzo 1902 (per. il 19).

Ho l'onore d'informare l'E. V. che ho fatto stamane la mia prima visita ufficiale al nuovo Ministro del Commercio Signor Horanszlcy.

Dopo lo scambio delle frasi d'uso sulla cordialità dei rapporti fra quel Ministero ed il R. Consolato Generale, e dopo che il Ministro mi ebbe assicurato del suo vivo desiderio che tali rapporti conservino il loro carattere anche in avvenire, io feci cadere il discorso sulla questione della tariffa doganale. Ma, come era facilmente prevedibile, S. E. il Signo Horanszky mantenne in proposito molto riserbo, limitandosi a dirmi ciò che già sapevo, cioè che il progetto Austro-Ungarico non potrà in ogni caso essere reso di pubblica ragione se non dopo che sia definita la sorte di quello Germanico.

257

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 380. Roma, 17 marzo 1902, ore 15,45.

Un telegramma di Morra mi comunica la notizia che la Russia avrebbe trovato combinare importante prestito in Germania. Per quanto il fatto mi sembri poco verosimile, pure gradirei conoscere possibilmente, da V. E. verità in proposito (1).

258

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE A MONASTIR, GAETANI

D. 14799/13. Roma, 17 marzo 1902.

Ho letto attentamente il rapporto n. 33/9 sulle cose Albanesi da V. S. diretto il 7 corrente (2) alla R. Ambasciata a Costantinopoli e trasmessomi in copia

(n. 34/19) all'istessa data.

Approvo la risposta che Ella ebbe a dare nel corso dell'interessante colloquio ai suoi interlocutori Femi Bey e Meti Bey, cioè l'Italia «interessarsi allo sviluppo dell'Albania creando Consolati, scuole ed Agenzie Commerciali nei luoghi più importanti e dimostrandole la sua simpatia in tutti i modi compatibili coi buoni rapporti da osservare con quel Governo>>.

Ed infatti partendo da tal concetto mi riserbo di studiare la questione dell'apertura di nuove scuole italiane in Albania approfittando delle concessioni fatte di recente dalla Turchia alla Francia nel novembre scorso.

259

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE A SCUTARI, LEONI

D. 14800/39. Roma, 17 marzo 1902

Ho letto con interesse il rapporto direttole, il 28 febbraio dal R. Vice-Console a Durazzo, e trasmessomi in data dell'8 marzo, con rapporto n. 51 (3), circa la comunità ortodossa di Durazzo.

Norddeutsche Allgemeine Zeitung:

«In seguito negoziati condotti a Pietroburgo in questi giorni, Russia allo scopo di realizzare sua quota parte indennità cinese, emette prestito di 181 milioni 959 mila rubi!, ammortizzabili in 39 anni corrispondente ad ammortizzazione indennità chinese. Di questo prestito,300 milioni saranno posti, quanto prima, in sottoscrizione in Berlino, Amsterdam, Pietroburgo.Il prestito è assunto da un consorzio di banchieri tedeschi, russi, olandesi. Il ricavo del prestito è esclusivamente destinato, dopo indennizzati danni sofferti da privati in China, a sussidlare società ferroviarie private >>.

(-3) Cfr. n. 226.

Nel pregarla di ringraziare quel Signor Vice-Console, V. S. vorrà partecipargli altresì che lo autorizzo a spedire la somma di lire quattrocento (oro) onde acquistare a Corfù gli arredi sacri che donerà, a nome del Governo di Sua Maestà, alla chiesa ortodossa di Durazzo, in occasione della festa di Pasqua.

V. S. vorrà portare detta spesa negli stati di contabilità trimestrale.

(l) Con t. 454 del 18 marzo Lanza comunicò quanto aveva pubbl!cato in proposito la

(2) -Cfr. n. 222.
260

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. CONFIDENZIALE 492/164. Berlino, 17 marzo 1902.

Sciogliendo la promessa fattami da S. E. il Barone di Richthofen, della quale era cenno nel mio rapporto n. 66 in data del 29 gennaio u. s. (1), il Dipartimento Imperiale mi ha oggi comunicato il testo della risposta data dal Governo Imperiale all'Incaricato d'Affari di Grecia, a proposito della conchiusione di un trattato di commercio tra la Grecia e la Turchia.

Il testo della risposta del Governo Imperiale è il seguente: «Le Gouvernement hellénique s'est adressé au Gouvernement Impérial pour obtenir que celui-ci usàt de son influence, auprès du Gouvernement ottoman, en faveur d'une conclusion accélérée du traité de commerce à conclure entre la Grèce et la Turquie. Dans le cas, où les négociations entre les deux Etats en question n'aboutiraient pas à un résultat favorable, les Ambassadeurs à Constantinople seraient, en toute probabilité, obligés de rendre un jugement arbitrai dans cette afiaire. En vue de cette possibilité, l'Ambassadeur Impérial ne doit pas anticiper son jugement ultérieur en se faisant, dès maintenant, l'interprète de l'une des parties en litige. Le Gouvernement Impérial regrette donc de ne pas pouvoir donner suite à la demande du Gouvernement hellénique ».

261

IL MINISTRO DELLA MARINA, MORIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 455/153. Roma, 18 marzo 1902, ore 18,10.

Poiché, secondo telegramma odierno Stefani, ammiragliato inglese pubblica nota, secondo la quale considera definitivamente perduta nave da guerra «Condor», di cui mancavano notizie da molto tempo, pregherei V. E. di voler telegrafare ambasciatore di Sua Maestà a Londra, presentare ammiragliato condoglianze della Marina italiana.

16 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

(l) Non pubblicato.

262

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. PRINETTI

T. 459/1. Malta, 18 marzo 1902, ore 21,10 (per. ore 6,36 del 19).

Nella notte del 25 febbraio che giunsero studenti mandai persona dell'ufficio per riceverli. Non andai, sapendo che non vi erano rettori e professori. Al domani presentai personalmente comitato direttivo studenti al Governatore che ci ricevette, per mio riguardo, con tutti gli onori nella sala del trono presenti gli aiutanti di campo e segretari Governo locale. Mi astenni di recarmi nel solo teatro perché mia presenza non fosse di pretesto per dimostrazioni ostili Governo inglese come avvennero per parte dei nazionalisti maltesi con grida «a basso Inghilterra e ministro colonie». Invitai studenti siciliani maltesi e direttore istruzione pubblica maltese ad un rinfresco nel gran salone del restaurant italiano Urzi che riuscì non meno ricco di quello dato dal governatore e dai maltesi. Personalmente li assistetti e consigliai in tutto e riservatamente informo V. E. che al momento della loro partenza li tolsi da una difficile condizione pecuniaria di cui restarono gratissimi scrivendomi affettuosa lettera in questo senso: «E le resteremo maggiormente grati perché siamo sicuri che senza il di lei valido e paterno consiglio la nostra gita non sarebbe riuscita così decorosa per gli studenti e per l'Italia intera». Giornale Corriere di Catania, organo De Felice Giuffrida, giorno 3 e 4 marzo, mi tributò sincera lode per la mia cooperazione e riuscita accoglienza Governo locale e popolazione maltese senza inconvenienti. Invio rapporto riservato e documenti giustificativi.

263

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A L'AIA, TUGINI

D. 15000/30. Roma, 18 marzo 1902.

Segno ricevuta a V. S. e La ringrazio del rapporto n. 43 in data del 9 corrente (l) col quale Ella mi ha informato dei festeggiamenti che costà ebbero luogo per solennizzare il giubileo pontificale e mi ha fornito notizie circa la composizione ed il carattere della missione speciale inviata dall'Olanda a Roma in tale ricorrenza.

Queste notizie concordano con una dichiarazione cortesemente fattami negli scorsi giorni da questo Ministro dei Paesi Bassi. Il Signor Westenberg cioè venne espressamente da me e mi disse in modo formale che l'invio della missione olandese a Roma era dovuto ad un movimento spontaneo di S. M. la Regina che la missione non aveva alcun carattere politico e che codesto Governo ne declinava ogni partecipazione.

Nell'informarLa di quanto precede per Sua opportuna conoscenza...

(l) Non pubblicato.

264

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 365/137. Washington, 18 marzo 1902.

Il Primo Sottosegretario di Stato, che riceveva qualche giorni fa, il Corpo diplomatico in assenza del Segretario di Stato, Signor Hay, mi parlò a lungo del viaggio da lui fatto col Principe Enrico, come membro della Commissione addetta alla persona di Sua Altezza Reale. Egli mi ha confermato le vive apprensioni che si avevano, specialmente a Chicago ed a New York, di possibili attentati. Ha fatto grandi elogi del Principe, il quale ha lasciato, in quanti lo avvicinavano la più favorevole impressione.

Avendo io detto al Dr. Hill, per invitarlo a parlare, che ora, o fra poco, maturerebbero senza dubbio i frutti del viaggio principesco, il Signor Hill mi rispose che non ve ne sarebbero; che il viaggio del Principe fu un atto, apprezzatissimo, di cortesia, da parte dell'Imperatore, ma che non aveva quella impor-· tanza politica che si potrebbe supporre, né avrebbe politici risultati. Replicai essere già un buon risultato politico il miglioramento dell'opinione pubblica, che, da ostile alla Germania, si era fatta amica; il Dr. Hill, dimenticando le dimostrazioni antigermaniche che si ebbero nell'esercito e nella marina, e che il Presidente dovette raffrenare, contestò che vi fosse ostilità nell'opinione pubblica, gettando la colpa della tensione dapprima esistente sulla stampa americana, che, a giusto suo dire, troppo immaginosa, traveste, sfigura, amplifica i fatti, quando pure non li inventa.

L'Ambasciatore attuale degli Stati Uniti a Berlino, Signor White, volendo, da quanto si dice, ritirarsi dal servizio diplomatico per ragioni di età, si crede che possa succedergli il Dr. Hill.

265

L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 463/4. Madrid, 19 marzo 1902, ore 20,50.

Formato ministero presidenza Sagasta. Crisi si prolungò per difficoltà concordare accordo con gruppo radicale, ora rappresentato nel Gabinetto. Nuovo ministero sembra poco omogeneo per rivalità personali e divergenze di tendenza.

266

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 112/51. Pietroburgo, 19 marzo 1902.

Il 3-16 marzo, per opera degli studenti, si sono in questa capitale verificati nuovi disordini, che furono tosto repressi.

Pare sianvi stati circa 40 arresti, e quattro feriti, tra cui due studenti e due operai. Uno di questi ultimi, a quanto si dice, soccombette alle ferite.

In proposito a tali fatti vi è da osservare che finora gli studenti si limitavano a reclamare certe franchigie universitarie e taluni privilegi che il Ministro dell'Istruzione Pubblica Vannoski, bene intenzionato, o aveva già concesso in parte e in parte disponevasi a concedere. L'agitazione va però ora assumendo un diverso carattere. Questa volta delle bandiere rosse hanno fatto le loro apparizioni, e le grida che più comunemente si facevano udire erano « Viva la libertà di parola, di riunione, di stampa. Abbasso i tiranni». Venne distribuito un manifesto, di cui compiego una traduzione francese (l). Le misure più severe erano state prese fin dalla vigilia, onde impedire agli operai delle grandi officine dei dintorni di penetrare in città, ed in massima questo passo venne raggiunto.

Però malgrado ciò, fra gli studenti ammutinati vi erano non pochi individui appartenenti al ceto operaio.

Il movimento promosso in principio dagli studenti, ha perso la sua impronta esclusivamente scolastica: si sono lamentati dei disordini anche in località ove, non solo non esistono università o istituti di istruzione superiore, ma che sono considerati come centri esclusivamente commerciali, fedeli e pacifici, come ad esempio recentemente avvenne tra gli operai a Nijni-Novgorod. Ma per quanto agitazioni di tal natura possano destare qualche momentanea apprensione, non è a credere che tali fatti cui in questo paese prende parte una infima minoranza, possano costituire una seria minaccia per l'attuale ordine di cose. La popolazione in generale è pacifica, ed i mezzi di repressione di cui dispone il Governo sono così ingenti ed efficaci da soffocare qualunque movimento sovversivo. Una sola cosa si teme ed è, che gli agitatori (per la maggior parte stranieri) non riescano un giorno o l'altro a far entrare nelle officine una certa quantità di acquavite, e trarre così in piazza la massa degli operai in stato di ubbriachezza, spingendola ai peggiori eccessi, che necessiterebbero sanguinose repressioni, e che gli operai stessi il domani, svaniti i fumi della vodka, sarebbero i primi a deplorare.

Sui disordini degli studenti è oggi comparso sul Journal de Saint Pétersbourg un comunicato ufficiale di cui qui unisco il testo (l).

267

IL CONSOLE AD ALESSANDRIA D'EGITTO, ROMANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 468/4. Alessandria, ... ore 15,05 (per. ore 16 del 20 marzo).

Squadra russa, di cui mio rapporto 12 corrente (2), parte oggi direttamente per Napoli.

(l) -Non si pubblica. (2) -Non pubblicato.
268

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA

T. 393/20. Roma, 20 marzo 1902, ore 19.

Rispondo suo telegramma n. 20 (1). Lo Feng Luh, ministro cinese Roma e Londra comunicò suo richiamo da Roma e nomina Chang Tah Yen suo successore «presso Quirinale ». Legazione chinese Londra e questo incaricato d'affari informarono poi che la stessa persona sarà accreditata anche presso Corte Londra, ove risiederà. Raccomando insistere perché, come era convenuto, un ministro chinese titolare legazione fissa autonoma risieda stabilimente Roma, consentendo intanto essa sia provvisoriamente retta da incaricato d'affari fino nomina ministro.

269

L'INCARICATO D'AFFARI A SANTIAGO, SAVINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 473. Santiago, 20 marzo 1902, ore 20,05.

Presidente della repubblica impressionato notizia Governo italiano agevola Governo argentino compera armamenti nelle fabbriche dello stato. Sarebbe ne~essario urgente smentire.

270

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 287/138. Londra, 20 marzo 1902.

Ieri, questo Ambasciatore di Francia e l'Incaricato d'Affari di Russia hanno

rimessa, separatamente, al Ministro britannico degli Affari Esteri la Dichiarazione

identica destinata dai rispettivi Governi alle Potenze segnatarie del Protocollo di

Pechino del 7 settembre 1901, relativamente alla Convenzione anglo-Giapponese

che era stata loro comunicata sul principio dello scorso febbraio.

Il Signor Cambon da me incontrato oggi stesso mi disse che il Marchese

di Lansdowne nel ricevere da lui quella Dichiarazione -che egli già cono

sceva per averla avuta poco prima dal rappresentante russo -l'aveva accolta

nel modo il più benevolo; Sua Signoria gli aveva senz'altro significato non

esservi parola in quel documento che non fosse a parer suo perfettamente soddisfacente.

Avendo io domandato al Signor Cambon ciò ch'egli pensasse dei motivi che potevano avere determinato codesto passo dei due governi, un mese e mezzo dopo la ricevuta comunicazione del Trattato Giapponese -il che sembrava escludere l'idea di un semplice «accusé de réception » -il mio collega rispose ch'egli stesso non se ne rendeva ben conto. A titolo di congettura, egli riteneva che la nuova Dichiarazione non era destinata tanto ai Governi europei quanto alla Cina e in genere all'Estremo Oriente, ove la stampa locale, in mano per lo più di inglesi, aveva rappresentato con commenti eccessivi la portata del Trattato anglo-giapponese in modo quasi da far credere che questo assicurasse un'assoluta supremazia ai due nuovi alleati: importava far sentire che vi erano altri interessi capaci di farsi valere all'occorrenza e che l'Inghilterra e il Giappone non erano le sole Potenze alle quali rimaneva affidata la tutela dell'integrità dell'Impero cinese e della libertà dei traffici in quei paesi.

L'attitudine di calma soddisfazione assunta dal Governo britannico in presenza di questa manifestazione, é una conseguenza logica delle dichiarazioni da esso fatte circa gli scopi pacifici e conservatori del proprio accordo col Giappone; nè può esso mostrarsi dispiacente che gli stessi suoi dichiarati principi sullo status quo e sulla parità del trattamento commerciale in Cina vengano da altri proclamati, -· se anche non da tutti ugualmente applicati.

(l) Non pubblicato.

271

L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 264/74. Madrid, 20 marzo 1902.

L'll corrente il Ministero ottenne dalla Corona il decreto di proroga delle Cortes e l'indomani rassegnò le sue dimissioni.

Questa risoluzione fu motivata dall'atteggiamento assunto dalla maggioranza riguardo al progetto di legge presentato dal Ministro delle Finanze sul riordinamento del Banco di Spagna.

Il progetto mirava al duplice scopo di dividere le operazioni di emissione da quelle propriamente bancarie, sconto, depositi, ecc. e di restringere la circolazione fiduciaria.

La proposta fu aspramente combattuta dalla Banca e prima l'opposizione e poi vari deputati dei più influenti della maggioranza concordarono e proposero emendamenti che mutavano del tutto il progetto del Governo.

Il Signor Sagasta vedendo le difficoltà insorte si appigliò al partito di prorogare le Cortes per poter poi ritirare il progetto e procedere ad un rimpasto del Gabinetto, reso necessario in seguito alla dimissione del Ministro delle Finanze e del Ministro dell'Interno, malfermo di salute e compromesso per la poca avvedutezza dimostrata all'occasione dei disordini di Barcellona.

S. M. la Regina Reggente diede l'iacarico al Signor Sagasta di formare un nuovo Gabinetto, esprimendo il desiderio che cercasse di ottenere il concorso anche delle frazioni dissidenti. Il Signor Sagasta declinò l'incarico, esprimendo l'avviso suo contrario a tale combinazione, ritenendo egli solo opportuno il concetto di un Gabinetto scelto fra gli elementi della maggioranza.

Sua Maestà si riservò di deliberare e chiamò a conferire i Presidenti delle due Camere ed i capi dei vari gruppi Parlamentari. In seguito a questa conferenza avendo Sua Maestà riconosciuto non essere possibile di formare un Gabinetto di concentrazione, affidò l'incarico senza limitazione di mandato al Signor Sagasta.

Il Signor Sagasta si diresse ai capi di tutte le frazioni del partito ed offri un portafoglio al Signor Canalejas, capo del gruppo radicale. Si iniziarono trattative sulla base di un programma da stabilirsi per le questioni più urgenti.

A questo punto si manifestarono difficoltà fra il Signor Moret ed il Signor Canalejas sovrattutto per la parte d'influenza che ògnuno voleva assicurare a sè ed ai suoi nel Gabinetto. Prevalse il Signor Moret ed il Signor Canalejas ebbe il portafoglio dell'Agricoltura e Commercio. Il Signor Sagasta cercò di assicurarsi la preponderanza affidando i dicasteri della Giustizia e delle Finanze a due suoi amici. Non furono mutati i titolari di Stato, Guerra, Marina ed Istruzione Pubblica.

Il Gabinetto, quale è composto, ha poca omogeneità. Moret e Canalejas ambiscono ambedue a succedere nella direzione del partito liberale al Signor Sagasta e quindi si osteggiano e cercano di raccogliere aderenti. Notevoli poi sono le divergenze di principi di Governo fra i due sovrattutto nella questione delle relazioni colla Chiesa.

Si attendono le prime dichiarazioni del Ministero per conoscere il programma sovrattutto per quanto concerne la legge relativa al Banco di Spagna e nell'esecuzione del Decreto del 19 settembre 1901 concernente le Associazioni Religiose.

272

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 111/50. Pietroburgo, 20 marzo 1902 (per. il 24).

Con dispaccio in data del 23 febbraio u.s. n. 8083/37 (l) V. E. si compiacque darmi comunicazione di un memoranè.um fattole tenere da codesto Ambasciatore d'America ed esponente il modo di vedere degìi Stati Uniti riguardo alla progettata convenzione Russo-Chinese per la Manciuria.

In conformità alle istruzioni che nel tempo stesso mi vennero da V. E. impartite, mi adoperai, senza indugio, affine di conoscere l'accoglienza fatta dal Governo Imperiale al memorandum in parola, che era stato telegrafica

mente comunicato alla m1sswne diplomatica americana di Pietroburgo nonché a quella di Pechino.

Mi duole che, a causa della mancanza di un corriere di gabinetto negli scorsi giorni, non mi si sia offerta prima di oggi l'occasione di portare a conoscenza dell'E. V. il risultato delle mie pratiche che non volli affidare alla posta.

Sull'importante argomento ebbi colloqui abbastanza esaurienti sra:· col Ministro degli Affari Esteri, sia coll'Ambasciatore degli Stati Uniti, sia con qualche altro mio collega, e ne ho anzitutto ricavato il convincimento che fino ad oggi non sia stata firmata una convenzione definitiva per la Manciuria.

Le dichiarazioni fatte dal Governo Imperiale in questa circostanza, secondo quanto è venuto a risultarmi, corrisponderebbero a quelle già anteriormente dal medesimo ripetute durante i negoziati tra le Potenze e la China.

Il Governo Imperiale non avrebbe mancato di affermare una volta di più che l'occupazione della Manciuria non è che temporanea, e che non aspira a monopoli e concessioni speciali ma che è invece disposto ad ammettere per la Manciuria il principio della porta aperta ed una parità di diritti al commercio mondiale in quelle regioni.

Ed è certamente questo secondo punto quello che più interessa il Governo degli Stati Uniti. Nei discorsi tenutimi al proposito l'Ambasciatore di America mostrò di ritenere che la realtà dei fatti possa venir poi a corrispondere alle assicurazioni in parola perché a nulla servirebbero le ingenti spese fatte dalla Russia per la ferrovia di Manciuria se ad una così importante rete ferroviaria non desse alimento il commercio internazionale. Gli Stati Uniti mirando essenzialmente a scopi di indole economica, non hanno ragione di allarmarsi eccessivamente, ciò nondimeno non cesseranno di invigilare a che l'occupazione della Manciuria, qualora dovesse prolungarsi lungamente o anche diventare permanente, non sia troppo oppressiva per la Cina. Gli Stati Uniti si studieranno sempre come hanno fatto in addietro di proteggere i diritti dei Chinesi sostenendoli contro pretese eccessive da parte delle Potenze e specialmente contro la Russia. Per verità da quanto il mio collega di America ebbe a dirmi parrebbe che il Governo Imperiale, traendo motivo dalle necessità di difesa della linea Manciuriana, accampi nella progettata convenzione delle pretese esagerate, e che pure ammettendo, tra le altre clausole, la presenza delle truppe Chinesi, pretenderebbe che fossero prive di artiglierie. Circa i mezzi ed il modo secondo cui dovrà ulteriormente esplicarsi l'azione Russa in Manciuria sembra che in seno al Governo Imperiale si siano formate due correnti. Da un lato il Ministro degli Affari Esteri e forse anche quello delle Finanze sarebbero favorevoli ad una certa larghezza di accordi colla China, dall'altro, il Ministro della Guerra sarebbe deciso fautore di una definitiva occupazione. Ma questa è una questione pressoché secondaria di modo e di mezzi, mentre par completo l'accordo nel volere che l'influenza Russa domini assolutamente in Manciuria. E non è certo da credere che il recente trattato Anglo-Giapponese abbia a far recedere la Russia dalle sue pretese sulla Manciuria, sarà anzi questa la base su cui poggierà tanto più fortemente quanto più sentirà la necessità di garantirsi di fronte all'azione comune di quelle due potenze, diretta ad opporsi alle sue mire sulla Corea, e per nulla da lei presentita, come ebbi a far notare in un precedente mio rapporto.

Per quanto non abbia alcun ben fondato motivo per poter ritenere il memorandum degli Stati Uniti come un corollario del trattato anglo-giapponese, ed anzi l'Ambasciatore di America mi abbia formalmente assicurato non esistere tra i due atti alcuna sorta di correlazione, malgrado la loro simultaneità, egli è certo che gli Stati Uniti, benché decisi a tenersi unicamente sul terreno economico, eserciteranno una sempre maggiore e più accurata vigilanza sulla azione politica che sarà per svolgere la Russia nell'estremo Oriente in opposizione alla coalizione anglo-giapponese.

Si è qua fra le tante dicerie pure preteso che la Russia cerchi di stipulare anch'essa un accordo col Giappone, ma la cosa non mi pare presenti alcun carattere di verosimiglianza.

Se si avvera quanto mi è stato supposto e che oggi ho telegrafato all'E. V., un accordo cioè speciale Franco-Russo da rendersi quanto prima di pubblica ragione, ciò sarà la migliore risposta all'accordo Anglo-Giapponese.

In conclusione adunque gli Stati Uniti, senza rinunziare alla massima vigilanza, si dichiarano rassicurati dalla risposta del Governo Imperiale, considerando che l'interesse stesso della Russia esige che si tenga il più gran conto della parte economica della questione che è quella che maggiormente interessa il Governo Americano.

D'altra parte è da presupporsi che tutti questi accordi speciali e tutte le pretese particolariste di ogni nazione che ne derivano renderanno sempre più difficile l'accordo tra esse il giorno in cui dovessero nuovamente svolgere una azione comune in presenza di nuovi torbidi in China.

20 marzo 1902.

P.S. Accludo un comunicato ufficiale oggi comparso sul Journal de Saint Pétersbourg (l) col quale viene pubblicata una dichiarazione russo-francese in risposta alla convenzione anglo-giapponese.

(l) Non pubblicato.

273

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, POLACCO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 209/68. Sofia, 20 marzo 1902.

Col dispaccio del 15 corrente mese n. 14526/41 (2) citato in margine, l'E. V. mi prescriveva di fare qui, analogamente a quanto farebbero i miei colleghi, le pratiche desiderate dalla circolare ottomana di cui codesto Ambasciatore di Turchia Le dava lettura il 15 corrente.

Conformandomi al tenore delle istruzioni già date da V. E. a questa R. Agenzia, io non avevo mancato in addietro, nelle mie conversazioni col Signor Daneff, di fargli sentire l'importanza che il Governo del Re annetteva al mantenimento dell'ordine in Macedonia ed alla energica repressione dei comitati bulgari che miravano a turbarlo. Il Ministro mi ha risposto nel modo più sod

disfacente; e per dir vero nell'opinione mia e dei miei colleghi, fra i quali il Commissario Ottomano informatissimo delle cose di Macedonia, se le notizie provenienti da quel paese, in specie da Monastir, non sono molto rassicuranti, non può farsene colpa al Governo bulgaro, il quale, come è detto nel mio rapporto del 13 corrente n. 61 (l), mostra veramente di aver compresa la necessità di frenare l'azione dei comitati rivoluzionari.

Ed ora, in conformità delle nuove istruzioni di V. E., rinnoverò le mie pratiche presso il Signor Daneff quando i miei colleghi fossero pure incaricati di fare altrettanto. Mi risulta che di essi il solo Agente britannico ha avuto avviso della recente circolare ottomana; Lord Lansdowne lo informava per telegrafo il 16 corrente di averne telegrafata la sostanza all'Ambasciatore d'Inghilterra a Costantinopoli, pregando quest'ultimo di concertarsi coi Colleghi per vedere quali istruzioni fosse il caso di dare ai rappresentanti a Sofia. Il Signor Elliot mi diceva questa mattina che finora nessuna altra comunicazione gli è stata fatta ed egli sembrava credere che la cosa non avrebbe seguito. In caso diverso, il rappresentante inglese ha promesso di tenermi informato come pure il germanico, coi quali specialmente io concorderei la mia azione.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 249.
274

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 481/21. Pechino, 21 marzo 1902, ore 3,50.

La nomina di Chang nelle stesse condizioni del suo predecessore, fu fatta per rinviare indefinitamente nomina ministro di Cina residente a Roma. Dichiarai che, pur non conoscendo pensiero di V. E., io ritenevo incompatibile la contemporanea esistenza di un incaricato d'affari autonomo a Roma e di un ministro accreditato presso il Quirinale con residenza a Londra. In seguito a queste rimostranze e ad altre pratiche credo imminente la nomina di un titolare per l'Italia. Essa sarebbe affrettata se l'E. V. credesse tenere eguale linguaggio a codesto incaricato d'affari cinese pregandolo di telegrafare al suo Governo.

275

L'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 479/22. Pechino, 21 marzo 1902, ore 3,50.

Ho l'onore di proporre a V. E. di conferire, come le altre nazioni, decorazione al plenipotenziario, principe ereditario Ching ed al sotto segretario di stato Lien Fang per i negoziati di pace. La Germania già conferì al principe ereditario la gran croce dell'ordine dell'aquila rossa con brillanti. A Lien Fang potrebbe

essere conferita la commenda dei S.S. Maurizio e Lazzaro. Sarebbe opportuno porre in grado la R. legazione di partecipare tale onorificenza più presto possibile. Con l'autorizzazione dell'E. V. corrispondenti decorazioni potrebbero essere chieste al Governo cinese per il plenipotenziario italiano e personale della legazione.

(l) Cfr. n. 244.

276

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 484/29. Berlino, 21 marzo 1902, ore 6,15.

Riferendoml mia lettera particolare informo V. E. che conte Btilow parte solo domani direttamente per Venezia, dove arriverà pomeriggio di domenica hotel Britannia. Passerà Ala domenica ore nove mattina.

277

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 483. Parigi, 21 marzo 1902, ore 6,30.

Hier au Sénat, après que plusieurs orateurs eurent unanimement parlé en de très bons termes des relations franco-italiennes, le ministre des affaires étrangères s'est exprimé ainsi qu'il suit. << J'ai été très heureux d'entendre l'honorable rapporteur se féliciter des relations nouvelles et des liens de cordiale confiance qui se sont établies entre la France et l'Italie, il a exprimé avec autorité le sentiment de l'immense majorité de ce pays justement satisfait que deux nations si naturellement faites pour s'entendre, n'en soient plus à se meconnaitre et à se traiter en adversaires. Il y avait, pesant sur la poiltique des deux pays, comme un nuage épais de malentendus que nous nous sommes résolument appliqués à dissiper, et je suis heureux de dire au Sénat que les hommes d'Etat éminents qui se sont succédés au Ministère des affaires étrangères d'Italie y ont travaillé de Ieur còté avec autant de conviction que d'activité. L'accord commerciai du 21 novembre 1898 avait préparé Ies voies à des franches explications sur Ies questions d'ordre plus général intéressant Ies deux peuples voisins surtout dans la Méditerranée et le jour où les evénéments aidant secondés eux mémes par une bonne volonté réciproque ces explications furent échangées on reconnut qu'aucune cause grave, qu'aucun intérét essentiel n'exigeait que la France et l'Italie vecussent indifférentes, encore moins hostiles et que la Méditerranée loin de Ies mettre en confiit doit au contraire servir à les rapprocher et à les maintenir unies (très bien, très bien applaudissements). Depuis cette constatation la France et l'Italie se rendent compte combien elles ont gagné en sécurité, en liberté pour se mouvoir chacune dans la sphère qui lui est propre et tout les affermit dans cette conviction précieuse que pour assurer à leurs relations nouvelles un long et fecond avenir elles n'ont qu'à persévérer dans une voie par où leur politique générale sera mise de plus en plus en harmonie avec l'esprit qui a présidé à leur rapprochement (très bien, très bien applaudissements) >> (1).

278

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 399. Roma, 21 marzo 1902, ore 23.

Ho letto colla più viva soddisfazione l'amichevole dichiarazione del signor Delcassé al senato rispetto alle relazioni tra la Francia e l'Italia ( 2). Desidero che V. E. ne esprima al ministro la nostra riconoscenza.

279

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 292/143. Londra, 21 marzo 1902 (per. il 28).

Ho ricevuto oggi, per mezzo del Corriere, il dispaccio di V. E., in data del 12 marzo (confidenziale s.n.) (3), contenente il testo della Dichiarazione a Lei rimessa da Lord Currie il giorno prima, colla quale l'Ambasciatore di S. M. Britannica ha, in nome del suo Governo, enunciato le intenzioni di questo, circa lo stato presente e le eventuali contingenze future relative alla Tripolitania.

Mi sono recato oggi stesso dal Marchese di Lansdowne e, nel senso del contenuto del dispaccio di V. E., ho espresso a Sua Signoria i sinceri ringraziamenti del Governo del Re per questa spontanea manifestazione dei sentimenti amichevoli del Governo britannico verso l'Italia. Dopo data lettura di quel dispaccio al Ministro e riconosciuto ch'egli avrebbe gradito di possederne il testo. mi sono valso dell'autorizzazione da Lei accordatami, rilasciandone in sue mani una copia.

Il Marchese di Lansdowne mi disse ch'egli avrebbe partecipato al Primo Ministro la mia comunicazione e che il Marchese di Salisbury era al pari di lui ben lieto di aver avuto quest'occasione di dar prova della simpatia dell'Inghilterra per il nostro paese. Riguardo alle assicurazioni colle quali conchiudeva il dispaccio di V. E. circa l'« intero contenuto» delle fatteci dichiarazioni,

(-3) Cfr. n. 234.

Sua Signoria si teneva sicuro essere Eìla pienamente conscio del loro spirito, che era di sincera amicizia per l'Italia e di completa fiducia nella lealtà delle intenzioni del suo Governo (1).

(l) -A sua volta il ministro Prinetti, il 15 marzo, aveva assicurato l'on. Guicciardini e la Camera che «le buone relazioni così felicemente ristabilite con la Francia e di cui parlai nelle mie dichiarazioni del 14 dicembre, ieri rammentate dall'onorevole Guicciardini, non hanno in alcun modo perturbato i rapporti di tradizionale amicizia tra l'Italia e l'Inghilterra. Basterebbero a dimostrarlo le nobili ed affettuose parole, di cui non è ancora perduta l'eco, che il ministro Chamberlain ha profferito all'indirizzo del nostro Paese, allorché egli dichiarava di volere come attestazione di simpatia verso l'Italia modificare un'ordinanza che aveva promulgata, e che feriva il sentimento nostro e la nostra lingua. Ma io sono lieto di approfittare di questa occasione per dichiarare all'onorevole Guicciardini ed alla Camera, che i rapporti fra l'Italia e l'Inghilterra non hanno mai potuto essere più cordiali ed intimi che ora non sono». In A.P., Cam. Dep., Leg. XXI, 2a sess., I, 1902, p. 160. Sull'importanza di queste dichiarazioni, cfr. L. SALVATORELLI, La Triplice Alleanza, Milano, 1939, p. 248; E. SERRA, L'Intesa mediterranea, del 1902, cit., p. 310. (2) -Cfr. n. 277.
280

IL MINISTRO A TOKIO, l\!IELEGARI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 485. Tokio, 22 marzo 1902, ore 4.

Questo Governo accolse con calma dichiarazione franco-russa, che considera nuova garanzia mantenimento statu quo estremo Oriente.

281

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 30. Berlino, 22 marzo 1902, ore 16,07 (per. ore 17,30).

Conte di Btilow che io ho veduto poco fa, al momento sua partenza mi ha nuovamente espresso il desiderio di incontrarsi con V. E. e soggiunse aver avuto incarico conte Wedel esprimerle questo suo desiderio. Cancelliere dell'impero mi ha ripetuto, in sunto, ultime conversazioni avute da V. E. con codesto ambasciatore di Germania, già notemi per mezzo del barone Richthofen e mi ha rinnovato preghiera di avere piena fiducia in lui per la questione dei trattati di commercio che egli vuole e saprà risolvere secondo nostro desiderio ma che deve essere da lui trattata per riguardi parlamentari con molta prudenza. Con BUlow è partita la di lui consorte e seguito di segretari e scrivani, non che un agente di polizia. In questi giorni si trova in Italia tutto il Governo germanico. Sono partiti o stanno per partire per godere in Italia le vacanze, segretario di stato tesoro, ministro del commercio, ministro dei lavori pubblici, ministro dell'istruzione pubblica ecc.; non parlo naturalmente della massa di principi ed altre personalità che giornalmente partono per l'Italia.

282

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 491/14. Londra, 22 marzo 1902, ore 18,45.

Ho spedito per posta a V. E. una memoria rimessami dal marchese Lansdowne nella quale si propone una nostra cooperazione colle forze inglesi contro il Mad Mullah, e allo scopo di ottenere possibilmente la consegna dal Sultano

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dei Migiurtini, qualora questi gli desse nuovamente asilo. Si tratta di una crociera di qualche nostra nave da guerra per sequestrare sambuco e di una eventuale avanzata forze britanniche di terra col concorso di un ufficiale italiano.

(l) Nelle Carte Pansa esiste una lett~ra di Rennell Rodd indirizzata all'ambasciatore Pansa per complimentarsi del miglioramento dei rapporti in seguito alla dichiarazione su Tripoli ed alla politica di Chamberlain a Malta.

283

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. R. P. S. N. Roma, 22 marzo 1902, ore 19,50.

Rispondo al n. 30 (l) .

Il conte Wedel mi ha infatti espresso il gentile desiderio del conte Bil.low. Salvo imprevisti incidenti sarò a Venezia il 27, lieto di incontrarmi col cancelliere dell'impero.

284

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PECHINO, ROMANO AVEZZANA

T. 402/21. Roma, 22 marzo 1902, ore 22,10.

Incaricato d'affari chinese per mezzo Lo Feng Luh telegraferà anche lui a codesto Governo nel senso indicato nel telegramma di Lei n. 21 (2).

285

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, POLACCO

T. 404. Roma, 22 marzo 1902, ore 22,50.

L'ambasciatore di Turchia mi ha comunicato un telegramma del suo Governo relativo alle agitazioni bulgare. Secondo le notizie giunte alla Porta non solo ora si sarebbe fatta più vivace e più ampia la propaganda del Comitato macedone, ma gli ufficiali stessi della riserva bulgara avrebbero ricevuto ordini di tenersi pronti per il richiamo dei riservisti sotto le armi. Il richiamo avrebbe luogo il 15 marzo vecchio stile e dovrebbe essere compiuto entro 48 ore. Mentre le confermo, circa gli uffici da farsi presso codesto Governo le precedenti mie istruzioni, la prego di verificare l'esattezza delle predette notizie e di telegrafarmene.

(l) -Cfr. n. 281. (2) -Cfr. n. 274.
286

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 405. Roma, 22 marzo 1902, ore 23.

Circa nomina ministro cinese a Roma le ho diretto oggi dispaccio che le confermo aggiungendo che questo incaricato d'affari chinese telegraferà per mezzo di Lo Feng Luh suo Governo confermando anche egli nostra richiesta per nomina ministro China con residenza stabile Roma. Prego V. E. adoperarsi nello stesso senso presso Lo Feng Luh (l).

287

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A BERNA, SILVESTRELLI

T. 407. Roma, 22 marzo 1902, ore 24.

Prego la S.V. presentare al Consiglio federale nota seguente: « En réponse à la communication du 12 courant, j'ai l'honneur de faire connaitre au Haut Conseil Fédéral ce qui suit: «La Légation de Sa Majesté ne saurait admettre comme afférantes au débat actuel les allégations d'ordre juridique par les quelles le Haut Conseil Fédéral voudrait expliquer l'impunité dont jouit le Reveil. La légation de Sa Majesté continue à envisager l'oeuvre criminelle du Reveil dans son ensemble, et se rapporte, à ce sujet, aux considérations qu' elle exposait verbalement au mois de juin dernier, à M. Brenner alors président de la Confédération. Ces considérations gardant encore toute entière leur valeur, la légation d'Italie estime qu'il n'y a pas lieu à modifier le point de vue énoncé dans sa note du 8 mars ».

288

IL MINISTRO A TOKIO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 91/37. Tokio, 22 marzo 1902

La dichiarazione dei Gabinetti di Pietroburgo e di Parigi rispetto alle cose dell'Estremo Oriente, .o per meglio dire la loro risposta al recente accordo

Anglo-Giapponese, è stata ieri l'altro presentata dai rispettivi rappresentanti a questo Ministro degli Affari Esteri. Trattenuto in casa da un leggiero accesso d'influenza, non potei, con mio sommo rincrescimento, recarmi dal Signor Komura per raccogliere le sue impressioni in merito alla importante notificazione delle due potenze alleate, ma, a quanto mi comunicò amichevolmente il mio Collega di Germania, S. E. non se ne sarebbe mostrata in nessun modo preoccupata, volendovi anzitutto ravvisare una nuova affermazione della unanimità delle potenze a voler mantenuto lo statu quo nell'Estremo Oriente.

Secondo l'opinione che qui domina generalmente, la dichiarazione in parola non altera in nulla la situazione creata dal trattato anglo-giapponese e serve a meglio delinearla ed a porre in evidenza i suoi pacifici obiettivi. La proclamazione poi solennemente avvenuta dell'estendersi della duplice anche agli affari dell'Estremo Oriente (fatto a cui alcuni sembrano voler annettere una importanza soverchia) non è in fondo che la constatazione ufficiale di uno stato di cose già avverato e manifesto. L'eccesiva condiscendenza addimostrata in ogni occasione dalla Francia ad assecondare la politica russa nell'estremo oriente, anche laddove, come in Corea, essa non aveva per proprio conto che molti scarsi interessi da guarentire, equivaleva di già da molto tempo ad un'effettiva comunanza d'azione, né sarà facile alla diplomazia francese, anche dopo la dichiarazione in parola, l'addimostrare ancora maggior sollecitudine e premura di ciò che il facesse per il passato, nel porsi a rimorchio della sua potente alleata. E fu appunto molto probabilmente in gran parte per ovviare ai pericoli di tale comunanza d'azione fra la Francia e Russia ed a ristabilire l'equilibrio che essa minacciava di turbare, che venne ideato e stipulato il recente trattato anglo-giapponese.

È probabile che uno dei principali obiettivi perseguiti dalla Russia colla dichiarazione predetta fu quello di scemare possibilmente l'impressione prodotta in China dal Trattato Anglo-Giapponee e di evitare un conseguente aumento di influenza delle due potenze contraenti, accrescendovi invece in proporzione il proprio credito e quello della nazione alleata. Dubito che questo effetto possl3 facilmente venir raggiunto, giacché colla morte di Li-Hung-Chang, e grazie alla sbagliata politica seguita in Manciuria, il prestigio della Russia nel Celeste Impero ha subito un colpo di cui non si potrà riavere di così presto. Temo piuttosto che ben diversa all'aspettativa generale possa essere eventualmente in China la ripercussione dei recenti accordi.

Come diceva scherzando il Signor Komura, conversando con questo mio Collega di Germania, la China deve rimanere per la prima sorpresa della dovizia di amici e protetttori che sorgono da ogni parte a garantirne la indipendenza e l'integrità. Oro non havvi ragione di temere che da quelle unanimi protestazioni di appoggio, atte a rassicurarla sul suo avvenire e dalle insanabili rivalità che più che mai deriveranno da quei nuovi raggruppamenti di potenze possa la China, dimentica delle lezioni del passato, rialzare il capo ed opporsi con maggior lena alle opere di riforma e di progresso che, intimidita, sembrava adesso di voler avviare ed all'apertura economica del paese?

(l) Con t. 1014 del 28 maggio Gallina Informò Prlnettl della nomina di un ministro di Cina accreditato esclusivamente presso !'!talla.

289

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S. N. Berlino, 23 marzo 1902, ore 10,54 (per. ore 12,50).

Ringrazio telegramma di V. E. in data ieri sera (1). Spero conferenza di lei con Biilow sarà pienamente soddisfacente. Sarò grato se l'E. V. crederà farmene poi conoscere risultato.

290

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 494/3. Pietroburgo, 23 marzo 1902, ore 16,20.

Mi si assicura avere questo ambasciatore d'Austria-Ungheria annunziato conte Lamsdorff e ambasciatore di Francia che suo Governo si associa alla dichiarazione franco-russa del 16 corrente relativa Estremo Oriente.

291

IL REGGENTE LA RAPPRESENTANZA DIPLOMATICA PRESSO IL NEGUS, COLLI DI FELIZZANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 612/65. Addis Abeba, 23 marzo 1902 (2).

Menelik ha partecipato ufficialmente Harrington che aderendo invito fattogli per mezzo suo dal Re d'Inghilterra ha stabilito che ras Maconen, con seguito, vada a Londra rappresentarlo incoronazione del Re. Mi risulta che Lagarde ha fatto il possibile perché incarico non fosse affidato a un ras, protestando perché in Francia non fu mai mandato un personaggio di tale grado; ma in seguito dichiarazione Harrington, Governo inglese non avrebbe accolto persona di grado inferiore, Menelich decise inviare ras Maconen, essendo... (3) ammalato. Ilg,, in via privata e confidenziale, mi ha detto che in seguito protesta Lagarde si sta ora discutendo se sia opportuno incaricare ras Maconen, al suo ritorno da Londra, fare visita Governo francese e Re d'Italia. Finora non fu in proposito presa alcuna decisione, né ebbi alcun comunicato ufficiale.

Ho informato Ciccodicola.

17 -Documenti diplomatici -Serle III -Vol. VI

(l) -Cfr. n. 283. (2) -Ritrasmesso da Asmara il 7 aprile. (3) -Gruppo indec!frato.
292

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 395. Parigi, 23 marzo 1902.

Con l'ultimo bollettino della sera del 19 corrente, l'Agenzia Havas ha pubblicato l'informazione che segue:

«I rappresentanti diplomatici di Francia e di Russia hanno dato oggi comunicazione della dichiarazione seguente ai ministri degli Affari Esteri delle Potenze che firmarono il protocollo di Pechino del 7 settembre 1901.

I Governi alleati di Francia e di Russia avendo ricevuto comunicazione della Convenzione anglo-giapponese del 30 Gennaio 1902, conchiuso nello scopo di assicurare lo statu qua e la pace generale nell'Estremo-Oriente e di mantenere l'indipendenza della Cina e della Corea le quali debbono rimanere aperte al commercio ed all'industria di tutte le nazioni, sono rimasti pienamente soddisfatti di trovarvi l'affermazione dei principii essenziali che essi stessi hanno a più riprese, dichiarato costituire e che rimangono la base della loro politica. I due Governi stimano che il rispetto di questi principi è nel tempo stesso una guarentigia per i loro speciali interessi nell'Estremo Oriente. Tuttavia, obbligati essi pure di contemplare il caso in cui, sia l'azione aggressiva di terze potenze, sia nuovi torbidi in Cina, mettendo in questione l'integrità ed il libero sviluppo di questa potenza, diverrebbero una minaccia per i loro propri interessi, i due Governi alleati si riservano di trovare eventualmente i mezzi (aviser éventuellement aux moyens) di assicurarne la salvaguardia».

Il Ministro Delcassé avea il giorno stesso ricevuto il Corpo diplomatico e non è a mia cognizione che egli abbia parlato di questa imminente e grave pubblicazione con altri che coll'Ambasciatore di Russia. Questi in verità si presentò al palazzo del Quai d'Orsay sul tardi quando gli altri Ambasciatori, suoi colleghi, erano già stati ricevuti dal Ministro ed è probabile che la riserva da questi osservata coi medesimi fosse determinata dal non aver egli saputo ancora se il Gabinetto di Pietroburgo consentiva alla pubblicità immediata della dichiarazione. Questa circostanza è del resto di secondaria importanza perché la dichiarazione era stata comunicata in quello stesso giorno a tutti i Governi che sottoscrissero il protocollo di Pechino.

La prima impressione a Parigi fu quella di una sorpresa che non riuscì a tutti gradita. Non tutti opinavano, fino a questi ultimi giorni, che l'accordo franco-russo si estendesse non soltanto agli interessi europei dei due Stati, ma anche alle situazioni derivanti dalle questioni extraeuropee. Per costoro la rivelazione, contenuta nella dichiarazione del 19 marzo, riuscì improvvisa. Tale non deve essere sembrata però al R. Governo, dappoiché, tenendo in conto vari indizi, io ebbi, pur non avendone la prova assoluta, da molto tempo, a segnalare al medesimo che l'alleanza franco-russa si estendeva, secondo ogni probabilità, anche agli interessi dei due paesi fuori di Europa. Ciò che può parere più singolare è che le apprensioni destate da questa rivelazione, si siano manifestate negli organi i più accreditati del partito nazionalista. La Patrie ha il primo giorno quasi tacciato d'imprudenza la politica che associava l'azione militare della Francia a tutte le querele asiatiche della Russia. Per il Petit Journal la guerra si trova inevitabilmente connessa con il passo fatto dai due alleati e la questione sta ora nel prepararsi e non !asciarsene sorprendere. Alla Camera dei Deputati il Signor Denis Cochin, oratore della destra, ha annunziato l'intenzione di interpellare il Governo. Non è però certo che egli abbia a tradurre in atto tale suo intendimento.

Intanto il Signor Delcassé fu indotto a fornire delle spiegazioni in Senato ed egli vi tenne un linguaggio riguardoso nel quale sembra trasparire più che il desiderio di mettere in evidenza il carattere dell'alleanza franco-russa e la sua solidità, la cura di togliere al recente atto da essa compiuto, ogni colore di ostilità verso chicchessia e di attenuare l'importanza ed il significato del medesimo. Nella tornata del 20 corrente, questo Ministro degli Affari Esteri, rispondendo a vari Senatori, ha anzitutto messo in sodo che se «ciò che è detto nel trattato anglo-giapponese merita di essere preso in seria considerazione, nulla in quel trattato è detto che possa dar ombra alla Francia». Poi, con notevole insistenza, ha rivendicato per sé e per la Russia la priorità di avere proclamato il principio della integrità della Cina come base della politica invariabilmente seguita. Egli volle con ciò escludere in modo assoluto che l'adesione dell'Inghilterra e del Giappone a siffatto principio possa riuscire molesta alla Francia. Del pari il Signor Delcassé ha voluto dimostrare che l'importanza degli interessi commerciali ed industriali della Francia in Cina richiede che il Governo della Repubblica non si diparta dalla politica della porta aperta che è pur quella che l'Inghilterra ed il Giappone dichiarano di voler far prevalere.

È inverosimile che le Potenze che si trovano cosi riunite nella professione di tali principi, abbiano a trovarsi in contrasto fra di loro. Ma, dappoiché l'Inghilterra ed il Giappone hanno stimato di dovere prevedere il caso in cui, l'integrità della Cina essendo offesa, i loro interessi si troverebbero compromessi, la stessa previsione s'imponeva alla Francia ed alla Russia e s'impone, disse il Ministro, ugualmente a tutte le Potenze.

La parola del Signor Delcassé non ebbe la stessa nitidezza quando egli entrò a parlare del legame che unisce la Francia alla Russia nelle quistioni riguardanti la Cina. Egli affermò la comunanza di pensiero esistente fra le due potenze. Il trattato anglo-giapponese essendo stato ad entrambe comunicato, esse ebbero ad esaminarlo insieme come conviensi ad alleati «dont les intérets essentiels, en Chine comme ailleurs, concordent sur tant de points, notamment les intérets qui résultent pour elle (la Russia) e pour nous (la Francia) » dalla situazione di Stati limitrofi della Cina sovra una immensa estensione di territorio. Volle forse l'oratore del Governo, con la calcolata oscurità dell'eloquio, celare il vero carattere dell'alleanza che avvince la Francia alla Russia? Non mi pare che in tal caso egli vi sia perfettamente riuscito. Non vi è alcun motivo di credere che la comunicazione fatta a Parigi ed a Pietroburgo del trattato anglo-giapponese costituisse un tal fatto da persuadere la Francia e la Russia a prendere nuovi impegni, o ad estendere gli esistenti ad una situazione prima non preveduta. È molto più probabile che il Signor Delcassé il quale, nel primo momento dopo la comunicazione fattagli del trattato anglo-giapponese, dimostrava né inquietudine, né dispetto, si sia trovato costretto, dall'osservanza di preesistenti accordi, ad assecondare la Russia in una manifestazione alla quale, non tanto la sostanza, quanto la forma attribuisce una eccezionale gravità.

Mi premeva accertarmi se questo Ministro per gli Affari Esteri di ciò si fosse reso esattamente conto. Perciò, avendo io avuto ieri l'opportunità d'intrattenermi con lui per altri affari, portai la conversazione sovra l'ultima parte del discorso pronunziato in Senato dal mio interlocutore, nella quale la politica delle alleanze fu da lui designata come una necessità presente, accettata ormai anche da coloro che fin quì aveano contro la medesima resistito. Della giustezza di questa osservazione, soggiunsi io, si avea avuto la recentissima prova che, per la prima volta, si era udito parlare in un documento diplomatico in nome di alleati dopo che la politica delle alleanze erano ritornate in onore, parevami anzi cosa singolare che questa circostanza fosse rimasta quasi inosservata mentre essa poteva sembrare quella che nella dichiarazione franco-russa meritava la maggiore attenzione. Io parlava, -m'affrettai d'osservare come un vecchio esercente del mestiere ed all'infuori d'ogni idea di manifestare altra cosa che il pensiero mio personale; io mi era ricordato nel leggere la dichiarazione degli alleati, lo stile d'altri tempi nei quali l'uso del linguaggio collettivo dava una solennità ed una gravità agli atti diplomatici alle quali eravamo disabituati. Il Signor Delcassé rimase visibilmente turbato della mia osservazione. Crede Ella, mi disse, veramente che questa sia la prima volta che, in un documento diplomatico, da dopo che le alleanze esistenti sono costituite, gli alleati abbiano parlato collettivamente? Gli risposi che io non avea memoria di un precedente esempio. Il colloquio si mantenne ancora alquanto sovra questo soggetto !asciandomi l'impressione che la Cancelleria russa sola dovea essersi resa conto con precisione del carattere comminatorio che acquistava sempre una dichiarazione fatta in nome collettivo da potenze che affermano l'alleanza che le unisce.

Appena è mestieri ch'io aggiunga che, nel corso della conversazione che si protrasse a lungo, questo Ministro degli Affari Esteri non si diparti mai dalle considerazioni destinate ad attenuare l'importanza non soltanto della dichiarazione franco-russa, ma anche dell'alleanza anglo-giapponese. Dalle informazioni pervenutagli appariva che al Giappone esistevano due influene, l'una, esercitata principalmente dal principe Ito, che spingeva ad un accordo con la Russia, l'altra rappresentata dagli attuali ministri, che voleva invece mantenere intatta l'egemonia del Giappone di fronte alla Russia. L'Inghilterra pareva aver saputo profittare dell'assenza del Principe Ito dal Giappone per

assicurarsi contro il pericolo di un accordo russo-giapponese e si era decisa a sostituire la propria alleanza all'altra che il Giappone avrebbe potuto stipulare e che era di natura da portarle ombra. Il solo punto oscuro stava nella misura della saviezza di questo giovane Stato asiatico, sorto repentinamente a civiltà, ma pieno di ardimento e che finora non avea dato prova di molta temperanza nelle sue aspirazioni.

Volli, Signor Ministro, riunire in questo rapporto tutto ciò che mi parve convenisse che fosse di qui riferito circa la situazione nuova che concorsero a creare il trattato anglo-giapponese e la dichiarazione franco-russa perché tale situazione non può non avere influenza sovra quella in vista della quale

il Governo del Re potrebbe essere a breve scadenza chiamato a prendere grave deliberazione per gl'interessi proprii.

Se l'E. V. me lo consente, vorrei soltanto aggiungere che la durata dell'alleanza anglo-giapponese limita ad un quinquennio le previsioni che nascono dallo stato presente delle relazioni internazionali e che conseguentemente ciascuno sembra avere uguale interesse a ricuperare la piena sua libertà di azione alla scadenza di tale periodo.

293

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. CONFIDENZIALE 494/253. Vienna, 23 marzo 1902.

Gli Ambasciatori di Russia e di Francia a Vienna fecero a S. E. il conte Goluchowski la stessa comunicazione, relativa al trattato anglo-giapponese che fu fatta alle altre Grandi Potenze, e che sarà fatta anche al Governo Giapponese. Le dichiarazioni in essa contenute essendo state partecipate, in termini identici, all'E. V., stimo superfluo di qui riassumerle. Qui a Vienna la comunicazione fu fatta il giorno stesso, cioè il 19 corrente, ma separatamente dai due Ambasciatori, che ne diedero lettura e ne lasciarono il testo nelle mani del Ministro I. e R. degli Affari Esteri, coll'avvertenza che la comunicazione così fatta avrebbe conservato il carattere verbale.

Il Conte Goluchowski si limitò a dire ai due Ambasciatori che, se le dichiarazioni della Russia e della Francia significavano, come pareva risultare dal loro contesto, l'assicurazione del mantenimento della pace e dello statu quo e della libertà di commercio nello Estremo Oriente, egli ne prendeva atto con soddisfazione. Quanto alle riserve per eventualità future, il Conte Goluchowski stimava inopportuno e prematuro il formulare fin d'ora un apprezzamento.

In sostanza il Conte Goluchowski non dà alla comunicazione franco-russa molta importanza, e, secondo ciò che qui si sa dell'impressione prodotta a Londra, sembra che anche il Gabinetto Britannico non se ne preoccupi troppo. Non si può tuttavia negare che la comunicazione abbia il significato preciso d'una specie di monito concertato tra la Russia e la Francia in risposta al trattato anglo-giapponese, e d'una chiara affermazione dell'estensione dell'alleanza franco-russa agli affari dell'Estremo Oriente, ciò che finora si presumeva, ma non si sapeva in modo sicuro.

294

IL PREFETTO DI VENEZIA, CASSIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 498. Venezia, 24 marzo 1902, ore 12,56.

Ieri ore 14,35 arrivato qui cancelliere conte Btilow con moglie e seguito; prese alloggio hòtel Britannia. Stamane qui giunto da Pontebba fratello cancelliere. Ieri stesso ore 14 arrivato pure da Pontebba S. E. Jules de Wlassics ministro culto Budapest che alleggia hòtel Danieli.

295

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 504/6. Budapest, 24 marzo 1902, ore 21,30 (per. ore 23,30).

Biilow telegrafò a Szell che egli si associa profondo dolore dell'Ungheria per la morte del benemerito uomo di stato Kalman Tisza. Funerali avranno luogo domani.

296

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 947/397. Parigi, 24 marzo 1902.

È stato a più riprese ripetuto tanto in alcuni diari francesi, quanto in giornali e riviste di altri paesi, che il Signor Delcassé poco dopo la sua assunzione al Ministero degli affari esteri, avrebbe trascurata l'occasione offertagli dal Gabinetto di Berlino per una intesa in vista di tenere a freno l'Inghilterra nelle sue espansioni africane. Nella recente discussione del bilancio degli affari esteri in Senato, l'on. Gotteron si è fatto eco di tali voci raccogliendole in un articolo della Fortnightly Review firmato «Diplomaticus ». Le conseguenze dell'atteggiamento che il Ministero, di cui fece parte il Signor Delcassé, assunse, sarebbero state delle più funeste e, al dire dell'oratore, esso fu causa dell'evacuazione di Fascioda e dell'accordo segreto anglo-tedesco-portoghese il quale comprenderebbe tutti gli interessi africani dei tre Stati.

Nel corso della conversazione da me avuta il 22 corrente con questo Ministro degli affari esteri, questi passò in rassegna i vari soggetti trattati nella discussione del giorno 20 in Senato e si dimostrò particolarmente seccato della leggenda -così diss'egli -che si cercava di formare ed alla quale il Senatore Gotteron aveva portato il suo contributo. «Mi si costringerà, aggiungeva il Ministro, a pubblicare un giorno le carte che fanno fede del come le cose si sono passate». Negli ultimi giorni del Ministero Méline, continuò egli, il Principe Munster venne a parlare al Signor Hanotaux di un prestito che il Portogallo aveva il progetto di fare in Inghilterra e per il quale alcuni cespiti delle entrate dello Stato portoghese sarebbero stati dati in garanzia ai nuovi creditori con manifesto detrimento degli antichi. Le condizioni finanziarie del Portogallo parevano al Gabinetto di Berlino tali da legittimare la proposta di mettere le finanze di quel paese sotto una sorveglianza (contrale) delle Potenze. Il Ministero francese era in condizioni da non poter prendere impegni di simile natura ed il Signor Hanotaux ne fece l'osservazione all'Ambasciatore germanico, il quale, dopo quel colloquio, non ebbe più a riprendere sovra questo soggetto il discorso. Quando il nuovo Ministero presieduto dal Signor Brisson s'insedlò, il Signor Delcassé entrò tosto in rapporti col Principe Miinster col quale egli ebbe a tener discorso di affari diversi già iniziati dal suo predecessore; ma il diplomatico tedesco non rinnovò più la proposta relativa alle finanze portoghesi, forse anche perché il Portogallo, nel frattempo, avea saggiamente rinunziato al progetto di prestito che avrebbe diminuito la guarenzia che, nella totalità delle entrate di quel paese, hanno i portatori dei vari titoli del debito portoghese esistente.

Registro, in questo mio carteggio, ciò che il Signor Delcassé stimò dovermi spontaneamente dire circa questo episodio delle relazioni della Francia con la Germania, non tanto per l'interesse forse esagerato ch'egli parve annettere a distruggere la leggenda formatasi in diverso senso, quanto perché il R. Governo, al quale sono di certo pervenute le voci ripetutamente messe in giro di ravvicinamenti possibili fra Parigi e Berlino, suggeriti dallo stato dei rapporti dei due paesi con l'Inghilterra, abbia nelle cose dettemi da questo Ministro degli affari esteri un elemento dippiù per ritenerle senza fondamento.

Soggiungerò, dappoiché l'occasione se ne presenta, che il contegno assunto in Parigi dal nuovo mio collega tedesco, palesa un desiderio vivissimo di riuscire persona gratissima a questo Governo ed a tutte le classi della Società francese. Egli è il vero diplomatico tant mieux. Nulla lo smuove dal suo ottimismo e gli atti del Governo francese non trovano, per certo, apprezzamenti più benevoli de' suoi. Mi pare certo che il Principe Radolin non è guidato in ciò solamente dalla cortesia ed affabilità di modi che sembrano innate in lui, ma che egli segue precise direzioni che gli vengono date dal suo Governo.

297

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. R. 518/8. Pera, 27 marzo 1902, ore 20,50.

Primo segretario del Sultano ha fatto stamane, d'ordine di Sua Maestà, al cavalier Cangià comunicazione verbale seguente:

« Sultano è stato informato che la stampa italiana ha segnalato in questi ultimi giorni preparativi militari prossima spedizione a Tripoli Barberia. Analoga informazione pervenne a Sua Maestà in via privata da Genova. Sultano non può credere al fondamento di tali notizie, ben conoscendo sentimenti amicizia di Sua Maestà il Re e del suo Governo; ma ne è dolente e non sa rendersi conto della causa cui esse sono dovute. Sultano prega vivamente il R. ambasciatore di volere ciò portare a conoscenza del suo Governo nella speranza di riceverne tranquillanti assicurazioni ed insistendo perché la sua comunicazione sia trasmessa a Sua Maestà».

Cangià munito istruzioni eventuali, fece notare al primo segretario del sultano, seduta stante, che le apprensioni di Sua Maestà non gli sembravano giustificate e che Sua Maestà aveva ricevuto già assicurazioni del R. Governo circa i suoi intendimenti e che gli interessi italiani in Tripolitania potendo giusta quanto era già stato dichiarato, trovare il modo di conciliarsi, erano conformi agli interessi della Turchia, di cercare, sopra questa base, di entrare in un accordo coll'Italia. Dopo lungo silenzio serbato meco circa Tripoli-Barberia dal sultano e dai suoi ministri, questa è stata prima occasione favorevole di mettere innanzi idea possibile accordo in conformità lettera particolare di

V. E. del 6 febbraio (l). Ora prima di andare più oltre, di spiegare cioè come idea mia personale, natura di quest'accordo, attenderò che il sultano me ne faccia domanda. Insieme alla risposta che V. E. stimerà opportuno che io faccia in suo nome al sultano, La prego di farmi conoscere quale condotta io debba tenere per il caso in cui S. M. imperiale persistesse a non voler rilevare significato delle nostre dichiarazioni. Avverto, ad ogni buon fine, che in tal caso, prendendo iniziativa di una nuova comunicazione, le mie parole sarebbero interpretate come rispondenti ad istruzioni ricevute e sarebbe quindi a parer mio, difficile, ove incontrassimo, come temo, terreno contrario, di lasciare cadere la cosa senza menomare il nostro prestigio. Finora non consta che il Governo ottomano abbia provveduto ad accrescere forze militari in Tripolitania.

298

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 520/2. Malta, 27 marzo 1902, ore 21,30.

Sabato mattina partiranno gli studenti maltesi senza professori a rendere visita agli studenti siciliani. Sbarcheranno a Siracusa proseguendo in ferrovia per Catania e Messina. Ne informai rispettivi prefetti.

299

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 504/260. Vienna, 27 marzo 1902.

Come indizio dell'attitudine dei liberali tedeschi austriaci di fronte alla progettata intervista della E. V. col Cancelliere Germanico, Conte de Biilow, ed al rinnovamento della triplice, mi pregio di segnalarle l'articolo di fondo, oggi

pubblicato a questo riguardo, nella Nc;!e Freie Presse, che brevemente riassumo:

Premesso che l'incontro non è accidentale, corrispondendo in tal modo alla situazione internazionale da presentarsi come una necessità, la Neue Freie Presse dice doversi trattare del rinnovamento della Triplice, ma con presupposti assolutamente cambiati, i quali sono causati dall'attitudine dell'Italia. Questa, Infatti, secondo il giornale avrebbe mostrato di voler dare alla sua politica estera una nuova orientazione, valendosi della libertà !asciatale dalla triplice per tutelare altri interessi all'infuori di quelli considerati dall'alleanza. Il riavvicinamento tra l'Italia e la Francia è un fatto compiuto fin dall'epoca dell'accordo franco-italiano, relativo a Tripoli, e la sua importanza nell'insieme della politica italiana è grande. Si presenta ora la questione di vedere se possono coesistere la saldezza e l'interna coesione della triplice coll'intimità sempre maggiore tra uno dei membri di essa ed uno dei membri della Duplice. È indubitato che la triplice verrà rinnovata, ma questo rinnovamento formale non manterrà la fiducia nella saldezza e forza d'azione della alleanza se non riuscirà evidente che l'Italia, malgrado il suo riavvicinamento colla Francia, si manterrà solidale cogli interessi della triplice. Questa è l'odierna situazione internazionale, aggravata dalle identiche vedute della Francia e della Russia in Estremo Oriente. Di fronte all'instabilità della Triplice vi è la solidarietà e la forza della Duplice, la quale, da un'attitudine platonica, è passata nell'Estremo Oriente, col recente accordo, ad una attitudine di decisa azione, né sembra lontano il momento in cui questa azione energica verrà esercitata anche in Europa. Ed anche di ciò tratteranno il Conte de Billow ed il Ministro Prinetti.

La Neue Freie Presse accenna alla conchiusione di nuovi trattati di com

mercio, in relazione col rinnovamento della triplice alleanza, alle tendenze pro

tezioniste della Germania e dell'Austria, ed alla conseguente attitudine del

l'opinione pubblica italiana, desiderosa di veder aperti i mercati esteri ai propri

prodotti agricoli. Essa mette tutto ciò di fronte alla condotta della Francia

nella questione di Tripoli ed alla conclusione dell'accordo commerciale itala

francese e, dopo aver ·ricordato la dichiarazione del Conte de Billow che la

Germania non ha bisogno della Triplice, conclude:

«In verità la triplice è una necessità non solo per ciascuno dei suoi membri, ma per la pace dell'intero mondo, e l'incontro di Billow con Prinetti prova che anche in Germania non si considera la rottura della triplice come cosa da trascurarsi. La triplice, dopo la dichiarazione identica della Duplice, può meno che mai permettersi uno strappo nella propria compagine. Appunto per la Germania non è indifferente che l'Italia progredisca anche maggiormente nel suo riavvicinamento colla Francia e quindi si allontani dai suoi Alleati. Il Conte de Billow ha una volta detto, in una conversazione, che, quando il peso del Cancellierato non gravasse più sulle sue spalle, più d'ogni altra cosa gli sarebbe caro di passare il suo tempo a Venezia. Ora gli accade di dover sciogliere in questa prediletta città un importante problema. Gli riesca di mantenere l'Italia come socio fidato nella triplice e di dar la convinzione all'uomo di Stato, con cui s'incontra, che gli interessi dell'Italia in nessun altro modo sono meglio tutelati che nella triplice, ed anche colà, ove gli si appone il suo contegno di fronte gli agrarii del suo paese, egli raccoglierà sinceri ringraziamenti e meritata riconoscenza».

(l) Non pubbllcato.

300

IL MINISTRO RESIDENTE A TEHERAN, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 53/26. Teheran, 27 marzo 1902 (per. il 17 aprile).

In relazione al mio rapporto del 16 marzo 1902, n. 46/21 (l) mi onoro di informare V. E. che, in occasione del suo prossimo viaggio in Europa, lo Scià s'incontrerà collo Czar, non furono ancora stabiliti i particolari dell'incontro; si sa soltanto che esso avrà luogo dopo la visita a Londra e nel viaggio di ritorno dello Scià verso i suoi Stati.

La Corte russa è la sola, fra quelle visitate già nel 1900, presso la quale lo Scià si recherà ora per la seconda volta, e tale circostanza ed il fatto che questa visita seguirà tosto quella di Londra, quasi a distruggerne gli effetti, dicono chiaramente quali sieno oggi le relazioni della Persia colla sua potente vicina del Nord.

301

IL CONSOLE A FIUME, LEBRECHT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 385/36. Fiume, 27 marzo 1902 (per. il 29).

Unicamente a titolo d'informazione con riferimento ai miei rapporti sulla questione dell'autonomia ed al conflitto fra questa città ed il Governo ungherese (l'ultimo dei quali in data del 9 novembre 1899 n. 823/72), ho l'onore d'informare che pochi giorni or sono dal Consiglio municipale veniva eletto a Podestà il già f.f. Dr. Francesco Vio, capo del partito autonomo, Presidente del circolo letterario (italiano) e strenuo difensore dell'italianità in queste regioni.

La cittadinanza spera che nonostante il vibrato suo discorso inaugurale, di cui mi onoro di allegare un estratto, la sua nomina verrà confermata da

S. M. I. e R.

In pari tempo allego un altro articolo con idee analoghe, per la stessa occasione pubblicato da un nuovo foglio locale, che anche nel titolo vorrebbe imitare l'omonimo di Trieste (2).

(l) -Non pubblicato. (2) -Non si pubblicano gli allegati di questo rapporto.
302

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE A SCUTARI, LEONI

D. 16632/45. Roma, 28 marzo 1902.

Mi è giunto il rapporto 105/56, del 15 corrente (l) (con l'annesso foglio

n. 102/34 in data 13 corrente del Vice Consolato a Durazzo, circa la propaganda Albanese.

Accogliendo l'idea espressa dal R. Vice Console a Durazzo inviterò gli Agenti Diplomatici ad Atene, Cairo, Bucarest, Sofia, Bruxelles a raccogliere e comunicarmi informazioni intorno ai Comitati Albanesi ed alla loro azione.

303

IL MINISTRO A TOKIO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 100/45. Tokio, 28 marzo 1902.

L'opinione pubblica giapponese, di solito tanto apprensiva dinanzi ad ogni nuovo atto della politica russa nell'Estremo Oriente, ha accolto con eccezionale calma la recente notificazione della Russia e della Francia rispetto ad una loro comunanza d'azione in China, scorgendo in essa, come già dissi, la semplice proclamazione di uno stato di cose già esistente di fatto e contro cui il Giappone ritiensi ora sufficientemente premunito mediante la sua alleanza coll'Inghilterra.

Ciò che però più particolarmente la preoccupa si è l'attitudine che sarà per adottare eventualmente la Germania -di cui essa per triste esperienza del passato, non ha disimparato ancora a diffidare -di fronte a quel nuovo e più marcato raggruppamento delle potenze in China. Continuerà essa cioè quell'evoluzione verso l'Inghilterra iniziata nel 1900 e consacrata dalla nota convenzione anglo-tedesca, oppure anteponendo ad ogni altra cosa interessi di politica generale cercherà invece di riavvicinarsi, come già fece nel 1895, all'azione franco-russa?

Mentre alcuni posano questo quesito senza azzardarsi a scioglierlo, altri invece più chiaroveggenti, opinano essere la diplomazia germanica troppo accorta per vincolare inutilmente la sua libertà d'azione avvenire prendendo fin d'ora partito per l'uno o per l'altro dei due raggruppamenti rivali. Assai meglio invece essa gioverà, secondo il giudizio di costoro, ai suoi interessi continuando a tenere il piede in due staffe; un po' inglese nel sud onde conservarsi possibilmente un piede nel Yang-tze-Kiang, un po' russo nel nord per speciali riguardi verso la sua potente vicina, accarezzando a vicenda questa o quell'altra

potenza senza compromettersi con alcuna, conservandosi direttamente all'in~ fuori delle rivalità pur atteggiandosi fra loro a mediatrice ed arbitra, tale è il compito che deve aversi assegnato la diplomazia germanica nelle successive fasi della questione chinese e che meglio le assicurerà la continuazione di quella posizione privilegiata nel consesso delle potenze di cui ha goduto finora e di una sempre più efficace sua azione a pro' degli interessi nazionali.

(l) Cfr. n. 251.

304

IL REGGENTE IL CONSOLATO A PRETORIA, DE MORPURGO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 656/140. Pretoria, 28 marzo 1902.

Abbenchè le criticissime condizioni di salute di Cecil Rhodes, affetto da grave malattia cardiaca, lasciassero, già da tempo, ben poca speranza di una possibile guarigione, pure la notizia della sua morte, giunta qui, per telegrafo, produsse un'immensa sensazione. Qualunque opinione si possa avere sul carattere politico del defunto (ed io, come amico del Transvaal, non potevo amarlo), si deve pur convenire ch'egli, fu uno dei più grandi uomini dell'ultimo ventennio, e che nessun altro privato ha mai saputo concepire un'idea così grandiosa, come la ferrovia transafricana, che, lui vivo, si sarebbe portata a compimento fra 10 o 12 anni, ed il telegrafo transafricano, che sarà finito fra un paio d'anni, abbenché, prima di lui, nessuno avesse creduto che il progetto fosse fattibile! Rhodes fu l'anima dell'industria Transvaal di Kimberley, ch'egli portò all'attuale floridezza, com'è dovuto a lui che i primi sforzi degli esploratori d'oro a Pilgrimsrest, Barberton e Joannesburg, abbiano trovato quell'appoggio, senza il quale forse, le miniere del Transvaal non si sarebbero mai conosciute, ed i poveri Boeri non sarebbero mai stati molestati nel loro tranquillo esercizio della pastorizia! Quell'uomo gigante, che trattò da pari a pari con Imperatori e Re, e che aveva pensato, (e forse avrebbe potuto riuscirvi), di sposare la figlia dell'attuale Re d'Inghilterra, sparì ieri dal centro della sua attività febbrile, cui la sua forza fisica, per quanto grande, non poteva bastare, ma vivranno le sue opere, come ne perpetuerà, per sempre, la memoria quell'immenso territorio che da lui s'intitola, e che la sua indomita energia dischiuse all'Inghilterra, portandone il dominio sino al di là dello Zambesi!

Peccato che un uomo simile abbia potuto commettere uno sbaglio politico così madornale, come lo fu quella infausta spedizione del Dr. Jameson, che. purtroppo, ebbe per conseguenza questa tremenda guerra!

Perciò, tutta la popolazione olandese non ebbe per Rhodes che un sentimento d'odio profondo, odio che non placa neppure la sua morte prematura, dovuta, come si ritiene, al non aver mai più saputo vincere il suo dolore per quella unica, ma terribile, mossa sbagliata, che decise di tutta la sua vita politica, da quell'epoca fatale!

Fu da allora infatti che si sviluppò in lui quella malattia di cuore, che, a 49 anni non ancora compiuti, lo trasse al sepolcro, e si può perciò ben dire di lui che, s'egli ha errato, ha anche espiato colla vita il suo errore. « Parce sepulto )! (1).

305

IL MINISTRO A BERNA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 535/11. Roma, 29 marzo 1902, ore 10,10.

Martedì' avrà luogo inaugurazione nuovo palazzo Parlamento, alla quale corpo diplomatico, invitato, assiste da speciale tribuna. Continuando guerra sleale promossa contro di me da Consiglio federale ed annunziandosi meeting a Berna sull'incidente, riterrei più dignitoso e opportuno astenermi, salvo ordini contrari, intervenire cerimonia (2).

306

IL MINISTRO A BERNA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 546/12. Roma, 29 marzo 1902, ore 10,10.

Il 5 febbraio, mostrando al presidente della Confederazione articolo del giornale Risveglio, chiamai su di esso attenzione di s. E.: in seguito ad istruzioni ricevute dal R. governo, aggiunsi che il giornale faceva opera nefanda; ingiurie contro augusta memoria Re Umberto, secondo il solito impunito, creavano sentimenti giusto sdegno nel nostro Governo e nel paese, che non potevano giovare buone relazioni due Stati. S. E. convenne giornale faceva molto male; gli lasciassi articolo per sottoporlo dipartimento giustizia e procuratore e mi darebbe pronta risposta. Io gli lasciai giornale, osservando, tuttavia, non aveva istruzioni domandare processo, ma solo protestare contro impunità simili pubblicazioni.

(l) -Rispondendo ad una interrogazione affinché l'Italia interponesse i suoi buoni uffici nella guerra del Sudafrica, Prinetti aveva dichiarato alla Camera il 15 marzo che se potevaassociarsi all'augurio che la guerra terminasse presto, non poteva «prendere impegno di assumere un'iniziativa, la quale appare sin d'ora destituita di ogni probabilità di successo ». A.P., Cam. Dep., cit., l, p. 160. (2) -Con t. pari data, ore 18 Prinetti invitò Silvestrelli ad assistere alla cerimonia.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 532/9. Costantinopoli, 29 marzo 1902, ore 12,05.

Essendosi oggi Cangià recato a palazzo per partecipare al primo segretario del sultano che io avevo telegraficamente trasmesso a V. E. messaggio di Sua Maestà, ma che l'E. V. trovandosi assente dalla capitale dovevo attendere un qualche ritardo nella risposta. Tahsin Bey spontaneamente tornò con Cangià, in via strettamente personale, sull'argomento della Tripolitania, chiedendogli maggiori schiarimenti circa il concetto da questi messo innanzi ieri a riguardo di una possibile intesa con l'Italia. Cangià, valendosi eventuali mie istruzioni espose: che, vitali interessi nostri nel Mediterraneo esigevano che Tripolitania non potesse passare sotto il dominio di altra potenza; che, stante posizione geografica, Tripolitania non poteva essere difesa efficacemente dalla Turchia, ricordando quanto era a riguardo dell'hinterland tripolino e gli incidenti alle frontiere; che, economicamente Tripolitania rappresentava per l'Impero una passività né Turchia disponeva da sola di mezzi sufficienti per farne valere risorse naturali; che, data tale situazione di cose, non solo reciproci interessi erano conciliabili, ma Turchia aveva ogni convenienza ad assicurarsi, mediante accordi speciali ed a condizioni da determinarsi, appoggio e cooperazione dell'Italia sia per la difesa della integrità territoriale della provincia, sia per promoverne sviluppo economico. Tahsin hey ha risposto che riferirebbe al sultano, rimanendo, bene inteso, che trattavasi unicamente di apprezzamenti privi di qualsiasi carattere ufficiale. L'idea di un accordo per la Tripolitania verrà, nonostante, sottoposta, come iniziativa personale, ma in forma chiara ed esplicita al sultano. Se Sua Maestà Imperiale accoglie favorevolmente questa idea, farà aperture presso V. E. o presso di me. Ove serbi silenzio, avremo la prova che vi è contrario, nel qual caso, potremo lasciar cadere l'idea senza inconvenienti, salvo riprenderla, in via ufficiale, quando ella giudichi ne sia giunto momento opportuno. Converrà però allora essere disposti andare fino all'estremo.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. RR. 440. Roma, 29 marzo 1902, ore 15,45.

Ho successsivamente ricevuto i telegrammi riservatissimi nn. 8 e 9 circa Tripoli (1). La cosa ha proceduto perfettamente e come meglio non potevamo desiderare. Allo stato delle cose, ed a meno che gli avvenimenti diversamente ci consiglino, non rimane ora che aspettare le ulteriori eventuali aperture dPI sultano.

(l) Cfr. n. 297, 307.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RR. S.S.N. Roma, 29 marzo 1902, ore 17,40.

Colloquio Venezia cordialissimo. Il cancelliere mi confermò subito spontaneamente nel modo più esplicito che il Governo tedesco aveva visto senza alcuna diffidenza il nostro accordo colla Francia pel Mediterraneo e che anzi desiderava le buone relazioni stabilite avessero a continuare accordandosi esse pienamente col Qllrattere pacifico della triplice alleanza. Mi spiegò le ragioni per le quali egli desiderava non fosse mutato il testo della triplice alleanza e riguardo alla penisola balcanica addusse anche poter egli ritenere sicuramente non essere intenzione almeno per lungo periodo di tempo, del Governo russo di avanzarsi verso Costantinopoli. Fu pure assolutamente esplicito nel riconoscere nostra pienissima libertà a Tripoli, pronto a mettere ciò in iscritto in quella forma che si potrà combinare e si rallegrò vivamente che avendo io finalmente ottenuto anche dall'Inghilterra la dichiarazione di disinteressamento che finora ci aveva negato, i nostri rapporti con essa siano divenuti cordialissimi. Quanto ai trattati di commercio parvemi convinto della ragionevolezza della mia domanda di avere assicurazione non soltanto sostanziale ma anche formale che durante la esistenza della triplice alleanza non avvenga soluzione di continuità nei rapporti commerciali e rimanemmo d'accordo che io manderò a Berlino in argomento una proposta che, secondo l'impressione avuta dalla nostra conversazione, ritengo potrà essere accolta dal Governo imperiale. In complesso il cancelliere mostrò molta simpatia pel nostro paese attribuendo grande valore sua amicizia e le sue dichiarazioni esplicite e precise mi lasciarono la migliore impressione. Dal canto mio ho esposto in dettaglio e con grande franchezza a Btilow la politica da me seguita, e mi parve che la mia schiettezza producesse in lui pure buona impressione. V. E. potrà appurarlo meglio ed informarmene. Col prossimo corriere manderò poi testo istruzioni dettagliate per completare negoziati (1).

310

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. R. R. 548/10. Pisa, 30 marzo 1902, ore 7,55.

Ho ricevuto il telegramma riservatissimo di V. E., n. 440 (2). Stimerei conveniente che V. E. m'incaricasse di porgere in suo nome una risposta al messaggio del sultano, trasmessole col mio telegramma n. 8 (3); tanto più che S. M. imperiale insistette vivamente perché messaggio fosse comunicato a S. M. il re,

rammentando personale amicizia che lo avvinceva alla Maestà Sua. Questa risposta potrebbe essere concepita in termini tali da non nuocere all'idea dell'accordo da me messa innanzi come iniziativa personale, e costituirebbe un atto di riguardo cui sultano è per natura sensibilissimo. Mi sarebbe gradito conoscere con sollecitudine pensiero della E. V. per il caso in cui Sua Maestà Imperiale interpellasse ed, eventualmente, i termini precisi della risposta da farsi al messaggio.

(l) -Questo telegramma fu inviato per conoscenza a Nigra alle ore 18,30 dello stesso giorno. (2) -Cfr. n. 308. (3) -Cfr. n. 297.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RR. S. N. Berlino, 30 marzo 1902, ore 10,39 (per. ore 12).

Mi è stato sommamente grato apprendere dal telegramma di V. E., in data di ieri sera (l), buona impressione lasciatale e risultato favorevole colloquio Venezia. Non ne dubitavo, e avendo perciò coltivato presso Biilow idea di quel colloquio. Forse domani saprò già quello che Biilow scrisse da Venezia e riferirò, in attesa suo ritorno Berlino. Non dubito che allora avrò ricevuto le istruzioni, che V. E. mi annunzia, col corriere che parte dall'Italia il primo aprile, per completare negoziati. Ogni ritardo ora sarebbe ancora meno facile a spiegare che quello già avvenuto, non per cagione dell'E. V. D'altronde il tempo oramai stringe (2).

312

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 549/6. (3) Vienna, 30 marzo 1902, ore 15,30 (per. ore 20,25).

Riservatissimo per lei solo.

Ringrazio l'E. V. del suo telegramma (4), e la felicito per il suo convegno con Bulow. Questo convegno eserciterà una influenza benefica non solo per i negoziati attuali, ma anche per la nostra politica generale. Le chiedo di autorizzarmi a comunicare il risultato del colloquio a Goluchowsky, il quale, del resto, ne sarà informato da Berlino. Debbo assicurare V. E. che quanto Biilow le disse sarà confermato da Goluchowsky. Soltanto, in quanto concerne la continuità dei rapporti commerciali, Goluchowsky non potrà promettere che la buona volontà

del Governo austro-ungarico, e la sua risoluzione di ottenere dai relativi parlamentari i voti necessari perché le negoziazioni commerciali comincino, possibilmente, nell'autunno; ma anche su ciò un previo accordo con Berlino agevolerà quello con Vienna.

(l) -Cfr. n. 309. (2) -Sull'incontro a Venezia di Btilow e Prinetti, cfr. La Tribuna, 27, 28 marzo, «Convegno a Venezia» e 30 marzo, «Dopo il convegno». Anche L. Luzzatti pubblicò alcuni articoli su La Perseveranza di quei giorni. Sul rinnovo della Triplice ed il mancato accoglimento delle richieste italiane cfr. E. SERRA, Nigra, i segreti di un negoziato, in La Stampa, 19 maggio 1979. Poi, ovviamente, le «Memorie'' dello stesso Btilow, Milano, 1930, I, p. 593 e s. (3) -Il t .non è inserito nel registro dei telegrammi in arrivo dove il numero 549 risulta annullato. (4) -Cfr. n. 309, nota l.
313

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RR. S. N. Roma, 31 marzo 1902, ore 11,45.

Autorizzo V. E. comunicare Goluchowski risultato mio convegno con BUlow. Col corriere solito di gabinetto comunicherò anche a V. E. le istruzioni che mando al conte Lanza a seguito di quel convegno. Avverto però che quel corriere ritarderà qualche giorno onde poter compiere la materiale redazione delle istruzioni stesse.

314

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 447. Roma, 31 marzo 1902, ore 12

V. E. può rispondere al messaggio del sultano, trasmessomi con telegramma

n. 8 (l), che tal messaggio fu, secondo il suo desiderio, da me portato a conoscenza di S. M. il re; che non meritano fede alcuna le notizie sparse nei giornali e che nulla è mutato nell'atteggiamento dell'Italia riguardo alla Tripolitania quale esso venne definito nella risposta da me data all'ambasciatore di Turchia il 29 genanio scorso e di cui con telegramma dello stesso giorno (2) diedi comunicazione all'E. V.

315

IL CONSOLE GENERALE A T'RIPOLI, SCANIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 558/2. Tripoli, 31 marzo 1902, ore 18,53.

Le tribù arabe Alanna, Regghe, Ginari poste tra Tripoli di Barberia e i monti di Garian e di Taruna in dieci ore di marcia, avendo rifiutato accettare

18 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

imposta fondiaria, questo governatore generale fece partire ieri mattina per Saich, ove dette tribù trovansi concentrate, un battaglione fanteria, uno squadrone cavalleria, quattro cannoni, in tutto 700 uomini sotto gli ordini di un tenente colonnello, colla missione di sottometterle. Prevedesi che le tribù, non potendo fare resistenza per mancanza di armi moderne, sì ritireranno davanti le truppe, riparando sui monti. Detta spedizione militare ha qui prodotto la più grande emozione. La tentata introduzione della coscrizione militare, ora quella della tassa fondiaria, ed i mezzi evidenti coi quali la si vuole applicare, malgrado gli antichi privilegi, hanno talmente acuito il malcontento della cittadinanza e delle popolazioni rurali che le medesime invocano apertamente intervento straniero come unico rimedio ai loro mali. I circoli arabi dirigenti di Tripoli, al corrente dei giornali, dicono che se l'Italia deve occupare la Tripolitania, non troverà mai occasione cosi propizia.

(l) -Cfr. n. 297. (2) -Cfr. n. 100.
316

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 566/11. Costantinopoli, 1 aprile 1902, ore 9,20.

Ho fatto comunicare oggi al sultano risposta di V. E. (l) al messaggio di Sua Maestà Imperiale, circa Tripoli, rammentando i termini precisi delle dichiarazioni da lei fatte a codesto ambasciatore di Turchia il 29 gennaio scorso (2). Primo segretario sultano non ha fatto in questa occasione a Cangià alcuna comunicazione.

317

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S. N. Berlino, 1° aprile 1902, ore 11,43 (per. ore 13,30).

Riservatissimo per Lei solo. Btilow ha inviato qui lunga relazione suo colloquio con V. E. a Venezia, del quale si mostra molto soddisfatto e sommamente grato. Da quanto a me risulta, Btilow tocca in quella relazione tutti gli argomenti trattati con V. E., senza però fermarsi o far commenti sul progetto di dichiarazione scritta per Tripoli e relazioni commerciali, di cui è cenno telegramma di V. E. in data 29 corrente a me diretto (3).

Btilow si limita, in proposito, annunziare prossimo invio a me istruzioni speciali per conclusione negoziati, senza entrare particolari.

(-3) Cfr. n. 309.
(l) -Cfr. n. 314. (2) -Cfr. n. 100.
318

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. s. N. Vienna, 2 aprile 1902, ore 11,30 (per. ore 13,15).

Riservatissimo per Lei solo.

Ho comunicato al conte GoluchowsKy contenuto <lel telegramma di V. E. circa il convegno di Venezia (1). Conte Goluchowsky m1 disse che confermava interamente, per parte sua, quanto le fu detto da Btilow. Quanto alle assicurazioni sulla continuazione <Ielle relazlonl commerciall, egli mi ripeté essere volontà ed interesse del Governo austro-ungarico che queste relazioni non soffrano interruzione, ed affretterà più che potrà, apertura dei negoziati; ma soggiunse che un impegno formale non potrebbe essere preso e che, se si prendesse, non avrebbe alcun valore. :51 riserva, del resto, di esaminare la formula che ella proporrà d'accor<Io con Berlino.

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IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, CUSANI GONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 683/106. Budapest, 2 aprile 1902 (per il 5).

Ho l'onore di trasmettere, qui accluso, all'E. V., un articolo del Pester Lloyd di stamane, relativo alla situazione in Oriente (2).

L'articolo conclude rilevando la ferma intenzione della Russia e dell'Austria di impedire ad ogni costo che sia turbata la pace nei Balcani, e dichiarando essere questa una tranquillizzante garanzia di fronte alle notizie allarmanti che vengono dalla Macedonia e dall'Albania. Quest'ultima frase contiene evidentemente un'allusione alla notizia telegrafica da Trieste, pubblicata stamane dallo stesso Pester Lloyd e da altri glornaU, seconao la quale Ricciotti Garibaldi, invitato dai notabili albanesi ad organizzare una spedizione di garibaldini in Albania avrebbe dichiarato di esservi disposto qualora siano forniti i denari necessari

320

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 576/25. Pechino, 3 aprile 1902, ore 11,40.

Colonnello Salsa mi ha comunicato telegramma ministero della guerra 26 marzo relativo ritiro totale truppe italiane da Tien-tsin. Oltre che sarebbe inopportuna, pel momento altra riduzione nostro continente, oltre le già stabilite,

occorre osservare, rimane sempre in vigore, anche dopo la cessazione Governo provvisorio, impegno internazionale da no1 preso partecipare guarnigione Tientsin con almeno una compagnia.

(l) -Cfr. n. 302, nota l. (2) -Non si pubblica.
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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 580/6. Pietroburgo, 3 aprile 1902, ore 22,40.

Mi si assicura che convenzione russo-chinese fu firmata oggi. Essa includerebbe: l) Evacuazione totale Manciuria in 18 mesi, salvo che atteggiamento altre potenze o torbidi in China, rendano ciò pericoloso; 2) rinunzia a qualsiasi privilegio della banca russo-chinese in Manciuria; 3) riconoscimento del principio della porta aperta; 4) impegno China non accordare nessuna potenza facoltà mantenere truppe in Manciuria; 5) sono mantenuti in vigore trattati anteriori che non siano in contraddizione colla convenzione.

Corre voce, poco credibile, di movimento di truppe giapponesi verso isola Saccalin il che potrebbe complicare azione colla Russia.

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IL MINISTRO A L'AJA, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 119/57. L'Aja, 3 aprile 1902.

Profittando delle ferie pasquali il signor Kuyper, Presidente del Consiglio e

Ministro dell'Interno, intraprese in questi giorni un viaggio per il Belgio e

per la Germania. La stampa estera ha creduto di poter presumere che il viag

gio del Capo del Governo neerlandese abbia avuto un determinato scopo poli

tico, quello cioè di giovare alla causa boera, in vista delle trattative di pace

da iniziarsi direttamente fra i belligeranti sul teatro della guerra. A sostegno

di questa presunzione è stato rammentato che il tentativo di mediazione fatto

dal Governo olandese colla nota del 25 scorso gennaio fu preceduto da un

viaggio, che fece allora il signor Kuyper a Londra, ove, com'egli stesso aveva

qui assicurato, si recava per accertare il valore artistico di certe pitture antiche.

Questa volta, non più le pitture, ma bensì la visita di asili di alienati e di

scuole tecnico-professionali sarebbe stato lo scopo del viaggio: e come i fatti

di poi provarono fallace la giustificazione del viaggio a Londra, era naturale

oggi il dubbio sulla veracità della spiegazione data per questo secondo viaggio.

Se non che dalle informazioni che ho potuto raccogliere da varie parti risul

terebbe che questa volta il viaggio del signor Kuyper non abbia avuto quello

scopo, politico, che gli è stato attribuito.

Qui non si comprende difatti come il signor Kuyper possa giovare alla causa dei boeri col recarsi a Berlino, proprio quando per far cessare la guerra i delegati delle due Repubbliche sono in procinto d'incontrarsi col Comandante delle forze inglesi, incontro che qui si considera essere un salutare effetto della precitata nota neerlandese. Né la stampa olandese, né questi circoli politici prestarono fede a quanto riferirono i giornali esteri intorno al preteso scopo politico di questo viaggio.

Era noto che, come Ministro dell'Interno, il signor Kuyper avendo la cura dei servizi sanitari e dell'insegnamento, si sarebbe recato nel Belgio a visitare l'asilo degli alienati di Gheel e ad Anversa e a Bruxelles per rendersi conto del modo come funzionano quelle scuole professionali; e che con analogo intento sarebbe andato a Berlino, a Dresda e a Chemnitz, e perfino in Austria: ma per mancanza di tempo quest'ultima gita non ebbe luogo.

Giunto nelle precitate capitali, il signor Kuyper, quale Capo del Governo olandese, non poteva fare a meno di presentare i suoi omaggi ai Sovrani, da cui fu ricevuto nelle forme consuete.

Ma se egli gode meritatamente, presso i suoi concittadini, fama di uomo dotato di prodigiosa attività e di forte, versatile ingegno, ha pure riputazione di essere assai vano e amante di popolarità. Come pastore protestante, e come pubblicista, (egli è tuttavia redattore del suo giornale religioso-sociale Lo Stendardo), abituato a parlare e a scrivere per il pubblico, ed a tenersi in rapporto coi giornalisti, non è in grado di rinunziare a codesta consuetudine, oggi che, come Capo del Governo, è obbligato ad un contegno di maggiore riserva. Durante il suo viaggio, il Signor Kuyper cedendo a questo suo bisogno di popolarità, ha ricevuto i giornalisti che, malgrado il suo corretto linguaggio, han creduto d'interpretare le sue parole nel senso che loro conveniva di più. Certo, da ciò non è arrivato danno; ma l'amor proprio del signor Kuyper ha dovuto essere oltremodo lusingato dal fatto che i giornali attribuirono al suo viaggio uno scopo politico.

Questa è almeno l'impressione che qui ebbero coloro che conoscono a fondo l'indole dell'uomo e ne ammirano l'ingegno e l'operosità.

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IL CONSOLE A FILIPPOPOLI, GIACCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 185/19. Filippopoli, 3 aprile 1902.

Ieri alle 4lh p.m. sono stato ricevuto in udienza particolare da S.A.R. il Principe Ferdinando di Bulgaria, venuto qui a passare le feste di Pasqua. Sua Altezza si è mostrato, come sempre, con me cortesissimo e mi ha trattenuto circa un'ora parlandomi a più riprese del suo attaccamento all'Italia ed alla Casa di Savoia. È entrato anche in argomenti politici, accennando all'incontro di V. E. col Gran Cancelliere dell'Impero Germanico, alla politica italiana in Albania e nella Tripolitania e parlando delle cose bulgare ha insistito su queste

parole: il Governo del Signor Daneff intende prendere tutte le misure più rigorose per mantener l'ordine ai confini, sì che la sola Turchia debba esser ritenuta responsabile dell'agitazione che regna nella Macedonia; Sua Altezza ha soggiunto: la Bulgaria fa il suo dovere ma non potrà mai assumersi la responsabilità dell'agitazione che regna nella Macedonia, provocata continuamente dal movimento delle truppe turche. Nel congedarmi Sua Altezza mi ha stretto replicatamente la mano dicendomi: «Or che vi recate in Italia assicurate l'augusto mio cugino Vittorio che Egli ha un solo vero amico nella peni:>ola Balcanica e questo amico sono io ».

Ho creduto mio dovere riferire quanto precede alla E. V...

324

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PANSA, A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E A VIENNA, NIGRA

T. 465. Roma, 6 aprile 1902, ore 16.

L'ambasciatore di Turchia mi ha testè presentato un diffuso memorandum contro le mene dei comitati bulgari in Macedonia, chiedendo «che le Potenze facciano udire la voce a Sofia, affinché sia posto un termine alla situazione attuale di agitazione nella mentovata regione. Qualora il Governo bulgaro non si attenesse effettivamente alle assicurazioni date, il Governo imperiale dovrebbe essere lasciato libero di prendere le misure atte a salvaguardare i suoi diritti. Supponendo che codesto Governo abbia avuta identica comunicazione, prego l'E. V. di volermi informare della accoglienza dal medesimo fatta a tal documento e delle istruzioni che eventualmente abbiano ad essere impartite al rappresentante in Sofia.

325

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, FRIOZZI DI CARIATI

T. 470. Roma, 6 aprile 1902, ore 17,15.

Emigrazione gratuita effettivamente sospesa. Seguito rapporti ripetuti di

V. S. e di Rossi sorprendemi vivamente vostro mutamento opinione ma non modifico mio provvedimento invitando anzi V. S. far comprendere ùoverno brasiliano che, ove egli non provveda tre nostre richieste giustizia per emigrati italiani, saremo costretti vietare emigrazione completamente.

326

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 471. Roma, 6 aprile 1902, ore 17,15.

Dispaccio 19 novembre 1901 n. 1277 (l).

Annessione all'Eritrea del sultanato Raheita, ben inteso, per la parte compresa entro la linea protocolli italo-francesi 24 gennaio 1900 e 10 luglio 1901, sarà fatta con decreto commissariale df.. ratificarsi con reale decreto e pubblicarsi bollettino ufficiale Colonia. Per ragione buon vicinato e perché Sultano Raheita ha territorio anche su contiguo suolo di protettorato francese, prego notificare amichevolmente codesto Governo imminente provvedimento. Quando

V. E. avvertirà eseguite istruzioni, telegraferò R. commissario per emanazione decreto.

327

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL PREFETTO DI NAPOLI, TITTONI

T. CONFIDENZIALE P. 472. Roma, 6 aprile 1902, ore 17,15.

Ambasciatore di Turchia venne ad avvertirmi che è imminente riunione costì di un congresso albanese. Raccomando a buon conto a V. E. sorvegliare affinché congresso non trascenda oltre i limiti imposti dalla correttezza internazionale.

328

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

(Eredità Nigra)

D. s. N. Roma, 7 aprile 1902 (2).

Facendo seguito al mio telegramma del 29 spirato (3), e come in esso annunciavo, mando a V. E. le opportune istruzioni pel proseguimento del negoziato, quali esse mi vengono inspirate dallo scambio di vedute che ebbi a Venezia col Conte di Billow, e che mano mano avrò l'occasione in questa mia di esporle.

Avendomi nel corso della conversazione il Cancelliere dell'Impero confermato il suo vivo desiderio che, rinnovandosi eventualmente la Triplice Alleanza.

egli fosse in grado di poter affermare che nessuna parte del Trattato era stata mutata, io ne approfittai per chiedergli la ragione di questo suo desiderio, e perché egli tenesse non solamente a conservare intatta la sostanza ma anche la forma. Il Conte Biilow mi ha risposto che egli riteneva esser questo il modo più semplice e del quale desiderava valersi onde rassicurare completamente l'Imperatore di Russia o il Re d'Inghilterra qualora avesse avuto occasione di essere da loro interrogato in proposito, poiché l'esperienza di vent'anni aveva dovuto ormai persuaderli entrambi che la Triplice Alleanza non poteva rappresentare nulla di ostile contro di loro; ma che non era sua intenzione di valersi di questa recisa affermazione nelle discussioni parlamentari o in altro modo che la portasse nel dominio della pubblicità.

Assodati questi termini, io non ho più nessuna difficoltà a cercare di soddisfare, in quanto è compatibile colla questione di sostanza, il desiderio del Conte Bi.ilow. Mi avrebbe alquanto imbarazzato la prospettiva che la perfetta identità del nuovo trattato col vecchio venisse resa di pubblica ragione, inquantoché in Italia, e forse non solo in Italia havvi una parte non trascurabile della pubblica opinione alla quale è impossibile persuadersi che la Triplice Alleanza non contenga nelle sue attuali stipul8.zioni qualcosa di aggressivo verso la Francia e reclama vivamente che in questi punti il Trattato, rinnovandosi, venga modificato. L'affermazione che nessun cambiamento è avvenuto renderebbe a suo tempo a me assai difficile il compito di rassicurare quella parte della pubblica opinione intorno alla natura completamente pacifica della politica Italiana e del patto da essa rinnovato.

Io sarò lieto se V. E. vorrà approfittare della occasione che certo non mancherà di presentarlesi, per verificare se ho ben afferrato su questo punto il pensiero del Cancelliere, e confermargli ciò che già a Venezia gli dissi che cioè non si sorprendesse della importanza da me attribuita a questa questione in sé stessa affatto formale, pensando alle non lievi difficoltà che dovrò a suo tempo affrontare onde evitare polemiche inutilmente astiose. Inspirandomi adunque al desiderio del Conte di Btilow di non introdurre modificazioni o di introdurre il meno possibile nel testo della Triplice Alleanza, mando a V. E. la seguente risposta alle osservazioni contenute nel documento rimesso dal Cancelliere a V. E. il 9 Marzo p.p. (l) e che qui annesso Le restituisco. Di questa risposta V. E. vorrà, dopo averne presa copia, dar lettura al Conte di Bi.ilow e rilasciargli copia delle conclusioni.

-I.

Il Conte di Biilow mi confermò verbalmente le ragioni già esposte ed altre ne aggiunse per le quali la Germania non poteva acconsentire alla modificazione da me proposta all'art. VI. E nemmeno egli consenti a darmi verbalmente qualche affidamento intorno al valore della frase user de leur influence pour prévenir che a me sembrava e sembra molto vaga ed assai poco conclusiva. Però alle mie osservazioni che di ciò era dolente inquantoché considerava come un

alto interesse italiano che Costantinopoli e per conseguenza i Dardanelli e il Mar Egeo non cadessero sotto il dominio Russo, ciocché avrebbe fatto della Russia anche una primissima potenza nel Mediterraneo, con evidente gran detrimento della posizione dell'Italia, in questo mare che è la principale fonte della sua vita, il Conte di Btilow mi rispose che egli riteneva potermi assicurare che ciò non era a temersi né ora né in un avvenire anche non prossimo inquantoché a lui constava positivamente che ciò usciva affatto dai propositi del Governo e di S. M. l'Imperatore di Russia. Naturalmente io non intendo che con ciò alcun impegno da parte del Cancelliere sia stato o possa esser assunto verso di noi, pure sarò lieto se V. E. potrà verificare che io abbia esattamente raccolto il suo pensiero nel quale io scorgerei un affidamento morale di alto valore e completamente idoneo a dissipare i miei timori, e togliere la ragione della modificazione da me proposta.

-II.

La interpretazione che il Governo Germanico dichiara di dare all'art. IX del testo attuale della Triplice Alleanza escluderebbe naturalmente la necessità dell'articolo aggiuntivo che io avevo proposto. Ed io non ho difficoltà ad abbandonarlo qualora quella interpretazione risulti da una nota o da un documento consimile, come dissi al Cancelliere dell'Impero, che non sollevò alcuna obiezione, ed il Governo Austro-Ungarico consenta a rilasciare egli pure riguardo a Tripoli una dichiarazione di disinteressamento.

Di ciò ho già parlato a S. E. il Barone Pasetti, il quale mi disse non avere in proposito istruzioni dal Suo Governo, ma ritenere fermamente che esso non avrebbe opposto difficoltà.

-III.

Riguardo al Protocollo che concerne le intese economiche, il Conte di Biilow non ha in massima difficoltà ad ammetterne la modificazione, ma egli mi ha ripetuto a Venezia non ritenere di poter assumere l'impegno formale contenuto nella formula da me proposta, per non esporsi a gravi difficoltà parlamentari qualora questo impegno fosse conosciuto, pur essendo pienamente convinto che il nuovo Trattato tra la Germania e l'Italia potrà essere conchiuso agevolmente sulla base del Trattato attuale. E mi ha pure confermato ritenere difficile che l'Austria-Ungheria potesse accogliere quella parte che si riferiva alla clausola del vino. Ho risposto al Cancelliere che questa ultima parte era stata da me messa innanzi solo per mostrare la importanza da noi attribuita a questa questione, ma che non avrei difficoltà a sopprimerla purché fosse bene inteso la questione rimanere impregiudicata e che essa sarà da risolversi quando si negozierà tra l'Italia e l'Austria-Ungheria il nuovo Trattato. Che però quanto al rimanente del Protocollo il Governo del Re era costretto ad insistere nel suo concetto.

Noi crediamo che ripetute e non dubbie manifestazioni del Parlamento e della pubblica opinione, nonché considerazioni politiche di alto valore ci impongano di ricercare anche la formale sicurezza che i nuovi trattati commer

ciali colle potenze alleate mantengano le basi dei trattati esistenti, ossia che le concessioni reciproche rappresentate in confronto ad essi dalle nuove tariffe si compensino e che non possa verificarsi alcuna soluzione di continuità fra i trattati vigenti ed i nuovi.

Il Governo del Re pensa che, venendo meno a questo compito, egli potrebbe difficilmente illudersi di continuare a possedere la fiducia del Parlamento e pensa altresì che una guerra economica sia pur transitoria nuocerebbe gravemente alla stessa alleanza politica non solo, ma in ispecie tra l'Italia e l'Austria-Ungheria, data la complessità degli interessi, e la tradizione secolare di usi e di contatti che d'un tratto sarebbero privati del loro regolamento, potrebbe indurre tra le popolazioni uno stato di tensione non scevro di pericoli. Ed a questo proposito è bene osservare che durante il ventennio della Triplice Alleanza mai un simile esperimento è stato fatto. Ma per ottenere questa sicurezza la sola via che ci sembra efficace è quella di non denunciare i trattati vecchi finché i nuovi non siano conchiusi, perché altrimenti la questione non è più contenuta nei limiti dei poteri dei Governi Alleati, ma entra nel dominio dei Parlamenti. Ora le discussioni parlamentari avvenute finora lasciano la più grande incertezza intorno all'epoca nella quale i nuovi negoziati potranno essere intrapresi, e sulla base di quali tariffe, come pure sull'accoglienza che le nuove convenzioni commerciali potranno in qualche Parlamento aspettarsi. Ed ho anche soggiunto al Conte Biilow trattarsi di impegno da non render pubblico in alcun modo, chè anzi ove qualche indiscrezione avvenisse, potrebbe esser vigorosamente smentita, perché, in quanto mi concerne, a me basterà rispondendo alle domande che non mi saranno certo risparmiate nella Camera quando sarà noto il rinnovamento della Triplice Alleanza, poter affermare la mia fede che il fatto dimostrerà non essere da questo rinnovamento compromessi gli interessi economici del mio paese.

D'altra parte però ho anche riconosciuto che l'impegno così indefinito nel tempo quale risulterebbe dalla mia proposta oltrepassa i limiti di una semplice proroga dei trattati esistenti di quanto possa essere necessario per la stipulazione di nuovi trattati e merita di essere limitato.

Io ho quindi detto che avrei proposto di aggiungere le parole mais en tous cas pas au delà du 31 décembre 1905, dopo le parole jusqu'à la mise en exécution des nouveaux accords. Il Conte di Biilow riservò il suo giudizio su questo emendamento che a me sembra dover dissipare i suoi dubbi costituzionali e le sue preoccupazioni parlamentari. E difatti ridotte le cose in questi termini, non si tratta più che dell'impegno di prorogare per un massimo di due anni i trattati vigenti, se prima non possono i nuovi esser stipulati, e non mi sembra possibile che un simile provvedimento anche se indovinato dal pubblico, abbia ad incontrare il biasimo di quegli stessi parlamenti che lo avrebbero reso necessario col ritardo frapposto nelle approvazioni delle nuove tariffe.

Come complemento però di questo mio emendamento alla primitiva pro

posta, e inspirandomi al concetto di non vincolare la libertà d'azione politica

dell'Italia, pel caso che non riuscendo i negoziati commerciali, sorgesse inevi

tabile dopo il 1905 la guerra economica, ho anche detto al Cancelliere del

l'Impero che chiedevo di spezzare in due periodi triennali il primo dei due

sessenni, pei quali a termini dell'art. XIV verrebbe rinnovata l'Alleanza. Beninteso che al termine di ciascuno di questi due periodi triennali l'alleanza si intenderebbe rinnovata se non fosse stata denunciata un anno prima. Ora poiché il denunciare un'alleanza è un fatto di somma gravità e che assai difficilmente si verifica, questo provvedimento ha nella pratica una ben scarsa portata, ma serve come difesa contro un ultimo scrupolo evitando il pericolo che una guerra violenta nel campo economico contemporanea ad una alleanza politica avesse a creare una situazione oltremodo disagiata, per la quale si tenterebbe da molti di addossarci una responsabilità contro cui troppo difficile ci riuscirebbe la difesa.

(l) -Non pubblicato. (2) -La minuta, di pugno di Prinetti, conservata in ASMAE reca la data 6 aprile. Nel n. 371 si fa riferimento a questo documento come dispaccio del 7. (3) -Cfr. n. 309.

(l) Cfr. n. 329, allegato.

329

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

(Eredità Nigra)

D. s. N. Roma, 7 aprile 1902 (l)

Unitamente al presente dispaccio mando a V. E. copia del promemoria rilasciato il 9 marzo p.p. dalla Cancelleria Germanica al Conte Lanza, e nel quale è esposto il punto di vista del Governo Imperiale intorno alle modificazioni da me proposte al trattato della triplice alleanza ed al Protocollo per le intese economiche.

V. E. rileverà da questo documento che il Governo Germanico, al quale soltanto io aveva prima comunicato le mie proposte, considerando che da lui era stata presa la iniziativa pel rinnovamento dell'alleanza, ora mi invita a comunicarle, anche direttamente, al Governo Austro-Ungarico. Io prego quindi V. E. di voler procedere a questa comunicazione.

Mando inoltre a V. E. copia della mia risposta alle osservazioni della Cancelleria Imperiale: risposta, che è contenuta in un mio dispaccio al Conte Lanza (2). In esso V. E. troverà tutti gli schiarimenti che Le possono occorrere nelle conversazioni che certamente Ella avrà col Conte Goluchowski. In questo documento è esposto, colla maggior precisione che ho potuto raggiungere, il pensiero del Governo italiano ed io non posso se non pregare V. E. di adoperare tutta la sua ben nota abilità per ottenere che questo pensiero trovi favorevole accoglienza presso il Governo austro-ungarico.

Nella questione di Tripoli io credo che, a quanto mi disse il Barone Pasetti,

V. E. non troverà gravi difficoltà ad ottenere dall'Austria-Ungheria la dichiarazione di disinteressamento che a noi preme di avere in luogo dell'articolo aggiuntivo che avevo proposto.

Dove invece devo ritenere che gli ostacoli non saranno lievi è nella redazione del protocollo per le intese economiche. Ora, io non so se il Conte Goluchowski potrà escogitare altre formule che, per altra via, diano all'Italia gli affidamenti che le mie proposte mirano a conseguire. In tal caso io non avrò alcuna diffi

coltà ad accettarle: è bene però che V. E. faccia comprendere al Conte Goluchowski, per le ragioni esposte nel mio dispaccio al Conte Lanza, che intorno alla necessità di conseguire interi quegli affidamenti noi non possiamo transigere.

In quanto poi all'art. VII, di cui la Cancelleria Germanica non si è occupata, il Barone Pasetti mi ha, da tempo, comunicato, da parte del Conte Goluchowski, il rifiuto alle modificazioni da me proposte e, anzi, il rifiuto in massima ad ogni modificazione. Volendo compiacere, nei limiti del possibile, al desiderio del Conte Biilow e del Conte Goluchowski di non modificare il testo della triplice alleanza posso consentire a ciò anche riguardo all'art. VII. Ma, poiché il significato di questo articolo, quale esso attualmente esiste, è che l'Italia e l'Austria Ungheria si promettono di procurare di intendersi riguardo all'avvenire della penisola balcanica, qualora in essa la conservazione dello statu quo diventasse impossibile, così io esprimo il mio vivissimo desiderio che tra i due Governi venga presa in esame prossimamente la questione della Macedonia augurando che si possa arrivare riguardo ad essa ad una intesa come venne fortunatamente conseguita per l'Albania.

Sebbene io non creda imminente un mutamento di cose in Macedonia, pure non credo nemmeno sia prematuro esaminarne tra i due Governi l'ipotesi, e, se sarà possibile di arrivare ad una intesa in vista di una simile evenienza, come si è fatto per l'Albania, avremo preparato un elemento di più di non lieve importanza per la soluzione pacifica della questione d'Oriente.

ALLEGATO.

BtJLOW A LANZA

Berlino, 9 marzo 1902.

-l-

En vertu de l'art. VI du texte actuel du traité actuel de la triple alliance l'Allemagne et l'Italie sont engagées d'user de leur influence pour prévenir sur les còtes et ìles ottomanes dans la Mer Adriatique et dans la Mer Egée toute modification qui porterait dommage à l'une ou à l'autre des Puissances signataires. Cet engagement subirait suivant la proposition du Gouvernement d'Italie un double élargissement: territorialement il serait étendu sur toute la péninsule balcanique, en tant qu'elle est sous la domination ottomane, et virtuellement l'engagement d'user de son influence pour prévenir les modifications territoriales serait transformé dans l'obligation directe de s'opposer à toute tentative de modification territoriale de la part d'une tierce puissance. Or il est d'ore et déjà un principe fondamenta! de la politique allemande que les affaires balcaniques ne concernent l' Allemagne qu'indirectement et en second lieu. Dès l'établissement de ce principe, justifié à la suite par une expérience de longues années rien n'est arrivé qui pourrait permettre au Gouvernement allemand de s'en départir aujourd'hui. Donc, ce Gouvernement ne se voit pas à mème d'accepter la proposition italienne. Si, au contraire, les circonstances contraignaient l'Allemagne à rompre avec le principe de neutralité balcanique, ses intéréts comme ses traditions l'amèneraient à s'entendre au préalable avec la Russie et l'Autriche-Hongrie.

-II-

Aux termes de l'art. IX du traité en vigueur l'Allemagne s'est engagée formellement d'appuyer l'Italie en toute action sous la forme d'occupation ou autre prise de garantie que cette dernière devrait entreprendre dans la Cyrénai:que ou la Tripolitaine pour le cas où le maintien du statu quo dans ces regwns serait reconnu impossible. Dans la pensée du Gouvernement allemand cet engagement implique la constatation du désintéressement absolu de l'Allemagne vis-à-vis de toute action que les circonstances amèneraient l'Italie à entreprendre à ses propres risques et périls dans ·les dits parages. Par conséquent le Gouvernement allemand ne saurait reconnaitre la nécessité ou méme l'utilité de la nouvelle déclaration proposée qui ne donnerait à l'Italie aucun droit additionnel, mais qui pourrait provoquer de fausses interprétations sur le but poursuivi par la Triple Alliance.

-III-

Le Gouvernement Royal propose de substituer au texte actuel du protocole sur les relations économiques réciproques un nouveau texte visant plus spécialement à la question des traités de commerce. Ce nouveau texte comprendrait trois stipulations qui se résument comme suit:

1° Les trois Puissances se promettent de négocier, dès maintenant, de nouveaux traités de commerce sur la base des traités en vigueur, de manière que les Puissances compensent, par de nouvelles concessions, toute restriction que leurs intéréts actuels pourraient exiger à l'égard des concessions existantes.

2° En attendant, les traités actuels demeurent en vigueur jusqu'à l'application des nouveaux accords.

3° Dans le nouveau traité entre l'Italie et l'Autriche-Hongrie, cette dernière Puissance accordera aux vins italiens des avantages égaux, dans leur effet pratique, aux avantages dont ils jouissent actuellement.

Le Gouvernement Impérial estime qu'il serait peut-étre utile si le Gouvernement Royal s'adressait d'abord au Gouvernement Austro-Hongrois, la question du traitement des vins à leur importation en Autriche-Hongrie formant, à notre avis, une des principales difficultés pour un renouvellement heureux des arrangements commerciaux.

Quant à l'Allemagne, le Gouvernement Impérial regrette de ne pas étre à meme d'entamer, dès maintenant, la discussion des nouveaux traités de commerce, à cause des difficultés sérieuses qui surgiraient à l'intérieur, si nous voulions préjuger de cette manière notre projet d'un nouveau tarif douanier. Les mémes difficultés s'opposent, de notre part, à un engagement formel de ne pas dénoncer les traités actuels avant la conclusion des traités nouveaux. Néammoins nous partageons entièrement l'avis du Gouvernement Royal qu'un intervalle entre l'expiration des traités actuels et l'entrée en vigueur des traités futurs porterait atteinte aux relations commerciales qui ont pu se développer si heureusement entre les trois pays. Donc nous sommes préts à aborder la discussion des nouveaux traités aussitòt que notre projet de tarif douanier aura passé par les corps législatifs, et à maintenir les traités actuels, si faire se peut, jusqu'à l'entrée en vigueur des nouveaux traités. Nous sommes convaincus que notre projet de tarif ne fera nullement obstacle à la conclusion d'un nouveau traité de commerce entre l'Allemagne et l'Italie et qu'il ne sera pas difficile d'arriver à s'entendre sur la base indiquée par le Gouvernement Royal.

(l) -La minuta di pugno di Prinetti, conservata in ASMAE reca la data 6 aprile. (2) -Cfr. n. 328.
330

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 614/7. Vienna, 8 aprile 1902, ore 11,30.

Ambasciatore di Turchia ha presentato a questo ministro degli affari esteri il memorandum relativo ai comitati bulgari in Macedonia. Goluchowski rispose che avendo già diretto al Governo buìgaro le osservazioni di cui informai V. E.

con rapporto del 23 marzo scorso n. 249 (l) non credeva opportuno di ripetere,

ma colse l'occasione di rinnovare all'ambasciatore di Turchia i consigli già dati alla Sublime Porta nei termini del rapporto precitato.

331

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, FRIOZZI DI CARIATI

T. 487. Roma, 8 aprile 1902, ore 16,45.

Sospensione emigrazione gratuita fu Jecisa in questo momento perché terminati vecchi contratti non sono ancora stipulati i nuovi, quindi questo provvedimento non ha alcuna portata grave mentre rappresenta prudente prevenzione per avvenire e opportuno primo avviso Governo brasiliano modificare suo atteggiamento (2).

332

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A PECHINO, GALLINA

T. 488/24. Roma, 8 aprile 1902, ore 16,45.

Rispondo suo telegramma n. 25 ( 3). Dai verbali delle conferenze comandanti contingenti, tenute aprile 1901, risultano seguenti impegni Italia circa occupazione militare Cili.

l) Guardia Legazione 200 uomini; 2) presidio Uang-Sung guardia ferrovia 300; 3) concorso presidio internazionale di Tiensin dopo cessato Governo provvisorio forza non precisata ma che potrà essere centinaio uomini occupanti concessione. Nessun impegno per Taku, Shan-hai-kuan ove lasciaronsi presidi su nostra richiesta fino distruzione forti. Prego la S. V. informarmi, interpellando anche comandanti truppe, se posteriori accordi abbiano modificati sopradetti impegni, e se sopradetta definitiva sistemazione nostre forze potrebbe attuarsi primi maggio in guisa da poter far rimpatriare col piroscafo « Montenegro » forza eccedente realizzando così notevoli vantaggi.

333

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 618/27. Pechino, 8 aprile 1902, ore 20,45.

Convenzione russo-chinese Manciuria firmata oggi. Ignoro condizioni precise, che invierò, ma so che Russia ha dovuto recedere da parecchie pretese.

(l) -Non pubblicato. (2) -Sul tema dell'emigrazione in genere, l'an. Prinetti farà il 24 maggio alla Camera ampie dichiarazioni. Cfr. A.P., Cam. Dep., cit., III, p. 2090 e s. (3) -Cfr. n. 320.
334

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RR. 619. Londra, 8 aprile 1902, ore 21,50.

Dietro lettera particolare di V. E., pervenutami iersera, ho parlato con questo ministro degli affari esteri nel senso indicato. Marchese di Lansdowne, ringraziando pel favoritogli preavviso, mi disse che mentre perduravano, a parer suo, le considerazioni di prudenza per le quaii si era concordato il segreto circa nota dichiarazione, egli non vedrebbe, però, inconvenienti a che V. E. rispondesse alla annunziata interrogazione in termini più espliciti di quelli altra volta adoperati, affermando, per esempio, che anche con l'Inghilterra aveva avuto luogo uno scambio di idee amichevole, dal quale erano risultate assicurazioni per noi tranquillizzanti riguardo alla Tripolitania. Sua Signoria aggiunse avere, ad ogni modo, incaricato lord Currie di sentire da V. E. e comunicargli i termini nei quali ella proporrebbe di esprimersi.

335

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 620. Vienna, 9 aprile 1902, ore 10,50.

Accoglienza fatta in Italia alla squadra austro-ungarica ed al suo comandante fece qui ottima impressione. S. M. l'imperatore ne fu particolarmente commosso, e telegrafò a S. M. il re con calde espressioni di riconoscenza.

336

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 624/32. Berlino, 9 aprile 1902, ore 15,19.

Agenzia Wolff, che si è sempre tenuta molto riservata nel riportare notizie con tanta frequenza divulgate, in questi giorni, sulla nostra supposta intenzione spedizione a Tripoli, pubblica stamane telegramma da Roma per annunziare chE' giornale Tribuna di ieri sera, dichiara nel modo più positivo, che il Governo italiano non pensa ora, né ha mai pensato ad una tale spedizione.

337

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 625/34. Berlino, 9 aprile 1902, ore 15.

Fino a ierisera, questo Governo non aveva ancora ricevuto nuovo memorandum turco, di cui è cenno telegramma di V. E. n. 465 (l) Barone Richthofen, al quale ne tenni parola, mi disse che, ricevendolo lo metterà agli atti, non intendendo Governo imperiale per ora immischiarsi nella questione delle cosidette mene dei comitati bulgari, nelle quali Russia e Austria-Ungheria hanno fatto già sentire loro parola a Sofia. Barone Richthofen sembra considerare con molta calma notizie che giungono dai Balcani, notizie, del resto molto contraddittorie e non ancora tali da ispirare seri timori.

338

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A BERNA, SILVESTRELLI

T. 493. Roma, 9 aprile 1902, ore 18.

La informo di quanto segue: Addì 31 marzo scorso questo ministro di Svizzera venne da me incaricato dal Consiglio Federale di domandare il mutamento di V. S. nell'interesse delle buone relazioni tra i due paesi. Dietro il mio rifiuto di accedere al desiderio del Governo elvetico, con nota delli 7 corrente il signor Carlin mi ha annunciato che il Consiglio Federale si trovava nella necessità di por fine alle sue relazioni ufficiali colla S. V. Oggi stesso, nel trasmettere al ministro svizzero un pro-memoria colla esposizione delle ragioni che, a parer mio, dovrebbero indurre il Consiglio federale a riconsiderare la sua risoluzione, ho notificato al signor Carlin, che, frattanto, la Legazione svizzera troverebbesi nella situazione identica a quella che il Consiglio Federale aveva creata alla

R. legazione, aggiungendo che mi vedevo, a mia volta, nella necessità di porre fine alle mie relazioni con lui. La comunicazione della cessazione delle relazioni ufficiali con V. S. dovrebbe esserle fatta, a quanto mi è stato detto in via confidenziale, domani dal Consiglio Federale. Ella mi telegraferà d'urgenza immediatamente il modo ed il testo di tale comunicazione e così pure di qualunque eventuale manifestazione nella Assemblea Federale. In attesa delle mie istruzioni, le rinnovo la raccomandazione di assoluto riserbo.

(l) Cfr. n. 324.

339

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CELESIA DI VEGLIASCO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 627. Pietroburgo, 9 aprile 1902, ore 18,20.

Mi riferisco al telegramma di V. E. in ordine al memorandum turco (1). Lamsdorff mi ha detto che le più serie esortazioni erano già state fatte a Sofia, e che sarebbero ora colà segnalate bande armate, di cui memorandum fa parola, con viva raccomandazione di prendere efficaci provvedimenti, per impedire ulteriore passaggio di esse in Macedonia; mi ha aggiunto che anche a Costantinopoli erasi raccomandata prudenza e moderazione. A suo avviso, malgrado gli ultimi incidenti, la situazione in Macedonia non presentava pericoli maggiori che negli anni decorsi. A quanto mi risulterebbe, i colloqui avuti col ministro affari esteri bulgaro che travasi a Pietroburgo, lo avrebbero confermato in questa opinione. Seppi dall'ambasciatore di Inghilterra che ieri sera fu firmata la convenzione per la Manciuria, che sarà pubblicata fra due o tre giorni.

340

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A BUENOS AIRES, BOTTARO COSTA

T. 497. Roma, 9 aprile 1902, ore 23,15.

I giornali annunziano concluso trattato di commercio tra Spagna e Argen

tina. Veda la S. V. se non le sembri giunto il momento di riprendere le nostre trattative.

341

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 1114/481. Parigi, 9 aprile 1902 (per. il 18).

L'incontro di V. E. con il Cancelliere dell'Impero germanico a Venezia ha alimentato, durante parecchi giorni, la stampa francese e l'intonazione della parte seria della medesima fu buona. Le gazzette di qui riprodussero contemporaneamente certi articoli dei giornali d'altri paesi e particolarmente quelli, aggressivi contro di noi, dei diari viennesi producendo per tal guisa un contrasto in realtà molto favorevole all'incremento delle buone relazioni franco-italiane.

Della qual cosa sarebbe superfluo che io dessi qui la dimostrazione segnalando i singoli articoli dei giornali, poiché chiunque si sia tenuto al corrente di ciò che questi dicevano nei giorni del viaggio di V. E. a Venezia, avrà avuto per certo questa stessa mia impressione.

Si direbbe che d'un tratto questa gente, tanto facile ad adombrarsi, abbia mutato natura a nostro riguardo e che agli eccessi della diffidenza sia succeduta una salda, illimitata fiducia.

Stimo convenga rallegrarci del fatto, ma nel tempo stesso renderei conto delle cause del medesimo.

19 - Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

In Francia da più mesi si è venuta formando l'opinione, fra le persone più serie, che l'esistenza della alleanza franco-russa, sempre più rumorosamente affermata, avrà per effetto di conservare la triplice; che quest'ultima sarà dunque rinnovata alla sua scadenza e che la Germania e l'Austria-Ungheria, avendo assoluto bisogno dell'appoggio dell'Italia, sapranno fare le necessarie concessioni perché questo non loro venga a mancare. All'idea della rinnovazione della triplice alleanza l'opinione pubblica francese sembra essersi accomodata. Ma in ciò bisogna vedere l'effetto della convinzione generale che qui si è formata nel senso che l'Italia, rinnovando la triplice ne escluderà le clausole dirette contro la Francia. È questa la formola consacrata per esprimere un pensiero che, a parer mio, riposa sovra un equivoco.

Nessuno si cura di sapere se clausole siffatte esistano nelle stipulazioni vigenti, quali siano i patti che potrebbero essere abbandonati o modificati. A me pare evidente che l'alleanza difensiva che guarentisce lo statu qua territoriale dei tre Stati che vi partecipano, non potrà mai avere un carattere molto diverso di quello che esso ebbe fin dal principio. Ma qui, lo ripeto, una corrente d'opinione che ha strascinato tutti, si è formata in diverso senso ed io mi domando se, quando alla realtà delle cose bisognerà pur arrendersi, non avremo a temere in Francia di quegli scatti di mal umore che sono nella indole sempre variabile di questo paese.

Mi preme mettere l'E. V. sull'avviso dandole contezza di ciò che osservo ed in pari tempo ne prendo occasione per dirle che, essendomi io imposto sempre più che mai, il silenzio sovra l'avvenire delle alleanze nostre, dal mio linguaggio non può essere stata fomentata una aspettazione non destinata a realizzarsi.

Ormai in Francia tutto è subordinato all'esito delle elezioni generali politiche per le quali assai più vivaci sono il movimento ed il lavorio dei partiti che non lo fossero nelle ultime convocazioni dei comizii elettorali. Riuscirebbe inutile il formulare oggi delle previsioni, poiché alla metà del prossimo mese si saprà in modo certo quale potrà essere l'indirizzo politico di questo paese durante il quadriennio della nuova legislatura. Dal punto di vista delle relazioni internazionali nostre con questo Governo, l'interesse italiano è per la conservazione al potere degli uomini che attualmente vi sono; ma l'Italia non ha con la Francia soltanto relazioni ufficiali. Dell'influenza di ciò che avviene qui, sovra il nostro paese, bisogna tener conto. E questa considerazione dovrà imporsi a noi quando sarà venuto il momento di giudicare delle prevedibili conseguenze delle elezioni francesi dal punto di vista degli interessi italiani.

(l) Cfr. n. 324.

342

IL MINISTRO A TOKIO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 114/52. Tokio, 9 aprile 1902.

Le previsioni fattemi tempo addietro dal Barone Komura e da me riferite con Rapporto 25 Ottobre scorso n. 220/85 (l) sull'esito definitivo riservato alle tratta

tive sulla Manciuria si sono ora realizzate. Il telegrafo ci ha oggi recato l'annunzio esser stata firmata a Pechino tra la Russia e la China una Convenzione, da più giorni già preannunziata, con cui viene definitivamente fissata in un termine di 18 mesi la completa evacuazione delle truppe Russe dal territorio Mancese, senza che d'altra parte il Governo Chinese abbia dovuto assoggettarsi, come era il caso pei precedenti progetti di convenzione, a troppo onerose condizioni. Non so se in pari tempo siano state dalla Russia defintivamente ritirate le proposte da essa presentate contemporaneamente all'ultimo schema di convenzione (Vedi Rapporto n. 42/18 in data 7 febbraio) (l) ed intese ad assicurare alla Banca Russo-Chinese una specie di monopolio economico in Manciuria; il fatto però dell'essersi acconsentito a Pietroburgo alla firma della convenzione d'evacuazione senza subordinarla al previo ottenimento delle concessioni predette, lascierebbe supporre essersi pure desistito da quelle pretese. In ogni caso la Russia, anche economicamente, non uscirà dalla Manciuria colle mani vuote, avendo essa saputo, a quanto mi disse ultimamente il Signor Komura, strappare ancora dalla China poco prima della morte di Li-Hung-Chang, importanti concessioni di miniere.

Intanto, coll'essersi potuto evitare alla China la rinunzia a certuni suoi diritti di sovranità in Manciuria nonché la concessione di privilegi economici di tal fatta dall'equivalere ad un'effettiva chiusura di detta provincia al commercio ed alle intraprese degli Stati esteri, la sistemazione ora avvenuta della questione Mancese si è mantenuta nei limiti che il Governo Giapponese aveva a più riprese dichiarato non poter permettere venissero oltrepassati; cosicché anche la conchiusione della convenzione in discorso può fino ad un certo punto essere considerata come un nuovo successo della diplomazia giapponese; ciò che pareva del resto comprovare il manifesto compiacimento con cui questo Ministro degli Affari Esteri accoglieva giorni sono le felicitazioni che taluni membri del corpo diplomatico credettero rivolgergli al preannunzio dell'imminente firma dell'importante atto. A questo favorevole risultato ha evidentemente contribuito l'azione efficace e simultanea esercitata a Pechino dall'Inghilterra e dal Giappone e la risoluta attitudine pure assunta dagli Stati Uniti. Così pure il trattato anglo-giapponese e la sua ripercussione sulle disposizioni della Corte di Pechino devono del pari avere in certa guisa influito a consigliare alla Russia un tale atto di arrendevolezza, e ciò sovratutto quando la susseguente dichiarazione franco-russa venne a fornirle il modo di poterlo effettuare senza troppo scapito della sua dignità e del suo prestigio.

Se la nube che da due anni si stava addensando sulla Manciuria, e che un momento sembrò voler minacciare la pace del mondo, accenna attualmente a dissiparsi, sarebbe però assai azzardoso il volerne desumere essere ormai la situazione rischiarata a tal punto da non lasciar prevedere nuove complicazioni per l'avvenire. Anche ammesso che l'evacuazione di quella provincia sia per effettuarsi, senza inciampo, nel termine fissato, la convenzione in parola non viene però che a por fine ad una fase acuta della questione Mancese, ma non può dirsi liquidi definitivamente la questione stessa. Questa rimane e rimarrà

viva ed aperta, e ciò fino al momento, fatalmente immancabile, in cui il colosso del Nord potrà chiudere le sue avide zanne su quella facile preda destinata alla sua brama. Avvolta in una rete sempre più fitta d'interessi russi, minacciata al Sud da Port-Arthur, al Nord dalle forze russe scaglionate lungo la frontiera Siberiana, la Manciuria può, ad ogni momento, per il minimo disordine, per il più lieve accenno di complicazioni nell'Estremo Oriente, subire una nuova occupazione, che potrebbe allora essere definitiva. Solo col mantener vivo un forte raggruppamento d'interessi politici rivali, coll'infondere possibilmente nuovo vigore all'infranto organismo chinese, coll'agire con ogni mezzo sulla Corte di Pechino onde indurla a riorganizzare le sue forze militari e la sua amministrazione in Manciuria in modo da scartare ogni possibilità di nuovi disordini, potrà quel momento essere indefinitamente protratto, ed è a tal compito che le potenze più interessate dovranno indirizzare i maggiori loro sforzi, ed anzitutto il Giappone, per il quale, come già dissi, l'avvenire della Manciuria travasi intimamente collegato alle sorti dell'agognata Corea.

Che la Russia intanto non intenda disarmare in Manciuria di faccia alle potenze rivali lo attestano le severe misure ch'essa sarebbe sul punto di adottare in seguito ad alcune voci, forse propagate ad arte, di atti di spionaggio commessi da emissari giapponesi e che mirerebbero ad ostacolare per quanto possibile la introduzione colà di viaggiatori giapponesi. Siamo, come si vede, ancora ben lungi da quella pacificazione generale che alcuni ottimisti qui si ripromettevano dal trattato Anglo-Giapponese!

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

343

IL MINISTRO A BERNA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 631/18. Berna, 10 aprile 1902, ore 11,40.

Ricevo adesso, 10,15, portata a mano alla legazione in busta suggellata a me indirizzata, nota seguente:

« Le Conseil Fédéral Suisse à M. le Comm. G. Silvestrelli, Envoyé Extraordinaire et Ministre Plénipotentiaire d'Italie à Berne.

Monsieur le Ministre,

Nous avons l'honneur d'informer V. E. que le Conseil Fédéral se voit, à san grand regret, dans la necéssité de mettre fin aux relations officielles qu'il entretenait avec Vous. Le Représentant de la Confédération à Rome a reçu l'ordre de porter cette décision, ainsi que les circonstances qui l'ont motivée, à la connaissance de S. E. M. Prinetti.

Veuillez agréer. Berne, 10 avril. Au nom du Conseil Fédéral suisse Le Président de la Confédération Zemp

Le Chancelier de la Confédération Ringier Aspetto istruzioni.

344

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. CONFIDENZIALE 500. Roma, 10 aprile 1902, ore 14,30.

Come V. E. non ignora il trattato di alleanza tra l'Austria-Ungheria e la Germania del 1879 non porta indicazione alcuna di durata o di scadenza. Desidererei sapere se o per denuncia o per altra ragione abbia cessato di essere in vigore; come ieri in privata conversazione mi faceva dubitare S. E. conte Wedel.

345

IL MINISTRO A BERNA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 632/19. Berna, 10 aprile 1902, ore 16,40.

Presidenti rispettivi hanno dato lettura nelle due camere di breve messaggio del consiglio federale, il quale dice che, in seguito a dissidio col rappresentante italiano Silvestrelli, fu chiesto a Roma di lui richiamo. In seguito rifiuto del Governo italiano, consiglio federale ha troncato relazioni con quel rappresentante, Governo italiano ha fatto immediatamente lo stesso col ministro di Svizzera. Consiglio federale si riserva comunicare note. Nel consiglio nazionale frase relativa domanda richiamo accolta applausi; questa sino ad ora sola manifestazione (1).

era stata affidata al Belgio, così come il Belgio si era assunta quella degli interessi svizzeri

In Italia. In A.P., Cam. Dep., cit., p. 804.

Rispondendo il 26 aprile a varie Interrogazioni. Prinetti ha fatto una lunga dichiarazione ricordando di aver distribuito alla Camera un Libro Verde sull'incidente, e di aver depositatoalla Segreteria una collezione del giornale anarchico << Il Risveglio >> di Ginevra che ne fu la causa. Più volte il rappresentante diplomatico italiano Sllvestrelli aveva richiamato l'attenzione del Presidente della Confederazione elvetica, anche nella sua qualità di ministro degli Esteri, sull'apologia dell'assassinio politico fatta dal giornale. Egli ebbe anche uno scambio di note con il Consiglio federale in proposito. Dopo aver difeso l'operato di Silvestrelli, Prinetti disse tra l'altro:

«Non si poteva dubitare e non possiamo dubitare che un paese eminentemente civile come la Svizzera e un Governo come quello svizzero, così conscio di tutti i compiti, di tutte le necessità dell'attuale vita civile, non sentano come questa pubblicazione impunita costituisca un inconveniente a cui un giorno o l'altro è Il caso di porre nparo. Una pubblicazione di questo genere non può non trovare realmente nessuna sanzione penale nel Codice federale e nella legislazione svizzera che debbono essere, e che sono certamente, all'altezza della legislazione di qualunque altro paese. (Benissimo!)>>.

Cosicché quando la Svizzera chiese il richiamo di Silvestrelli, Prinetti si rifiutò. Berna il 7 aprile notificò la rottura delle relazioni ufficiali col ministro d'Italia, e Prinetti replicò con la rottura delle relazioni ufficiali con il rappresentante elvetico a Roma. Il ministro degliEsteri così concluse le sue dichiarazioni alla Camera:

«Oggi ancora io persisto nel mio pensiero. Noi sentiamo di non aver colpa alcuna nell'avvenuta rottura, e con animo sereno confidiamo che presto si avveri l'augurio espresso da entrambi i relatori alle Camere di Berna, l'augurio cioè di una soddisfacente ed onorevole soluzione. (Benissimo! Bravo! -Vive approvazioni -Commenti)>>.

Fece seguito una lunga discussione durante la quale alcuni deputati deplorarono il comportamento del ministro Silvestrelll. In A.P., Cam. Dep., cit., pp. 942-955.

(l) Prinettl informò la Camera il 22 aprile che la tutela degli interessi italiani in Svizzera

346

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, SCANIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 633/5. Tripoli, 10 aprile 1902, ore 17,15.

Stamane è qui arrivato l'onorevole deputato Morgari. Mi ha detto che si tratterrà a Tripoli una decina di giorni onde studiare la questione della Tripolitania per conto del suo partito (1).

347

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. SN. Berlino, 10 aprile 1902, ore 19,20 (per. ore 20,30).

Alla gita del conte Btilow a Vienna, il cui annunzio giunse qui inaspettato, si dà presso questo Governo significato pura cortesia. Essa avvenne per iniziativa del conte Biilow, il quale avrebbe sentito convenienza conferire con conte Goluchowsky, dopo aver conferito con V. E. Certamente non deve essere estraneo desiderio che il cancelliere dell'impero sia diviso dal conte Goluchowsky, terminare al più presto con noi... (2) rinnovazione triplice alleanza. Non dubito che i due uomini di stato discuteranno d'accordo domande contenute nelle istruzioni che ella mi ha annunziate e che oggi già ... (2) a Vienna.

348

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 635/16. Parigi, 10 aprile 1902, ore 19,50.

Risposta al telegramma n. 465 (3).

Memorandum turco è stato rimesso qui durante assenza di Delcassé, il quale non ha ancora avuto occasione d'intrattenersi al riguardo, coll'ambasciatore di Turchia. Il Governo francese non ha bisogno di dare nuove istruzioni al suo agente a Sofia, perché questi non ha mai cessato di raccomandare la saviezza al Governo bulgaro. Le notizie che gli agenti francesi trasmettono al loro Governo attribuiscono alle agitazioni dei comitati un carattere spiccatamente rivoluzionario, e fanno ritenere che, all'azione dei medesimi, sia completamente estraneo il Governo principesco. Delcassé ha soggiunto che, dalle stesse informazioni, risulterebbe che i capi agitatori hanno l'intenzione di tentare qualche cosa, ma che le popolazioni non seguiranno il movimento.

(l) -L'Avanti! pubbl!cò, a partire dal numero del 26 aprile. dodici articol! dell'on. Morgari, ed il 30 aprile un articolo di Cesare Lombroso contro i « tripolitanani ». (2) -Gruppi !ndecifrati. (3) -Cfr. n. 324.
349

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 636/17. Parigi, 10 aprile 1902, ore 19,50.

Ho consegnato oggi a questo ministro degli affari esteri una nota verbale portante notificazione relativa annessione, che in epoca prossima sarà decretata, del territorio di Raheita, compresa nei possedimenti nostri alla colonia Eritrea. Il ministro, dopo aver dato uno sguardo alla nota di cui le avevo esposto verbalmente il contenuto, mi ringraziò, senza fare circa il contenuto di essa, alcuna osservazione.

350

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A BERNA, SILVESTRELLI

T. 503. Roma, 10 aprile 1902, ore 20.

Ho fatto al signor Carlin una comunicazione analoga a quella che Le fu fatta stamane dal Consiglio federale. Ella deve astenersi da ogni atto o manifestazione, tenendosi nel più grande riserbo, ed adoperando, per le comunicazioni al Consiglio Federale, esclusivamente la forma di note verbali non firmate.

351

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 637/28. Pechino, 10 aprile 1902, ore 23,12.

Convenzione russo-cinese per la Manciuria firmata avantieri. Consta di 4 articoli. l) Riassunto avvenimenti che condussero occupazione russa. 2) Stabilisce evacuazione progressiva in 18 mesi nei primi sei sino al fiume Lio-ho; nei secondi sei, provincia Mukdera e Kirin, negli ultimi provincia cinese dell'Amur. 3) Riconosce ai russi diritto di provvedere, anche dopo ritiro truppe alla polizia militare ferrovie, che saranno però consegnate subito ai cinesi. 4) La Cina provvederà essa stessa a tutti i lavori relativi alla ferrovia in Manciuria, ma non potrà affidarli ad un'altra potenza. Sono addossate alla Cina le spese fatte pel riattamento della ferrovia dopo i torbidi. Il ponte sul Lio-ho non potrà essere costruito se non tra i due paesi.

352

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

(Erediti\ Nigra)

T. 9. Vienna, 11 aprile 1902 (1).

Riservatissimo per lei solo.

Il trattato di alleanza tra la Germania e l'Austria-Ungheria è più rigoroso che mai, malgrado la cresciuta intimità di rapporti tra le Corti di Vienna e di Pietroburgo.

353

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 10. Vienna, 11 aprile 1902, ore 13,25 (per. ore 15,15).

Riservatissimo per lei solo.

Prima di presentare a conte Goluchowski le condizioni che V. E. pone al rinnovamento dell'alleanza, stimo mio dovere avvertire V. E. che nessuna abilità diplomatica varrà ad ottenere a Vienna od a Berlino ciò che ella non ottenne a Venezia. V. E. sa dai miei telegrammi e dalle comunicazioni di persona di fiducia, che il conte Goluchowski ha sempre dichiarato di non poter assumere alcun impegno commerciale. Se Io facesse potrebbe essere posto in stato d'accusa dai parlamenti di Vienna e di Pest e l'impegno non avrebbe alcun valore. Biilow, che ieri venne a vedermi, mi disse la stessa cosa per conto suo. Egli mi pregò di informarla conJélenzialmente che quando imperatore di Germania conoscerà le condizioni poste dall'Italia ne risentirà una impressione che egli non crede favorevole rapporti reciproci. Egli desidera che V. E. sappia che tale comunicazione non le è fatta con un intento di intimidazione ben !ungi dal suo pensiero ma che è una prova della sua amicizia per l'Italia e per Lei personalmente. Soggiunse, poi, che sarebbe una illusione il credere che cessata l'alleanza i rapporti dell'Italia con gli antichi alleati rimarrebbero indifferenti. Egli è convinto che specialmente con l'Austria diventerebbero ben presto ostili in presenza delle tendenze irredentiste e balcaniche di una parte dell'opinione italiana. Lunedì presenterò in apposita memoria al conte Goluchowski il sunto delle condizioni da lei chieste ma declino ogni responsabilità esito.

(l) II telegramma, privo di ora di partenza, si inserisce qui perché reca in Eredità Nigra il numero 9 mentre quello pubblicato al numero seguente reca il numero 10.

354

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, MARTIN!, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 644/10. Massaua, 11 aprile 1902, ore 19,20 (per. ore 20,10)

Dalla influenza del Maiteb nel Setit, dove giunsi stamane, mi pregio assicurare V. E. che le nostre insistenze sono pienamente giustificate: una carovaniera tracciata, sorvegliata fra Gas e Setit gioverà grandemente attivare rapidi frequenti traffici fra la Colonia e le provincie adiacenti allo Tzana e riaprirà alla regione dei Cunama commercio dei suoi ricchi prodotti naturali.

355

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 506 Roma, 11 aprile 1902, ore 20,15.

Prego telegrafarmi se modo con cui codesto ministro affari esteri ha accolto comunicazione per annessione Raheita debba interpretarsi come presa di atto,

o se V. E. crede che dobbiamo, in via amichevole, attendere qualche ulteriore eventuale comunicazione da Governo francese.

356

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Roma, 11 aprile 1902, ore 20,15.

Riservatissimo per lei solo.

Prego dirmi se V. E. mostrò al conte Btilow la copia delle mie istruzioni al conte Lanza (l) perché in tal caso mi diverrebbe inesplicabile suo mutamento di attitudine non avendo io in quelle istruzioni fatto altro che trascrivere le proposte da me formulate verbalmente a Venezia, incontrando alcuna sua approvazione e le altre nessuna obiezione positiva.

(l) Cfr. n. 328.

357

IL MINISTRO A BRUXELLES, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 195/76. Bruxelles. 11 aprile 1902.

Da gran tempo la questione del Suffragio Universale agita l'opinione pubblica nel Belgio e su tale argomento avvenne l'alleanza del partito liberale col partito socialista, con l'intento di far cadere l'attuale Governo cattolico.

La conseguenza di tale alleanza fu che, nell'ultima seduta della Camera prima delle vacanze di Pasqua, venne presentata alla Camera dei Deputati una proposta di legge per la revisione degli articoli 47, 48, 49, 53, 54, 55, 56 e 57 della Costituzione. Nell'accettare l'alleanza col partito socialista i liberali dichiararono, peraltro, ch'essi intendevano attenersi strettamente alla legalità e che ripudiavano ogni atto violento ed extra-legale, e ciò in seguito a due dimostrazioni revisioniste organizzate dal partito socialista negli ultimi giorni di carnevale, che avevano già dato luogo ad alcuni disordini, sebbene di poca importanza.

Nella scorsa settimana essendosi sparsa la voce che il Governo, forte della grande maggioranza che ha in Parlamento, si sarebbe opposto alla presa in considerazione della domanda di revisione e, votati i bilanci, avrebbe chiusa la Sessione parlamentare, gli oratori e capi del partito Socialista incominciarono a tenere alla Camera e nelle loro riunioni alla Casa del popolo un linguaggio violento e minaccioso, e tosto si notò un subito fermento nella classe degli operai della Capitale e dei principJ.li centri industriali.

Due attentati colla dinamite, avvenuti a Binche ed a La Louvière, che si credono doversi attribuire a moventi politici perché perpetrati a danno di personalità del partito del Governo, impressionarono l'opinione pubblica. Un identico attentato avvenuto a Bruxelles la scorsa settimana contro la Banca Nazionale aumentò ancora l'apprensione generale, sebbene i danni materiali di tale attentato, come dei due primi, siano stati insignificanti.

Le cose erano a questo punto quando, nella seduta dell'8 corrente, il giorno stesso in cui il partito Socialista aveva deciso di incaricare un suo oratore di esigere che il Governo fissasse il giorno per esaminare la proposta di revisione, il Capo del Gabinetto, con grande sorpresa dei partiti Liberale e Socialista, dichiarò alla Camera che il Governo accettava che tale proposta fosse messa all'ordine del giorno della seduta del prossimo mercoledì, il 16 corrente, finita la discussione sul Bilancio degli Affari Esteri e votati i crediti provvisori.

II partito Socialista vide in tale dichiarazione del Governo un tranello, e la sera stessa, dopo aver protestato alla Camera, all'uscire della seduta i capi del partito tennero alla Casa del Popolo un linguaggio di una violenza inaudita, incitando apertamente gli operai a scendere per le strade, a ricorrere alla forza, alla violenza, con l'intento d'intimorire il Governo e la Maggioranza affinché cedano, per evitare la sommossa generale, la rivoluzione.

Una prima dimostrazione venne organizzata quella sera stessa, martedi 8 corrente. Gli operai usciti dal Comizio alla Casa del Popolo si avviarono, in numero di più di mille, con alla loro testa un Deputato Socialista ed una bandiera rossa, verso la Città alta, con l'intento di fare una dimostrazione davanti al Palazzo del Principe Alberto. Trovata colà la via sbarrata dalla polizia ne nasce un conflitto, due agenti sono feriti, mai i dimostranti vengono dispersi.

L'indomani mattina, mercoledì, all'arrivo di S. M. il Re Leopoldo, di ritorno dalla Francia, il Sovrano è accolto, all'uscire dalla stazione, da un pugno di dimostranti con una bandiera rossa e colle grida: «Viva la Repubblica. Viva il Suffragio Universale». La sera dello stesso giorno una dimostrazione di un carattere più grave avviene. Un forte gruppo di dimostranti, partito dalla Casa del Popolo, si avvia verso la Piazza ove è la Stazione del Nord. Trovata la via sbarrata dalla polizia, avviene un primo conflitto ed i dimostranti, in grandissimo numero armati di rivoltella, tirano sugli agenti, dei quali uno si trova attualmente in pericolo di vita e parecchi sono gravemente feriti. Dopo aver commesso parecchi atti di vandalismo, rompendo fanali, vetri delle case, e tentato di incendiare una casa, ove un agente ferito ed inseguito si era rifugiato, la dimostrazione è finalmente sciolta dalla Polizia a cavallo.

Giovedì sera altra dimostrazione più seria ancora, perché, oltre a numerosi atti di vandalismo, si ebbero a deplorare parecchie vittime, almeno venti dimostranti feriti, e parecchi gravemente, e molti agenti feriti a colpi di rivoltella. La città rientrò nella calma soltanto verso le due di notte e dietro l'intervento della truppa e della Guardia Civica a cui si dovette ricorrere per prestare aiuto alla Polizia per sciogliere e respingere i dimostranti, i quali si erano in varii gruppi dispersi in differenti punti della città.

Da ieri, Giovedì, il Governo si era deciso a richiamare due classi appartenenti ai reggimenti di fanteria che compongono la guarnigione della Capitale, la quale sarà ancora rinforzata da un altro reggimento. La Guardia Civica è consegnata.

Oggi poi il Borgomastro di Bruxelles emanò un editto col quale si proibisce ogni assembramento di più di dieci persone e si punisce con sei mesi di carcere chi sarà trovato in possesso di un'arma, se non munito di regolare porto d'armi.

Si spera che le misure energiche prese dal Governo e dalle Autorità Municipali per garantire l'ordine e reprimere ogni nuovo tentativo di sommossa, ma forse ancora più la reprobazione generale che condanna acerbamente l'opera sediziosa del partito Socialista, il quale è stato apertamente e clamorosamente abbandonato su questo terreno della violenza dal partito liberale intero, varranno a far cessare questo deplorevole stato di cose.

Corre insistente la voce che lunedì prossimo scoppierà lo sciopero generale, al quale spingono apertamente i Capi del partito Socialista ed al quale si dice che tutti i lavoratori del Distretto di Charleroi siano preparati. Ma l'opinione dei più è che i lavoratori, i quali conoscono la situazione poco florida dell'industria del paese in questo momento ed il conseguente fatale esito che uno sciopero avrebbe ora indubbiamente, esiteranno a seguire su questo terreno i capi agitatori, e che quindi lo sciopero generale non avverrà. Debbo, peraltro, aggiungere che una forte agitazione si manifesta pure in Provincia, specie a Charleroi, Gand, Anversa, ed in altri punti industriali del paese, ove i Deputati e le personalità del partito del Governo sono fatti segno giornalmente a dimostrazioni ostili, anche colà ove i socialisti sono in piccolissimo numero.

358

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 11. Vienna, 12 aprile 1902, ore 14,40 (per. ore 15,35).

Riservatissimo per lei solo.

Non ho mostrato a Biilow le istruzlonl date a Lanza (1), ma non gli celai che io aveva istruzioni di chiedere al conte Goluchowski impegno per il trattato di commercio e la sua proroga eventuale per due anni fino alla conclusione delle nuove stipulazioni. Gli dissi pure che per salvaguardare la sua responsabilità in caso di insuccesso delle trattative commerciali ella propone eventualmente la facoltà reciproca di denunclare l'alleanza di tre in tre anni. Biilow mi ha detto che egli non può prendere alcun impegno commerciale e che conte Goluchowski si trovava nello stesso caso: che perciò lo insistere su quella domanda equivaleva a mettere al rinnovamento una condizione impossibile.

Quindi, le riflessioni che mi ha pregato di comunicare a V. E. in via strettamente confidenziale dicendomi che tale comunicazione doveva essere considerata dall'E. V. come prova della sua amicizia per l'Italia e per lei personalmente.

359

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 651/29. Pechino, 12 aprile 1902, ore 15,50 (per. ore 17,50).

Ho l'onore di rispondere al telegramma di V. E. n. 24 (2), d'accordo col colonnello Salsa. Impegni da nol prest sono quelli precisati da V. E. Coi rimpatri e rimpiazzi ora stabiliti e per cul Salsa ha già preso le necessarie disposizioni in vista arrivo Montenegro rlmarrà appena forza corrispondente detti impegni. Non sarebbero quindi da contemplare altre susseguenti riduzioni. Per Shanghai-Kuan V. E. giudicherà se 11 diritto da noi reclamato e riconosciutoci di partecipare quella guarnigione costituisca o meno impegno a rimanerci fino

a che rimangano gli altri. Quel distaccamento è romito, del resto, dalle navi di questa squadra che sarebbe bene rimanesse permanentemente nel numero attuale in questi mari. Per Taku, ove possediamo striscia terreno, forza richiesta insignificante.

(l) -Cfr. n. 328. (2) -Cfr. n. 332.
360

L'AMBASCIATORE A PARIGI. TORNIELLI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI. PRINETTI

T. 652/18. Parigi. 12 aprile 1902, ore 16,25.

Come telegrafai e scrissi avant'ieri a V. E. (l) questo ministro degli affari esteri non fece alcuna osservazione in merito alla notizia della nostra decisione di annettere il territorio di Raheita compreso nei nostri possedimenti. Interpreto tale atteggiamento nel senso che egli dovrà conferire in proposito con il collega delle Colonie e, forse portare l'informazione al consiglio dei ministri prima di pronunciarsi o di prendere atto della mia comunicazione. Sembrami essere nell'ordine regolare delle cose che fra la comunicazione stessa e l'emanazione del decreto di annessione si lasci decorrere qualche giorno acciocché se delle osservazioni si volessero fare da parte del Governo francese questo abbia il tempo di prodursi.

361

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S.N. Berlino, 12 aprile 1902, ore 17,37 (per. ore 19,10).

Riservatissimo per lei solo.

Da una lettera di Mattioli, recatami dal corriere ausiliario, nonché da parole ripetutemi da Imperiali, rilevo che V. E. non spiega motivi per i quali io desidero vedere presto finito negoziato per la rinnovazione della Triplice Alleanza. Questi motivi sono semplici: Convinto profondamente che sarebbe jattura per l'Italia rottura alleanza, è naturale io desideri vederla al più presto fuori di pericolo di naufragio e non sia tranquillo fino a che non la saprò in porto. Inoltre, non vorrei ripetere i guai e diffidenze già suscitati da nostre dilazioni in gennaio e che V. E. ed io avemmo tanta fatica a dileguare. Senonché, lettera di Mattioli mi fa supporre che V. E., pur desiderando rinnovazione trattato, non sia spiacente che negoziato vada in lungo «perché vi è tempo sino a maggio 1903 » a rinnovarlo. Ora qui vi è un malinteso. Qualunque sia modo rinnovazione, scadenza o denunzia, del trattato, è naturale che non si possa

aspettare ultimo momento a prendere una decisione e tanto Gabinetto di Berlino che Gabinetto austriaco ritennero sempre che ciò debba avvenire un anno prima, come appunto è di questo preveduto nel testo attuale, per aver tempo provvedere in conseguenza orientamento della loro politica.

(l) Cfr. n. 348.

362

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S.N. Roma, 12 aprile 1902, ore 19,45.

Riservatissimo per lei solo.

Dopo uno scambio di telegrammi col conte Nigra (l) dubito conte Billow, che a Venezia per lo meno non formulò obbiezioni contro mie proposte intesa commerciale, abbia notevolmente mutato suo pensiero dopo colloquio avuto a Vienna col conte Goluchowski colloquio, che non era nel suo programma e fu deciso improvvisamente forse per desiderio austriaco. Mi affretto ad avvertirne V. E. onde procuri, se mia supposizione è esatta, paralizzare influenza Goluchowski ed evitare che Germania si lasci trascinare dall'Austria-Ungheria a tentare una eccessiva pressione sull'Italia la quale non potrebbe ad essa piegarsi per le ragioni da me esposte non dipendenti dalla volontà e dalla forza del Governo; mentre, invece, quando Italia e Germania si saranno accordate anche per il protocollo della intesa commerciale sia pure con formule diverse da quelle da me proposte ma che raggiungano gli stessi risultati, AustriaUngheria non potrà a meno di accedervi.

363

IL MINISTRO A CETTIGNE, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 52/19. Cettigne, 12 aprile 1902 (per. il 19).

Le assicurazioni che m'erano state date alcuni giorni sono (vedi mio rapporto n. 38/13, del 6 corrente) (2) furono pure ripetute ai Ministri di Francia e di Russia e all'Incaricato d'affari di Austria-Ungheria a Cettigne. Questi ultimi due avendo chiesto -successivamente -spiegazioni circa il significato e la portata delle varie misure militari cui allora accennavo, n'ebbero in risposta le più ampie e formali dichiarazioni circa gli intenti pacifici del Governo Montenegrino, il quale, se si crede in dovere di prendere i necessari provvedimenti

per mantenere il suo esercito in grado di far fronte ad ogni eventualità, è però lontanissimo dal pensare -o dal prepararsi --ad una politica aggressiva. E a conferma di tali asserzioni, e «perché l'opinione pubblica fosse illuminata sul vero stato delle cose», il Glas Cernogorska ha pubblicato, nel suo numero odierno, il comunicato ufficioso del quale mi pregio trasmettere qui 1mita la traduzione (1).

Come già riferivo nel sopracitato mio rapporto, è specialmente a Vienna che le notizie giunte da Cettigne sembravano aver prodotto sensazione. Queste notizie parlavano di concentramenti di truppe montenegrine alle frontiere dell'Albania e della Vecchia Serbia, di chiamate straordinarie della milizia, di propositi bellicosi a breve scadenza. Ma non pare che, nemmeno colà, sia poi stata attribuita, nelle sfere competenti, troppo grave importanza alla cosa. Ciò si può dedurre, fra gli altri, dal fatto che a questo Ministro d'AustriaUngheria, il quale già da qualche giorno doveva ritornare al suo posto, fu accordato senza difficoltà un prolungamento di congedo di due settimane.

Intanto, se a Cettigne tutte queste notizie continuano ad essere recisamente smentite, qui si discorre invece con molta insistenza di preparativi militari dell'Austria-Ungheria verso le sue frontiere meridionali. Si pretende che l'effettivo della guarnigione alle Bocche di Cattaro è stato rinforzato; che, d'altra parte, i riservisti della Dalmazia ebbero ordine di tenersi pronti alla chiamata, e i capi-stazione delle linee ferroviarie da Castelnuovo e da Ragusa a Mostar in Erzegovina, di prender le disposizioni per un eventuale trasporto di truppe verso la sede del comando del XV Corpo.

Non ho avuto modo di appurare qual fondamento abbiano tali informazioni, che appaiono però per lo meno esagerate; del resto, che l'Austria-Ungheria prenda qualche misura di precauzione in presenza di avvenimenti che si svolgono a così breve distanza dal confine bosniaco, in località limitrofe a quella parte del Sangiaccato di Novi-Bazar che essa tiene militarmente occupata, sembra cosa abbastanza verosimile.

In ogni modo, qui non solo si prodigano dichiarazioni pacifiche, ma si affetta per il momento di togliere qualsiasi importanza ai fatti che sono accaduti nei Vilayets di Kossovo e di Monastir. Si afferma invece che, se pericolo vi è nell'attuale situazione della penisola Balcanica, questo esiste soltanto dal lato della Bulgaria, dove l'azione dei comitati Macedoni diventa sempre più minacciosa, e dove l'attitudine del Governo non è così chiara ed energica come dovrebbe. «Se le bande rivoluzionarie bulgare continuano la loro opera provocatrice» -tale è il linguaggio del Governo Montenegrino, che mi veniva quasi esattamente ripetuto da questo Ministro di Serbia -« ciò darà luogo indubbiamente ad una reazione sanguinosa da parte turca, reazione che non si limiterà a colpire gli aggressori, ma si estenderà a tutte le popolazioni cristiane della Macedonia. Ed in presenza del massacro dei loro connazionali, sarebbe difficile anche agli altri Governi interessati, pure tanto desiderosi di pace, di rimanere spettatori impassibili. Ma giova sperare che l'accordo delle Grandi Potenze riuscirà ad impedire sì fatali complicazioni>>.

(l) -Cfr. nn. 356 e 358. (2) -Non pubblicato.

(l) Non sl pubbllca.

364

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 300/59. Pechino, 12 aprile 1902 (per. il 24 maggio).

Siccome ho avuto l'onore di notificare a V. E. col mio telegramma del 1° aprile u.s. n. 23 e col rapporto n. 57 dell'8 corrente (1), giunsi a Pechino e vi assunsi la direzione della R. Legazione il primo di questo mese.

Nel venire mi fermai qualche giorno a Shanghai per conoscere quella colonia italiana, che è la più importante, per quanto ancora poco numerosa, delle nostre colonie in Cina e per rendermi conto dei suoi desideri ed interessi. Ho constatato con piacere che le sue condizioni sono buone. Essa tiene un posto onorevole fra le altre colonie estere di quella città; il suo livello di educazione e di benessere è soddisfacente, né vi si riscontra finora alcuno di quegli elementi che pur troppo la ingente nostra emigrazione porta talvolta in altri paesi.

Trovandosi in questi mari una nostra squadra ed in Shanghai stessa due nostre navi, ho pensato che sarebbe opportuno che io giungessi a Tientsin, piuttosto che sopra una nave mercantile, sopra un legno da guerra, come usano fare di regola i Ministri di quelle Potenze che hanno forze navali in Cina, per il sentimento di maggior rispetto che essi ne ritraggono da parte dei Cinesi. Richiesi quindi a V. E. l'autorizzazione di potermi imbarcare a bordo della «Puglia » che era sul punto di salpare per una crociera sul Yang-tze, e sono riconoscentissimo all'E. V. di avermela accordata.

In due giorni potei così giungere a Tientsin. Ho visitato colà il nostro settlement e mi sono convinto che se la sua sistemazione sarà condotta con intelligenza, potrà presentare in avvenire dei reali vantaggi sia per la nostra posizione in generale quanto per gli interessi dei privati italiani che verranno qui a commerciare.

Mi è riuscito sommamente gradito di udire tanto a Tientsin che qui, tributare da tutti e sovente da persone cui non ero conosciuto, i maggiori encomi alle nostre truppe di occupazione per l'esemplare loro condotta e tenuta. Esse non hanno dato infatti in tutto questo tempo motivo a lagnanza di sorta; merito tanto maggiore in quanto che le speciali circostanze del loro soggiorno qui avrebbero potuto facilmente condurre qualche rilassatezza nella disciplina.

Giunto finalmente nella capitale, vi fui ricevuto ieri, 11 corrente da Sua Maestà l'Imperatore, per la presentazione delle mie Credenziali, col cerimoniale stabilito da ultimo nel protocollo di pace.

Accludo per debito d'informazione, copia del discorso che ho indirizzato in quella circostanza a Sua Maestà Imperiale e della risposta dell'Imperatore (2).

(l) -Non pubblicati. (2) -Non ei pubblicano.
365

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S.N. Berlino, 13 aprile 1902, ore 15,03 (per. ore 17).

Riservatissimo per lei solo.

Rispondo suo telegramma di iersera (1).

Riservandomi inviare ulteriori comunicazioni circa colloquio che ebbi ieri con Biilow, e che avrò questa sera con segretario di stato, m'importa che ella sia fermamente convinta che Biilow si è recato a Vienna di sua propria iniziativa, secondo che io l'ho telegrafato a V. E. il 10 corrente (2). Aggiungo pure, perché ciò mi risulta in modo positivo, che la notizia arrivo cancelliere Vienna ha recato sorpresa conte Goluchowski, il quale, a tal visita non si aspettava.

366

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A BERNA, SILVESTRELLI

T. 516. Roma, 13 aprile 1902, ore 16,50.

Siccome Carlin qui a Roma fa interviste e parla molto con evidente suo danno, a buon conto torno a raccomandare a V. S. la massima riserva, il massimo silenzio e di evitare accuratamente che nemmeno si possa attribuire a lei nessuna parola o frase, onde non guastare il buon indirizzo preso dalla stampa italiana unanime.

367

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S.N. Roma, 13 aprile 1902, ore 18,15.

Riservatissimo per lei solo.

Constato con soddisfazione che mio modo di vedere concorda pienamente con quello di V. E. Anzi mi importa assicurarla che io non ho alcun desiderio di tirare in lungo il negoziato per rinnovazione del trattato. Soltanto discorrendo con Mattioli ebbi occasione di dirgli che essendo chiarito non esser

20 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

necessaria alcuna denuncia preventiva non è più il caso di preoccuparsi se questo negoziato si prolunga qualche mese più di quanto era forse prevedibile quando venne iniziato.

(l) -Cfr. n. 362. (2) -Cfr. n. 347.
368

IL MINISTRO A BERNA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 656/23. Berna, 13 aprile 1902, ore 21,25.

Assicuro che il mio silenzio e riserbo sono assoluti. Ho dovuto, fra gli altri, accanitamente difendermi contro corrispondenti qui venuti del Corriere della Sera rifiutando assolutamente riceverli.

369

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.S.N. Roma, 13 aprile 1902, ore 21,30.

Riservatissimo per lei solo.

Sta bene che V. E. presenti domani al conte Goluchowski la memoria riassuntiva delle nostre proposte. Anche dopo attento esame delle considerazioni da lei esposte, il Governo del re non può mutare opinione circa la necessità di evitare che una lotta commerciale si verifichi durante la alleanza politica.

Se V. E. dopo la presentazione della memoria, avesse modo, senza soverchio suo disagio, di fare una corsa a Roma, sarei ben lieto di poterle meglio chiarire, di viva voce, le ragioni altissime, anche di carattere politico, che ispirano il Governo del re.

Converrebbe però che questa corsa fosse da V. E. in Vienna motivata come di sua iniziativa o in altro modo da non far nascere nel Governo austroungarico la supposizione esser intervenuto un mutamento nel nostro pensiero.

370

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, SCANIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 394. Tripoli, 13 aprile 1902.

Confermo il mio telegramma del 10 corrente n. 5 (l) relativo all'arrivo a Tripoli del Deputato Morgari. In conformità di quanto ebbe a dichiararmi appena giunto, egli occupa le sue giornate a studiare il paese. Ha fatto relazione con alcuni giovani della

colonia che sono tutt'altro che socialisti e costituiscono invece degli elementi d'ordine ed in compagnia di essi percorre l'oasi di Tripoli e le circostanti campagne, esaminando accuratamente la natura dei terreni e la loro adattabilità a colonia agricola. Cerca di attingere idee da ogni sorta di persone e di ogni cosa prende nota. I suoi compagni di escursione mi hanno riferito che egli ha loro dichiarato che è venuto in Tripolitania per conto del proprio partito socialista ed a spese del giornale Avanti; che le impressioni che egli ha ricevuto dall'esame dei terreni furono talmente soddisfacenti, nei riguardi della possibilità di colonizzare, che ebbe loro a dire: «Gli uomini del mio partito, ostili ad ogni avventura coloniale, mi dissero al momento in cui mi accingevo a partire per l'Africa, che mi sarei lasciato abbindolare dal miraggio africano; ebbene vi dirò che l'interesse che suscita questo paese è talmente forte, che quasi quasi temo che i miei amici abbiano avuto ragione~ (1).

Stamane l'onorevole Morgari è venuto a farmi visita. Parlandomi di una gita da lui fatta ieri a Ain-Zara, fuori dell'oasi, mi disse: «I terreni sono buonissimi; quella che a prima giunta sembra sabbia non è che terra vegetale polverizzata, fertilissima; il paese è molto interessante ed atto ad essere colonizzato specialmente nelle coste. Ma abbiamo una pregiudiziale: tanti terreni incolti e malarici in Italia che aspettano braccia e capitale~

Io mantengo con l'onorevole Morgari il più prudente riserbo, procurando che le persone che lo attorniano e che sono a me devote gli inspirino sane e giuste osservazioni, in armonia agli interessi nazionali, e gli uso del resto i riguardi dovuti ad un membro della camera elettiva.

(l) Cfr. n. 346.

371

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S.N. Berlino, 14 aprile 1902, ore 12,20 (per. ore 18).

Riservatissimo per lei solo.

Riassumo qui sotto risultato lunghe discussioni avute jeri e oggi con Biilow e segretario di stato affari esteri in seguito alle istruzioni inviatemi da V. E. col dispaccio del 7 corrente (2). Btilow è sommamente grato a V. E. di voler aderire al desiderio di lui che sia conservata intatta sostanza e forma del trattato di alleanza e ciò per noti riguardi ai sovrani Russia e Inghilterra. Di tal fatto non è sua intenzione far cenno esplicito in discussioni parlamentari o portarlo in altro modo altrove nel dominio della pubblicità, ma desidera che, a sua volta, V. E. non faccia manifestazioni pubbliche le quali possano far supporre il contrario. La triplice alleanza ebbe sempre carattere

difensivo, tale carattere le è conservato e questo solo deve occorrendo essere pubblicamente affermato.

Biilow è del pari grato a V. E. di non insistere su modificazione articolo relativo ai Balcani; egli mi riconfermò dichiarazione già fatta a V. E. a Venezia constargli, cioè, non essere né ora né in un avvenire anche non prossimo nei propositi del Governo e di S. M. l'Imperatore di Russia di far cadere sotto il suo dominio Costantinopoli e per conseguenza Dardanelli e mare Egeo.

Circa Tripoli, Biilow conferma pienamente interpretazione data all'articolo IX del testo attuale della triplice alleanza col promemoria del 10 marzo u.s. Egli ritiene anzi che l'articolo stesso come è ora redatto va al di là di quella interpretazione. Egli però desidera che la interpretazione dell'articolo IX così come è formulata nel promemoria non risulti da una dichiarazione firmata da lui in quanto che tale documento potrebbe ad un momento dato esser noto e far sorgere idea che modificazioni ai termini del trattato attuale siano realmente state fatte contrariamente alle affermazioni che Biilow vuole in tutta coscienza all'evenienza poter dare.

Riguardo a protocollo che concerne intesa economica non mi trovo, con sommo mio dolore, nella condizione di poter annunziare risultato corrispondente ai desideri di V. E. A Biilow ho dapprima dato lettura e spiegazione dei concetti espressi da V. E. nelle istruzioni che ella mi ha date; le abbiamo insieme attentamente studiate abbiamo in seguito col segretario di stato e con i capi più competenti dipartimento degli affari esteri esaminato se non fosse possibile dare alle idee di Lei una forma tale che il Governo imperiale potesse ammettere, ma ogni formula proposta implicava naturalmente sempre il principio di un impegno che Biilow, malgrado mie insistenze, per dovere costituzionale e per la sua responsabilità dinanzi al parlamento, non crede assolutamente di poter prendere. Sia per una durata illimitata sia per una durata fissa (non oltre il 1905 come V. E. propone) l'obbligo della conservazione dei trattati attuali non muta natura; e sulla impossibilità per lui di assumere un tale obbligo, comunque espresso, Biilow riteneva aver pienamente convinto V. E. a Venezia. Biilow mi soggiunse poi che anche da~o il caso egli potesse accondiscendere in tale questione ai nostri desideri, ciò non avrebbe alcuna influenza sull'Austria che, come egli potè recentemente constatare a Vienna, si trova a questo riguardo in condizioni ancora più difficili. Conte Goluchowski ritiene pur egli non poter prendere impegni segreti o pubblici che toccano prerogative del parlamento; tanto meno ammettereb·bero tali impegni presidenti del consiglio d'Austria e d'Ungheria coi quali il conte Goluchowski dovrebbe in ogni caso forzatamente accordarsi.. Biilow prega in conseguenza V. E. di nuovo caldamente di avere fiducia in lui e contentarsi delle dichiarazioni contenute nel promemoria del 10 marzo, le quali corrispondono ai suoi fermi propositi e come egli ritiene, a quelli di Goluchowski circa rapporti di commercio coll'Italia.

Nella chiusa della nostra conferenza mi disse queste testuali parole: «dite, vi prego, a S. E. Prinetti che io, amico sincero dell'Italia e posto in condizione di conoscere esattamente condizioni politiche d'Europa, credo giunto il momento nell'interesse di tutti di far cessare polemiche che da mesi si fanno

sulla triplice alleanza firmandone senza ulteriore indugio la rinnovazione pura

e semplice ».

Da tutte le parole di Biilow ho acquistato la convinzione che ogni nostro ulteriore passo non incontrerebbe favore né qui né a Vienna e anzi, specie a Vienna, l'indugio a prendere una risoluzione solleverebbe diffidenze e potrebbe essere interpretato come una nostra intenzione di non voler rinnovare il trattato.

(l) Si veda: l'articolo di A. Labriola sull'Avanti!, 14 maggio 1902, col titolo «Tripol! ed i socialisti italiani », in cui prospetta l'opportunità di convogliare verso la IV sponda gli emigranti. Ma l'Estrema Sinistra «riafferma la sua opposizione ad ogni espansione coloniale con mezzi m!litari », nell'Avanti! del 17 maggio.

(2) Cfr. n. 328.

372

IL MINISTRO A BERNA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 658/24. Berna, 14 aprile 1902, ore 12,40.

Circolo operaio e altre associazioni italiane fanno vili deliberazioni sulla rottura delle relazioni con offesa al R. ministro. Una di queste portata a mano alla legazione, l'ho fatta puramente e semplicemente restituire al latore.

373

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 1146/495. Parigi, 14 aprile 1902 (per. il 16).

Col dispaccio del 4 corrente (1), V. E. m'invita ad assumere notizie intorno ai Comitati albanesi formatisi in Francia ed alla loro azione.

Da alcune informazioni che ho raccolte in proposito, mi è risultato che se comitati del genere esistono da qualche tempo in Italia, Rumania, Bulgaria, Grecia, Dalmazia, Montenegro ed Egitto, in Francia invece di comitati ve ne sarebbe appena uno, tuttora in embrione, cui si attribuirebbe scarsa importanza.

Ma è qui in compenso che dimora il pretendente al trono albanese, Don Juan Aladro y Castriota spagnuolo, gentiluomo ricco, colto ed intelligente, a me noto personalmente per averlo avuto a collega a Bucarest. Ma di costui si è già troppo occupata la stampa perché io più mi dilunghi a parlarne. Aggiungerò solo che l'Aladro, dopo aver conferito col Sarafoff e col Bennici prima di partire sabato per Corfù, s'è messo in relazione diretta col Comitato centrale napoletano per fare approvare la propria candidatura contro quella di un pretendente italiano.

Ho d'altra parte ricevuto da uno dei nostri agenti segreti la nota che qua unisco in originale.

ALLEGATO.

9 aprile.

Segnalo un vivo movimento che si accentua qui in favore dell'Albania.

Esiste qui un Comitato che favorisce la creazione d'uno Stato Albanese con un principe pretendente tal Giovanni d'Aladro Kastriota che abita 9, Square Lamartine. Sono arrivati d'Italia due inviati del Comitato albanese italiano, tal Benici, ed un altro di cui non so il nome.

Il Benici, dopo varii abboccamenti è ripartito per l'Italia e per Corfù parte il sedicente principe Kastriota per intendersi con capi del movimento insurrezionale, che dovrebbe scoppiare fra non molto con uno sbarco del pretendente e di volontari italiani ed albanesi d'Italia, che sarebbero comandati da Ricciotti Garibaldi.

Il principe Kastriota ritorna a Parigi fra il 26 ed il 27 corrente, e qui è atteso Sarafoff, noto agitatore in Oriente, fuggito da quelle regioni.

Ecco quanto ho saputo a caso.

Certo qui si manipola un movimento insurrezionale in Albania; il Comitato Albanese qui fa capo ad una contessa albanese, di cui non ho potuto sapere il nome.

(l) Non pubblicato.

374

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. CONFIDENZIALE 589/303. Vienna, 14 aprile 1902 (per. il 17).

In conformità alle istruzioni da V. E. impartitemi con lettera del 7 corrente (1), ho compilato e comunicato oggi a S. E. il Conte Goluchowski un promemoria contenente le basi su cui il Gabinetto italiano crede che si possa procedere al rinnovamento della triplice alleanza. Mi pregio di comunicarle in copia questo documento, e mi riservo di parteciparle, con altra corrispondenza, quanto mi è stato detto in proposito dal Ministro Austro-Ungarico degli Affari Esteri. Per ora mi limito a confermare che il Conte Goluchowski mantiene, intorno al rinnovamento della alleanza il modo di vedere che Le fu già riferito antecedentemente.

ALLEGA"ro.

NIGRA A GOLUCHOWSKI

PROMEMORIA CONFIDENZIALE Vienna, 14 aprile 1902.

Le Comte Goluchowski et le Comte de Biilow ayant exprimé leur conviction sur la haute importance qu'il y aurait à ne rien changer au texte de la triple alliance, attendu qu'il est d'un grand intérèt pour les Gouvernements alliés de pouvoir répondre dans ce sens aux interrogations éventuelles des autres Cabinets, le Ministre des Affaires Etrangères d'Italie consent au maintien de l'ancienne rédaction. Seulement pour les raisons qu'il a fait connaitre antérieurement, il tient à ce que ce fait du maintien intégral du texte ne soit pas livré à la publicité. Il rénonce par conséquent aux modifications qu'il avait suggérées aux articles VI et VII.

Mais en donnant ce consentement, le Ministre des Affaires Etrangères d'Italie exprime son vif désir pour que, conformément à l'esprit de l'article VII, les Gouvernements d'Italie et d'Autriche-Hongrie, dans un temps prochain, prennent en examen la

question de la Macédoine dans le but de parvenir sur cette question à un accord réciproque pareil à celui heureusement intervenu pour l'Albanie.

En ce qui concerne la Tripolitaine, le Ministre Royal Italien reconnait que l'engagement de désintéressement de la part de l'Autriche-Hongrie et de l'Allemagne rélativement à l'action éventuelle de l'Italie dans la Tripolitaine et la Cyrenai:que découle naturellement de l'article IX du traité. Mais une déclaration conforme à cette déduction, donnée sous n'importe quelle forme, n'est pas considérée comme inutile par le Gouvernement Royal Italien.

La forme à donner à un tel engagement ne donnerait pas lieu à des contestations.

Le Ministre Italien des Affaires Etrangères se voit forcé à insister à fin d'avoir des assurances formelles pour le renouvellement des traités de commerce qui expirent à la fin de l'année prochaine. Des manifestations multiples, qui se sont produites au sein du Parlement et dans la presse, ainsi que des considérations politiques sérieuses, imposent au Gouvernement Italien l'obligation d'obtenir la certitude que la compensation entre les concessions réciproques en matière économique et commerciale soit maintenue, et qu'il n'y ait pas de solution de continuité entre les traités actuels et ceux qui doivent les remplacer.

Il serait difficile au Gouvernement Italien de se soustraire à cette obligation devant le Parlement; et d'autre part une guerre économique, meme passagère, porterait un coup assurément sensible à l'alliance des trois Pays. Ce fait serait spécialement grave pour les relations entre l'Italie et l'Autriche-Hongrie, parce que si les intérets multiples et complexes qui existent entre les deux populations voisines et la tradition séculaire d'usages et de contacts réciproques venaient à se trouver brusquement interrompus, il se pourrait produire des deux còtés un état de tension plein de dangers, dont il serait imprudent de ne pas prévoir les conséquences.

Dans le but d'obtenir l'assurance qu'il juge indispensable le Gouvernement Royal Italien pense qu'il faudrait s'abstenir de dénoncer les traités de commerce actuels jusqu'à la conclusion de ceux qui doivent les remplacer. Ce mode de procéder, d'après l'avis du Ministre Royal Italien des Affaires Etrangères n'excèderait pas les pouvoirs des Gouvernements et serait d'autant plus recommandable dans l'état d'incertitude où l'on se trouve sur l'époque où les négociations pourront commencer, sur la base des tarifs et sur l'accueil qui serait fait dans les différents Parlements aux nouvelles conventions.

L'engagement dont il s'agit ne serait pas d'ailleurs destiné à la publicité. En ce qui concerne l'Italie, il suffirait au Ministre Royal des Affaires Etrangères de pouvoir répondre aux interrogations qui lui seraient adressées dans les Chambres en se déclarant persuadé que les faits démontreront que les intérets économiques italiens ne seront pas compromis par les nouvelles stipulations.

D'autre part à fin d'eviter qu'on puisse donner à la prorogation une étendue excessive quant au temps, on pourrait déclarer qu'elle ne devrait pas dépasser, en tout cas, la date du 31 dècembre 1905. Il ne s'agirait donc, dans le fait que d'un engagement de proroger les traités actuels pour un maximum de deux ans dans le cas où les nouvelles stipulations ne pourraient etre conclues avant ce terme. Dès lors si meme l'engagement de prorogation venait à etre connu par le public avant l'échéance des traités de commerce actuels, il ne serait guère probable qu'il put etre blamé par ces memes Parlements qui l'auraient rendu nécessaire par suite du retard de leur approbation des nouveaux tarifs.

Il y a enfin une éventualité qu'on ne peut se dispenser d'envisager, si malgré la meilleure volonté des Gouvernements la guerre économique venait à éclater, il se produirait dans les trois Pays alliés une situation extrèmement pénible et qui pourrait ètre considérée par l'opinion publique comme peu conciliable avec la continuation de l'alliance politique. En ce cas, les Gouvernements contractants devraient loyalement pourvoir dès à présent à mettre leur responsabilité à l'abri des accusations d'imprévoyance qu'on ne manquerait pas de leur adresser.

En réflechissant à cette éventualité, qu'on espère pourtant de prevenir, le Ministre Royal Italien des Affaires Etrangères s'est demandé si on ne pourrait pas stipuler que chacun des alliés pourrait dénoncer l'alliance de trois en trois ans c'est à dire un an avant la 3.ème ou la 6.ème année.

Il n'est probable qu'on se servirait de cette faculté de dénonciation. Mais la possibilité de s'en servir aurait pour effet de sauvegarder en grande mesure la responsabilité du Ministère qui aurait signé le renouvellement de l'alliance.

(l) Cfr. n. 328.

375

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 12. Vienna, 15 aprile 1902, ore 11,55 (per. ore 13,50).

Riservatissimo per Lei solo.

Comunicai promemoria (1). Mando rapporto sulla risposta (2). Questa può compendiarsi in due punti, cioè: l) rinnovamento senza cambiamento di testo

o di durata; 2) impossibilità di prendere impegni commerciali, pur riconoscendo che la continuazione dei rapporti commerciali è di uguale interesse per l'Austria-Ungheria e per l'Italia e promettendo la miglior volontà per cominciare i negoziati. Conte Goluchowski desidera che la risposta di V. E. affermativa o negativa gli pervenga prima di 6 maggio, epoca dell'apertura delle delegazioni. Una mia gita a Roma, in questo momento, mentre non servirebbe a nulla, poiché qui si è in presenza di una necessità immutabile, avrebbe un serio inconveniente per i commenti sfavorevoli a cui darebbe luogo (3).

376

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CELESIA DI VEGLIASCO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 671/9. Pietroburgo, 15 aprile 1902, ore 15,50 (per. ore 20,20).

Ministro dell'interno Sipiagin uscendo oggi dal consiglio dell'impero è stato ucciso con due colpi di revolver.

377

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, MARTINI

T. 532. Roma, 15 aprile 1902, ore 19,45.

Protocolli 24 gennaio 1900 e 10 luglio 1901 delimitazione Raheita già presentati parlamento possono essere pubblicati bollettino ufficiale. Le spedisco per posta documento parlamentare. Credo opportuno pubblicazione costà avvenga contemporaneamente decreto annessione prima di emanare il quale prego V. E. attendere un mio ulteriore avviso telegrafico.

(l) -Cfr. n. 374, allegato. (2) -Cfr. n. 379. (3) -Nelle Carte Visconti Venosta si trova un biglietto di Prinettl, datato 15 aprile, con cui quest'ultimo fissa un appuntamento con l'ex ministro degli Esteri, allo scopo presumibile di consultarsi sul rinnovo della Triplice.
378

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 673/16. Pera, 15 aprile 1902, ore 22,50.

Cangià ha saputo oggi confidenzialmente che l'ambasciata di Germania ha ottenuto in questi giorni, dalla Sublime Porta invio ordini che autorizzano governatore Gerusalemme a proseguire procedimento Penale per aggressione francescani, notificando citazione ai monaci tedeschi pel tramite del consolato di Germania, senza trasmettere copia al consolato di Francia e coll'esclusivo intervento del dragomanno tedesco. Cangià ha domandato immediatamente al ministro degli affari esteri se questa notizia fosse esatta, e per quale ragione gli ordini non accennavano ai monaci italiani. Tewfik pascià ha risposto confermando la cosa, e dichiarando che la adottata decisione per i monaci tedeschi avrebbe servito come precedente per risolvere questione dei monaci italiani. Tewfik pascià soggiunse che si aspettava obiezioni per parte della Francia, ma che, in quanto concerne la Germania, non esisteva precedente di un'azione parallela; e che anzi due processi interessanti religiosi tedeschi si erano svolti collo esclusivo intervento del loro consolato. Prego

V. E. voler telegrafarmi se debba rivendicare immediatamente, in nome del

R. Governo, parità trattamento, chiedendo alla Sublime Porta invio Gerusalemme ordini analoghi a quelli dati per i monaci tedeschi, oppure se a ciò fare io debba attendere e vedere quale opposizione sia per muovere ambasciata Francia alla decisione della Sublime Porta. Situazione nostra è oggi impregiudicata.

379

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. CONFIDENZIALE 590/304. Vienna, 15 aprile 1902 (per. il 18).

Nel dar jeri a S. E. il Conte Goluchowski lettura e copia del pro-memoria, mandato in copia all'E. V. (1), non mancai di commentare i varj punti in esso contenuti, come meglio seppi, valendomi delle considerazioni svolte nella di Lei lettera del 7 corrente (2), e delle istruzioni i vi annesse, dirette al R. Ambasciatore in Berlino.

Il Conte Goluchowski mi disse che avrebbe fatto comunicare la sua risposta all'E. V. dallo I. e R. ambasciatore Austro-Ungarico Signor Barone Pasetti il più presto possibile. Ma intanto mi espose brevemente lo sostanza di questa risposta sui varj punti del pro-memoria, e mi fo premura di qui riferirla.

Il Conte Goluchowski prese atto con soddisfazione della rinunzia alle modificazioni precedentemente proposte da V. E. agli articoli VI e VII. Si dichiarò disposto a procedere sempre a scambj amichevoli d'idee sulla questione della Macedonia, come su ogni altra questione orientale. Ma osservò che la questione Macedone non può compararsi a quella dell'Albania, nella quale ultima, in fatto di interessi di Grandi Potenze, non sono in giuoco che quelli dell'Italia e dell'Austria-Ungheria. Per contro la questione Macedone fa parte della grossa questione d'Oriente, regolata da trattati internazionali, comprendente interessi non soltanto italiani ed austro-ungarici, ma europei. Su tale questione l'Austria-Ungheria non crederebbe utile di negoziare nessun impegno, anche perché un tale negoziato potrebbe far nascere diffidenze presso altre Grandi Potenze, e non gioverebbe certo al mantenimento della pace e dello status quo desiderato vivamente dall'Austria-Ungheria, come dall'Italia.

Rispetto al disinteressamento dell'Austria-Ungheria e della Germania per una eventuale azione dell'Italia a Tripoli e nella Cirenaica, il Conte Goluchowski osservò che un tale disinteressamento è più che sufficientemente assicurato dall'art. IX del vigente trattato. Un nuovo impegno a tal riguardo non avrebbe nessun reale vantaggio, ma avrebbe per contro l'inconveniente di impedire che le Potenze contraenti possano rispondere alle interrogazioni eventuali degli altri Gabinetti, affermando che nulla è cambiato nelle stipulazioni d'alleanza.

Circa un impegno che assicuri la continuità dei rapporti commerciali convenzionali tra le Potenze alleate ed escluda segnatamente la denunzia eventuale dei trattati vigenti, il Conte Goluchowski ripeté che il Governo Austro-Ungarico si trova nell'impossibilità materiale assoluta di assumerlo. Un tale impegno presuppone l'accordo tra l'Austria e l'Ungheria circa una tariffa comune. Questo accordo si spera, ma non è ancora un fatto compiuto, ed ha bisogno della sanzione parlamentare. Il Ministro degli affari esteri che assumesse ora un tale impegno, il quale del resto non avrebbe alcun valore legale, potrebbe esser messo in stato d'accusa nei due parlamenti. Quanto spetta in particolare alla nota clausola sui vini italiani, il Conte Goluchowski ricordò che la sua riproduzione è impossibile, non solo in presenza della forte opposizione manifestatasi nelle due parti della Monarchia, ma anche perché essa implicherebbe la grave questione internazionale, ben nota a V. E., dell'osservanza del trattamento della nazione favorita rispetto alle Potenze terze, segnatamente rispetto alla Francia. Il breve termine di due anni che V. E. proporrebbe per la proroga eventuale dei trattati commerciali non cambierebbe il carattere legale della questione. L'impossibilità per l'AustriaUngheria d'assumere un impegno in questa materia rimane intiera, anche quando si tratti di una proroga di pochi mesi. Però il Conte Goluchowski stabilì questi due punti, cioè: l) Che il Governo Austro-Ungarico ha il vivo desiderio e tutta la buona volontà d'evitare non solo una guerra economico-commerciale coll'Italia, ma anche la soluzione di continuità nei molteplici e complessi interessi economici e tradizionali tra l'Austria-Ungheria e l'Italia; 2) Che la conclusione di nuovi trattati commerciali tra le due Potenze sopra una base equa, è non solo un interesse italiano, ma è ugualmente un interesse gravissimo della Austria-Ungheria.

Il Conte Goluchowski non si dissimula i pericoli a cui darebbe luogo una guerra economica fra l'Italia e la Monarchia Austro-Ungarica. Ai suoi occhi una tale eventualità sarebbe tanto dannosa agli interessi politici economici sociali dei due grandi paesi vicini, sarebbe grave di così serii rischi per entrambi, che per evitare un tale stato dì cose si imporrà certamente ai rispettivi Governi la necessità di provvedere a tempo con nuove stipulazioni che tengano equamente conto degl'interessi delle Parti contraenti. Il Conte Goluchowski farà intanto, per parte sua, ogni sforzo perché i negoziati commerciali siano iniziati possibilmente prima della fine dell'anno in corso. Esso non crede quindi che sia il caso di stipulare che l'alleanza possa denunciarsi di tre in tre anni, in vista d'una guerra economica che è necessità l'evitare. Il Conte Goluchowski è contrario ad ogni stipulazione che abbia per effetto di cangiare le condizioni di durata e di scadenza dell'alleanza. E vi è contrario per la ragione già mentovata di sopra, cioè perché stima altamente importante che ciascuna delle Potenze alleate possa rispondere ad eventuali interrogazioni di altri Gabinetti, affermando che l'alleanza è stata rinnovata senza mutazioni.

Tale è il senso della risposta fatta dal Conte Goluchowski sui varj punti contemplati nel Pro-memoria. Questa risposta sarà d'altronde comunicata ufficialmente a V. E. dal Barone Pasetti, come ebbi l'onore d'indicarLe più sopra.

Prego V. E. di credere che io mi resi presso il Ministro I. e R. degli Affari Esteri l'interprete fedele delle istruzioni che a Lei piacque d'impartirmi. Ma non ho la soddisfazione di essere riuscito a decidere il Conte Goluchowski ad abbandonare il suo modo di vedere, che gli è imposto, diss'egli, da ineluttabile necessità di cose, e che è del resto diviso dal Cancelliere Germanico.

Il Conte Biilow, il quale venne a vedermi al suo passaggio per Vienna, mi disse che aveva esposto a Venezia a V. E. press'a poco questo stesso modo di vedere, che comunicò anche a me. E, badi bene, questa comunicazione mi fu fatta prima che il Cancelliere avesse conferito col Conte Goluchowski, così che è escluso che questi abbia influito sul suo spirito.

Il Barone Pasetti chiederà a V. E. una controrisposta definitiva, poiché il Conte Goluchowski non potrà sottrarsi all'obbligo di dare alle Delegazioni che si riuniscono il 6 maggio prossimo a Pest, una risposta precisa sul fatto dell'avvenuto o mancato rinnovamento dell'alleanza italiana coi due grandi imperi centrali.

(l) -Cfr. n. 374, allegato. (2) -Cfr. n. 329.
380

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A BERNA, SILVESTRELLI

T. 535. Roma, 16 aprile 1902, ore 19,15.

Ricevetti rapporto 13 corrente n. 241 (1). Quando mi sarà possibile conferire con V. S. la convincerò facilmente della opportunità della linea di condotta adottata, la quale del resto riscote plauso

di tutta la stampa italiana nonché approvazione della stessa opposizione. Ripeto rrattanto V. S. raccomandazione tenersi massimo riserbo, esprimere nessuna opinione.

(l) Non pubblicato.

381

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 538. Roma, 16 aprile 1902, ore 20,15.

Rispondo telegramma n. 16 (1).

Secondo mie istruzioni generali che confermo, V. E. avrebbe potuto accettare nel fatto l'intervento anche della Francia, ma nel caso speciale, data la situazione concessa dalla Turchia ai monaci tedeschi, il R. Governo non può ammettere che i monaci italiani vengano posti in situazione diversa, e parmi convenga sin da ora insistere in questo punto di vista colla Sublime Porta senza attendere oltre.

382

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 888. Addis Abeba, 16 aprile 1902 (2).

Col prossimo corriere le invierò per il mio scarico lettera originale Menelik e Taitù per altre somme che richiedono. Invierò anche subito dichiarazione di Menelik che mi autorizzava fare acquisto per lui prelevando con le mie cambiali costì le somme necessarie. Prego V. E. di volermi seguitare accordare fiducia per aver mezzi e potere per definire le questioni non faclli ancora in pendenza che stanno a cuore a V. E. e che non si risolveranno colle semplici attestazioni di amicizia. Il risultato dello scongiurato viaggio in Italia di ras Maconen è per noi uno sgravio morale, finanziario di rilievo che a V. E. darà certamente soddisfazione.

383

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 897/68. Addis Abeba, 16 aprile 1902 (3).

Da oggi impiego cifrario nuovo. Viaggio ras Makonnen in Europa ponevaci in imbarazzo per insistenze Lagarde volerlo a Parigi. Menelik accettava, pro

{l) Cfr. n. 378. {2) Ritrasmesso da Massaua il 12 maggio.

ponendo anche visita ras Makonnen al Nostro Augusto Sovrano. Sono riuscito a quanto V. E. desiderava, cioè, ras Makonnen andrà a Londra senza fare altre visite. Harrington con Makonnen avrebbe voluto passare via Brindisi, ho evitato ciò, consigliando via Marsiglia, passando in forma privata. Makonnen che ha accettato mio consiglio, dice che, per ogni evenienza, ricorrerà al nostro ambasciatore Londra, sentendosi più attaccato a noi che agli inglesi. Porterà decorazione al nostro Augusto Sovrano. Ho detto che ne avrei riferito a V. E., sicuro che nostro ambasciatore Londra avrebbe ricevuto istruzioni in proposito (l).

(3) Ritrasmesso da Asmara il 12 maggio.

384

IL CONSOLE A L'AVANA, BEAUREGARD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 177/20. Avana, 16 aprile 1902.

La Costituzione Cubana è stata finalmente promulgata ed in plico a parte e raccomandato ne trasmetto un esemplare a V. E. Gli Stati Uniti proclamano Cuba libera ed indipendente purché tuttavia:

Non abbia di soldati che quel tanto che basti per mantenere l'ordine interno;

non abbia marina da guerra;

soffra nel suo territorio fortezze e truppe americane;

non firmi alcun trattato colle altre nazioni che non sia stato approvato prima a Washington; abbia quelle tariffe doganali che meglio convengono alla vicina grande repubblica; continui i lavori di risanamento e di abbellimento dell'Avana principiati dal Governo intervento re ciò le convenga o no; accetti le ferrovie principiate e quasi terminate, malgrado la legge Foraker, da Compagnie Nord Americane, nelle cui mani devono rimanere;

non spenda un centesimo senza l'approvazione della Casa Bianca;

ammetta in casa sua supervisori, ispettori ed altri funzionari americani.

E lascio altri patti di minore importanza.

L'autonomia concessa da Spagna era assai più larga e nemmeno con patti segreti nel 1598 Filippo secondo osò imporre la minima parte di impedimenti al proprio genero l'Arciduca Alberto d'Austria quando diede il principato del Belgio in dote a sua figlia Isabella.

Le potenze che hanno fondato uno Stato hanno il diritto ed il dovere di sorvegliarne l'andamento e di proteggerlo, ma veramente sarei curioso di sapere se si possa riconoscere come libero quel popolo sopra il quale pesa tanta... protezione.

Comunque sia gli Stati Uniti han dichiarato che intendono Cuba sia detta libera ed indipendente e perché non se ne dubiti hanno concesso alla nuova repubblica, se pure non fu imposto, il diritto ed il dovere di avere rappresentanti diplomatici e consolari, e l'altre nazioni, o per lo meno quelle che hanno maggiori interessi qui dovranno pur mandare agenti col credito opportuno a poter trattare col nuovo Governo.

E quanto tempo durerà questo stato di cose? A mio avviso D. Tomaso Estrada Palma sarà il primo e l'ultimo Presidente della repubblica Cubana. Egli vien qui mandato per preparare il futuro plebiscito di annessione.

Con Portorico, colle Antille Danesi, senza parlare di Keywest e di quel che verrà, gli Stati Uniti si saran fatto una muraglia di chiusura al golfo di Mexico e quando sarà aperto il Canale interoceanico e fortificato, dove si fermeranno gli appetiti di quel popolo giovane e ricco se pure non verrà raffrenato da guai interni?

Ma non importa, la grande Antilia per se stessa è ricca, ricchissima. Washington fa del suo meglio per arricchire i propri figli sulle rovine procurate dai pochi previdenti Cubani. Fortunati quei solerti coloni che sanno e possono fare conti sul prossimo avvenire, per sé i frutti del litigio.

(l) In un telegramma (886) del giorno precedente C!ccodlcola aveva denunciato le mene antl italiane del residente francese Lagarde.

385

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A BERNA, SILVESTRELLI

T. 540. Roma, 17 aprile 1902, ore 13,40.

Essendo il signor Carlin partito in congedo per tempo indeterminato prego

V. S. di voler partire ella pure in congedo per tempo indeterminato lasciando legazione nelle sue condizioni attuali. Sarà bene che ella venga Roma desiderando con lei conferire.

386

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 698/17. Pera, 17 aprile 1902, ore 19.

In un colloquio avuto oggi col ministro degli affari esteri gli ho chiesto di far trasmettere governatore Gerusalemme, relativamente atti procedura concernenti francescani italiani, istruzioni telegrafiche identiche a quelle impartite per i monaci tedeschi. Ho chiesto, inoltre, che fosse inviato, governatore Damasco, per il procedimento assassinio sacerdote Garello, ordine analogo Tewfik pascià. Riconoscendo fondamento delle mie domande, mi ha promesso che farebbe oggi stesso opportuna comunicazione al gran visir. Ambasciatore di Fran

eia non conobbe che ieri, da un telegramma console francese Gerusalemme, decisione Sublime Porta per i monaci tedeschi; ed ha chiesto istruzioni al suo Governo.

387

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 412/137. Costantinopoli, 17 aprile 1902.

Mi riferisco al dispaccio dell'E. V. del 4 gennaio scorso n. 2 (l), relativo al memorandum presentatoLe da codesta Legazione ellenica sulle difficoltà insorte per la stipulazione del Trattato di commercio e di navigazione fra la Grecia e la Turchia ed al rapporto che ho avuto l'onore d'indirizzarLe il 28 febbraio

n. 79 (l), a riguardo della nota colla quale questo Ministro di Grecia ha invocato i buoni uffici dei Rappresentanti delle Grandi Potenze affine di ottenere dalla Sublime Porta l'esatta applicazione della sentenza arbitrale del 2 aprile 1901 sulla Convenzione consolare turco-ellenica.

Il Barone Calice, nella sua qualità di Decano, ha riunito il 12 corrente gli Ambasciatori allo scopo di esaminare se e quali pratiche dovessero farsi presso la Sublime Porta per assecondare le domande del Governo ellenico sia a riguardo della ammissione del Trattato di Canlidja come base dei negoziati per il Trattato di commercio e di navigazione, sia circa l'applicazione della sentenza arbitrale sulla Convenzione consolare.

Dopo uno scambio generale d'idee intorno alle due questioni venne di comune accordo stabilito, dietro proposta dell'Ambasciatore di Germania, che:

1°) quanto ai negoziati per il Trattato di commercio ciascuno di noi farebbe osservare, alla prima occasione, al Ministro degli Affari Esteri, a guisa di amichevole consiglio, che le immunità ed i privilegi garantiti ai sudditi ellenici dal Trattato di Canlidja erano mantenuti in vigore dall'articolo III dei Preliminari di pace, salvo gli accordi speciali previsti dal detto articolo: che i Rappresentanti delle Grandi Potenze avevano applicato questo principio nella loro decisione arbitrale per la Convenzione consolare e che era da prevedere ch'essi non se ne dipartirebbero ove nel corso dei negoziati per il Trattato di commercio il loro arbitrato fosse nuovamente richiesto in conformità dei Preliminari di pace suddetti;

2°) circa l'applicazione della sentenza arbitrale sulla convenzione consolare, il Decano degli Ambasciatori, in nome dei suoi colleghi, inviterebbe verbalmente il Ministro di Grecia a voler segnalare i casi nei quali la Turchia non si fosse attenuta alle disposizioni di tale decisione; i Rappresentanti delle Grandi Potenze incaricati di vigilare sulla sua applicazione esaminerebbero questi casi e riscontrandovi una violazione delle disposizioni suddette ne muoverebbero osservazione alla Sublime Porta.

In una conferenza da me avuta oggi con questo ministro degli Affari Esteri gli ho fatto l'intesa comunicazione relativa ai negoziati per il Trattato di commercio colla Grecia. Tevfik Pascià mi ha risposto che la Sublime Porta era animata dalle intenzioni le più concilianti e che le difficoltà insorte erano, a parer suo, estranee alla questione delle immunità e dei privilegi derivanti dal Trattato di Canlidja.

(l) Non pubbl!cato.

388

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. s. N. Berlino, 18 aprile 1902, ore 11,42 (per. ore 12,35).

Riservatissimo per lei solo.

Conte Goluchowsky ha comunicato a quest'ambasciatore austro-ungarico testo dichiarazioni che Pasetti ha avuto ordine di fare, e deve aver fatte, a V. E. in questi giorni. Quelle dichiarazioni, per ciò (che) riguarda trattato di commercio, concordano talmente con quelle fatte già dalla Germania, che si può dire ne siano copia. Ciò conferma sempre più che Btilow a Vienna non subì influenza conte Goluchowsky, ma indusse quest'ultimo a fare almeno verso noi quanto già egli aveva fatto col promemoria 10 marzo.

389

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 13. Vienna, 18 aprile 1902, ore 14,30 (per. ore 16,30).

Riservatissimo per lei solo.

Goluchowski è venuto oggi a dirmi che, se ciò può essere utile a V. E., egli è disposto darle per iscritto una dichiarazione di disinteressamento per Tripoli simile a quella datale dall'Inghilterra e dalla Francia, purché tale dichiarazione sia separata dal trattato di alleanza e porti una data posteriore. Mi ha detto, inoltre, che è disposto a procedere con V. E. a scambio di idee circa Macedonia e altre regioni orientali, sempreché l'occasione si presenti nell'intento di procedere d'accordo coll'Italia allo scopo del mantenimento dello statu qua, come fece col Governo Russo, *col quale non si stipulò nessun accordo scritto* (1), ma anche questa promessa reciproca deve stare all'infuori del trattato di alleanza. Quanto al trattato di commercio Gulochowski mi pregò di telegrafarle che è

convinto della necessità di evitare una guerra doganale che sarebbe funesta ai due paesi e incompatibile non solo coll'alleanza ma colla amicizia loro, e soggiunse che l'alleanza conchiusa gli darebbe una forza potente presso i due Governi della Monarchia per accelerare e conchiudere i negoziati commerciali sopra una base soddisfacente per tutti.

(l) Le parole fra asterischi, mancanti nella copia conservata in ASMAE sono tratte dalla minuta esistente nell"Eredità Nigra.

390

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A BRUXELLES, CANTAGALLI

T. 550. Roma, 18 aprile 1902, ore 17.

In seguito alla rottura dei suoi rapporti diplomatici col Governo italiano, il Governo svizzero ha pregato il Governo belga e questi ha accettato di autorizzare il suo ministro in Roma a servire di intermediario per tutti gli affari correnti che debbono essere trattati per la via diplomatica. Abbiamo ben gradito che codesto Governo ed il suo ministro in Roma siano stati prescelti per tale scopo. Ed ora a nostra volta desidereremmo che codesto Governo volesse autorizzare il suo ministro a Berna ad assumere, per nostro conto, le stesse funzioni che il signor Van Loo è chiamato a qui esercitare per conto del Governo svizzero. Naturalmente il personale della R. legazione in Berna si terrebbe, per quelle funzioni, a piena disposizione del ministro belga. La prego di fare in questo senso una pratica ufficiosa presso codesto ministro degli affari esteri, con riserva di presentazione richiesta ufficiale quando sia assicurata l'accettazione.

391

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. R. 19990/432. Roma, 18 aprile 1902.

Col rapporto n. 481 in data del 9 aprile corrente (l) V. E. prende argomento dalla attitudine favorevole all'incremento delle relazioni itala-francesi osservata da codesta stampa rispetto all'incontro, che ebbi a Venezia col Conte Btilow, per informarmi della generale convinzione prodottasi in Francia che, nel rinnovare la Triplice, l'Italia ne toglierà «le clausole dirette contro di essa». V. E. si domanda dopo ciò se, rinnovato quel patto, puramente e semplicemente, non sia da temere il prodursi di qualcuno di quegli scatti di malumore che sono propri a codesto paese.

21 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

L'esposizione che Ella fa con ques'.;o suo rapporto dell'attuale situazione politica e delle condizioni presenti della pubblica opinione in Francia, rispecchia esattamente lo stato delle cose. Comprendo quindi le preoccupazioni di Lei, ma spero che a suo tempo l'annunzio del rinnovamento eventuale delle nostre alleanze potrà esser dato in modo da non suscitare troppe diffidenze e da evitare gravi malumori a nostro riguardo.

Mi riservo di intrattenerLa verbalmente su questo argomento quando Ella verrà in Italia.

(l) Cfr. n. 341.

392

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. s. N. Berlino, 19 aprile 1902, ore 17,37 (per. ore 18,50).

Riservatissimo per lei solo.

Oggi Biilow mi tenne parola della conversazione avuta mercoledì scorso dalla

E. V. con Wedel. Egli fece eziandio menzione delle dichiarazioni fatte dal Gabinetto di Vienna in seguito suo consiglio di cui è cenno nel mio telegramma di jeri; (l) mi chiese se sapevo qualche cosa delle determinazioni prese dalla

E. V., e insistè di nuovo sulla necessità di procedere senza ulteriore ritardo alla firma della rinnovazione del trattato d'alleanza.

Risposi che ignoravo se le dichiarazioni del Gabinetto di Vienna siano già state ufficialmente comunicate a V. E.; che ciò in ogni caso poteva solo aver avuto luogo jeri o jeri l'altro e che io non era quindi ancora in grado di conoscere la accoglienza che esse hanno avuto presso V. E. Nell'insistere per una pronta firma rinnovazione trattato Biilow, ripetendo argomenti già addotti, accennò eziandio al linguaggio ripreso dalla stampa francese, all'imminenza della data in cui occorre che trattato sia rinnovato o disdetto, nonché alla apertura delle delegazioni che deve aver luogo il 6 maggio prossimo, epoca per la quale il Conte Goluchowski ha assoluto bisogno che ogni questione relativa all'alleanza sia definita. Io, non ho bisogno di rilevare importanza delle parole di Biilow che è mio dovere riferire. Se io, come già dissi in altra occasione, temo sempre che per ulteriore esitazione da parte nostra si risollevino qui diffidenze già sopite mercè l'opera di Lei e il conto in cui Ella è personalmente tenuto, temo ora anche un altro guaio: constato che tanto qui che a Vienna si ritiene necessario che una soluzione avvenga senza ritardo: ed io temo che verificandosi questo ritardo per causa nostra ci venga in un giorno non lontano fatta ufficiale richiesta di prendere una deliberazione. Ora a me sembra che tale decisione qualunque sia debba essere presa in tempo di spontanea nostra volontà.

(l) Cfr. n. 388.

393

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 715/18. Pera, 19 aprile 1902, ore 22,10.

Ambasciatore di Francia si è recato oggi presso il ministro degli affari esteri per protestare a nome del suo Governo contro la decisione adottata dalla Sublime Porta circa trattamento monaci tedeschi nel procedimento per aggressione francescani Gerusalemme. Il signor Constans ha dichiarato che questa decisione ledeva diritti esercitati << ab antiquo » dalla Francia nei luoghi santi. Tewfik pascià, nell'informare Cangià di quanto precede, ha aggiunto che l'ambasciatore di Francia ammetteva che il processo assassinio sacerdote Garello costituiva caso distinto di fronte al quale Francia poteva mostrarsi più arrendevole. Le nostre domande, circa due procedimenti accennate nel mio telegramma

n. 17 (l), faranno oggetto delle deliberazioni del consiglio dei ministri.

394

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 524/209. Washington, 19 aprile 1902 (per. il 5 maggio).

Nell'ultima udienza ebdomadaria, ho domandato al Signor Hay della missione Taft presso il Vaticano, di cui ebbi a scrivere a V. E. sotto i nn. 506/201, in data del 13 corrente (2), dietro informazioni fornitemi da un amico del Presidente e del Segretario della Guerra, Signor Root.

L'oggetto della missione non è precisamente della competenza del Signor Hay, poiché le isole Filippine sono sotto la dipendenza del dipartimento della Guerra e si tratta di argomento che ne interessa l'amministrazione interna. Ma poteva supporre che, trattandosi di una missione all'estero egli ne fosse pienamente edotto. Invece mi sono avvisto che non era tenuto a corrente di quanto si fa tra il Presidente ed il Signor Root, e dalle sue parole traspariva qualche irritazione. Egli mi dice che i giornalisti ed il pubblico ne sanno più di lui; che non gli consta che alcun che di positivo sia stato deciso in proposito; benché gli sian giuntli e gli giungano numerosi telegrammi da diverse parti e da Roma stessa, donde egli sa che il Pontefice attende la missione in parola; che, in ogni modo, se questa vi sarà, ed egli non contesta che la questione dei beni delle corporazioni religiose possa richiederla, essa non avrà carattere diplomatico.

Cogliendo l'occasione, il Signor Hay mi ha ripetuto che gli Stati Uniti non avranno mai, sinché dureranno le presenti idee, e non vi è motivo che abbiano

a cambiare, rappresentanza diplomatica presso il Vaticano; mi ha fatto presente che questo Governo non ha mandato delegazione alcuna presso il Pontefice in occasione del suo Giubileo, e mi ha spiegato che la separazione dello Stato dalla Chiesa è tale, agli Stati Uniti, da potersi dire, benché l'espressione gli ripugni, che essi non sono nemmeno una Nazione Cristiana.

(l) -Cfr. n. 382. (2) -Non pubblicato.
395

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. s. N. Roma, 20 aprile 1902, ore 16.

Riservatissimo per lei solo.

Ebbi ieri lunga conferenza conte Wedel al quale espressi mio modo di vedere intorno divergenze sostanziali che ancora sussistono per rinnovamento nonché riguardo impossibilità addivenire firma così prontamente come vorrebbero Btilow e Goluchowski. Mi parve penetrato giustezza mie considerazioni e non dubito ne avrà informato conte Btilow. In ogni modo poi come feci rilevare conte Wedel non esiste obbligo denuncia un anno prima quindi non vi ha nessun inconveniente che firma materiale rinnovamento si protragga di alcune settimane, piuttosto ciò che importa è che venga raggiunto l'accordo sulla sostanza, il quale non è ancora completamente conseguito.

Faccio poi osservare che per provocare decisioni definitive di Sua Maestà e del presidente del consiglio attendo ancora risposta ufficiale dell'Austria-Ungheria che barone Pasetti mi comunicherà ritengo domani. D'altronde in questi giorni tanto il re quanto Zanardelli sono indisposti. Prego poi V. E. da Carlsruhe venire direttamente a Roma, poiché ella venendo qui si persuaderà subito non esservi alcuna ragione alle di lei preoccupazioni come pure alla diffidenza di cui il conte Biilow sembra animato e per la quale manifesta tanta fretta.

396

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A BRUXELLES, CANTAGALLI

T. 567. Roma, 20 aprile 1902, ore 18.

Ella può presentare domanda ufficiale pregando che il ministro belga a Berna sia autorizzato a servire da intermediario per gli affari correnti italiani che richiedano trattazione diplomatica. Attendo risposta per dare al personale della R. legazione in Berna ordine di mettersi a disposizione del ministro del Belgio.

397

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A BERNA, SILVESTRELLI

T. 568. Roma, 20 aprile 1902, ore 20,20.

Il ministro del Belgio in Roma, autorizzato dal suo Governo, a richiesta di codesto Governo, assunse, col nostro consenso, l'ufficio d'intermediario per gli affari correnti svizzeri che debbono essere trattati in via diplomatica. Abbiamo chiesto al Governo belga e questo consente, che codesto ministro del Belgio abbia analogo ufficio per gli affari correnti italiani da trattarsi in via diplomatica, al quale oggetto si terrà a sua disposizione il personale di codesta R. legazione. Mi riservo di impartirle formale istruzione non appena ci sarà notificato che codesto ministro del Belgio assunse, col consenso di codesto Governo, tale mandato. Intanto debbo, fin da ora, impartirle le seguenti istruzioni: l) ad eventuale disposizione del ministro del Belgio dovrà tenersi esclusivamente la cifra francese F 9; 2) La cifra volante n. 5 continuerà a servire per il carteggio tra la legazione ed il ministero dell'interno; 3) Le altre cifre debbono fin da questo momento essere messe sotto suggello e conservarsi tali fino a nuovo ordine; 4) Quante volte occorrerà al ministro del Belgio, per la trattazione diplomatica di affari correnti, di consultare i precedenti d'ogni singolo affare, questi precedenti àovranno essere messi a disposizione.

398

IL MINISTRO A BRUXELLES, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 728/14. Bruxelles, 21 aprile 1902, ore 12,31.

Ho partecipato ufficialmente a questo ministro esteri domanda del Governo del re, la quale venne subito accettata. Oggi stesso il ministro del Belgio a Berna sarà autorizzato a servire di intermediario per gli affari correnti italiani, che richiedono trattazione diplomatica.

399

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 730/22. Parigi, 21 aprile 1902, ore 16,30.

Con nota verbale, ministro affari esteri accusa ricevuta della mia relativa alle misure che il R. Governo ha deciso di prendere nella parte del territorio del sultanato di Raheita, rimastogli in forza dei protocolli del 1900 e 1901; e mi annunzia che ne fu data conoscenza al ministro delle colonie.

400

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, SCANIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 732/6. Tripoli, 21 aprile 1902, ore 18,55.

On. Morgari è partito ieri per l'Italia. Invitato e presentato da certo dottor Broski, agente segreto turco, è andato ieri mattina ad intervistare il maresciallo comandante in capo sulla questione di Tripoli e della occupazione italiana e fece visita al governatore generale. Ad analoga domanda, il maresciallo gli ha risposto: «Constagli che, mentre certa stampa italiana propugna l'occupazione, il Governo italiano non ci pensa menomamente; che, in ogni caso, i turchi, che non bisogna credere tanto deboli, difenderebbero ad oltranza la Tripolitania e come possedimento ottomano e come porta di comunicazione con 80 milioni di musulmani; che il malcontento per le tasse è poco considerevole e che gli arabi sono ostili ad un Governo cristiano». Morgari narrò intervista varie persone. La sua condotta produsse penosa impressione in tutta la colonia e si biasima contegno del maresciallo come imprudente e scorretto. Telegrafo quanto precede al R. ambasciatore a Costantinopoli.

401

IL MINISTRO A STOCCOLMA, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 86/43. Stoccolma, 21 aprile 1902 (per. il 26).

Come ebbi l'onore d'annunziarlo all'E. V. 1'11 corrente (l), così accadde in Norvegia. Il Presidente del Consiglio Steen si è dimesso e gli succede Blehr. È ben vero che il principe reggente, cui ripugnava di assoggettarsi ad accettare come fatto compiuto ciò che era stato deciso, a sua insaputa, tra Steen Blehr ed i capi della maggioranza, tentò d'escludere tale decisione incaricando Berner, che appartiene d'altronde al partito di Steen, di formare un ministero senza uscir dalla maggioranza. Il tentativo non è riuscito, e quegli che Steen ha designato a suo successore è diventato infatti il presidente del consiglio. È un cambiamento di persone ma non un cambiamento d'orientamento politico: è sempre la sinistra radicale che resta al potere. Con Blehr rimangono tutti i ministri che erano con Steen, tranne uno; e Sigurd Ibsen, figlio del celebre scrittore norvegiano, è nominato consigliere di Stato della sezione norvegese che risiede in Stoccolma.

(l) Non pubblicato.

402

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, MARTINI

T. 578. Roma, 22 aprile 1902, ore 17.

Questione territorio Uah non può essere regolata che secondo convenzione 4 novembre 1896 alla quale sultano Obbia non ha mai eccepito. Prego quindi far dichiarare in iscritto dal sultano che riconosce convenzione 1896, e gli prometta che dopo Governo del re esaminerà benevolmente, in base detta convenzione e con intervento capi Uaisle domanda territorio Uah.

403

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, MARTINI

T. 578 bis. Roma, 22 aprile 1902, ore 17.

Fatta comunicazione Governo francese che ringraziò e segnò ricevuta. Ella può procedere annessione, premunendosi atteggiamento ostile sultano, annunciatoci da Ciccodicola e da questo ambasciatore di Francia.

404

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 900/90. Bucarest, 22 aprile 1902 (per. il 27).

In risposta al pregiato dispaccio a margine citato (l) ho l'onore d'informare l'E. V. che esiste da parecchi anni in Bucarest una sedicente Società Albanese che s'intitola « Drita » e che formò già oggetto di carteggio tra codesto Ministero ed il mio predecessore (vedi dispacci ministeriali 25 febbraio 1890 N. 6661/33 Div. I Sez. III, 19 Luglio 1890 N. 25941/119 Gabinetto, 5 ottobre 1891 N. 38934/168 Div. I Sez. I; e rapporti della R0 Legazione 14 Aprile 1890 N. 304/61, 3 Agosto 1890 N. 661/ 132, 29 Ottobre 1891 N. 1144/192). Secondo quanto riferì in allora il Conte Curtopassi, il Presidente della « Drita » certo N.N. Nacio, rumeno d'Albania, sarebbe un avventuriero il quale cerca sovrattutto a procacciarsi di che campare mediante ogni specie di espedienti. Tanto la sedicente società quanto il giornale Sqipetari, di cui era direttore il Nacio, non ebbero mai importanza alcuna ed erano anzi appena conosciuti. Attualmente poi sembra che la prima

non esista guari più che di nome e che il giornale abbia anche cessato dl apparire. D'altronde, come mi confermò non ha guari ancora questo Ministro degli Affari Esteri nel corso di una conversazione avuta meco relativamente alle agitazioni in Macedonia ed Albania, gli Albanesi sono ben pochi in Rumania, dispersi sul territorio del Regno, e povera gente tranquilla che attende ad umili professioni e non fa parlare di sé. Rimasi quindi alquanto meravigliato della notizia della esistenza di comitati albanesi in Rumania comunicatami dall'E. V., alla quale posso assicurare che, qualora avessi avuto sentore di qualcosa di simile, mi sarei fatto dovere di riferirne di mia iniziativa. Ad ogni buon fine tuttavia volli eseguire prima di rispondere ulteriori indagini, ciò che esigette un po' di tempo visto la riserva e prudenza colle quali conveniva procedere. Ora mi trovo in grado di dire che le informazioni avute da varie sorgenti delle più attendibili non fanno che confermare quanto ho sopra esposto, e che non si sa qui assolutamente nulla dell'esistenza nel paese di comitati di propaganda albanese, né che vi sia un accenno da parte di persone di quella nazionalità a organizzarsi fra loro e a porsi in relazione con altri gruppi albanesi. Ciò nondimeno non perderò di vista la quistione, e se del caso non mancherei di farne oggetto di rapporto all'E.V. Noterò però intanto che in questi tempi di recrudescenza di agitazione delle varie nazionalità esistenti nell'Impero Ottomano i giornali esteri ed anche certa stampa di qui riportano ad ogni momento sugli affari balcanici notizie che bisogna accogliere colla maggiore riserva. Aggiungerò infine che se albanesi, bulgari od altri stranieri qualsiasi tentassero di creare in Rumania un centro d'agitazione contro la Turchia, non c'è da credersi che il Signor Sturdza si mostrerebbe più tenero verso di essi di quanto lo fu nel 1896 verso i disgraziati armeni che sfuggendo i massacri di Costantinopoli cercavano asilo sul territorio rumeno (vedi rapporti della R. Legazione N. 1139/166 e 1192/173 del 4 e 14 Settembre 1896): sono anzi persuaso che egli non metterebbe molto tempo in mezzo a espellerli.

(l) Si tratta del d. 171>63/58 del 4 aprile, non pubblicato.

405

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 901/91. Bucarest, 22 aprile 1902 (per. il 27).

Mi risulta in modo sicuro che, tornando qualche tempo fa da Belgrado ove era stato in congedo, il mio collega serbo, Colonnello Michailovitch, fece entrature a questo Ministro degli Affari Esteri per lo stabilimento tra i due Governi di accordi politici in vista d'una azione comune eventuale contro le mire ambiziose dei bulgari. Mentre però l'analoga proposta già avanzata qui poco meno di un anno e mezzo fa da Re Alessandro andava accompagnata da un progetto concreto d'alleanza redatto personalmente da quel Sovrano, e tra parentesi alquanto ingenuo secondo mi fu detto, l'ultima proposta era solo generica. Il Signor Bratiano avendone parlato al mio collega d'Austria, il Marchese Pallavicini gli ripeté quanto il Conte Goluchowsky avealo incaricato di dire qui la prima volta per sconsigliare di contrarre impegni politici colla Serbia (mio rapporto 29 gennaio 1901, N. 174/18), e la risposta data al Colonnello Michailovitch fu pure come allora una « fin de non recevoir » delle più cortesi, il Signor Bratiano avendo arguito della vanità di accordi della specie essendoché nell'ipotesi di rimescolamenti nella penisola balcanica le Grandi Potenze e non le piccole deciderebbero dell'assetto futuro della penisola medesima.

La proposta non avendo avuto altro seguito ha soltanto un interesse sintomatico e dimostra quanta ragione avesse il Re Carlo allorché nel colloquio da me riferito all'E. V. con rapporto del 2 novembre scorso, ai nn. 2285/257 (1), la Maestà Sua mi si mostrava incredula circa la possibilità d'una intesa seria e duratura tra Serbia e Bulgaria, malgrado le civetterie che si stavano allora facendo quei due Governi. E notisi che al momento delle entrature del Colonnello Michailovitch al Signor Bratiano non erano ancora scoppiati tra essi gli attriti ai quali diede ulteriormente luogo la nomina di Monsignor Firmilian a Vescovo Serbo d'Uskub.

406

IL MINISTRO A CETTIGNE, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 79/23. Cettigne, 22 aprile 1902 (per. il 30).

Anche il Montenegro si interessa alla tanto dibattuta questione della sede vescovile di Uskub. Questo Ministro degli Affari Esteri mi diceva ieri che l'Incaricato d'affari Montenegrino a Costantinopoli aveva ricevuto l'istruzione di insistere vivamente ed energicamente presso la sublime Porta, d'accordo con quel Ministro di Serbia, perché venga finalmente concesso l'Iradé imperiale relativo alla consacrazione di Monsignor Firmilian. Le pretese e le proteste bulgare contro quella nomina sembrano qui completamente infondate. Anzitutto perché, colla creazione del suo Esarcato, la Bulgaria si è resa scismatica dalla Chiesa ortodossa, e ha perduto quindi ogni diritto di interloquire nelle questioni che concernono quella Chiesa. Poi, perché nel caso speciale la diocesi di Uskub è abitata da popoli in grande maggioranza di razza Serba. E la causa di Monsignor Firmilian è considerata come causa di tutto il Serbismo. Le prime pratiche in proposito furono avviate dal Gabinetto di Belgrado, più direttamente interessato; «ma -soggiungeva il Signor Voukovié -nello stesso modo che il Governo Serbo ci accordò lealmente e senza riserve il suo appoggio per la vertenza dell'istituto di San Gerolamo, così noi, con pari lealtà e fermezza, gli prestiamo man forte in quella del Vescovato di Uskub. È un debito di riconoscenza che ci siamo affrettati a soddisfare».

Come si vede, l'accordo Serbo-Montenegrino continua ad essere completo e commovente. E sembra che in questo momento esso sia diretto specialmente contro i Bulgari, verso i quali i loro fratelli Slavi della penisola Balcanica dimostrano la più aperta sfiducia. Il Ministro degli Affari Esteri, nel confermarmi le dichiarazioni rassicuranti che aveva fatte a queste Legazioni d'Austria-Ungheria e di Russia in risposta alle spiegazioni chiestegli circa pretese misure militari del Principato, mi ripeteva che il Montenegro di certo non si muoverebbe se non provocato. Ma aggiungeva che esso avrebbe dovuto considerare come una provocazione anche un atto qualsiasi di un altro Stato -sia pure in tutt'altra parte della penisola -che fosse tale da turbarne l'attuale equilibrio. E il contegno del Gabinetto di Sofia, malgrado le assicurazioni date alle grandi Potenze, e le annunciate dissoluzioni di comitati Macedoni, e gli ostentati sequestri di armi alla frontiera, appare qui tuttora sospetto.

Debbo subito osservare che assai meno preoccupato si mostra invece il Principe Nicola, il quale più volte in questi giorni mi reiterò le sue dichiarazioni circa gli intenti assolutamente pacifici del Montenegro « che ha tanto bisogno di tranquillità, e che solo da un attacco diretto alla sua indipendenza sarebbe costretto a difendersi». Non è questa la prima volta, del resto, che si nota un simile divario -fortuito o voluto -fra il linguaggio del Principe e quello del suo Ministro.

(l) Cfr. Serle III. vol. V, n. 948.

407

IL CONSOLE GENERALE AD ALEPPO, DE GOYZUETA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 217/34. Aleppo, 22 aprile 1902.

Il mio collega di Francia è venuto per darmi conoscenza di un rapporto che ha ricevuto testè dal Vice Console di Francia a Marasc, dal quale riassumo quanto segue, cioè:

l) che l'autorità militare si prepara a costruire un corpo di Guardia a Zeitum, e questo progetto essere causa di una grande inquietudine alla popolazione cristiana, inquietudine che sembra essere giustificata;

2) che i turchi hanno già una caserma armata di artiglieria, sulla sommità della montagna, sul cui pendio Zeitum è fabbricata; detta caserma fortificata bastare largamente, al punto di vista militare, ed essendo completamente isolata dal villaggio, vi sono poche relazioni tra i soldati e la popolazione, ciò che è una garanzia di pace e di concordia;

3) che, al contrario, la costruzione di un corpo di guardia, in mezzo del villaggio, oltre che non ha nessuna utilità, sotto il punto di vista strategico, avrà grandi inconvenienti sotto il punto di vista del mantenimento dell'ordine;

4) che abituati a permettersi tutto nelle strade di Marase, i soldati del corpo di Guardia di Zeitum insulterebbero le donne, maltratterebbero gli abitanti e ne risulterebbero certamente risse e torbidi;

5) che l'opinione pubblica è che il Governo Turco crede il momento giunto di fare nascere torbidi e di procedere ad un massacro in massa degli abitanti di Zeitum prima che le Potenze, le quali hanno garantito il trattato del 1896, possano intervenire;

6) che, infine, essere certo che ponendo un corpo di guardia in mezzo delle strade di Zeitum, l'Autorità turca sembra volere cercare di fare nascere torbidi, ed esso Vice Console di Francia considera fondati i timori della popolazione.

È ancora vivo il ricordo dei massacri di cui gli armeni sono stati vittime nel 1895 e 96, e certamente temono. I miei Colleghi delle grandi Potenze informano di quanto sopra le rispettive Superiori Ambasciate.

Le previsioni nella interessante relazione in data 24 aprile 1896, fatta dal mio egregio predecessore, Comm. Vitto, sul risultato della sua Missione a Zeitum, anche quale delegato della Germania e dell'Austria-Ungheria, sembrerebbero verificarsi, secondo il suddetto rapporto del Vice Console di Francia a Marasc, Signor Theillet.

P. S. -Uguale rapporto spedisco oggi a S. E. il R. Ambasciatore a Costantinopoli.

408

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S.N. Berlino, 23 aprile 1902, ore 14,59 (per. ore 16,05).

Riservatissimo per Lei solo.

Questa sera parto per Karlsruhe, dove spero non dovermi trattenere oltre il 26 corrente. Nello stato attuale negoziato rinnovazione triplice alleanza, io riterrei meno conveniente venire direttamente Roma, come V. E. me ne fa invito col telegramma in data del 20 corrente (1). Se, come ella dice in quel telegramma, si tratta di persuadere me non c'è dubbio; e, d'altra parte, mia venuta solleverebbe commenti nella stampa e darebbe consistenza alle voci di divergenze tra gli alleati che importa assolutamente evitare.

Ciò stimo farle presente pregandola farmi conoscere precise istruzioni con semplice cenno telegrafico a Karlsruhe -Hotel Germania -nella giornata di domani o al più tardi dopodomani.

Da Karlsruhe ritornerei a Berlino, rinunzierei anche, se crede, a far ora la corsa a Torino. Marchese Imperiali può qui rimpiazzarmi bene in tutto e per tutto. BUlow e segretario di stato per gli affari esteri sono avvisati e banno piena fiducia di lui.

(l) Cfr. n. 395.

409

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S.N. Berlino, 23 aprile 1902, ore 14,59 (per. ore 16,45).

Riservatissimo per Lei solo.

Segretario di stato mi ha ieri intrattenuto lungamente e mi ha dato lettura di rapporto telegrafico inviato da codesto ambasciatore di Germania sulla conversazione avuta con V. E. sabato scorso. Quel rapporto ha prodotto qui grave disillusione in quanto Biilow non dubitava che dopo dichiarazioni fatte per suo consiglio dall'Austria-Ungheria e che concordano con quelle della Germania, ogni esitazione da parte di V. E. sarebbe venuta meno. Btilow vide quindi con dolore che V. E. desideri sia ancora ritardata firma trattato e ritorni anzi su questioni come quella della durata del trattato a scadenza triennale, che in un patto così importante non possono assolutamente essere accettate né qui né a Vienna. Segretario di stato non disconosce che il testo del trattato attuale non comporti obbligo della denuncia o rinnovazione un anno prima della scadenza, ma d'altra parte quella rinnovazione non può essere rimandata a tempo indeterminato e nessuno aveva mai posto in dubbio che essa sarebbe appunto avvenuta un anno prima come prescritto per la denunzia dopo i primi 6 anni; ed è perciò che fin da tre mesi sono stati cominciati i negoziati. Con queste sue parole il Segretario di Stato non intende dare a nome del cancelliere una risposta ufficiale ai desideri da lei espressi nell'ultima conversazione con l'ambasciatore di Germania: risposta, che non potrà esser data senza previ accordi che si stanno prendendo con il conte Goluchowski. Ma poiché non vi ha dubbio che essa non potrà essere favorevole e d'altra parte V. E. si dichiara animato dal. fermo proposito di rinnovare il trattato Biilow fa per mezzo mio un ultimo appello al senno di lei perché, penetrato delle gravi conseguenze, voglia prevenire una risposta ufficiale aderendo alla firma senza ritardo ulteriore. Non è che questo Governo non tenga conto delle considerazioni parlamentari da lei svolte all'ambasciatore di Germania; ma BUlow non dubita che

V. E. con la sua abilità ed energia saprà superarle vista l'alta importanza dello scopo delle tre Potenze alleate, anche nell'intento di porre termine a questo stato di incertezza, che tien oramai agitata tutta l'Europa.

Le parole del segretario di stato per gli affari esteri che sono venuto riassumendo, lasciarono in me l'impressione che, almeno per quanto si riferisce alla Germania, e bene inteso subordinatamente alla decisione dell'Austria-Ungheria, forse non sarebbe impossibile un accordo su queste basi «rinvio della firma materiale della rinnovazione del trattato senza varianti ad un'epoca prossima da fissarsi, ma scambio fino da ora di promessa formale che il trattato sarà rinnovato senza alcuna modificazione ulteriore». Ripeto però, quest'è semplicemente mia impressione personale.

410

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 1252/541. Parigi, 23 aprile 1902 (per. il 26).

Nell'ultima quindicina di giorni trascorsi, il fatto più saliente nell'andamento delle cose relative alla politica esteriore della Francia, pare sia stata la simultanea presenza nelle acque di Tangeri di forze navali francesi e russe.

Che si sia voluto attribuire a questo fatto l'importanza di una dimostrazione internazionale, non si potrebbe affermare. Se però esso era destinato ad avere un significato speciale, questo non potrebbe aver voluto dire altro fuorché essere i due alleati uniti anche per gli interessi africani della Francia.

Parlando oggi amichevolmente col Signor Delcassé, toccai di alcuni articoli comparsi nei giornali relativamente alla simultanea visita fatta a Tangeri da un certo numero di navi francesi e russe. Il mio interlocutore m'interruppe esclamando: «Dio mio se tutti pensassero come me a modificare lo status qua del Marocco, per certo questo non sarebbe minacciato». Gli replicai che veramente nessuno avea pensato che le navi delle due nazioni alleate si fossero date convegno a Tangeri per farvi operazioni qualsiansi. Piuttosto si era voluto vedere in questo incontro la affermazione che la stessa solidarietà d'interessi che la duplice alleanza avea recentemente affermato in Asia, esisteva anche in Africa. A questa mia replica il Signor Delcassé non ha opposto smentita diretta e voltò come egli suol fare quando la risposta gli riesce imbarazzante, il discorso sovra qualche idea generale sviando la conversazione dal suo soggetto iniziale.

411

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 1254/543. Parigi, 23 aprile 1902 (per. il 27).

Ringrazio V. E. del suo dispaccio delli 18 aprile (l) relativo alle relazioni nostre con la Francia, Esso mi pervenne regolarmente per la posta ed a questo riguardo mi permetto di ricordare non essere le relazioni postali in questo paese abbastanza assicurate contro le indiscrezioni, per potersene servire trattandosi di corrispondenza d'indole particolarmente delicata.

Nel corso di un colloquio che ebbi oggi col Signor Delcassé, questo Ministro degli affari esteri prese l'iniziativa del discorso sovra la campagna di stampa condotta con grande insistenza da Berlino e da Vienna circa il rinnovamento della Triplice Alleanza. «Il linguaggio di quei giornali, le informazioni che danno, non mi commuovono, disse il signor Delcassé, poiché io mi attengo a ciò che fu con tanta cordialità e franchezza dichiarato al Signor Barrère l'anno passato

e recentemente al medesimo confermato dal Ministro Italiano degli affari esteri. Se l'alleanza dei tre Stati si rinnoverà, noi contiamo, proseguì il Signor Delcassé, sulla promessa che ne saranno eliminate le obbligazioni militari dirette contro la Francia e tutto ciò che può esere aggressivo contro la medesima. Non intendo, disse questo Ministro, ripetere l'errore, forse commesso altre volte, di volermi immischiare di ciò che concerne l'apprezzamento degli interessi proprii dell'Italia; ma che cosa, in realtà, l'Italia ha da temere dalla Francia?».

Lasciai che il Signor Delcassé svolgesse le sue idee fino a questo punto e qui ruppi il silenzio osservando che era giusto il riconoscere quanta sicurezza nei rapporti internazionali avea dato la politica esteriore seguita negli ultimi anni dall'attuale Governo francese; ma, dappoiché parlavamo a cuore aperto dalle due parti, io pure, senza voler immischiarmi di ciò che poteva convenire alla Francia di fare nel proprio interesse, mi permetteva di osservare che a fianco di una politica francamente pacifica e dignitosamente savia, rumoreggiava una opposizione che prende un nome che non la definisce, ma che sembra nelle questioni esteriori affermarsi sovra l'idea di rivincite materiali e morali. Io faceva questa osservazione unicamente per trarne la conclusione che il sospetto dell'esistenza di certi pericoli eventuali appariva in qualche misura giustificato. Era cosa naturale che il Signor Delcassé mi replicasse non doversi prendere i discorsi della opposizione nazionalista, od almeno della parte di essa meno impossibile al Governo, a pié di lettera; doversi piuttosto ritenere che gli uomini di quel partito subirebbero le necessità di Governo come tutti gli altri e, nei rapporti con l'Italia, sarebbero certamente non più, ma ugualmente interessati che il Governo attuale al mantenimento delle buone e fiduciose relazioni ristabilite.

La conversazione declinò poscia sovra altri soggetti non però senza che il Signor Delcassé mi chiedesse di far conoscere a V. E. in quale spirito e con quale sentimento di fiducia egli segue la campagna della stampa tedesca ed austriaca relativa al rinnovamento della triplice alleanza.

(l) Cfr. n. 391.

412

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 1255/544. Parigi, 23 aprile 1902 (per. il 27).

Ieri il Presidente della Repubblica ha ricevuto in udienza particolare i componenti italiani e francesi della deputazione che portò al Campidoglio il busto di Victor Hugo.

Il generale Tiirr portò la parola in nome della deputazione. Alla sortita dall'udienza, una delle persone presenti mi ha riferito che il Presidente della Repubblica ha risposto in questi termini:

«Vous me dites que probablement je connais les fétes qu'on a faites à Rome en l'honneur de Victor Hugo: mais certainement je les connais. Notre Ambassadeur m'a tenu au courant jour par jour de tout ce qui a été fait, de tout ce qui a été dit et je suis très heureux de cette belle manifestation. Je me félicite que les rapports entre les deux pays sont devenus meilleurs. Pour ma part j'y ai contribué. Lorsque j'étais encore au Sénat j'ai fait mon possible, quoique protectionniste, pour rapprocher les deux Nations sur le terrain commercial. Vos hommes d'Etat le savent bien. Tant que j'occuperai cette place je ferai de mon mieux pour dissiper les malentendus et pour resserrer les liens d'amitié entre l'Italie et la France qui sont faites pour s'entendre ».

Queste parole che non hanno l'intonazione di un formale discorso, rispecchiano certamente la sincerità dei sentimenti del personaggio che le ha pronunziate ed è per questo motivo che stimo utile riferirle, -come a me stesso furono riportate, -in questo carteggio ufficiale.

413

IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 443/142. Atene, 23 aprile 1902 (per. il 30).

Mi pregio di accusare ricevuta del dispaccio di contro segnato (l) relativo all'esistenza di Comitati albanesi in Grecia.

Le sole associazioni che si occupano qui dell'Albania, escluso l'Epiro perché si considera come terra essenzialmente greca, sono la Lega e il Comitato Albanese, circa i quali riferii all'E. V. col mio rapporto n. 133/46 del 21 gennaio3 febbraio scorso (2).

Non mi risulta che veri comitati albanesi tendenti a promuovere una agitazione in quella regione siano stati istituiti nella capitale come in altre parti del Regno. Esistono bensì in Patrasso due società epirote, ma il loro scopo è del tutto filantropico e l'autorità locale non esiterebbe a scioglierle se sospettasse in esse intenti diversi, come già avvenne per una Società simile che si tentò di fondare l'anno scorso in Corfù.

Su tale argomento il Governo tiene aperti gli occhi esercitando un'attiva sorveglianza, perché non vuole che gli si creino impicci che potrebbero turbare i buoni rapporti che desidera mantenere col vicino impero. Del resto, quantunque la stampa della Capitale cerchi con frequenti articoli di richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sull'Albania per provocare un'agitazione in t~rò della sua indipendenza e della sua unione con la Grecia, regna qui una grande apatia per quanto concerne le cose di quella regione.

Ciò non esclude che vi siano teste avventare che desiderando pescar nel torbido potrebbero tentare di fondare comitati nell'intento suddetto, ma la poca fiducia che ispirerebbero e la mancanza di mezzi non li porrebbe in grado di esercitare un'azione qualsiasi.

(l) -Si tratta del d. 17661/64, non pubbl!cato. (2) -Non pubblicato.
414

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. P.S.S.N. Bucarest, 23 aprile 1902 (per. il 30).

Benché l'E. V. ne abbia forse già notizia da Vienna, credo mio dovere d'informarla che il mio collega d'Austria, Marchese Pallavicini, è presentemente in «pourparlers » con questo Presidente del Consiglio, Signor Demetrio Sturdza, per il rinnovamento del trattato d'alleanza austro-rumeno per altri 5 anni a partire dalla data della sua scadenza, vale a dire dal Luglio (il 15, se ben ricordo) 1903.

Malgrado dunque vi fosse ancora più d'un anno di tempo per provvedere al rinnovamento in parola, il Re Carlo manifestò il desiderio che esso avesse luogo fin d'ora; ciò che conferma quanto ebbi l'onore di riferire all'E. V. nel mio rapporto 2 Novembre scorso ai N.ri2285/257 (l) circa la tendenza di questo Sovrano e del suo Governo anziché a deviare dall'orientamento politico sinora seguito a avvicinarsi invece sempre maggiormente alle Potenze della triplice.

Le disposizioni del trattato rimarranno tali e quali salvo l'introduzione dietro domanda dell'Austria della clausola della rinnovazione automatica di tre in tre anni in mancanza di denunzia da parte di uno dei contraenti. Il nuovo strumento verrà firmato qui fra non molto probabilmente nel prossimo Maggio, e comunicato quindi dal Gabinetto di Vienna a quelli di Roma e Berlino per attenerne l'adesione. Aggiungerò che l'attuale Ministro rumeno degli Affari Esteri, signor Jonel Bratiano, fu informato solo recentemente dal Re del patto di cui si tratta. All'eccezione di lui e del Signor Sturdza, non credo che nessun altro membro del presente Gabinetto ne abbia contezza.

Appresi quanto sopra dal mio collega d'Austria in via assolutamente amichevole e confidenziale, non essendo egli stato autorizzato a parlarmene. Mi permetto quindi di pregare instantemente l'E. V. di serbare strettamente segreta questa comunicazione, al fine d'evitare che il Marchese Pallavicini possa venirne eventualmente rimproverato dal suo Governo.

Le sarei grato, Signor Ministro, se si volesse compiacere di farmi avere un cenno di ricevuta della presente, che fò consegnare al nostro corriere di Gabinetto per mezzo della R. Ambasciata a Vienna.

415

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Roma, 24 aprile 1902, ore 15,30.

Riservatissimo per Lei solo.

Ricevo lettera V. E. 21 corrente (2). Ben volentieri la vedrò Roma fine corrente m~e come V. E. mi comunica.

(l) -Cfr. Serie III, vol. V, :o. 948. (2) -Non pubblicato.
416

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO DEL BELGIO A BERNA, DE LALAING

T 592. Roma, 25 aprile 1902, ore 12.

Je me réserve d'écrire aujourd'hui à V. E. la lettre officielle par laquelle je vous prierai de vouloir bien vous charger de la protection des intérets italiens en Suisse, et je vous en remercie à l'avance. Je répondrai aussi aujourd'hui rapport De Martino n. 265 du 22 courant (1). En attendant je m'empresse d'informer dèsmaintenant V. E. que nous adoperons le modus precedendi suivant identique à celui adopté par le Gouvernement fédéral à Rome «V. E. est chargé de gérer toutes les affaires diplomatiques et consulaires traitées jusqu'à la rupture par notre légation à Berne. V E. signera donc tout acte meme les légalisations camme ministre de Belgique chargé des intéréts italiens en Suisse en se servant de son sceau et de son papier. Nous n'avons plus de légation à Berne. Le personnel de la légation royale est à la disposition de V. E.». Je ne manquerai pas de communiquer ce qui précède au Gouvernement belge (2).

417

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 757/33. Londra, 25 aprile 1902, ore 13,25.

Riferendosi alla proposta azione comune in Somalia, marchese di Lansdowne mi prega di rappresentare a V. E. l'urgenza di mandare al più presto sul luogo l'ufficiale italiano destinato a concordare col comandante inglese il modus procedendi di quelle operazioni le quali saranno rese più difficili da un ulteriore ritardo a cagione della cresciuta quantità di armi che ogni giorno si starebbero importando in contrabbando.

418

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, A CARLSRUHE

T. UU.S.N. Roma, 25 aprile 1902.

Dopo telegramma di V. E. da Berlino (3) di lei venuta a Roma diventa indispensabile. La prego quindi venire direttamente Roma, motivando sua venuta

22 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

col congedo che V. E. è solito prendere in primavera. Prego pure V. E. a buon conto tenersi massimo riserbo eventuali discorsi del rinnovamento della triplice alleanza in questi giorni a Karlsruhe coll'Imperatore di Germania importandomi Ella possa prima conferire con S. M. il Re e con me.

(l) -Non pubblicato. (2) -Con t. 593, pari data, ore 17,30 Prinetti incaricò n ministro a Bruxelles, Cantagall1, di richiedere l'approvazione del Governo belga al modus procedendi proposto in questo telegramma. (3) -Cfr. n. 409.
419

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, SCANIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 415. Tripoli, 26 aprile 1902.

Mi riferisco al mio rapporto riservato del 13 corrente n. 257/88 (l) ed al mio telegramma del 31 n. 612) relativo all'Onorevole Morgari.

Arrivato a Tripoli il 10 del mese, ne è ripartito il 20, facendovi così un soggiorno di dieci giorni nel decorso dei quali compiè due sole escursioni fuori dell'oasi tripolina, la prima di circa dodici chilometri fino ad Ain-Zara, la seconda di circa venticinque fino al Funduk di Sidi-Benur, sulla carovaniera di Homs.

In Tripoli cercò di porsi in contatto coi diversi elementi della popolazione, movendo a tutti, senza ambagi né riguardi, le più incalzanti interrogazioni coordinate alla eventualità di un'occupazione italiana, circa ai mezzi di difesa di cui dispongono i turchi ed a quelli di attacco che accorrerebbero per una nostra azione militare su queste coste, circa allo spirito delle popolazioni indigene, alla estensione e fertilità dei terreni, alla possibilità di stabilirvi colonie e simili. Si procurò una conversazione con uno dei giovani turchi qui relegati, ed ebbe un colloquio segreto con uno sceik arabo il quale, alle molteplici di lui quistioni, rispose stigmatizzando, al suo giusto valore, lo sgoverno dell'amministrazione ottomana, enumerando i mali irreparabili di cui fu cagione al paese, e dichiarando che le popolazioni indigene ormai stanche, desiderano l'intervento straniero e sarebbero liete che l'Italia occupasse la Tripolitania (3).

Il Governatore Generale ed il Maresciallo, facendolo attentamente sorvegliare, avevano nello stesso tempo fatto circuire l'onorevole Morgari da un certo Dottor Browski, di origine Austriaca, un arrabbiato antitaliano, agente segreto turco il quale vivendo all'albergo ove alloggiava l'onorevole deputato, era riuscito a stringere seco lui relazione. Il Dottor Browski gli rispose di fargli avere un'intervista col Maresciallo e col Governatore Generale ai quali lo avrebbe pre

sentato ed egli, malgrado i consigli datigli di guardarsi dal Browski conosciuto come spia turca ed acerrimo nemico degli italiani, si valse precisamente di lui per farsi presentare alle autorità locali, e se ne servì come interprete nelle interviste avute colle medesime.

Col precitato mio telegramma del 21 ho avuto l'onore di riferire all'E. V. quanto venne detto nell'intervista tra il Maresciallo Regebb Pascià e l'onorevole Morgari che fece altresì visita al Governatore Generale, tale visita fu però di mera cortesia e non vi si trattarono quistione politiche.

È stato lo stesso onorevole Morgari che, venendo a prendere da me congedo un'ora prima di imbarcarsi, mi fece, non richiesto, il resoconto della sua intervista col Maresciallo che egli aveva del resto già divulgata e di cui si conobbe tosto il tenore d'altra parte.

L'intiera colonia biasimò severamente il contegno del Morgari che qualificò di antipatriottico e fu ventura che egli sia tosto partito, perché altrimenti si sarebbe stentato ad impedire una dimostrazione ostile.

Accomiatandosi, egli mi disse: «Il concetto complessivo che mi sono formato della Tripolitania è che è di molto superiore alla Eritrea; che è parzialmente colonizzabile, ma non è tale da offrire larghissimo sbocco alla nostra emigrazione; salva la pregiudiziale delle terre incolte d'Italia che aspettano braccia e capitali, ed ammessa per un momento l'utilità di una occupazione, bisognerebbe limitarla alle coste ».

Trasmetto copia di questa relazione alla R. Ambasciata di Costantinopoli.

(l) -Cfr. n. 370 che reca però il n. 394. (2) -Cfr. n. 400. (3) -Il 15 aprile, rispondendo a varie interrogazioni sui disegni circa la Tripolitania, Prinetti aveva detto: «... Il supporre, l'attribuire al ministro degli affari l'intenzione, oggi in un'Europa completamente pacifica, sotto un cielo completamente sereno di far partire una squadra... per una spedizione violenta sopra una regione che appartiene ad uno Stato col quale siamo in eccellenti rapporti, mi pare che sia recare offesa al ministro degli affari esteri stesso e supporto capace di un atto che non troverebbe nessuna giustificazione nel diritto pubblico internazionale... Le discussioni e polemiche non mai finite dalla stampa di que,sti ultimi tempi ci hanno attribuito intenzioni che. come già dissi, non sono punto nell'animo del Governo italiano. In ogni modo non mi sembra si debba muovere censura al Governo italiano, se egli sente, e non da oggi solamente, il dovere di evitare che, in date evenienze le quali non da noi dipendono e che possono nascere all'infuori della nostra volontà e contro la nostra volontà, abbiano a verificarsi le mancanze di previdenza che altra volontà si sono verificate e lamentate». In A.P., Cam. Dep., cit., II, p. 543-4.
420

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 773/22. Pera, 27 aprile 1902, ore 11,29.

R. Console Gerusalemme mi telegrafa quanto segue: «Sono persuaso che patriarca custode Terra Santa religiosi faranno di tutto per coadiuvarci. In ogni caso certamente ordini perentori da Roma potrebbero creare qualche difficoltà che tuttavia non credo insuperabile. Al bisogno potrei valermi miei poteri giurisdizione, ciò che mette religiosi in grado di meglio resistere ingiunzioni Santa Sede. L'essenziale è che Sublime Porta impartisca istruzioni identiche a quelle pei tedeschi».

421

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. s.n. Vienna, 27 aprile 1902, ore 14,30 (per. ore 15,30).

Per let solo. Prego V. E. telegrafarmi se andrà con il Re a Torino in occasione dell'esposizione.

422

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Roma, 27 aprile 1902, ore 17,25.

Riservatissimo per lei solo.

Difficilmente accompagnerò Torino Sua Maestà che non partirà prima del 6 maggio. Avverto V. E. che ho già comunicato la di lei venuta per fine mese a Sua Maestà che quindi la aspetta.

423

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. u. 779/23. Pera, 27 aprile 1902, ore 20,25.

Mi riferisco al mio telegramma di ieri n. 20 (1). In seguito telegramma del R. Console Gerusalemme comunicato a V. E. con telegramma n. 22 (2) ho incaricato Cangià recarsi Sublime Porta, ove sedeva Consiglio dei ministri, pregare ministro degli affari esteri di volere fare deliberare oggi, senz'altro, questione intervento del nostro rappresentante consolare nel procedimento per aggressione francescani Gerusalemme. Terminato il Consiglio dei ministri, il ministro degli affari esteri mi fece partecipare confidenzialmente essere stato riconosciuto che avevamo diritto allo stesso trattamento della Germania e deliberato che la Sublime Porta doveva impartire governatore Gerusalemme per i francescani italiani ordine identico a quello inviato per i religiosi tedeschi. Tewfik pascià mi fece comunicare che questa decisione verrebbe eseguita non appena compiuta consueta formalità. Ho di ciò dato avviso a Carletti raccomandandogli per ora assoluta segretezza.

424

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 776/8. Aden, 27 aprile 1902, ore 20,50.

Solo ora, dopo tre giorni dibattimento, ho potuto vincere fiera opposizione Sultano Obbia facendogli firmare ampio riconoscimento convenzione 1896. Segue rapporto con atto firmato.

(l) -Non pubbllcato. (2) -Cfr. n. 420.
425

L'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A ROMA, PASETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

PROMEMORIA CONFIDENZIALE. Roma, 7 aprile 1902.

En se déclarant prét à renouveler le traité de la triple-alliance tel quel, le Cabinet Italien a exprimé le désir que conformément à l'esprit de l'article VII les Gouvernements d'Autriche Hongrie et d'Italie prennent en examen, dans un tems prochain, la question de la Macédonie dans le but de parvenir sur cette question à un accord réciproque, pareil à celui intervenu au sujet de l'Albanie.

Le Gouvernement Impérial et Royal fait observer que la situation dans la Macédonie est tellement complexe et confuse, que les tendances nationales et les intéréts des populations sont si divergentes qu'il serait périlleux d'établir dès maintenant ou dans un tems prochain une formule pour la solution de ce problème délicat et compliqué. A notre avis l'attention des Puissances devra se diriger en premier lieu à indiquer les troubles et les aspirations différentes et contraires les unes aux autres.

Plus tard, lorsque l'état des choses dans ces pays sera devenu plus mur pour une solution et permettra de considérer calmement les intéréts en jeu, le Cabinet Impérial et Royal entrera volontiers dans un échange d'idées confidentiel avec le Cabinet Royal sur la solution qu'il conviendra de donner au problème macédonien ainsi que sur toutes les questions relatives aux Balkans.

Quant à la Tripolitaine, le Gouvernement Royal d'Italie, tout en reconnaissant que le désinteressement de l'Autriche-Hongrie découle déjà de la rédaction actuelle de l'article IX du traité, désire que le Cabinet Impérial et Royal lui délivre une déclaration spéciale à ce sujet.

Le Gouvernement Impérial et Royal pense qu'une pareille déclaration pourrait avoir l'inconvénient d'admettre la supposition qu'une modification ou extension de l'alliance ait eu lieu à son renouvellement, ce qui pourrait donner lieu à des suppositions erronées de la part de quelques Cabinets.

Cependant pour donner au Cabinet Royal une preuve de son bon vouloir, le Gouvernement Impérial et Royal a autorisé Son Ambassadeur à Rome, à lui remettre une déclaration dans ce sens après la signature du nouveau traité.

Le Cabinet Royal insiste, en outre, à recevoir des assurances formelles au sujet du renouvellement en tems utile des traités de commerce expirant à la fin de l'année prochaine.

Le Comte Goluchowski regrette qu'il lui est absolument impossible de

répondre à ce désir. Les motifs en ont été développés déjà plusieurs fois.

La conclusion d'un nouveau traité, comme la prolongation d'un traité

existant, ne peuvent étre que le résultat de négociations entre les plénipoten

tiaires des Etats respectifs, avec le concours des éléments compétents, et ont

besoin de la sanction parlementaire. Le Ministre des Affaires Etrangères Impé

rial et Royal n'a pas qualité, de par la constitution, de faire une déclaration

préjugeant à ces négociations. Il s'exposerait non seulement à une responsa

bilité très grave; une pareille déclaration pouvant étre invalidée à tout moment

par les Corps-représentatifs, serait aussi sans valeur pour l'Italie.

Pour ces motifs le Comte Goluchovski regrette vivement de ne pouvoir pas accueillir les propositions contenues dans le mémorandum de S. E. M. le Comte Nigra et qui se réfèrent aux traités de commerce. Mais il n'hésite pas à déclarer que l'Autriche-Hongrie est intéressée au meme degré que l'Italie à ce que les negociations commerciales aboutissent au plus tòt. Elles ne pourront commencer, il est vrai, que lorsque le nouveau tarif austro-hongrois sera achevé et voté par les Parlements. Le Cabinet Italien peut etre persuadé que le Gouvernement Impérial et Royal considère comme un besoin impérieux et urgent d'empecher qu'il y ait une époque sans traité de commerce entre nos pays; tous ses efforts seront voués à ce but, non seulement par égard aux nombreux intérets économiques des deux pays voisins qui seraient mis en souffrance, mais aussi en vue du contrecoup très sensible qu'un conflit sur le terrain économique ne manquerait pas d'exercer sur leurs rapports politiques. Le Gouvernement Italien peut compter avec certitude que nous ne négligerons rien, de notre còté, afin que les négociations pour le nouveau traité de commerce aboutissent à une conclusion satisfaisante et équitable pour les intérets des deux parties, et nous comptons sur les memes dispositions de la part de l'Italie.

Nous espérons qu'en se basant sur ces explications le Cabinet Royal pourra répondre avec conviction aux interpellations qui pourront lui etre adressées dans les Chambres au sujet de la continuité de rapports économiques satisfaisants entre l'Autriche-Hongrie et l'Italie.

En se préoccupant du régime douanier ou économique futur le Cabinet Royal a proposé de convenir que le traité d'alliance puisse etre dénoncé (dans les premiers six ans de sa durée) de trois à trois ans, c'est a dire un an avant la troisième et un an avant la sixième année. Le Gouvernement Impérial et Royal regrette de ne pouvoir pas accueillir cette proposition. Une stipulation pareille exposerait l'alliance à l'incertitude dès sa première année, lui donnerait un caractère trop limité et précaire et serait contraire au but de consolider les rapports politiques des alliés. Elle ébranlerait la confiance dans la fermeté et dans la continuité de l'alliance et ouvrirait la porte aux agitations dirigées contre elle.

Le Gouvernement Impérial et Royal croit au contraire, qu'il est du plus haut intéret de pouvoir déclarer (tant aux Cabinets en dehors de l'Alliance qu'en réponse à des interpellations éventuelles dans les Parlements) que la triple alliance continue et continuera à former la garantie inaltérée et inébranlable de la paix européenne.

426

L'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A ROMA, PASETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

L. strictement personnelle et secrète. Roma, 27 aprile 1902.

Le Comte Goluchowski regretterait beaucoup si la signature du nouveau traité d'alliance devait étre différée au moment où la discussion du budget du

Ministère Royal des Affaires Etrangères sera terminée dans la Chambre des Députés.

Les délégations sont convoquées pour le 6 Mai et il est à prévoir que des interpellations seront présentées sur le renouvellement de la triple-alliance. Toute réponse évasive ou hypothétique inquièterait l'opinion publique et produirait l'impression la plus facheuse sur les adhérents les plus convaincus de l'alliance, tandisque l'agitation hostile s'en emparerait aussitòt.

Le Comte Goluchowski ne pourrait plus parler (comme cela semble très nécessaire) du renouvellement de l'alliance comme d'un fait accompli. Il espérait faciliter et accélerer la conclusion de l'accord, en allant aussi loin que possible dans l'acceptation des désirs manifestés par le Cabinet Italien. Il espérait pouvoir compter sur des dispositions égales de la part du Gouvernement Royal, attendu qu'il s'agit du maintien d'une combinaison politique qui offre au meme degré des garanties sérieuses aux trois parties contractantes et qui a le meme intéret et la meme importance pour toutes les trois.

Si, cependant, pour des motifs d'importance supérieure, le Gouvernement Royal croyait indispensable de différer la signature au moment susdit, alors, pour éviter les conséquences dangereuses du délai, le Comte Goluchowski doit prier V. E. de le munir au moins d'une déclaration par écrit sur la base de laquelle il serait autorisé à répondre aux interpellations que le Gouvernement Royal Italien est décidé à maintenir la triple alliance et à renouveler, en tems utile, le traité actuel tel qu'il est.

Si le Gouvernement Royal désire maintenir l'alliance et la préserver d'une crise dangereuse, s'il croit de ne pouvoir pas la renouveler formellement avant la réunion des délégations, le Comte Goluchowski espère pouvoir compter qu'il l'autorisera par une déclaration formelle à donner au sein de cette assemblée des assurances dans le sens susdit.

Afin d'éviter toute divergence dans les déclarations à faire aux assemblées représentatives respectives, n sera utile et meme nécessaire de se les communiquer réciproquement et préalablement.

427

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 612. Roma, 28 aprile 1902, ore 17,15.

Ricevo n telegramma n. 23 (1). Approvo opera di V. E. e mi rallegro con lei. Qualora l'ambasciatore di Francia avesse a darle parola dell'argomento, sarà bene V. E. gli faccia comprendere che non fummo noi a muovere la questione, ma che, data l'identità del caso nostro con quello della Germania, non potevamo ammettere un trattamento diverso da quello che ad essa la Sublime Porta già aveva consentito.

(l) Cfr. n. 423.

428

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 790/24. Pera, 29 aprile 1902, ore 11,15.

D'ordine superiore, ministro degli affari esteri è venuto oggi a vedermi per richiamarmi attenzione sopra fatto seguente. Tre sudditi italiani giunti Tripoli Barberia con passaporti non vidimati dall'autorità consolare ottomana, essendo stati invitati pagare multa prescritta regolamento, Console di Italia si sarebbe opposto, dichiarando che Tripolitania era provincia privilegiata ove certe imposte non potevano essere riscosse, e che numero ragguardevole italiani dovendo fra breve giungere colà scopo colonizzazione, egli non poteva rinunziare in alcun modo vantaggi loro garantiti dalla situazione privilegiata della Tripolitania. R. Console generale si opporrebbe inoltre all'applicazione del regime catastale ai sudditi italiani. Ministro degli affari esteri mi ha fatto osservare che la Tripolitania non godeva di alcun privilegio e che tutte le leggi e regolamenti in vigore erano applicati in quella provincia come nelle altre parti dell'Impero. Tewfik pascià mi ha dichiarato categoricamente che il Governo ottomano non ammetteva nel proprio territorio emigranti provenienti dall'estero, che ancora recentemente era stato opposto rifiuto categorico al Governo russo per famiglie musulmane che desideravano stabilirsi in Turchia; e che dichiarazioni fatte da Scaniglia al Vali, facevano credere ad una decisione presa, mentre in un colloquio con Rechid bey, V. E. avrebbe accennato semplicemente al vantaggio per la Turchia di attrarre in Tripolitania parte dell'emigrazione italiana. Tewfik pascià mi ha chiesto se Scaniglia avesse agito in virtù di istruzioni del R. Governo, ed ha vivamente insistito perché comunichi quanto precede a V. E. Mi sono limitato a rispondere che ignoravo quali dichiarazioni Scaniglia avesse fatte al governatore generale, che ad ogni modo sembravami che questi ne avesse esagerata la portata che una colonizzazione agricola avrebbe migliorate condizioni della provincia; e che, giusta la domanda fattami, avrei riferito a V. E. Mi consta che Réchid bey fu incaricato di analoga comunicazione per V. E.

429

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A PECHINO, GALLINA

T. 619/27. Roma, 30 aprile 1902, ore 18,35.

Prego rimettere a Digiovanni il seguente telegramma Schiapparelli: « Padre Agapito Fiorentini, residente Hankow nominato Vicario Shansi. Insieme Geroni assicurino associazione adoperarsi fornire più presto mezzi necessari reintegrare missione. Pregola riferirei. Schiapparelli l>.

430

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 621. Roma, 30 aprile 1902, ore 18,35.

Ufficiale designato per Somalia è conte Giovanni Lovatelli, capitano di corvetta in funzioni di capitano di fregata, che prese parte campagna inglese Giecha 1893 e fu addetto navale costà 1896-97. È decorato croce di S. Giorgio per merito militare: parla correntemente l'inglese.

Egli si recherà col primo piroscafo in Aden con istruzioni prendere, nel senso dei promemoria scambiati con codesto Governo, opportuni accordi per sua missione con quel R. console generale poi con competenti autorità britanniche di Aden e Berbera. Prego comunicare codesto Governo perché dia opportune istruzioni autorità locali.

431

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 623. Roma, 30 aprile 1902, ore 20.

Rechid bey venne infatti farmi jerisera comunicazione analoga a quella fatta V. E. dal ministro affari esteri (l). Ho risposto che per i passaporti console Scaniglia aveva tempo fa realmente osservato regolamento relativo non era stato finora applicato Tripolitania esprimendo dubbi potesse non esservi applicabile causa privilegi locali, ed io gli avevo risposto che in merito a ciò nessuna innovazione si ammettesse senza ordini di V. E. che è in grado di procedere di accordo cogli ambasciatori e colla Sublime Porta. Quanto a imposta fondiaria avevo già da tempo dato a Scaniglla istruzioni che sudditi italiani la pagassero purché la pagassero anche tutti gli altri. Quanto infine al prossimo arrivo di molti coloni italiani Tripoli, nulla io ne sapevo, però ritenevo che portata attribuita conversazione tenuta da console foilòe certamente esagerata, che in ogni modo Governo italiano avrebbe rispettato esattamente trattati e avrebbe solamente chiesto risposta egualmente rigorosa da parte Governo ottomano. Ho infine approfittato occasione per dire a Rechid che attitudine assunta suo Governo applicare ora tasse finora non applicate e che colpiscono praticamente assai gli italiani essendo loro interessi e loro numero prevalenti in Tripoli, come pure provvedere armamenti e fortificazioni Tripolitania, mi pareva poco bene ispirata.

(l) Cfr. n. 428.

432

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, SCANIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 803/7. Tripoli, 1° maggio 1902, ore 17,45.

Proveniente da Giaffa e Bengasi è arrivato qui jeri sera piroscafo ottomano; ha sbarcato 1300 soldati a Bengasi e 250 a Tripoli in sostituzione di quell1 congedati nell'anno passato. Con tale piroscafo è qui giunta la commissione militare ottomana per la difesa della Tripolitania composta di sette ufficiali tra colonnelli, tenenti colonnelli e maggiori delle varie armi, tutti educati in Germania. Telegrafo quanto precede R. ambasciatore Costantinopoli.

433

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 805/25. Pera, 2 maggio 1902, ore 0,57.

In risposta comunicazione fattami dal ministero degli affari esteri, oggetto mio telegramma stessa data n. 24 (1), ho fatto fare oggi stesso a Tewfik pascià da Cangià dichiarazioni conformi al contenuto del telegramma di V. E. in data di ieri, n. 623 (2), circa questione passaporti ed imposta fondiaria. In quanto concerne emigrazione, Cangià ha informato ministro degli affari esteri che V. E. nulla sapeva del prossimo arrivo a Tripoli di un numero ragguardevole di coloni italiani e che riteneva fosse indubbiamente esagerata portata attribuita alle parole di Scaniglia. Mi riservo tener Tewfik pascià linguaggio conforme osservazioni fatte dall'E. V. a Rechid bey, ove egli ritorni meco sull'argomento.

434

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. S.N. Roma, 2 maggio 1902, ore 23.

Rtservatissimo per let solo.

Riesaminando lungamente il di lei rapporto 23 aprile n. 543 (3) rimango incerto su quanto può avere inteso dire Delcassé alludendo alla promessa di eliminare dal trattato della Triplice Alleanza le obbligazioni militari dirette contro la Francia. Gradirei conoscere come V. E. interpreta queste parole tanto più che

V. -E. conosce esattamente le dichiarazioni da me fatte a Barrère l'anno scorso e delle quali Delcassé prese atto con molta solennità e che furono le sole dichiarazioni da me fatte.
(l) -Cfr. n. 428. (2) -Cfr. n. 431. (3) -Cfr. n. 411.
435

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES

T. 635. Roma, 2 maggio 1902, ore 23,30.

Informo V. E. che Sua Maestà il Re ha concesso la grazia agli ufficiali e marinai americani della nave «Chicago'> condannati dal tribunale di Venezia avendo essi rinunciato all'appello ed essendosi la parte civile associata alla domanda di grazia. Essi furono consegnati al console americano di Venezia per essere imbarcati sulla nave cui appartengono e che sta per partire.

436

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Roma, 3 maggio 1902, ore 13,45.

Riservatissimo per lei solo.

Per sua norma e perché Ella possa eventualmente con codesto ministro degli affari esteri, mostrarsi conscio della cosa, la informo che, essendo oramai chiariti in modo soddisfacente tutti i punti che formarono oggetto del recente negoziato, ho dichiarato agli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Germania che il

R. Governo è disposto a rinnovare tal quale il trattato di Triplice alleanza ed ho proposto di fissare per la materiale firma del trattato il giorno 1° luglio prossimo.

437

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES

T. 637. Roma, 3 maggio 1902, ore 13,50.

Malgrado la previsione che trattato Francia non sarà approvato dal Senato e dal Congresso americani, pure, a sgravio responsabilità dinanzi nostro paese è indispensabile riprendere condurre termine negoziati nostro trattato, tanto più che dopo immense scoperte di olii pesanti nel Texas, dovrebbe essere molto apprezzabile per Stati Uniti ribasso dazio che V. E. è autorizzata ad offrire. Prego quindi V. E. fare formale proposta codesto Governo completare almeno negoziato salvo addivenire firma quando Presidente crederà giunto momento per lui opportuno.

438

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 336/68. Pechino, 3 maggio 1902 (per. il 10 giugno).

Riferendomi ai miei telegrammi dell'8 e lO dello scorso mese (l), ho l'onore di trasmettere, qui unita, a V. E. la traduzione della Convenzione conchiusa 1'8 aprile ultimo fra la Russia e la Cina relativamente alla Manciuria (2).

Si deve al recente accordo stretto dall'Inghilterra col Giappone per le questioni dell'Estremo Oriente se le condizioni di quella Convenzione sono riuscite più favorevoli pel Governo cinese di quanto esso sperava. Intimoriti dalle forti pressioni della Russia, questi Ministri, alcuni dei quali sono anche ligi per ragioni diverse al vicino impero, sarebbero stati disposti ad accettare patti più gravosi per tema di peggio e non si mostravano affatto grati a quelle Potenze che, senza dare alla Cina un aperto appoggio, ostacolavano la conclusione delle trattative.

Ma allorquando fu noto l'accordo anglo-giapponese, essi capirono che la Russia avrebbe esitato ad impiegare la forza a sostegno delle proprie pretese e divennero meno condiscendenti mentre invece si mostravano più arrendevoli, per la stessa ragione, i plenipotenziari russi. Questi non riescono a celare la loro delusione ed il loro malumore pel risultato dei negoziati.

Però, l'accordo in questione, affermando una volta di più l'influenza esclusiva che la Russia intende esercitare su quella vasta provincia cinese, è sempre un nuovo passo che il Governo dello Czar ha fatto, in attesa di più favorevoli circostanze, verso la realizzazione delle note sue mire.

439

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 825/32. Pechino, 4 maggio 1902, ore 4,14.

Si è destato un vivo malumore nelle missioni dello Shan-si in seguito a lettere dell'associazione che confermano sua intenzione amministrare somme indennità di cui i missionari speravano ottenere intero ammontare. Senza dar

soverchio peso loro lagnanze, che sono acerbissime, pur avendo in vista utilità progetti associazione, conviene tener conto in una giusta proporzione dei loro bisogni che sono reali. Missione si è accostata a noi quasi esclusivamente perché adescata dall'appoggio offertole per liquidare indennità. Una delusione potrebbe ora compromettere terreno guadagnato, lo che si deve evitare ad ogni costo.

(l) -Cfr. nn. 333 e 351. (2) -Non si pubblica.
440

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA

T. 641. Roma, 4 maggio 1902, ore 19,20.

Capitano Corvetta conte Giovanni Lovatelli inviato da R. Governo d'accordo con Governo britannico al quartiere generale inglese in Somalia, partirà 11 corrente per costà latore istruzioni per V. S. Dovendo egli concordare con colonnello Swayne modus procedendi per operazioni militari contro Moullah e per assicurare cooperazione sultano Obbia e Migiurtini, sarebbe desiderabile abboccamento Lovatelli con Sultano. Veda se possibile far venire costà Jusuf Ali (1).

441

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. S.N. Roma, 5 maggio 1902.

Per informazione di V. E., e perché possa conservarsi nell'archivio confidenziale di codesta Ambasciata, qua accludo copia di due documenti relativi all'ormai concordato rinnovamento del trattato di triplice alleanza: la Nota ufficiale che, a tale riguardo, ho diretto il 3 di questo mese, agli Ambasciatori di Germania e di Austria-Ungheria, ed una Memoria nella quale, a complemento della Nota stessa, sono riassunte le conclusioni a cui condusse lo scambio di idee intervenuto, in vista del rinnovamento, fra i tre Governi alleati.

La memoria, riproduce, per quanto concerne la Germania, le precise dichiarazioni che, rispetto a Tripoli ed ai trattati di commercio, già si contengono nel documento che, fin dal 9 Marzo scorso, Le era stato consegnato da S. E. il Conte di Btilow (2). Basterà quindi che, avendone l'opportunità, V. E. accerti, con codesto Signor Segretario di Stato, la concordanza dei due documenti, e si ponga cosi in grado di porgermi, ad ogni buon fine, un cenno della avvenuta constatazione.

(2} Cfr. n. 329, allegato.

Nel documento del 9 marzo sono spiegate le ragioni per le quali il Governo germanico stima dover serbare, rispetto ai Balcani, un atteggiamento di assoluta astensione. Nulla, quindi, si contiene, a questo riguardo, nella nostra Memoria riassuntiva. Però mi giova prendere nota, in questo mio dispaccio, della dichiarazione che, nel convegno di Venezia, mi fu fatta dal Cancelliere tedesco e della quale questi, come V. E. mi significava col telegramma del 14 aprile (l) Le ha riconfermato la esattezza: constargli, cioè, non essere, né ora, né in un avvenire anche non prossimo, nei propositi del Governo russo e di S. M. l'Imperatore Nicola di far cadere sotto il dominio della Russia Costantinopoli e per conseguenza i Dardanelli e il Mare Egeo.

Acciocché sia completa la esposizione di quanto si è, nella presente circostanza, convenuto fra i tre Gabinetti, debbo, infine, ricordare l'impegno reciprocamente preso: l'impegno da parte del Conte di Biilow e del Conte Goluchowski, di nulla dire, in occasione di eventuali loro pubbliche dichiarazioni, inteso far comprendere che nulla si è mutato nel testo del Trattato, l'impegno da parte mia, di nulla dire, in occasione di eventuali mie pubbliche dichiarazioni, donde possa argomentarsi che vi siasi introdotto alcun mutamento.

ALLEGATO l.

PRINETTI A WEDEL E PASETTI

Roma, 3 maggio 1902.

Le traité d'alliance du 6 mai 1891 arrivant à échéance le 17 mai de l'année prochaine, les trois Gouvernements alliés ont entrepris, en vue du renouvellement de cet Acte, un échange d'idées qui a heureusement abouti à un accord complet sur tous les points qui formaient l'objet de leur examen.

Je suis dane maintenant en mesure, ayant pris les ordres de Sa Majesté, de déclarer à v. E., avec prière de vouloir bien en faire part à Son Gouvernement, que le Gouvernement du Roi est prèt, pour ce qui le concerne, à renouveler le traité du 6 mai 1891 dans son texte actuel, sans aucune modification ni addition.

Le Gouvernement du Roi désire et il propose aux Gouvernements alliés que la Signature du nouveau Traité ait lieu le l"' Juillet prochain.

ALLEGATO Il.

AIDE -MÉMOIRE

NOTA Roma, 3 maggio 1902.

Camme complément de la Note remise, en date d'aujourd'hui aux Ambassadeurs d'Allemagne et d'Autriche-Hongrie à Rome, le présent Aide-Mémoire résume les conclusions auxquelles a abouti l'échange confidentiel d'idées que les trois Gouvernements alliés avaient entrepris en vue du renouvellement du Traité du 6 Mai 1891.

Tripoli. -Le Gouvernement Impérial et Royal d'Autriche-Hongrie autorise son Ambassadeur à Rome à remettre au Gouvernement Royal d'Italie, après la signature du nouveau Traité d'Alliance, une Déclaration spéciale constatant le désintéressement de l'Autriche-Hongrie au sujet de la Tripolitaine-Cyrénai:que.

Pour ce qui concerne l'Allemagne, qui, aux termes de l'article IX du Traité d'Alliance, s'est formellement engagée à appuyer l'Italie en toute action, sous la forme d'occupation ou autre prise de garantie, que cette dernière devrait entreprendre, dans la TripolitaineCyrénai:que, pour le cas où le maintien du status quo dans ces régions serait reconnu impossible, le Gouvernement Impérial déclare que, dans sa pensée, cet engagement implique la constatation du désintéressement absolu de l'Allemagne vis-à-vis de toute action que les circonstances amèneraient l'Italie à entreprendre, à ses propres risques et périls, dans les dits parages.

Balkans. -Le Gouvernement Royal d'Italie ayant exprimé le désir que, conformément à l'esprit de l'Article VII du Traité d'Alliance, les Gouvernements d'Autriche-Hongrie et d'Italie prennent en examen la question de la Macédoine dans le but de parvenir, sur cette question, à un accord réciproque pareil à celui intervenu au sujet de l'Albanie, le Gouvernement Impérial et Royal s'est déclaré toujours pret à procéder, avec le Gouvernement Royal, à des échanges amicaux d'idées sur la question macédonienne, comme sur toute autre question orientale.

Traités de commerce. -Le Gouvernement Impérial d'Allemagne partage entièrement l'avis du Gouvernement Royal d'Italie qu'un intervalle entre l'expiration des Traités actuels et l'entrée en vigueur des nouveaux Traités porterait atteinte aux relations commerciales qui ont pu se développer heureusement entre les trois pays. Le Gouvernement Impérial est donc pret à aborder la discussion des nouveaux Traités aussitòt que son projet de tarif aura passé par les corps législatifs, et à maintenir les Traités actuels, si faire se peut, jusqu'à l'entrée en vigueur des nouveaux Traités. Il est d'ailleurs convaincu que son projet de tarif ne fera nullement obstacle à la conclusion d'un nouveau Traité de Commerce entre l'Allemagne et l'Italie, et qu'il ne sera pas difficile d'arriver à s'entendre sur la base indiquée par le Gouvernement Royal, à savoir sur la base du Traité en vigueur, de manière que de nouvelles concessions compensent toute restriction que les intérets actuels pourraient exiger à l'égard des concessions existantes.

A son tour, le Gouvernement Impérial et Royal n'hésite pas à déclarer que l'AutricheHongrie est intéressée, au meme degré que l'Italie, à ce que les négociations commerciales aboutissent au plus tòt; elles ne pourront, cependant, commencer que lorsque le nouveau tarif austro-hongrois sera achevé et voté par les Parlements. Le Gouvernement Impérial et Royal considère comme un besoin impérieux et urgent d'empecher qu'il y ait une époque sans Traités entre les deux pays: tous ses efforts seront voués à ce but, non seulement par égard aux nombreux intérets économiques qui seraient mis en souffrance, mais aussi en vue du contrecoup très sensible qu'un conflit sur le terrain économique ne manquerait paB d'exercer sur leurs rapports politiques. Le Gouvernement Impérial et Royal ne négligera rien, de son còté, afin que les négociations pour le nouveau Traité de Commerce aboutissent à une conclusion satisfaisante et équitable pour les intérets des deux Parties, et il compte sur les memes dispositions de la part de l'Italie.

(l) Comunicazione analoga fu telegrafata a Ciccodicola.

(l) Cfr. n. 371.

442

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. s. N. Roma, 5 maggio 1902.

Per informazione di V. E., e perché possa conservarsi nell'archivio confidenziale di codesta Ambasciata, qui acchiudo copia di due documenti relativi all'ormai concordato rinnovamento del trattato di triplice alleanza: la Nota officiale che, a tale riguardo, ho diretto, il 3 di questo mese, agli Ambasciatori di Austria-Ungheria e di Germania, ed una Memoria nella quale, a complemento della nota stessa, sono riassunte le conclusioni a cui condusse lo scambio di idee intervenuto, in vista del rinnovamento, fra i tre Governi alleati (1).

La Memoria riproduce, per quanto concerne l'Austria-Ungheria, le precise dichiarazioni che, rispetto a Tripoli, ai Balcani ed al trattato di commercio, ci furono fatte dal Conte Goluchowsky per mezzo di V. E. e del Barone Pasetti. Non occorre quindi che, circa l'esattezza di quanto si contiene nella Memoria, V. E. abbia a muovere formale interrogazione a codesto Signor Ministro degli Affari Esteri. Tuttavia, mi sarà cosa gradita se V. E., avendone la opportunità, potrà procacciarsene, da parte del Conte Goluchowsky, la positiva conferma, e porgermene, a Sua volta, la assicurazione.

Acciocché sia completa la esposizione di quanto si è, nella presente circostanza, convenuto fra i tre Gabinetti, debbo, infine, ricordare l'impegno reciprocamente preso: l'impegno, da parte del Conte di Biilow e del Conte Goluchowski, di nulla dire, in occasione di eventuali loro pubbliche dichiarazioni, inteso a far comprendere che nulla si è mutato nel testo del Trattato; l'impegno, da parte mia, di nulla dire, in occasione di eventuali mie pubbliche dichiarazioni, donde possa argomentarsi che vi siasi introdotto alcun mutamento.

443

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 845/35. Pechino, 6 maggio 1902, ore 9,15.

È scoppiata nel Sud del Cili, oltre Cen-ting-fu, a quindici giorni di cammino da Pechino, una rivolta che presenta una certa gravità per l'avvenuto assassinio di un gesuita francese, la relativa vicinanza della Capitale, per il numero dei ribelli, per la maggior parte antichi boxers.

Governo invia truppe regolari combatterli e mostra ferma intenzione domare sommossa.

444

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. S. S. N. Roma, 6 maggio 1902, ore 12,30.

Riservato per lei solo.

Dal telegramma di ieri di V. E. (2) comprendo che io non seppi esporle forse chiaramente mio pensiero. Lo scopo della mia domanda che le confermo è soltanto il seguente. Poiché Delcassé disse a V. E. confidare nella promessa

che saranno eliminate dalla triplice alleanza le obbligazioni militari dirette contro la Francia, desidero sapere da V. E. cosa ritiene abbia inteso dire Delcassé colle _parole obbligazioni miìitari per poter giudicare se egli con esse non oltrepassò il valore delle dichiarazioni da me fatte lo scorso anno a Barrère che

V. E. conosce e che furono le sole.

(l) -Cfr. allegati al n. 441. (2) -Non pubbllcato.
445

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 24. Parigi, 6 maggio 1902, ore 17,15.

Avevo perfettamente inteso che V. E. desidera sapere che cosa questo ministro affari esteri può avere inteso dire parlando di obbligazioni militari nostre dirette contro la Francia. Il mio rapporto del 23 aprile (l) rispecchia fedelmente il discorso che egli mi ha tenuto, ed in esso non fu spiegato il significato di quelle parole. V. E. mi domanda come io le interpretai. Per rispondere a questa domanda mi occorre esporre taluni miei personali apprezzamenti che non troverebbero sviluppo sufficiente in un telegramma. La seconda parte del mio telegramma di jeri (2) accenna alle eventualità che si potrebbero verificare quando le elezioni generali saranno finite e dalla mutata situazione potrà certamente determinarsi il da farsi qui secondo che ci troveremo di fronte al Ministero presente o ad un altro (3).

446

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RR. 1395/595. Parigi, 7 maggio 1902 (per. il 14).

Con il rapporto delli 23 Aprile ultimo, n. 1254/543 (1), ho reso conto a V. E. di ciò che il Signor Delcassé mi disse, in quello stesso giorno, circa la fiducia ch'egli manteneva alle dichiarazioni con tanta· cordialità e franchezza fatte dalla E. V. al Signor Barrère, l'anno passato, e recentemente al medesimo confermate, e dalle quali egli ricavava la promessa che, se la triplice alleanza si rinnoverà, dalla stessa saranno eliminate le obbligazioni militari dirette contro la Francia e tutto ciò che può essere aggressivo verso questo paese. Riferendosi a quel mio rapporto, Ella mi ha telegrafato, il 3 di questo mese (4), che le sole

(-4) Cfr. n. 434.

23 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

dichiarazioni fatte al Signor Barrère, sono quelle sovra le quali furono scambiate, nel giugno e luglio dello scorso anno, varie comunicazioni fra codesto R. Ministero e questa Ambasciata di Sua Maestà; e, nello stesso telegramma, Ella mi chiede come io interpreti le parole, «obbligazioni militari dirette contro la Francia», adoperate dal Signor Delcassé nello indicare ciò che, a dire suo, l'Italia avrebbe promesso di eliminare nell'eventuale rinnovamento dei trattati di alleanza con le Potenze centrali.

In materia così delicata qualunque inesattezza può generare equivoci e malintesi lesivi del carattere di scrupolosa lealtà che deve avere la politica esteriore di tutti gli Stati e che io stimo indispensabile più che mai per le relazioni internazionali della Monarchia. È dunque giuoco forza che da me si osservi che indubbiamente il Signor Delcassé, nel suo colloquio delli 23 aprile, mi parlò di conferma recente delle dichiarazioni fatte nell'estate del 1901 al Signor Barrère e da questi qui segnalata. L'E. V., nelle sue ultime comunicazioni telegrafiche a me dirette (l), mi dice che le dichiarazioni dell'estate scorsa furono le sole da Lei fatte a codesto Ambasciatore francese. A me non si parlò di dichiarazioni nuove, ma soltanto di conferma delle antiche delle quali questo Ministro degli Affari Esteri diceva di avere ben presenti i termini. Si tratta, come ognuno ben vede, di sfumatura fra le due versioni; però l'obbligo mio è di segnalarne la esistenza.

L'altra parte del telegramma di V. E. mi assegna un compito assai difficile e pericoloso. Il soggetto della comunicazione spontanea fattami il 23 aprile dal Signor Delcassé, con l'invito di informare V. E., non si prestava a divagazioni di linguaggio da parte sua. Questo Signor Ministro degli Affari Esteri si servì meco di parole manifestamente da lui studiate, che io raccolsi, ritenni a memoria e trascrissi nel mio rapporto di quella data con la maggior fedeltà che mi fu possibile. Qui sopra ho detto che il Signor Delcassé affermò di avere ben presenti i termini delle dichiarazioni trasmessegli dal Signor Barrère l'estate scorsa. Ecco come questa affermazione ebbe luogo di prodursi. Lasciai parlare il Ministro senza interromperlo fino al momento in cui egli accennò alle dichiarazioni dello scorso anno; feci a questo punto un cenno di voler parlare e fu allora che egli, senza aspettare ch'io dicessi una sola parola, prosegui nei termini esposti nel rapporto delli 23 Aprile, intercalando che ben avea presenti alla memoria le dichiarazioni di quel tempo. Se il Signor Delcassé non avesse soggiunto ch'egli desiderava che delle cose da lui dettemi V. E. fosse da me informata, io avrei forse potuto interloquire. Ma dal momento ch'io dovea segnalare alla V. E. ciò che egli mi avea detto, non mi era lecito di ciò fare prima di averne a Lei riferito.

In sostanza nelle parole delle quali si servì il Ministro degli Affari Esteri francese, nella sua comunicazione del 23 Aprile, nulla vi fu che mi autorizzi a dare alle medesime una speciale interpretazione. Risalendo però ad una conversazione da me avuta il 5 Giugno 1901 con il Signor Delcassé, ritrovo, nelle recenti parole sue, la conferma dello stesso ordine di idee che allora egli aveva svolto.

Ho reso conto della conversazione del 5 Giugno 1901 con il rapporto delli 7 dello stesso mese (n. 1190/627) (1). Questo Ministro degli Affari Esteri avea parlato della naturale e legittima aspettazione dei Francesi che da parte dell'Italia, nei suoi rapporti con gli altri paesi, sarebbe eliminato ciò che potrebbe essere aggressivo verso una Nazione che le è amica. Ed io, commentando queste parole, osservai che il Signor Delcassé non avea fatto allusione alcuna che determinasse ciò che nell'alleanza nostra con le Potenze centrali dovrebbe essere eliminato acciocché questa non abbia carattere aggressivo. Poi io soggiungeva che il pensiero del Ministro pareva inspirarsi alla supposizione che nei patti dell'alleanza vi siano clausole speciali aventi tale carattere le quali potrebbero essere soppresse in occasione della rinnovazione. D'onde qui si traesse questo concetto non avrei potuto indagare senza entrare in una conversazione inopportuna e non autorizzata. Nel riferire tutto ciò a V. E. mi permisi però di far notare che fra le molte cose che aveano alimentato la campagna di stampa che avea preceduto, accompagnato e seguito la visita della flotta italiana a Tolone, non erano mancate di certo affermazioni che aveano potuto far nascere tale supposizione. Giova ricordare che si era allora alla vigilia delle discussioni sovra la politica estera nel parlamento nostro e che il Signor Delcassé avea preso l'iniziativa della conversazione con me avuta, in vista appunto delle medesime.

Alle dichiarazioni pubbliche, fatte in quell'occasione dalla E. V., seguì il colloquio che Ella ebbe con il Signor Barrère e di cui questi riferì al suo Governo con telegramma del 28 giugno. Il 3 luglio il Signor Delcassé volle prendere meco atto del contenuto del medesimo. Il mio rapporto dello stesso giorno

(n. -1473/748) (2) ha informato V. E. delle cose dettemi in quella circostanza da questo Ministro degli Affari Esteri al quale io avea laconicamente risposto: «Molto bene: non ricevetti cosa alcuna in proposito dal mio Governo». Rimase, con questa risposta, escluso che io fossi in grado di dare atto a questo Ministro degli Affari Esteri di quanto egli mi aveva detto e nello stesso tempo riservata completamente a V. E. la scelta fra il fare rettificare per mezzo mio ciò che fosse stato inesattamente riferito dal Signor Barrère, ed il riprendere Ella stessa con quest'ultimo il discorso per precisare il carattere ed il senso delle dichiarazioni precedenti. V. -E. ha scelto questo secondo partito. Il 29 luglio (3), rispondendo al mio rapporto delli 3 di quello stesso mese, Ella rettificava in varii punti ciò che l'Ambasciatore francese avea qui riferito e conchiudeva informandomi di avere dato testuale lettura a quest'ultimo del rendiconto che a me veniva trasmesso e che il Signor Barrère avea riconosciuto perfettamente esatto. Spettava pertanto al rappresentante francese a Roma di fare pervenire al suo Governo le convenienti rettifiche e di precisare anche il valore formale delle cose dettegli da V. E.

Non sono in grado di sapere se ciò egli abbia fatto ed in quale misura. Io mi sono astenuto di deliberato proposito dal fare qualsiasi allusione nei miei colloqui col Signor Delcassé e con qualunque altra persona di ciò che si riferisse alla nostra politica delle alleanze. A me parve che un contegno gelidamente

riservato mi si imponesse di fronte a certe esuberanze di discorsi e manifestazioni extra-ufficiali che andavano creando un ambiente gravido di equivoci. Qualche volta mi sembrò accorgermi che tale mia fredda indifferenza non era interpretata in senso favorevole alla mia personale posizione. Ma mi premeva che essa facesse possibilmente contrappeso alle informazioni che io presumeva giungessero da altre parti a questo Governo le quali non potevano d'altronde essere da me appurate. Nello esporre queste cose a V. E. metto il piede in quel campo di congetture e supposizioni che sempre si dovrebbe da un agente diplomatico accuratamente evitare. Ma, non essendo io in grado di attribuire fondatamente una interpretazione alle parole adoperate il 25 aprile dal Signor Delcassé e che a

V. E. sembrano di significato incerto, mi provo a stabilire la genesi del pensiero che con esse questo Ministro degli affari esteri ha voluto esprimere. Alla base di tutto sta evidentemente nella mente di questo Governo, come nella opinione qui generalmente invalsa, che gli attuali patti delle alleanze italiane contengono clausole dirette contro la Francia le quali, in occasione della rinnovazione delle alleanze stesse, saranno eliminate. Nel mio rapporto delli 9 aprile ultimo (l) ho segnalato al Governo di Sua Maestà questo stato della opinione francese e le conseguenze che ne potranno derivare se il corso degli eventi permetterà la autorizzata conferma di ciò che la stampa ufficiosa di Vienna e di Berlino già insistentemente divulga, che cioè la triplice alleanza sarà rinnovata senza variazione. V. E., in risposta a quel mio rapporto, ebbe la bontà di dirmi che Ella comprendeva le mie preoccupazioni; ma che sperava che le cause di esse potrebbero esser, in parte almeno, evitate. Me ne rallegrerei sinceramente perché io sono costretto a considerare che una ricaduta nelle diffidenze e nei malumori colpirebbe attualmente non più soltanto interessi morali del nostro paese, ma avrebbe conseguenze gravissime anche per gli interessi materiali che, in seguito al miglioramento delle relazioni politiche, si sono stabiliti con la Francia e che negli ultimi tempi accennarono a prendere il più largo sviluppo.

La credenza della esistenza di clausole dirette contro la Francia nei trattati nostri di alleanza, ha una origine che non saprei indicare, ma che è certamente antica. Nel giugno 1901, il Signor Delcassé me ne avea parlato. La stampa più seria di questo paese vi fece ognora cenno nelle sue speculazioni sul prossimo avvenire delle relazioni franco-italiane. Per conoscere il fondo del pensiero che piglia le mosse dalla supposta esistenza di tali clausole, bisognerebbe sapere quali notizie di esse questo Governo possiede. E per rettificare le deduzioni erronee, converrebbe essere in grado di palesare le circostanze vere di fatto, ciò che manifestamente sarebbe in opposizione con il caratter segreto dei patti nostri.

Quando il Signor Barrère insisteva presso V. E. non mostrandosi pago della giusta osservazione che la triplice alleanza avea ricevuto una intonazione ostile più per opera di uomini che per effetto di stipulazioni ed otteneva da Lei le due dichiarazioni ch'Ella trascrisse testualmente nella lettera a me diretta il 29 Luglio, codesto diplomatico francese agiva evidentemente sotto la preoccupazione dell'esistenza di clausole particolarmente dirette contro la Francia e suscettibili di essere od eliminate, o modificate nella occasione del rinnovamento delle nostre

alleanze. Non mi pare da escludere la probabilità che l'essersi sentito a dire da

V. E. ch'Ella non firmerebbe mai un impegno che possa minacciare la sicurezza e la tranquillità della Francia e ch'Ella procurebbe di dare ad ogni eventuale impegno tale una forma che impedirebbe ai successori suoi di dare al medesimo una interpretazione diversa dalle intenzioni sue, abbia potuto confermare il Signor Barrère e conseguentemente anche il Signor Delcassé, nella convinzione che, in caso di rinnovamento, delle variazioni sarebbero non solo possibili, ma quasi sicure nelle clausole dell'alleanza nostra con le Potenze centrali. Ho seguito con costante attenzione ciò che venne pubblicato nei giornali francesi e principalmente in quelli che sembrano ricevere inspirazioni governative, per discernere quale concetto qui si abbia dei patti nostri con la Germania e l'AustriaUngheria. Fino agli ultimi tempi, io ho ritenuto che qui si crede sapere che fra l'Italia e le due potenze centrali esiste un trattato di alleanza difensiva per la guarentigia reciproca dello statu quo territoriale, ma che inoltre fra l'Italia e la Germania esistono speciali patti segreti contenenti obbligazioni d'indole militare le quali avrebbero carattere aggressivo contro la Francia. Si aspetta conseguentemente la rinnovazione del trattato di alleanza e la eliminazione dei patti speciali con la Germania. Ma recentemente è pervenuta a me la voce che il Signor Barrère avrebbe fatto credere al suo Governo che nella rinnovazione il tratcato della triplice alleanza verrebbe ridotto ad un patto di reciproca neutralità.

Qual peso si possa attribuire a questa voce, non potrei dire. Ma se essa avesse qualche fondamento, evidentemente io mi sarei ingannato nella impressione che ebbi seguendo le pubblicazioni della stampa francese e ritenendo che l'aspettazione di questo paese si limitasse all'abbandono da parte nostra dei supposti patti speciali d'indole militare.

È fuori di dubbio che nessuna responsabilità potrebbe pesare sovra di noi per gli errori e gli equivoci in cui questo Governo ed i suoi Agenti fossero caduti nelle loro deduzioni da premesse costituite da inesatte informazioni, o da false notizie. Ma ben si sa che, in materia tanto delicata, non sono sempre facilmente determinabili le responsabilità ed occorre piuttosto portare l'attenzione sovra le prevedibili conseguenze delle situazioni mal definite.

Jl Signor Delcassé, nel suo colloquio con :::::.e del 23 Aprile, non ha cercato di scambiare con me delle idee: egli ha voluto costituirmi unicamente il suo portavoce presso l'E. V. Ora, come in Giugno dell'anno passato, la replica di

V. E. può pervenire a questo Ministro degli Affari Esteri in due modi, o per mezzo dell'Ambasciatore francese a Roma, o per il tramite mio. Né il mio contegno, né il mio linguaggio hanno in qualsiasi senso e misura pregiudicato lo stato delle cose. Debbo però notare che, non essendo io abbastanza al corrente dei patti nostri con la Germania e l'Austria-Ungheria, potrei trovarmi imbarazzato da questa insufficienza di cognizioni di fatto se dovessi avere con il Signor Delcassé uno scambio di idee sovra siffatto soggetto. Sarebbe d'altronde cosa naturale che le comunicazioni, incominciate col Signor Barrère, proseguissero per lo stesso tramite a meno che l'E. V. avesse qualche ragione di dubitare della precisione di codesto Ambasciatore nel riferire al suo Governo circa le medesime.

Ho ben presenti, ed in nessun momento ho dimenticato, le intenzioni di

V. E. circa il rinnovamento della triplice alleanza, da Lei espostemi nei colloqui

che ebbi l'onore di avere lo scorso anno con l'E. V. in Roma. Vi conformai il contegno ed il linguaggio anche col rischio manifesto di non riuscire grato nell'ambiente di Parigi. Ma una delle maggiori difficoltà del posto che occupo, nasce dal fatto che a costituire questo ambiente concorrono relazioni di diversa natura le quali non tutte mettono capo al palazzo Farnese, ma esistono fra personalità irresponsabili dei due paesi e riescono necessariamente incontrollabili. Quando le situazioni si disegnano, il mio compito è di segnalarle all'attenzione del R. Governo e nel ciò fare mi è occorso di dovermi più di una volta guidare sovra personali impressioni, più che sovra la cognizione di fatti positivi e concreti.

Mi duole che anche per dare a V. E. questa volta la risposta chiestami nelle più recenti sue comunicazioni telegrafiche, io sia stato costretto di formare supposizioni e congetture piuttosto che di fondarmi sovra la notizia sicura di fatti concreti.

(l) -Cfr. n. 411. (2) -Non pubblicato. (3) -Le elezioni ebbero luogo 1'11 maggio e secondo le prime informazioni di Tornielli (12 maggio R. 617) la maggioranza ministeriale era salita alla Camera da 360 deputati a 376 e l'opposizione era scesa da 221 deputati a 214.

(l) Cfr. nn. 434 e 444.

(l) -Cfr. Serle III, vol. V, n. 459. (2) -Cfr. Serle III, vol. V, n. 567. (3) -Cfr. Serie III, vol. V, n. 659.

(l) Cfr. n. 341.

447

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, CUSANI GONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 860/12. Budapest, 8 maggio 1902, ore 3,20.

S. M. l'Imperatore ricevette oggi due delegazioni e fece breve risposta alle allocuzioni presidenti, rilevando anzitutto cura continua suo Governo pel mantenimento intimi vincoli con alleati e di fiduciosi rapporti con tutti gli altri Stati e poi vantaggi amicizia Russa pel mantenimento pace vicino Oriente. Nella sua esposizione politica, fatta più tardi delegazione austriaca, conte Goluchowski, partendo da queste sovrane dichiarazioni, disse Triplice Alleanza che scade maggio 1903, va oramai incontro sua rinnovazione, poiché i tre Gabinetti scambiarono formali assicurazioni circa loro ferma intenzione mantenerla in vigore nel suo intero valore e di procedere a tempo debito alla ftrma (1). Basata su interessi concordi, spoglia tendenze aggressive, eminentemente conservatrice, Triplice Alleanza continuerà tendere sublimi scopi pacifici che le diedero vita e troverà prezioso complemento e incremento nella duplice. Queste azioni parallele continueranno recare benefici frutti, poiché non solo assicurano proprio stato di possesso a ogni partecipante, ma tendono paralizzare dannosi contraccolpi eventuali avvenimenti in altre parti, qualora non riesca ad impedirli. Cito a conferma di ciò accordo anglo-giapponese circa China e Corea e quello russo-francese. Rilevando poi che queste alleanze sono garanzia pace continuò: «Ciò è dimostrato tanto dalle fiduciose relazioni attuali tra Italia e Francia, precedute da reciproche dichiarazioni soddisfacenti circa precedenti dissidi, come dalla piega estremamente favorevole presa dalle nostre relazioni con la Russia in seguito accordo 1897. Questa piega è assai consolante, poiché permette porre argine pericoli perenne agitazione sul continente euroepo. Da

che fu accertato che né noi né Russia abbiamo di mira nel vicino Oriente interessi egoistici, e meno ancora, ampliamenti di territorio, doveva logicamente cessare ogni diffidenza. Si può sperare che questa situazione si assoderà sempre più per divenire indipendente da transitori malintesi che talvolta sorgono nelle più intime relazioni ma sempre rimediabili con reciproche categoriche e aperte spiegazioni. Nell'intimo continuo contatto fra i due Gabinetti, sta mezzo più sicuro per salvaguardare nostro accordo eventuale, più profonde dissonanze». Rilevò poi diffusamente che agli scopi di questa politica si oppongono colle loro macchinazioni elementi perturbatori che devono essere combattuti recisamente da ambedue Governi. Si deve osservare scrupolosa astensione affari interni Balcanici (1). Specificò quindi politica ferma e prudente che Turchia deve seguire per impedire disordini e dovere paesi finitimi, soprattutto Serbia e Bulgaria, di contribuirvi. Rilevò miglioramento condizioni Grecia e Creta elogiando principe Giorgio. Accennò alla China; poi espresse convinzione che, malgrado difficoltà, si giungerà a soddisfacente rinnovazione trattato commercio. Ciò dipenderà nei vari Stati dalla moderazione Circoli interessati, e poi dal completo accordo economico tra Austria e Ungheria. « Mi sembra abbastanza evidente che da ogni parte accorreranno sacrifici, e che anzitutto alleati devono cercare accordo, per evitare restare senza trattati e per mettere, possibilmente, loro rapporti economici d'accordo con politici: per noi è indispensabile come base negoziati, concludere tariffe e lega doganale economica>>. Terminò con dettagli sul suo bilancio e elogi di uso al Sovrano. Testo dell'esposizione sarà pubblicato solo domani. Essendo riuscito attenerlo, ne spedisco stanotte traduzione completa.

(l) La Tribuna, 9 maggio 1902, «I maggiori problemi internazionali», id., 16 maggio, «Sul necessario collegamento tra Triplice e accordi di commercio >>.

448

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 870/26. Pera, 8 maggio 1902, ore 21,15.

Circa procedimento per aggressione francescani Gerusalemme, Sublime Porta mi ha diretto oggi comunicazione identica a quella recentemente indirizzata ambasciatore di Germania e che riassumo qui presso: «In seguito decisione consiglio dei ministri sanzionata da iradè imperiale, ministero di giustizia e ministero dell'interno sono stati invitati, in conformità domanda ambasciata di Sua Maestà, ad impartire telegraficamente autorità Gerusalemme istruzioni necessarie affinché l o giudice istruzione trasmetta pel tramite esclusivo R. Console citazione destinata francescani italiani; 2° interrogatori francescani italiani siano limitati alle ndagn ntese ad accertare autor delitto commesso contro le loro persone; 3• console d'Italia solo sia ammesso ad assistere tale interrogatorio. Sultano ha lungamente esitato concedere iradè imperiale ed ho dovuto esercì

tare forte pressione facendogli intendere che noi non potevamo ammettere trattamento diverso da quello concesso alla Germania. Ho telegrafato decisioni Sublime Porta al R. console a Gerusalemme raccomandandogli usare massima prudenza delicatezza, affine di evitare qualsiasi attrito con consolato di Francia e procurare che notizia non sia divulgata. Ravviso opportuno che V. E. voglia telegrafare a Carletti le sue istruzioni, per il caso in cui francescani italiani dichiarassero avere avuto ordini Santa Sede. Sarò grato se vorrà comunicarmene tenore.

(l) Sulle dichiarazioni di Goluckowski circa l'accordo austro-russo La Perseveranza del 9 maggio notò che «l'Albania non potrebbe essere oggetto di accordi esclusivi tra Vienna e Pietroburgo... >>.

449

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 939/146. Budapest, 8 maggio 1902 (per. il 12).

Dopoché il conte Goluchowski ebbe pronunciato la sua esposizione politica nella seduta tenuta ieri dalla commissione del bilancio della delegazione austriaca, cominciò subito, seduta stante, la discussione su questo argomento. Non mancarono gli attacchi alla politica della triplice, mossi, come si prevedeva, dal delegato Dr. Kramar, quale rappresentante del partito czeco, notoriamente ostile a tale politica. Oratore e scrittore d'innegabile ingegno, il Dr. Kramar è uno dei più accaniti sostenitori dell'autonomia boema, la quale, nel suo concetto, dovrebbe estrinsecarsi in un regno di Boemia, avente nella Monarchia austroungarica una situazione analoga a quella dell'Ungheria. Egli è conseguentemente slavofilo e non perde mai alcuna occasione di attaccare più o meno violentemente la triplice, cui paragonò, come è noto, anni sono ad un pianoforte privo di valore per essere troppo usato. Pubblicò il l o febbraio 1889 nella Revue de Paris uno studio intitolato «L'avenir de l'Autriche » che fece a quell'epoca un certo rumore come esposizione assai cruda delle aspirazioni czeche.

Egli prese la parola, subito dopo il Ministro degli Esteri, attaccando anzitutto la qualifica di «pilastro-fondamentale della politica» data dal conte Goluchowski alla Triplice. «Questo pilastro» -egli disse -«mostra già delle rilevanti screpolature». E citò alcuni passi del discorso tenuto dal conte Biilow 1'8 gennaio u.s. e ciò all'intento di dimostrare che la Germania ha concluso l'alleanza soltanto per tutelare le proprie conquiste. E continuò: -«Se la Triplice non ha maggior valore di quello attribuitole dal conte Biilow, non vi è motivo di tenerne segreto il trattato. Chiedo quindi al Ministro se le Potenze interessate sono disposte a pubblicarlo. L'ambasciatore germanico in Vienna, conte Eulenburg, volendo rimediare alla sgradevole impressione del discorso del conte Biilow, parlò a Vienna, in un brindisi, di un'alleanza indissolubile tra l'Austria e la Germania. Si deve chiedere se si tratti qui di qualcosa di più una « licentia toastica » (sic), perché di un'alleanza che togliesse per sempre allo Stato la sua libertà d'azione, vincolandolo per l'avvenire indefinitamente, dovrebbe pur sapere qualchecosa anche la rappresentanza nazionale. Fin da oggi conviene dichiarare che difficilmente si troverebbe alla Camera dei deputati, come avvenne in precedente epoca, una maggioranza disposta a pagar la rinnovazione della Triplice con una clausola dei vini». Accennò poi ai comitati nazionali italiani «infatuati di una influenza italiana in Albania» -dichiarando che per la politica dello status quo essi non sono meno pericolosi degli altri comitati balcanici. Concluse dicendo che la Triplice non è più una necessità assoluta per l'AustriaUngheria.

Dopoché ebbero parlato alcuni altri delegati in senso favorevole alla politica del Governo, facendo solo qualche rilievo di poca importanza il delegato croato von Bukovics sostenne anch'egli il concetto che la Triplice non è necessaria, dichiarando che l'Italia solleva contro l'Austria-Ungheria tutte le possibili difficoltà politiche e commerciali, cercando di indurla alla proroga della clausola dei vini, ciò che non è ammissibile. Concluse rilevando che un saggio accordo colla Russia sarebbe preferibile alla Triplice, ed aggiunse di non poter approvare il procedimento del Governo nella questione di San Gerolamo, reclamando una soddisfazione per il torto fatto al popolo croato e difendendo l'operato dell'arcivescovo Stadler.

Rispose a tutti, con un discorso felicemente improvvisato, il conte Goluchowski dicendo essenzialmente quanto segue: « Io non sono chiamato a interpretare i pensieri del conte Biilow, ma non credo possibile che egli abbia voluto disconoscere l'importanza della Triplice. Noi, con la Germania, siamo giunti alla convinzione che si deve mantenere invariata questa base, la quale fu in grado di conservare la pace in Europa per trenta anni. Salvo rari casi non è uso pubblicare i trattati politici, e del resto fu pattuito fra le tre potenze di non pubblicare quello della Triplice. L'espressione del conte Eulenburg non fu che un voto.

Circa la supposizione che la rinnovazione dell'alleanza sia stata conglobata con questioni economiche, posso assicurare che ciò è inesatto. Io rimango fermo nel mio concetto che i trattati di commercio non possono considerarsi come oggetti di compenso per trattati politici. Ammetto però che è importante e necessario, quando esiste un vincolo politico tra singoli Stati, il mettere possibilmente le questioni economiche d'accordo con questo vincolo. Non è possibile oggidì avere un'alleanza politica a fianco di una guerra economica, quindi gli sforzi di tutti i Governi devono essere intesi ad eliminare possibilmente gli eventuali contrasti. Il delegato Dr. Kramar ha rilevato con soddisfazione che i nostri rapporti colla Russia sono stretti e pacifici, ma vi ha annodato l'osservazione che non si deve provvedere soltanto pel mantenimento dello status quo nella penisola balcanica, ma anche guardar più lontano e predisporsi per l'eventuale verificarsi di condizioni che non permettessero più il mantenimento dello status quo. Cerch1amo di mantenere finché si possa le condizioni esistenti. Se però, indipendentemente dalla nostra volontà, subentrassero eventi tali da rendere necessaria un'altra politica, noi dovremmo essere preparati a poter regolare possibilmente in modo pacifico tali eventi, e sono convinto che appunto l'intima relazione colla Russia agevolerebbe il trovare una soluzione favorevole ad ambedue le parti. In ogni modo non è possibile oggi prevedere che cosa avverrà e a che mezzi si dovrà ricorrere.

Circa San Girolamo, il delegato Bukovics ha affermato che noi abbiamo

combinato col Vaticano l'intera trasformazione dell'Istituto, ma poi non abbia

mo tenuto fermo, e abbiamo sofferto una sconfitta. Ciò è completamente inesatto: San Girolamo, come molti altri istituti, sta sotto la protezione della Monarchia; questa protezione si limita però a ciò che il Governo, qualora un simile istituto si trovi in un imbarazzo, deve provvedere affinché non gliene derivino danni. Il delegato crede evidentemente che circa un tale istituto nulla si possa fare senza che noi siamo d'accordo col Vaticano. Ore, il vero stato delle cose è il seguente: un giorno il Vaticano con un breve ha sostituito all'antico onorato nome dell'Istituto di San Girolamo un nuovo nome. Contro di questo vi sarebbero state forse serie obiezioni, perché erano prevedibili reclami da parecchie parti, come effettivamente furono fatti. Se Bukovics manifesta l'opinione che questo cambiamento di nome è avvenuto per animosità contro la nazione croata, se egli si fa sostenitore delle pretese di un noto principe della Chiesa, dal quale sl potevano aspettare solo parole di pace e d'armonia, è che invece si lasciò traviare sino all'affermazione che questo cambiamento di nome è avvenuto solo perché il Governo ungherese, il Governo comune, la diplomazia austro-ungarica sono pieni di sentimenti ostili contro la nazione croata, questa affermazione è una gratuita ingiuria contro la quale non posso abbastanza severamente e recisamente protestare:. Il nome dell'Istituto di San Girolamo è stato cambiato in seguito a reclami da varie parti, per propria iniziativa dal Santo Padre. Sembra che il delegato non abbia preso conoscenza dei motivi di questa decisione, che a suo tempo furono anche resi di pubblica ragione. Quando egli afferma che la modificazione avvenne in seguito all'intervento del Montenegro, egli non è evidentemente al corrente sull'accaduto. Posso però assicurarlo che quanto il Montenegro aveva chiesto, era tutt'altra cosa di cio che fu effettivamente deciso.

Solo per metter fine alla contesa, il Santo Padre è tornato al vecchio nome storico dell'Istituto, nella speranza che con ciò si giungesse alla necessaria tranquillizzazione. Di una sconfitta sofferta in ciò dal Governo austro-ungarico non può essere assolutamente questione». Si passò quindi alla discussione speciale, dopo la quale l'intero bilancio degli affari esteri fu approvato senza modificazioni.

450

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 871/10. Aden, 9 maggio 1902, ore 11,19.

Colonnello Swayne è arrivato oggi da Berbera per conferire con me, in seguito notizia avuta dal suo Governo circa nostra cooperazione e destinazione Lovatelli al quartiere generale. Gli ho detto nostro inviato arriverà Aden verso il 20. Ha risposto rincrescergli molto non poter fermarsi Aden sino a quella data, a cagione delicata urgente situazione in Somalia, ma che, salvo forza maggiore, attenderà nostro inviato al quartiere generale per concordare modus procedendi. Voleva partire domani, ma rimette partenza a sabato sera per il caso V. E. volesse fargli pervenire qualche comunicazione. Prega inoltre vivamente spedire a Cassem nostra nave da guerra o sambuco armato e permettergli fare altrettanto per sorvegliare eventuale arrivo colà bestiame e merci dall'interno per opera protetti inglesi infedeli.

451

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 873/36. Pechino, 9 maggio 1902, ore 11,19.

In una riunione rappresentanti esteri è stato proposto ritorno, per i versamenti mensili indennità, alla ripartizione proporzionale adottata per il primo versamento, a condizione che ciascuna Potenza si impegni ad enunciare la propria indennità definitiva prima del l o luglio prossimo. Colleghi russo, tedesco, giapponese ed io abbiamo accettato sotto riserva approvazione rispettivi Governi; gli altri hanno accettato senz'altro.

Occorre quindi stabilire quale riduzione delle nostre indennità ci convenga ora di dichiarare sulla somma che realmente avanza al R. Governo su quella liquidata ai privati, tenendo conto che ci si deve aspettare che le riduzioni che saranno ora dichiarate dalle singole Potenze non raggiungano complessivamente i noti 10 milioni di tael, e che si dovrà probabilmente subire in seguito una nuova riduzione (1).

452

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE A GERUSALEMME, CARLETTI

T. 671. Roma, 9 maggio 1902, ore 12.

Ricevuto rapporto n. 267 25 aprile (2). Approvo linea di condotta che eventualmente ella proponesi tenere ove da Santa Sede giungessero ordini Custodia non permettere che francescani siano interrogati se non con assistenza dragomanno francese.

453

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES

T. 674. Roma, 9 maggio 1902, ore 14,45.

Riassunto fatto Venezia. Addì 25 aprile circa ore undici di sera militari nave americana «Chicago» ancorata Venezia ubriachi commisero prolungati disordini piazza San Marco, rovesciando tavoli caffè, provocando cittadini. Guardie accorse invitanti americani desistere furono investite vie fatto tanto che citta

dini ed un ufficiale R. marina dovettero prestare man forte. Un capitano tre tenenti un soldato marina americana furono arrestati e deferiti autorità giudiziaria responsabili resistenza vie di fatto agenti e lesioni danno cittadini. Furono condannati uno a 4 mesi e 10 giorni reclusione gli altri quattro a tre mesi reclusione per resistenza agenti. Oltre a ciò il primo fu condannato per lesioni cittadini indennizzo notevole di proporzione nostre consuetudini, il che dimostra come tribunale dovesse constatare gravità fatti commessi. Avvertasi, inoltre, che, per opera altri militari stessa nave, avvennero giorno antecedente fatti scandalosi. Durante permanenza carcere colpevoli furono trattati coi massimi riguardi. Condotta, scorrettezza detti militari è provata, oltre procedimento, da dichiarazione fatta in presenza console al prefetto di Venezia da comandante nave che espresse nel modo più vivo dispiacere per accaduto, che sua amministrazione avrebbe essa pure severissimamente punito colpevoli. Mi consta pure in modo incontestabile che comandante nave, pur cercando di attenuare condotta ufficiale non esente biasimo, processo conforme legge e che egli non mosse appunto polizia o cittadini. 2° da lettera console americano al questore e dai suoi ringraziamenti espressi direttore carcere (l).

(l) -Il brano fra asterischi reca l'indicazione <<riservato ». (2) -Non pubblicato.
454

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A PECHINO, GALLINA

T. 677/30. Roma, 9 maggio 1902, ore 17.

Avendo comunicato telegramma n. 32 (2) alla associazione questa Le dirige seguente telegramma: «Fecesi sospendere versamento noti 300 mila taels attendendo rapporti ora soltanto pervenuti. Esaminatili associazione autorizza missione valersi subito predetta intera somma, promette appena ricevuto buono chinese procurarsi denaro per pagare ulteriore acconti missionari Shan-si, conferma proposito accontentarli quanto più presto possibile».

455

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1001/70. Addis Abeba, 9 maggio 1902 (3).

Le trattative di frontiera e le questioni ogni genere continue e non facili con Menelik in questi primi giorni del mio arrivo, non mi lasciano tempo, epperciò prego V. E. di compatirmi se trascuro altre questioni per quelle che più inte

ressano i nostri obiettivi politici. Situazione nostra continua soddisfacente. Menelik non è contrario darci Cunama, ma finora non è d'accordo con Harrington per frontiera Sudan nei termini e colle clausole che questi richiese. È prossima partenza Harrington ed io dispero vedere accordo tra questi e Menelik; d'altra parte nostro compromesso cogli inglesi definire insieme questione frontiera mi impedisce trattare nostre questioni indipendentemente da Harrington. Se Harrington parte senza concludere trattato, notificherò a V. E. d'accordo con Menelik, maniera come risolvere nostra questione, sempreché inglesi consentano. Ho potuto aggiornare questione Lugh in seguito a trattative pei Cunama; per ferrovia Gibuti, credo ristabilito «statu qua ante», perché Menelik, dietro mie insinuazioni, ha ufficialmente notificato a Lagarde non consentire alla convenzione fra società e Governo francese, avvertendo che ritirerà convenzione ad Ilg se questi non obbliga società rientrare nella forma e nello spirito di essa. Invierò copia convenzione Ilg 1896 che riducesi ad una lettera ove Menelik concedeva altipiano, la via tenendosi in pianura, per economia spese, chiedendo in compenso telegrafo Gibuti-Harrar. Menelik ha riconosciuto nostro addetto Harrar rilasciandogli exequatur, perciò Mochi partirà fra giorni. Harrington ha partecipato a Menelik che, da Gibuti, Makonnen sarà ospite inglesi, e Menelik continua assicurare che Makonnen non ha missione per Parigi.

(l) -Nonostante i fatti la polemica contro le autorità veneziane continuò a lungo oltre Atlantico e diede luogo ad una notevole corrispondenza diplomatica. (2) -Cfr. n. 439. (3) -Ritrasmesso da Asmara il 25 maggio.
456

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 1420/610. Parigi, 9 maggio 1902 (per. il 14).

La partenza del Presidente della Repubblica per la Russia è fissata alli 13 di questo mese. Il Signor Delcassé lo accompagna e la durata del viaggio sarà di circa una quindicina di giorni in massima parte occupati nella navigazione alla andata ed al ritorno. Il Signor Loubet compie un atto di cortesia doveroso restituendo la visita fatta l'autunno scorso dallo Czar alla Francia. Non si sentono, alla vigilia della sua partenza, correre voci che accennino a nuove combinazioni rlella politica comune della Francia e della Russia ed infatti sarebbe difficile lo escogitare, dopo le recenti manifestazioni relative alla estensione dell'alleanza alle questioni asiatiche ed africane, quale altra nuova intesa potrebbe stabilirsi fra le due Potenze alleate.

Scrissi troppo recentemente sovra questo tema alla E. V. perché occorra che io di nuovo l'intrattenga sovra il medesimo. Noterò soltanto che le supposizioni da me registrate circa l'estensione della alleanza franco-russa anche alle questioni estraeuropee, ebbero una conferma nel manifesto che ultimamente il Signor Delcassé ha indirizzato ai suoi elettori dell'Ariège. La stampa parigina non essendosi quasi occupata di quel documento, il medesimo passò inosservato all'estero. Sarà però cosa utile l'averlo presente perché il Signor Delcassé in esso ha tracciato egli stesso il cammino percorso dalla Francia mercé l'opera sua di ministro degli affari esteri, in termini che è bene ritenere.

« Après le Parlement, dont la confiance persistante a été pour moi un precieux soutien -tali sono i termini del manifesto -vous direz encore si, après s'ètre noblement employée à ramener la paix entre deux nations amies, après avoir pris une part active à l'affranchissement de la Crète, après avoir, par l'annexion d'immenses territoires, unifié son empire africain, dont les approches sont étroitement surveillées, après une série d'accords commerciaux qui ont contribué à faire passer en quatre ans le chiffre de ses affaires avec l'étranger de 8 milliards à 9 milliards, après avoir dans les événements de Chine, proposé aux Puissances d'abord une base d'action commune, puis une base de négociations qui ont obtenu l'adhésion unanime, après avoir, par un acte énergique, rétabli son influence séculaire en Orient, après avoir, par un échange d'explications confiantes et de procédés amicaux, renoué avec l'Italie des relations pleines de promesses pour l'avenir, après avoir resserrré avec la Russie une alliance qui s'attirme partout où l'exigent les intérets de la France et de la Russie, oui, vous direz si vous estimez que la France d'aujourd'hui a une situation moins forte, si sa parole est moins écoutée, son crédit moins solide, en un mot si elle pèse moins dans les conseils du monde qu'au printemps de 1898 ».

Un'alleanza che si afferma ovunque e che negli ultimi tempi si è palesata nella nota collettiva concernente il trattato anglo-giapponese e nella presenza simultanea di navi francesi e russe nelle acque del Marocco, non pare suscettibile di maggiore estensione. Ma si comprende che perché essa si esplichi occorre che vengano precisati gli interessi che i due alleati possono avere nelle singole questioni.

Le gazzette d'ieri recavano la allocuzione del Conte Goluchowski alle delegazioni riunite a Pest. Il Primo Ministro della Monarchia austro-ungherese ha parlato di uno sviluppo recente dato all'intesa austro-russa per gli affari della penisola balcanica. Egli avrebbe anzi accennato ad una evoluzione della politica concertata fra i due imperi senza precisarne gli intenti i quali sembrerebbero comprendere anche le previsioni che lo stato di cose esistente nelle provincie ottomane impone. Mi parve che il linguaggio del Conte Goluchowski potesse accennare ad intese relative a questioni territoriali non certamente indifferenti per gli interessi italiani e siccome la partenza del Signor Delcassé per la Russia avrà luogo prima che io abbia altra occasione d'incontrarmi con lui, profittai della visita che gli feci oggi per portare il discorso sovra la rivelazione di un nuovo accordo austro-russo relativo alla regione balcanica. Fin qui, gli dissi, ognuno riposava nella nozione che si credeva di avere di una specie di parteggio d'influenza stabilitosi fra Vienna e Pietroburgo. Ma ora ci si viene a dire che altre intese vi hanno succeduto: «badate -soggiunsi in tono scherzoso -di non !asciarvi voi stessi strascinare in un'intesa che non sarebbe in verità conforme né agli interessi, né alle tradizioni francesi nei paesi della Turchia europea». Ben mi aspettava alla replica del Signor Delcassé il quale, sullo stesso tuono mio, risposemi credere egli che noi fossimo meglio collocati per influire sovra la condotta della nostra alleata l'Austria-Ungheria. Ma poi riprendendo tosto a parlare sul serio egli mi disse che non era stato menomamente informato fin qui del recente sviluppo che l'intesa della Russia con la Austria avrebbe ricevuto. Ho insistito da parte mia alquanto sovra il minor interesse che il Ga'oinetto di Pietroburgo pare dimostrare col suo contegno a Costantinopoli e nelle capitali dei piccoli Stati alle questioni per le quali, in altri tempi, egli stava sempre in vedetta e sovra l'azione lenta ma costante del Gabinetto di Vienna che già aveva condotto a materiali, fortunate conseguenze per la espansione territoriale della Monarchia, con pregiudizio manifesto degli interessi italiani che in sostanza erano pur quelli di tutta l'Europa occidentale.

Sebbene io mi sia astenuto dal dare a questo mio colloquio col Ministro degli affari esteri francese un carattere formalmente ufficiale, stimai tuttavia che non convenisse ch'egli muovesse alla volta di Pietroburgo senza aver udito da me ciò che in Italia sarebbe considerato come contrario ad essenziali interessi nostri.

Se, come mi pare si possa sospettare, la Russia avesse fatto, o fosse inclinata a fare all'Austria-Ungheria concessioni di qualche importanza nelle eventualità che le condizioni dell'Impero ottomano lasciano prevedere, l'accessione della Francia all'intesa fra Vienna e Pietroburgo potrebbe avere conseguenze che la libertà d'azione conceduta all'Italia sulle coste della Tripolitania non compenserebbe di certo.

457

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 874/40. Washington... (per. ore 6,25 del 10 maggio 1902).

Ho fatto al Segretario di Stato proposta, oggetto del telegramma n. 637 (1). Il Signor Hay ha risposto: il progetto di stringere patti commerciali con le nazioni amiche come Italia esser uno di quelli che ha più vagheggiato; non avere abbandonato speranza realizzarlo; presidente della Confederazione essere del medesimo ordine di idee. Ma nessuno potersi far illusione: le coalizioni nel Senato contro i trattati di commercio non lasciare alcuna possibilità di ottenere maggioranza dei due terzi richiesti dalla costituzione federale. Il riprendere negoziato interrotto, l'iniziarne nuovi, sarebbe tempo perso ed opera derisoria. Cotale risposta egli era dolente darmi come l'ha data ad altri. Né riterrebbe opportuno ad alcuna delle due parti negoziare ora un trattato da essere firmato in un avvenire incerto, forse lontano, poiché circostanze, dati, convenienze, sono mutabili. Alla mia replica, che il Congresso dovrà pure venire a resipiscenza e pensare anche all'avvenire preparando nuovo sbocchi alla crescente produzione americana, il Segretario di Stato ha assentito, insistendo che fino a quando dura presente sessione legislativa, non è il caso di dar seguito nostre proposte, ma convenendo che io le ripresenti appena attuale sessione sia chiusa, in vista sessione prossima ventura (2).

(l) -Cfr. n. 437. (2) -Rispondendo 1'8 maggio a varie interrogazioni, Prinetti rifece la storia delle trattative con gli stati Uniti, che non si erano concluse a causa dell'ostilità del Senato e del Congresso americano contro i trattati di commercio in genere. A.P., Cam. Dep., cit., III, p. 1400-3.
458

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA

T. u. 679. Roma, 10 maggio 1902, ore 11.

Ringrazi Swayne e gli dica che la nostra nave da guerra sarà disponibile per Bander Cassem, non appena compiuta crociera su costa arabica, ciò che coinciderà con arrivo costà Lovatelli, il quale accorderà ogni cosa con S.V.

459

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETI'I

T. 875/38. Pechino, 10 maggio 1902, ore 12,21.

Mi riferisco telegramma di V. E. n. 30 (1). Ricordo ad ogni buon fine che i 300.000 tael in questione erano stati già sborsati alla missione quando giunse telegramma sospensivo. Vedi rapporto Romano 44 (2). Albasini testè ritornato ha riferito somma essere stata subito spesa dalla missione. Ho scritto già a questa nel senso desiderato associazione.

Non mi è mai giunto il telegramma che dovrebbe portare il n. 27 (3).

460

APPUNTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

Roma, 10 maggio 1902.

S. E. il barone Pasetti al quale io avevo avuto in questi giorni occasione di dire che al Ministero degli Esteri Italiano io non avevo trovato traccia di una comunicazione da lui fatta al mio predecessore dell'accordo Austro-Russo del 1897 è venuto a ripetermi oggi in via strettamente confidenziale questa Comunicazione.

Da essa risulta che l'accordo Austro-Russo del 1897 è un accordo verbale e consta essenzialmente dei seguenti punti:

lo I due Governi si adoperano e si adopreranno a mantenere finché sia possibile lo statu qua nella Penisola dei Balcani. 2° Qualora il mantenimento dello statu qua divenisse impossibile, i due Governi si impegnano ad addivenire ad uno scambio di idee onde procurare

di agire d'accordo di fronte agli avvenimenti che possono sorgere e per regolarne lo svolgimento. 3° È fin da ora esclusa dai due Governi qualunque aspirazione dell'uno

o dell'altro di essi a conquiste territoriali nella Penisola Balcanica. 4° Dallo scambio di idee di cui al paragrafo 2" qui sopra è esclusa Costantinopoli cogli stretti e i relativi hinterland, essendo da entrambi i Governi considerata come di competenza internazionale la soluzione di problemi

relativi, e che a questa soluzione tutte le grandi Potenze possono e debbono partecipare.

(l) -Cfr. n. 454. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 429.
461

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 796/278. Berlino, 10 maggio 1902 (per. il 13).

Le dichiarazioni del Conte Goluchowski sono state accolte con generale soddisfazione: unanime compiacimento ha specialmente sollevato l'annunzio della assicurata rinnovazione della Triplice Alleanza. Tra i varii articoli, che ho letto sull'argomento in questi principali giornali, mi pare soltanto degno di nota quello, di cui ho l'onore d'inviare, qui unito, il testo all'E. V., comparso nella Gazzetta di Colonia. (l)

Trascrivo, qui appresso, i passaggi che mi sembrano maggiormente degni di essere segnalati all'E. V.: « ... Egli è vero che da molti lati si è cercato di intralciare la rinnovazione del Trattato; assai sovente ha la stampa «chauviniste » di Francia rivelato questo suo scopo, allorquando essa ha voluto dimostrare che l'intesa itala-francese relativamente all'Africa del Nord, intesa qui accolta senza alcuna preoccupazione, salutata anzi con approvazione, segnava il punto di partenza di un allontanamento dell'Italia dalla Germania. Questi tentativi però non sono riusciti a produrre in Italia una impressione degna di nota: colà si conosce bene la connessione esistente fra i circoli chauvinisti e il Clericalismo francese e non si dimentica quale significato avrebbe per il giovane Regno la restaurazione del potere temporale del Papa, indefessamente propugnata dal Clericalismo. D'altra parte, si è udito più volte parlare di una analogia tra i Trattati di Commercio scadenti alla fine del 1903 ed il Trattato della Triplice Alleanza; anche ciò era da escludersi a priori, in quanto i Governi di tutti i tre Stati hanno bisogno del concorso dei rispettivi Parlamenti e, in mancanza di tale concorso, qualunque impegno preso dai loro Uomini di Stato al potere circa le questioni politiche-economiche, che sollevano divergenze eccessivamente violente nei partiti, è priva di effetto e di significato. Ciò stante nessuno dei tre Ministri dirigenti era in grado di dar spiegazioni impegnative: ma viceversa era altrettanto chiaro che lo scioglimento della

24 -Documenti diplomatici -Serle III -Vol. VI

Triplice Alleanza avrebbe avuto per cc~~:;eguenza non di facilitare, ma di rendere più difficile la conclusione dei nuovi Trattati di Commercio, e con ciò gli avversarii appunto della Triplice Alleanza avrebbero raggiunto lo scopo di rendere sempre più complicata la questione politico-commerciale. Ciò è tanto evidente che ci dispensa da ulteriori dimostrazioni. In conseguenza, noi non abbiamo mai dubitato un solo istante che, non appena gli Uomini di Stato dirigenti avessero posto seriamente all'ordine del giorno la questione della rinnovazione della Triplice, essi l'avrebbero risolta prontamente senza alcuna difficoltà. In tale ordine di idee le conversazioni avute dal Conte di Btilow durante le feste Pasquali con il Ministro Prinetti e col Conte Goluchowski, hanno condotto certamente a una spiegazione e a una intesa comune. Tutto ciò è ora confermato anche dalle dichiarazioni del Conte Goluchowski. Noi salutiamo con compiacenza la nuova sicura garanzia di pace, la quale non può non avere un significato apprezzabile per la futura prosperità degli Stati della Triplice e con essi per la nostra Patria».

(l) Non si pubblica.

462

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 884/11. Aden, 11 maggio 1902, ore 2,05.

Swayne ripartito Berbera, dopo avuta comunicazione telegramma di V. E. (1), cui mi ha incaricato esprimere sua viva riconoscenza. Onde guadagnar tempo prezioso, egli mi ha pure pregato sottoporre a V. E. essere molto desiderabile che nave da guerra annunziata porti seco da Massaua cinquecento fucili, possibilmente grosso calibro, con munizioni per eventuaìe assai probabile necessità rinforzare stazione Mudug di Jusuph Alì.

463

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 885/39. Pechino, 11 maggio 1902, ore 11.

Ho la convinzione che le altre Potenze, o non dichiareranno riduzioni, o le dichiareranno parzialmente, per tenere un margine per una susseguente riduzione proporzionale che divenisse necessaria. Ritengo quindi che a noi convenga fare lo stesso. Suggerisco a questo scopo di non dedurre dalla indennità dell'associazione di Firenze i 900 mila taels pagati dal Governatore dello Shan-si ai cristiani indigeni che possiamo considerare, come ha fatto la Francia, al di

fuori dell'indennità generale. In tal modo, occorrendo un secondo pagamento, esso potrebbe essere prelevato sull'indennità dovuta all'associazione nella quale dipende soltanto dal Governo di calcolare, o non, somma sopra menzionata.

(l) Cfr. n. 458.

464

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A PECHINO, GALLINA

T. 691/32. Roma, 12 maggio 1902, ore 17,45.

Rispondo suo telegramma n. 39 (1). Sta bene suo suggerimento senza naturalmente comunicarlo ora alla associazione di Firenze. Avverto però dei 900 mila taels 150 mila furono già condonati quindi alla cifra di 25.610.212,16 taels possiamo aggiungere soltanto 750 mila taels e riduzione da denunziare entro l • luglio sarà 865.790,17 taels.

465

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

T. 698. Roma, 12 maggio 1902, ore 23.

Sta bene fiducia da V. S. invocata per avvenire (2) ma assolutamente entro limiti fondi fissati per legazione Addis Abeba. Sollecito V. S. mandarmi subito, come mi aveva promesso, conti documenti arretrati, nonché almeno copie documenti giustificativi pagamenti fatti a Menelik tutti indispensabili giustificare impiego fondi davanti Parlamento.

466

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, MARTINI

T. P. 699. Roma, 12 maggio 1902, ore 23,15.

Caro Martini, Ciccodicola telegrafa di tutto fuorché di aver spedito suoi conti né almeno copie ricevute Menelik pagamenti fattigli come gli avevo ingiunto di fare appena arrivato Addis Abeba. Non ti nascondo mia viva inquietudine per questo contegno, mentre era già inesplicabile che Ciccodicola non avesse portato tutto con sé quando venne in congedo. Pregati telegrafarmi tuo avviso in proposito, tanto più imminenza discussione bilancio.

(l) -Cfr. n. 463. (2) -Cfr. n. 382.
467

IL MINISTRO RESIDENTE A CARACAS, RIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 61/212. Caracas, 12 maggio 1902 (per. l'8 giugno).

Col mio rapporto dei 7 corrente n. 58/205 (l) io avevo l'onore d'informare

V. E. che il Congresso Nazionale aveva accordati al Presidente della Repubblica poteri discrezionali, ed ora mi premuro riferire a V. E. che il Generale Castro non ha tardato a valersene ed ha emanato in data del 10 corrente il Decreto di cui accludo il testo ufficiale (l) col quale vengono sospesi in tutta la Repubblica, tutti i diritti e le garanzie sancite dalla Costituzione vigente dei «29 marzo 1901 ».

Se si riflette che la Costituzione Venezuelana specifica e determina tutti i principj ed i diritti promulgati dalla Rivoluzione Francese, i quali per formare ormai parte integrante del diritto comune e naturale, restano sottointesi anche nelle costituzioni più liberali, l'E. V. comprenderà la latitudine, e la gravità della eccezionale misura presa dal Governo del Generale Castro.

Dall'esame degli articoli della Costituzione ai quali si riferisce il Decreto dei «10 corrente» (esemplari della Costituzione dei «29 marzo 1901 », io ho avuto l'onore di trasmettere a V. E. col mio rapporto dei 15 agosto 1901 n. 118/459) l'E. V. rileverà come oramai nel Venezuela sieno soppresse tutte le libertà, tutti i diritti, distrutte tutte le garanzie, due sole rimanendo in vigore: l'abolizione della pena di morte; e l'abolizione della schiavitù -ma anche questa può considerarsi come ripristinata pel ristabilimento del reclutamento forzoso; per maggiore facilitazione unisco l'enumerazione delle garanzie sospese, fatta da un giornale della capitale (l).

I primi effetti del draconiano decreto, furono arresti numerosissimi fra i quali di eccezionale gravità, quelli dei due Presidenti del Senato, e della Camera, Generale Tosta Garcia, e Dott. S. Gonzàlez Guinàn la soppressione di alcuni giornali; reclutamenti forzosi nelle vie; e l'armamento militare di tutto il corpo di Polizia, prima provveduto soltanto di mazze -clubs.

Conviene dire però che l'impressione prodotta dal Decreto, ed il timore delle conseguenze di esso, è assai maggiore nell'elemento straniero, che nei Venezuelani, i quali sono più o meno abituati a misure di quel genere, alle prepotenze delle autorità, e pei quali, malgrado tutte le Costituzioni, non ha mai esistito la libertà personale.

Molti connazionali si sono rivolti alla R. Legazione per consiglio, e per eventuale protezione, temendosi che il Decreto del 10 corrente preluda ad un imprestito forzoso; è inutile sperare che una azione separata, ed anche collettiva del corpo diplomatico riesca a sospendere le misure promulgate, o quanto meno ad attenuarne l'applicazione, poiché si opporrà che a tutto s'impone in questo momento la salvezza della patria, minacciata dalla rivoluzione invadente; ho pregato il Dott. Fombona Palacio di andare guardingo nell'applicazione di quelle misure ai sudditi italiani, onde evitare gravi complicazioni ulteriori, ma non si può

mai garentirsi dall'ignoranza, o dallo zelo eccessivo, di qualche autorità secondaria.

Agli italiani ho assicurato che se qualcuno dei loro diritti venisse conculcato, la R. Legazione solleverebbe immediatamente energica protesta, facendo le più ampie e formali riserve per ogni qualsiasi ulteriore azione, dandone in pari tempo avviso al R. Ministero; allo stato delle cose mi pare che l'opera della R. Legazione non potrebbe andare più in là.

Per quanto il Generale Castro ostenti una grande sicurezza, tuttavia la gra·· vità stessa delle misure alle quali egli è costretto di ricorrere, è la prova migliore che egli ha la coscienza del pericolo che lo minaccia.

La rivoluzione che sembrava domata nella regione occidentale, si afferma invece di nuovo nello Stato Carabobo, e pare che l'obbiettivo sia di congiungersi nel Guarico, al sud di Caracas, colle forze rivoluzionarie dell'Oriente, e dirigersi sulla capitale; a parte gli avvenimenti militari, il paese può considerarsi in piena dissoluzione economica ed amministrativa; gli impiegati ridotti al 25% dei loro stipendi, ed ora neppure pagati di questo, disertano in massa le Amministrazioni (al Ministero degli Affari Esteri sono ridotti al Direttore, un interprete, ed un copista); i soldati fuggono a centinaia dalle caserme; la produzione agricola è paralizzata dall'impossibilità di effettuare i trasporti, il Governo o gli insorti requisizionando uomini, bestie, e generi; per la concatenazione degli interessi danneggiati, la miseria si estende anche alle classi più elevate, ed è in tutti la coscienza che perdurando questo stato di cose il paese corre alla sua definitiva rovina.

Ora in questa situazione piena di minaccia, e quando, o dal Governo, o dalla rivoluzione, persone ed averi sono esposti senza la difesa delle leggi, a soprusi, a concussioni, a pericoli di ogni sorta, non posso tacere a V. E. la sfavorevolissima impressione che qui ha prodotto l'ordine dato dal R. Ministero della Marina alla R. Nave «Calabria» di recarsi all'Avana per assistervi alla promulgazione della Repubblica, quando appunto la presenza di quella R. Nave appariva più che mai necessaria nelle acque del Venezuela, e nel momento in cui per mio ordine essa si disponeva a recarsi a Carupano, verso di cui sono oggi diretti tutti gli animi per le operazioni di guerra che colà sì succedono, con pregiudizio gravissimo di interessi privati, fra i quali sebbene non molto ragguardevoli, non sono però da escludersi anche interessi italiani.

(l) Non si pubblica.

468

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 905/12. Aden, 13 maggio 1902, ore 10,50.

Sylos tornato bene. Sta trattando con Sultano Obbia concessione saline Filek per cento anni. Dipendendo da me riuscita o insuccesso affare, prego V. E. di farmi conoscere che attitudine debbo tenere. Sylos ebbe già eguale concessione da Osman, ma non valida nella forma.

469

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S.N. Berlino, 13 maggio 1902, ore 15,05 (per. ore 15,45).

Riservatissimo per Lei solo.

Ripresa direzione ambasciata ebbi stamane colloquio con questo cancelliere: mi ha espresso sua grande soddisfazione e mi ha incaricato ringraziare caldamente V. E. per la soluzione negoziati rinnovazione triplice alleanza. Biilow si rende perfettamente conto delle ragioni che hanno fatto desiderare a V. E. rinvio firma materiale atto di rinnovazione al primo luglio, cioè dopo discussione bilancio affari esteri. Egli, mentre si dimostra lieto dichiarazioni conte Goluchowski alle delegazioni, ha piena fiducia che V. E. saprà mettere in armonia con quelle le dichiarazioni che dovrà fare a Montecitorio ed incontrerà plauso generale. Per conto suo Biilow eviterà qualsiasi dichiarazione, se non vi sarà costretto da impreviste circostanze. Biilow fece eziandio accenno viaggio S. M. il Re a Berlino, viaggio qui vivamente desiderato ed aspettato, ma su questo oggetto, mi riservò, a suo tempo, ulteriori comunicazioni.

470

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 903/40. Pechino, 13 maggio 1902, ore 15,30.

In riunione odierna abbiamo discusso condizioni da esigere dal Governo cinese per restituzione di Tientsin elaborate dal Governo provvisorio. Accordo tra i ministri fu completo. Invierò per corriere testo dei ventotto articoli, troppo lunghi per essere telegrafati anche in succinto. Condizioni sono specialmente garanzie di ordine militare.

471

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 981/156. Budapest, 13 maggio 1902 (per. il 16).

Ieri ebbero principio le sedute delle commissioni del bilancio degli Affari Esteri, della delegazione Ungherese. La prima approvò, senza discussione, i bilanci delle finanze comuni e della suprema corte comune dei conti, mentre nella seconda, secondo il procedimento d'uso, fu dichiarata come nota l'esposizione politica fatta dal Conte Goluchowski, in seno alla commissione del bilancio Austriaco; dopodiché ebbe principio la discussione.

Il relatore dr. Max Falk riassunse il contenuto della detta esposizione politica proponendo che la delegazione Ungherese approvasse la politica estera del Governo, encomiando caldamente l'azione altrettanto abile quanto decorosa ed efficace del conte Goluchowski. Rilevò tuttavia aver destato meraviglia nei circoli politici il passo in cui questi dichiarò non esservi dubbio che anche in Pietroburgo domina un serio intendimento di eseguire scrupolosamente l'accordo con l'Austria circa i Balcani. Chiese in conseguenza se esistano motivi concreti che lo abbiano costretto a tale dichiarazione. Lo interrogò poi circa i dannosi effetti che la nuova legge industriale rumena può produrre per gli ebrei austriaci ed ungheresi residenti in Rumania.

Il conte Goluchowki rispose: «Circa le nostre relazioni colla Russia, debbo di nuovo rammentare che non si tratta qui di un accordo scritto, ma di. un reciproco scambio di vedute, il quale ebbe lo scopo di addurre possibilmeni;e in ogni singolo caso l'accordo fra le due potenze. Io sono assolutamente alieno, come già l'osservai nella mia esposizione, dal nutrire dubbi circa la leale volontà della Russia di adempiere puntualmente tale patto; vi sono però in Oriente delle correnti secondarie d'ogni sorta ed io ho voluto soltanto accennare che la seria volontà del Governo russo di mantenere esattamente gli accordi non basta, ma bisogna mettere in opera anche i mezzi necessari per opporsi a queste correnti contrarie».

Circa gli ebrei in Rumania osservò che si tratta di ex protett~ austro ungarici, ai quali nel 1888 fu tolta la protezione perché non aveano adempiuto agli obblighi militari. Ma la Rumania non li riconobbe come suoi cittadini, cosicché ora è difficile definire a che nazionalità appartengono. In ogni caso l'Austria Ungheria non ha il diritto d'ingerirsi in questo affare interno e deve limitarsi a prevenire le conseguenze dannose a cui potrebbe dar luogo un'immigrazione in massa di tali ebrei; all'uopo il Governo imperiale e reale ha già preso le necessarie disposizioni.

Parlarono poi ancora cinque oratori. Il delegato Hollò sollevò ancora la questione del viaggio dell'Arciduca Francesco Ferdinando a Londra e dichiarò poi che l'accenno agli accordi economici fra l'Austria e l'Ungheria era fuori di posto nell'esposizione sulla politica estera. Il delegato Pap difese i sentimenti costituzionali dell'Arciduca e disse che il conte Goluchowski era competente a manifestare il voto di un accordo economico doganale fra le due parti della Monarchia, avuto riguardo all'influenza di esso sui rapporti internazionali. A questo modo di vedere si associarono anche i delegati conte Eugenio Zichy e Hodossy. Questo ultimo prese atto con soddisfazione della notizia che la triplice sta per essere rinnovata «poiché >>, egli osservò, «sebbene oggi il valore di questa alleanza appaia minore che al momento in cui fu conchiusa, possono però sempre sopraggiungere eventualità nella quali essa abbia per noi gran valore; del resto il valore di essa è dimostrato dal fatto che la Germania e l'Italia la ritengono giovevole ai loro interessi, altrimenti non la rinnoverebbero».

La discussione venne quindi interrotta e sarà continuata mercoledì prossimo.

472

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S.N. Roma, 14 maggio 1902, ore 20.

Riservatissimo per lei solo.

Ricevetti ieri telegramma riservatissimo di V. E. (1). Presentandosi occasione Ella può dire a Biilow che quanto dirò nella discussione del mio bilancio coinciderà esattamente con quanto disse Goluchowski. Riguardo poi viaggio a Berlino, aspetterò per parlarne a Sua Maestà il Re le ulteriori comunicazioni che

V. E. si riserva di mandarmi.

473

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, MARTINI

T. 715. Roma, 14 maggio 1902, ore 24.

Secondo dispaccio 5 corrente (2), nave da guerra codesta stazione dovrà, dopo crociera con «Scorpion », essere distaccata Aden a disposizione R. console. D'accordo con Ministero Guerra, prego disporre che su quella nave siano imbarcati 500 moschetti wetterly da truppe speciali a ripetizione con corrispondenti munizioni a pallottola e a mitraglia.

474

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA

T. 716. Roma, 15 maggio 1902, ore 0,15.

Ho disposto nave da guerra che verrà costà sua disposizione imbarchi ogni buon fine, 500 fucili e relative munizioni. Quanto a consegna detti fucili ad ascari Jusuf Ali trattandosi cosa molto delicata e pericolosa per nostri possedimenti lascio giudicarne comandante Lovatelli a condizione che Ella abbia avuto parere favorevole Dulio che prego interrogare. Informi Lovatelli.

(l) -Cfr. n. 462. (2) -Non pubblicato.
475

L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, WEDEL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

L. Roma, 15 maggio 1902.

En réponse à la lettre que V. E. a bien voulu m'adresser le 3 de ce mois (1), j'ai l'honneur de L'informer au nom du Gouvernement Impérial, que ce dernier a pris acte des déclarations de V. E. et qu'il est, pour sa part, également prét à renouveler le traité d'alliance du 6 mai 1891 sans aucune modification ni addition et que, pour tenir compte des désirs du Gouvernement Royal Italien, il consent que la signature de l'acte forme! de renouvellement soit différée jusqu'au l'" juillet prochain comme dernière date.

476

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 923/14. Aden, 16 maggio 1902, ore 21.

Stipulata concessione Sultano Obbia a favore Sylos con clausola esplicita, in conformità istruzioni V. E. Spedisco uno degli originali. Con atto tratterò a tempo opportuno mancando ora mezzi comunicazione.

477

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1047/71. Addis Abeba, 16 maggio 1902 (2).

Ieri sera Menelik ha in mia presenza firmato trattato frontiera Sudan Etiopia e con me ed Harrington sottoscritta convenzione per modificazione nostra frontiera in modo che tribù Cunama Adiabà. sarà delimitata sul terreno da delegati; essa pertanto è fissata da due punti ben definiti, vedi foglio Mai Darò, Carta dimostrativa 1900 Istituto Geografico Militare Scala 1/400.000, cioè, corso del Mareb ad est, Montala Tacura e Mai Ambessa col Mareb. Credo che anche Governo inglese rimarrà soddisfatto, perché dopo quattro anni ha potuto finalmente, col nostro concorso, finire questione frontiera Sudan. Harrington è incaricato portare costì nostra convenzione. Invierò rapporto.

(l) -Cfr. n. 441, allegato II. (2) -Ritrasmesso da Asmara il lo giugno.
478

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, MARTIN!, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 939/27. Asmara, 17 maggio 1902, ore 9,35.

Jeri fu occupata Raheita. Ufficiale comandante distaccamento lesse decreto pubblicamente presente Sultano, notabili. Nessuna protesta, nessun incidente. Sultano mostrossi soltanto spiacente istituzione posto dogane; dispiacere di cui facile intendere ragione.

479

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 945/35. Londra, 17 maggio 1902, ore 11,35.

Ministro affari esteri mi informa che le forze britanniche sono pronte ad avanzare contro il Mullah tosto che saranno raggiunte dall'ufficiale italiano. Prego V. E. di volermi far conoscere giorno arrivo Lovatelli in Aden.

480

L'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A ROMA, PASETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

L. s Roma, 17 maggio 1902.

Je me suis empressé de présenter à mon Gouvernement la note que V. E. a bien voulu m'adresser le 3 du courant (l) pour m'annoncer qu'ayant pris les ordres de Sa Majesté le Roi, V. E. est en mesure de déclarer que le traité d'alliance du 6 Mai 1891 arrivant à échéance le 17 Mai de l'année prochaine et les trois Gouvernements alliés ayant entrepris en vue du renouvellement de cet acte un échange d'idées qui a abouti à un accord complet sur tous les points qui formaient l'objet de leur examen, le Gouvernement de Sa Majesté le Roi est prét, pour ce qui le concerne, à renouveler le traité du 6 Mai 1891 dans son texte actuel, sans aucune modification ni addition.

En méme temps V. E. a bien voulu m'informer que le Gouvernement du Roi propose aux Gouvernements alliés le l'" Juillet prochain comme terme pour la signature du nouveau traité.

Ayant porté ce qui précède à la connaissance de Sa Majesté l'Empereur et Roi Mon Auguste Maitre, M. le Comte Golouchowski m'autorise à faire part à

V. E. que le Gouvernement Impérial et Royal prend acte de la déclaration contenue dans la note précitée et que, pour sa part, il est également prèt à renouveler le traité d'alliance en question et à procéder à la signature du nouveau traité au terme proposé par le Gouvernement Royal Italien.

En acceptant la date du 1•r Juillet prochain le Gouvernement Impérial et Royal aime à croire que le Gouvernement du Roi se prètera volontiers à ce que la signature du nouveau traité ait lieu à une date plus rapprochée si les circonstances le permettaient.

(l) Cfr. n. 441, allegato II.

481

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

L. P.R. Roma, 19 maggio 1902.

Rispondo con qualche ritardo, avendo dovuto assentarmi per due o tre giorni, alla di Lei gentilissima 9 corrente a me particolarmente diretta, nonché al di Lei rapporto riservatissimo 7 corrente (l).

Innanzi tutto mi preme rettificare un punto di quest'ultimo che mi pare non completamente esatto. V. E., alludendo in esso al colloquio da me avuto nello scorso giugno col Signor Barrère, che ne aveva a sua volta informato il suo Governo con telegramma del 28 stesso mese, nonché alle piccole rettifiche che lo susseguirono, dice che queste rettifiche non le feci fare per mezzo di V. E., ma sibbene le feci io direttamente col Signor Barrère.

La verità mi sembra esser che per maggior precauzione esse furono fatte da me col Signor Barrère ma anche da V. E. col Signor Delcassé; e V. E. me ne rendeva minutamente conto con sua lettera particolare del 17 luglio (2). Da questa lettera, come dal mio secondo colloquio col Signor Barrère, del quale io informai V. E. con mio dispaccio del 29 luglio (3), è risultato che la versione da me trasmessa a V. E. colla mia lettera del Luglio era riconosciuta esatta tanto dal Signor Barrère quanto dal Signor Delcassé.

È quindi in base alle dichiarazioni contenute in quella lettera, che conviene regolarsi, perché, come ho telegrafato a V. E. nessun'altra dichiarazione ebbi a fare al Signor Barrère, col quale mi limitai, nelle conversazioni avute, a riportarmi sempre a quanto nella scorsa estate gli avevo detto.

È appunto perciò che fui impressionato dal rapporto di V. E. del 23 aprile (4); inquantoché la frase del Signor Delcassé, che cioè egli contava sulla promessa che ne saranno eliminate le obbligazioni militari dirette contro la Francia, poteva prestarsi ad una interpretazione, che andava oltre la portata delle mie

(-4) Cfr. n. 411.

dichiarazioni ed è perciò che io ripetutamente telegrafai a V. E. onde essere meglio fissato su questo punto.

V. E. mi risponde col rapporto riservatissimo 7 corrente, esponendomi che Ella, fino agli ultimi tempi riteneva, che in Francia si credesse alla esistenza di patti speciali segreti tra Italia e Germania (oltre il trattato della Triplice) con carattere aggressivo verso Francia; ma che recentemente è pervenuta all'orecchio di V. E. la voce, che il Signor Barrère avrebbe fatto credere al suo Governo, che nella rinnovazione il trattato della Triplice Alleanza verrebbe ridotto ad un patto di reciproca neutralità. In sostanza V. E. non si sente però, a quanto mi sembra, in grado di dirmi quale di queste due interpretazioni sia da applicare alla frase del signor Delcassé. Io comprendo perfettamente d'altra parte come sia ditficile ora il ritornare sulla questione per chiedere al Signor Delcassé stesso la chiave delle parole, che il 23 Aprile egli Le diceva, aggiungendo ad esse l'invito di portarle a mia conoscenza. Eppure sarebbe stato importantissimo di non avere alcun dubbio in proposito, perché mentre, prevalendo la prima interpretazione io sarei in grado di dare al Signor Delcassé la risposta la più rassicurante; prevalendo, invece, la seconda, io avrei dovuto con molta franchezza togliergli ogni illusione intorno a questa notizia, che, del resto, non so proprio con quale fondamento, il Signor Barrère avrebbe potuto trasmettergli.

A dir vero, però, mi sembra proprio poco verosimile che il Signor Barrère abbia potuto cullare il suo Governo in una simile illusione, perché parecchi mesi or sono egli mi parlò infatti di questa sua idea, che la Triplice potesse essere ridotta ad un semplice trattato di neutralità, ma la mia risposta fu cortesemente ma schiettamente tale da fargli comprendere che non intendeva affatti mettere su questa via i negoziati, allora non ancora intrapresi, pel rinnovamento dell'alleanza.

Comunque sia, però, mancandomi il valore preciso delle parole profferite dal Signor Delcassé il 23 aprile, sono nella impossibilità di dare ad esse una risposta formale; ciò che tanto più mi duole, in quanto che, come V. E. mi scrive nel rapporto del 7 maggio, il Signor Delcassé le aveva detto di portare le sue parole a mia conoscenza, evidentemente in attesa di una risposta.

Cercherò piuttosto io quindi, appena mi si presenti l'occasione, di dare una risposta indiretta conversando col Signor Barrère, e che valga a rassicurare il Governo francese, ma contenuta nei limiti che mi sono imposti dalla verità delle cose e dal vincolo del segreto, e se, come spero, la cosa mi riuscirà, non mancherò d'informarne V. E.

In quanto poi riguarda le preoccupazioni che V. E. mi manifesta riguardo ai Balcani, in seguito dell'accordo austro-russo, mi preme rassicurare completamente e in modo affatto confidenziale V. E.

Innanzi tutto Ella avrà visto come le susseguenti dichiarazioni fatte dal Conte Goluchowski innanzi alla Delegazione Ungherese abbiano di molto ridotto la portata di quell'accordo, quale poteva forse apparire dalle prime dichiarazioni fatte dal Ministro austro-ungarico innanzi alla Delegazione Austriaca, dove gli Slavi sono quasi in maggioranza. Si tratta, come V. E. ha potuto vedere, di un accordo verbale e molto ma molto succinto; di esso fu data comunicazione formale al Governo del Re, e nulla esso contiene che sia contrario né alle stipulazioni relative ai Balcani contenute nella Triplice Alleanza, né alle intese speciali precise ormai esistenti tra l'Italia e l'Austria-Ungheria sia riguardo all'Albania, sia riguardo alla Macedonia.

Mi sono affrettato a trasmettere queste notizie riservatissime a V. E. sia onde rassicurarla intorno alle preoccupazioni che Ella mi manifesta col suo dispaccio del 9 corrente, sia anche onde Ella possa trarne norma per la di Lei attitudine, ben inteso senza nulla lasciar trapelare di quanto oggi Le scrivo.

Concludendo questa mia lunga lettera, oggi ciò che deve essere il nostro obiettivo è che il rinnovamento, ormai deciso, della Triplice Alleanza non turbi i buoni rapporti fra Italia e Francia; ed io spero che potremo riuscirvi, perché la Triplice Alleanza nulla contiene di aggressivo verso la Francia sorella che ne minacci la tranquillità e la sicurezza, e non esistono, se pure hanno esistito, quelle convenzioni o protocolli militari aggiuntivi di cui si preoccupa una parte della opinione pubblica francese; tanto che io sono in grado di dire alla Camera, se mi verrà chiesto, che ne ignoro l'esistenza.

In questo senso suoneranno le dichiarazioni che farò alla Camera nella imminente discussione del Bilancio degli Esteri; in questo senso regolerò le mie eventuali conversazioni col Signor Barrère; in questo senso, infine, quando sarà il momento, darò a V. E. le opportune istruzioni onde regolare le sue parole col Signor Delcassé.

D'altra parte tutta la tendenza generale dell'Europa estremamente pacifica non può non influire sulla natura delle alleanze tutte e non può anche non produrre una impressione rassicurante e calmante sulla pubblica opinione di tutti i paesi, la Francia compresa. L'attitudine molto calma finora della stampa francese è di buon augurio ed io quindi, tutto considerato, ho piena fiducia che raggiungeremo il nostro intento.

(l) -Cfr. n. 446. (2) -Cfr. Serie III, vol. V, n. 616. (3) -Cfr. Serie III, vol. V, n. 659.
482

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BIANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 1722/227. Trieste, 19 maggio 1902 (per. il 23).

Da circa due settimane è ospite nostro Gabriele D'annunzio qui venuto ad assistere alla rappresentazione di alcune fra le più note composizioni drammatiche interpretate da Eleonora Duse.

Non è mio compito riferire sui successi ottenuti dal poeta sulle maggiori scene Triestine, credo invece di dover informare V. E., delle straordinarie festose accoglienze fattegli da questa cittadinanza ed in ispecial modo da quella delle città Istriane che il D'Annunzio ha visitato in compagnia di numerosi amici ed ammiratori.

Nei discorsi e nei brindisi pronunziati in quella circostanza non poteva mancare la nota patriottica espressione di quel sentimento d'italianità che si mantiene vivissimo fra queste popolazioni, malgrado gli ostacoli d'ogni maniera che si frappongono alla sua manifestazione, ma brindisi e discorsi, a quanto mi si assicura, avrebbero serbata la giusta misura, né dato pretesto ad osservazioni da parte di queste autorità gelosissime sempre, e timorose di tutto ciò che anche lontanamente può accennare ad aspirazioni irredentiste.

Pare però che qualche frase inneggiante alla strenua difesa dell'antica civiltà latina patrimonio glorioso di questi paesi, contro l'irrompere il dilagare di elementi meno civili, abbia ferito la suscettibilità della popolazione o meglio del partito slavo il quale nei suoi organi attacca violentemente lo straniero che ha osato insultare i più saldi sostenitori delle istituzioni.

Quest'oggi doveva aver luogo la da tempo annunziata conferenza del Poeta su Verdi, a benefizio del monumento che Trieste decretò a quella gloria musicale italiana; ma all'ultimo momento questa Direzione di Polizia pretese di esercitare una censura preventiva alla quale pretesa il D'Annunzio non stimò decoroso piegarsi.

È possibile che questi rigori della Polizia siano in relazione cogli attacchi surriferiti della stampa slava.

Aggiungerò ancora che invitato molto gentilmente dal Signor Mayer direttore del Piccolo a prendere parte alla gita in Istria della quale egli è stato il munifico organizzatore, ho dovuto scusarmi perché tuttora convalescente di non lieve indisposizione.

483

IL PREFETTO DI VENEZIA, CASSIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 970. Venezia, 20 maggio 1902, ore 22,45.

Scià di Persia partito 9,30 ossequiato autorità. Espressemi nuovamente alta soddisfazione per accoglienza, per disposizioni prese per servizio P.S. Mi inviò 300 lire pei poveri.

484

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 971/18. Aden, 21 maggio 190, ore 9.

Lovatelli arrivato avanti ieri sera: ripartito ieri Berbera con nave da guerra inglese. Ha approvato intervento armato Jusuf e consegna a questo anche di 500 fucili, con garanzia restituzione, se è possibile. Per Dulio, Lovatelli crede che, vista urgenza, si potrà dopo comunicargli decisione presa. Lovatelli non ebbe tempo trattare in modo definitivo con Jusuf, lasciando a me incombenza. Ho parlato con Jusuf oggi stesso lungamente; egli è disposto a adempiere mandato, ma non accettare restituzione fucili, adoperati in guerra, con sacrificio sua

gente, e chiede paga ascari in ragione 55 rupie mensili per ogni ascaro. Non avendo esso mezzi forse poco ridurrà questa pretesa. Prego V. E. impartirmi istruzioni.

485

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1101/73. Addis Abeba, 22 maggio 1902 (1).

Harrington partito via Harrar 17 corrente imbarcarsi Gibuti con Maconen sopra nave da guerra inglese che li trasporterà Aden e con Peninsulare andranno Marsiglia. Ancora Lagarde ha fatto istanza Menelik perché ras Maconen possa fermarsi un giorno Parigi. Menelik ha nuovamente avvisato ras Maconen che non gli dà lettere, né missione per Parigi: egli è padrone fermarsi dove vuole per conto suo, ma non vede oggi opportuna visita Francia, causa divergenze per ferrovia Gibuti. Ilg partito anche il 17, è probabile che ras Maconen andrà a vederlo a Zurigo.

486

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 855/305. Berlino, 22 maggio 1902 (per. il 25).

Rispondendo ieri ad un indirizzo presentatogli dalle Autorità di AlsaziaLorena, in ringraziamento per l'abolizione decretata delle note misure dittatoriali, S. M. l'Imperatore e Re ha pronunziato poche parole, le quali onorano altamente l'Augusto e Illuminato Sovrano, e sono destinate a produrre, senza dubbio alcuno, grande graditissima impressione sia nell'Impero sia all'Estero. Le dichiarazioni esplicite dell'Imperatore non hanno bisogno di commenti: mi limito, quindi, a trascriverne, qui appresso la traduzione:

«Miei Signori! Vi do oggi con gioia il benvenuto presso di me. L'abolizione delle misure dittatoriali è stata da lungo tempo desiderata dalle popolazioni del «Reichsland ». Ad un tale desiderio che io trovai quando salii al trono, non mi fu possibile dare subito soddisfazione fino dal primo anno del mio Governo, per due motivi: l o perché io dovevo innanzi tutto guadagnarmi l'amore e la fedeltà dei miei sudditi. nonché la fiducia dei miei Colleghi, i Principi confederati; 2" perché il mio ingresso al Governo sollevò all'estero un sentimento profondo, per quanto infondato, di sfiducia, in quanto si prevedeva generalmente che io avrei corso dietro allori dei successi guerreschi. Ciò stante, era mio

compito di persuadere l'estero che il novello Imperatore Germanico al pari dell'Impero erano decisi a dedicare tutta la loro forza al mantenimento della pace. A mandare in atto un tale compito occorreva un lungo spazio di tempo.

Oggi il popolo Germanico sa quale via io sono deciso a battere per il suo bene. I suoi Principi fedelmente mi assistono col consiglio e. con l'azione. L'Estero, lungi dal ravvisare in noi una minaccia per la pace, si è abituato a calcolarci quale uno dei più solidi baluardi di quella pace. Oggi che l'Impero è consolidato all'interno e rispettato e considerato da pertutto all'Estero, io ho giudicato, al principio del secolo ventesimo, essere venuto il momento in cui io sono in grado di dare alle popolazioni dell'Alsazia-Lorena questa prova della mia imperiale benevolenza e fiducia. Questa decisione mi è riuscita tanto più facile a prendere, in quanto nel corso del mio Regno le relazioni tra me e gli Alsaziani-Lorenesi sono divenute sempre più intime e l'accoglienza, da parte di queste Popolazioni, è stata sempre più calorosa.

Abbiatevi, miei Signori, ancora una volta i miei più vivi ringraziamenti per il contegno fedele dell' Alsazia-Lorena, sul quale io faccio pieno e incondizionato affidamento. Possa l'augurio col quale voi avete chiuso il vostro indirizzo verificarsi con l'aiuto di Dio. Tale è la mia ferma speranza».

(l) Ritrasmesso da Asmara il 9 giugno.

487

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1104/74. Addis Abeba, 23 maggio 1902 (1).

Menelik deciso costruire strada rotabile tra Adis Abeba e Adis Alen, lunghezza approssimativa 40 kilometri, larghezza 6 metri, spesa non inferiore 100,000 lire. Regina Taitù mi si raccomanda continuare mantenere Menelik su tale determinazione e concorrerà a parte della spesa. Menelik chiede nostri operai. Ho consigliato esser meglio rimttersi a intraprenditore di modeste pretese, che potrebbe fare offerta, dopo studi sul luogo; provvedendo poi a squadre operai scelti per abilità, condotta, carattere. Non fu questo il vero ed il più lusinghiero risultato della nostra opera di civiltà in Etiopia, e confesso sentirmi orgoglioso aver spinto Menelik su tale determinazione. Per ora, più che a lucro intraprenditore onesto, amante interesse nostri operai, dovrebbe con fede e coscienza intraprendere opera, certo che questa prima strada in Etiopia sarà sicuro inizio di più importanti lavori che, accrescendo gloria al nostro paese, apriranno la via ai nostri operai e contadini, giustificando tutti i sacrifici finora sopportati dalla patria nostra per questa terra africana. Menelik attende risposta di V. E. e arrivo, possibilmente sollecito, persona da V. E. designata per intrapresa lavoro.

Prinetti rispose con t. 869 dell'll giugno autorizzando Martin! a concordare con Ciccodicola l'invio di un imprenditore.

(l) Rltrasmesso aa Martin! 11 10 giugno con la seguente aggmnta: << Trattandosi di lavoro poco importante, credo più faclle trovare qui che in Italia intraprenditore; ma, per farne notifica, attendo conoscere istruzioni di V. E.».

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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 991/45. Washington, ... (per. ore 8 del 24 maggio 1902).

Nella discussione di un progetto di legge di iniziativa parlamentare, tendente limitazione della immigrazione la Camera ha approvato, con 86 contro 7, emendamento in virtù del quale sarebbero sottoposti ad esame di lettura gli immigranti di più di 15 anni e, se soccombenti, sarebbero respinti. Autore dell'emendamento ha dichiarato apertamente come esso era diretto a favorire immigrazione dal nord dell'Europa e ad ostacolare quella dal sud. Una legge simile incontrò in addietro il veto del presidente Cleveland. I patrocinatori sperano che il Senato approverà ed il presidente attuale non opporrà veto.

489

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 1546/648. Parigi, 24 maggio 1902 (per. il 31).

Il presidente Loubet ha compiuto ieri il suo soggiorno alla Corte di Russia. Il suo viaggio, benché avesse il carattere di una semplice restituzione di visita, non pare tuttavia aver avuto minor importanza dei precedenti incontri fra i due Capi di Stato, se pur di essa vuolsi cercare la misura nei brindisi anche questa volta scambiati nei tre banchetti che sembrano divenuti rituali per siffatte solennità internazionali.

Premetto l'osservazione che l'opinione pubblica francese, distratta da altre diverse e gravi cure, non manifestò il consueto entusiasmo per la nuova e rumorosa affermazione della duplice alleanza, né ha data una speciale attenzione alle parole che, pronunciate al palazzo di Tsarkoie-Sélo, al campo di Krasnoié-Sélo ed a bordo del «Montcalm » in rada di Cronstadt, con l'abituale loro crescendo formano la simmetria perfetta con i brindisi scambiati nei precedenti incontri.

Eppure, come già altre volte, è dal confronto del linguaggio dello Czar con quello tenuto dal presidente della Repubblica che emergono elementi di utile osservazione.

I brindisi del primo giorno furono qui generalmente giudicati come insignificanti. Al benvenuto dell'Imperatore, nel quale è fatto cenno dei sentimenti che uniscono la Francia e la Russia, il Signor Loubet rispose con frase poco felice, poiché nelle poche prime ore del ricevimento ufficiale egli non poté imparare che i cuori della Russia e della Francia battono all'unisono; ma con l'evidente intenzione di sviluppare il pensiero dell'imperiale anfitrione attribuendo uno speciale carattere di popolarità all'alleanza dei due paesi. L'Imperatore nulla aggiunse di nuovo chiamando la Francia amica ed alleata. Il Presidente rinvigorì la nota dicendo la Russia amica sincera ed alleata fedele. L'ultima visita dello Czar in Francia, con lo spiccato carattere militare che

S. M. Imperiale aveale voluto dare, aveva forse attribuito alla duplice alleanza

25 -Documenti diplomatici -Serle III -Vol. VI

il valore di una semplice combinazione politica di Gabinetto. In tal caso, fin dal primo brindisi scambiato nell'incontro attuale, apparirebbe la reciproca cura di correggere siffatta impressione. La stampa periodica russa pare aver avuto il compito di mettere particolarmente in evidenza le festose accoglienze della popolazione al Presidente della Repubblica ed ai soldati repubblicani, senza badare troppo davvicino che, se queste prendevano proporzioni insolite, il significato loro avrebbe potuto estendersi per lo meno altrettanto alla duplice alleanza che alle idee liberali che l'uno e gli altri erano ben indicati per rappresentare agli occhi delle agitate moltitudini dell'impero moscovita.

Il secondo brindisi fu pronunciato al campo dopo la visita delle truppe. Le simpatie reciproche degli eserciti russo e francese sono qualificate dallo Czar come una vera fraternità di armi e S. M. Imperiale vede con soddisfazione la forza imponente che essa rappresenta perché «elle n'est point destinée à appuyer des visées agressives, mais bien au contraire, à alllrmer le maintien de la paix générale et à sauvegarder le respect des principes élevés qui assurent le bien-étre et favorisent le progrès des nations ». La parola dell'Imperatore non è stata in questa occasione meno enigmatica di quando Egli, dopo la rivista di Betheny, nel settembre 1901, si compiaceva della forza della Francia come di un appoggio potente dei principii di equità sovra i quali riposano l'ordine generale, la pace ed il ben essere delle nazioni. Se il recente verbo imperiale è l'eco di quello tenuto, or sono otto mesi, l'enigma d'allora sussiste anche presentemente. L'esercito francese, aveva detto a Vitry-le-Fort il Presidente Loubet, si prepara per essere pronto al primo appello del paese. A Krasnoié-Sélo la parola presidenziale si fa più vibrata ed il suo pensiero apparisce in modo più preciso. « Cette force importante, -egli dice -n'est une menace pour personne; mais il est permis à la Russie et à la France d'y voir, en méme temps qu'une garantie pour l'exercice de leurs droits, un abri sous lequel elles peuvent en toute tranquillité poursuivre le labeur fécond qui, les rendant plus prospères, augmentera leur puissance et leur légitime influence ».

Chi potrà dire che le idee dei due alleati sovra questo punto sostanziale sono in unisono perfetto?

Le parole adoperate dallo Czar in Settembre ed ora si prestano evidentemente ad interpretazioni diverse; ma se le più recenti spiegano le più antiche, pare impossibile non riconoscere nel pensiero imperiale l'affermazione che, nello stato presente, sul quale poggia la pace generale, i principi elevati de' quali il rispetto deve essere assicurato, non ricevono offesa sicché ne deriva che toutes les visées agressives restano escluse. Nessuna analoga deduzione sembrami possibile analizzando il concetto espresso dal Signor Loubet sia tenendo conto delle sole parole da lui recentemente pronunziate, sia volendo allacciare le medesime con quelle da lui adoperate a Vitry-le-Fort. Nell'affermazione francese la forza che la duplice alleanza rappresenta ha una missione sensibilmente diversa di quella che lo Czar le assegna.

I brindisi del commiato sarebbero i meno importanti se in quello col quale il Presidente della Repubblica saluta lo Czar a bordo del «Montcalm » non si trovasse un significativo accenno alla cooperazione delle forze marittime della Francia e della Russia in Estremo Oriente e nel Mediterraneo. L'Imperatore Nicola nulla replicò a quest'allusione ed il suo brindisi non avrebbe

avuto importanza alcuna se in esso Egli non avesse qualificato la Francia

di amica fedele e di alleata invariabile della Russia. Volle egli forse dire con

ciò che ovunque la Russia si trovasse impegnata, la lPrancia la seguirà invaria

bilmente? L'affermazione potrebbe avere per il passato un valore storico, ma

per l'avvenire essa annuncerebbe tutt'al più il concetto unilaterale che le

parole esprimono e mi pare difficile il vedervi un impegno bilaterale.

Anche questa volta l'incontro dei Capi delle due Nazioni alleate non

pare abbia servito a meglio armonizzare i propositi e le viste dell'alleanza. Ma

dal linguaggio del Presidente della Repubblica rimane assodato che questa

indubitabilmente si estende al presente anche alle questioni del Mediter

raneo. La Francia, abbandonando una tradizione della sua politica, aprendo

il varco alla Russia verso l'Occidente europeo, avrebbe agito con la leggerezza di

chi non conosce il valore delle proprie concessioni; oppure, malgrado le sobrie

ed enigmatiche espressioni dello Czar, si sarebbe essa assicurata l'equivalente

di ciò che concede?

Quest'interrogazione rimane per il momento senza risposta. Gioverà tuttavia

tenerla presente nel giudizio che degli eventi che si svolgeranno, converrà

fare più tardi.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. R. 1004. Berlino, 25 maggio 1902, ore 15.

Stampa tedesca saluta in massima ultimo discorso di V. E. (l) come gradito complemento dichiarazione di Goluchowski. BUlow, col quale mi intrattenni

«La triplice alleanza, quale essa è, quale essa sarà, completamente, unicamente pacifica

e difensiva, continuerà sempre più ad essere per l'avvenire, come fu per lunghi anni, il più

robusto baluardo per la causa della pace.

Io sono fermamente convinto, o signori, che gli apostoli della pace fra le genti, gli uomini valorosi che vanno con zelo infaticabile pronunciando ovunque questa alta parola, sarebbero ben presto l primi a condannare l'opera mia, quando lo, non rinnovando la triplice alleanza, avessi spezzato un cosi efficace !strumento di equilibrio e di pace, di cui oggi è mio debito, nella posizione in cui mi trovo, di sapere apprezzare quale difesa esso sia, per la tranquillità dell'Europa.

Ma è stato detto che il rinnovamento della triplice alleanza avrà per effetto di raffreddare nuovamente le buone relazioni nostre con la F'rancia, cosi felicemente ristabilite. Già il conte BUlow, già 11 conte Goluchowscki hanno affermato, nel modo il più formale, come affermai io stesso lo scorso anno, che la triplice alleanza, per la sua struttura, per l'obbiettivo sinceramente e unicamente pacifico che essa si propone, non impedisce a nessuno dei suoi contraenti di addivenire ad accordi con le Potenze che ad essa non appartengano; e il fatto ha in modo luminoso dimostrato la verità di questo asserto.

Ma a me preme affermare oggi qualche cosa di più. La triplice alleanza, non contenendo nulla di aggressivo, né direttamente, né indirettamente, verso la Francia, nulla che ne minacci la tranquillità e la sicurezza, non può costituire in modo alcuno un ostacolo alla conservazione e allo svolgimento delle relazioni cordiali verso la sorella latina, di cui siamo e vogliamo restare amici. Come ebbi già occasione di dichiarare alla Camera, quando la Francia e l'Italia hanno preso in esame le questioni, che, nel Mediterraneo, apparivano essere fra loro cagione di dissenso, esse furono condotte a certificare che l loro reciproci interessi potevano facilmente conciliarsi; importa adunque evitare che malintesi od equivoci possano nuovamente turbare le loro buone relazioni.

E poiché venne affermata la esistenza fra alcune delle potenze centrali di convenzioni o protocolll aggiuntivi alla triplice alleanza i quali ne modificherebbero il carattere pacifico, anzi avrebbero carattere aggressivo verso la Francia, a me preme oggi solennemente dichiarare che non esiste nessuna convenzione e nessun protocollo di tal natura». In A.P., Cam. Dep. cit., III,

p. 2036 e s. (Commenti favorevoli ne La Tribuna, 23 maggio, La Perseveranza, 25 maggio. Contro L'Avanti!, 25 maggio).

ierisera, apprezzò molto correttezza colla quale V. E. trattò le varie questioni e notò con speciale compiacenza le parole relative all'Inghilterra, potenza con la quale è nostro supremo interesse andare d'accordo nel Mediterraneo. Rilevando quanto V. E. disse all'indirizzo della Francia, Btilow, cui pure stanno a cuore nostre relazioni con nazione vicina, osservò essere, però, sempre necessario, da parte nostra, grande prudenza non essendo ancora escluso avvenimento al potere di un Ministero francese meno favorevole alla Italia dell'attuale, il quale, del resto, neppure esso dimostrò molti riguardi per noi nel recente conflitto pei luoghi santi. Nel prevenire Biilow che io sarei stato lieto di poter riferire a V. E. le cose da lui dettemi, credetti opportuno fargli altresì osservare che la discussione Triplice Alleanza dinanzi alla nostra Camera dei Deputati non è mai proceduta così liscia come questa volta. Di ciò Btilow convenne meco pienamente. Alla fine del colloquio Btilow ritornò a parlarmi del viaggio di Sua Maestà a Berlino dimostrando vlvissima soddisfazione sua per il fatto dell'essere tale delicata questione entrata oramai nella sua fase concreta e risolutiva.

(l) Il 23 maggio, alla Camera dei Deputati, in sede di discussione del bilancio del ministero degli Esteri, l'on. Prinetti aveva detto tra l'altro:

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IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1083/177. Budapest, 25 maggio 1902 (per. il 29).

La delegazione Ungherese prosegui ieri in seduta plenaria la discussione del bilancio degli Affari Esteri. Presero la parola i deputati d'opposizione Rakovsky e Okolicsanyi, attaccando la triplice alleanza, poi alcuni altri delegati che si manifestarono in senso favorevole alla medesima, occupandosi però specialmente della solita questione della parte fatta all'Ungheria nella rappresentanza diplomatica della Monarchia, parte che gli Ungheresi, come è noto, ritengono insufficiente.

Prese allora la parola il Ministro-Presidente Signor de Széll, confutando gli attacchi mossi in queste due ultime sedute plenarie dall'opposizione alla politica estera del Governo comune. Credo utile riprodurre qui in appresso per intero la parte principale del suo discorso, che concerne la triplice alleanza:

«Io avrei forse soltanto preso parte a questa discussione con poche parole, se non fossero venute in discorso un paio di questioni che non posso lasciar passare inosservate, tanto più che si è fatto ripetutamente il mio nome. Anzitutto sono indotto a prendere la parola perché il deputato Hollò in particolar modo ha messo in dubbio che la triplice sia nell'interesse dell'Ungheria ed abbia qui quelle salde radici che -secondo me con ragione -le si attribuiscono. Io opino che la politica seguita dal Ministro degli Esteri, cioè la politica della triplice, che mantiene e cura anche i buoni rapporti con le altre potenze, che, da oramai ventitrè anni, è decisamente la politica fondamentale di questa Monarchia e che fu successivamente approvata da una lunga serie di delegazioni e di legislature Ungheresi, corrisponde ai grandi interessi di sicurezza, di difesa e di politica del paese. È mia convinzione e convinzione della preponderante, immensa maggioranza del paese che questa politica corrisponde pienamente agli interessi della Monarchia e specialmente dell'Ungheria.

Il deputato Hollò s'inganna, a mio avviso, rappresentando il sorgere di questa politica come se fosse stata a poco a poco suggerita alla pubblica opinione, mentre talvolta si era perfino messa in dubbio l'esistenza di questa alleanza. Secondo me, ciò, anche se fosse vero, non potrebbe provar nulla; debbo però spiegare che la cosa non sta precisamente così. Queste alleanze, e specialmnte la prima, la duplice, erano note nei loro scopi e motivi, allorquando sorsero, quantunque non se ne conoscesse il testo contrattuale, anzi esse sono entrate nella pubblica coscienza del paese e la pubblica opinione ha trovato che si accordano con gli interessi del paese, il quale, anche in tempi difficili, si è pronunciato favorevolmente a questa politica. Si è pronunciato in tal senso anche quando si trattava di scegliere fra due correnti e non era punto facile né in Austria né qui il proclamare una politica procedente d'accordo colla Germania, e l'amicizia colla Germania stessa. Il paese si è dichiarato favorevole a questa politica, quando, nel 1870-71 gli elementi competenti della pubblica opinione, ad eccezione di una piccolissima frazione, si pronunciarono ad unanimità per la politica della solidarietà e dell'accordo colla Germania. E quando nel 1879, il nostro grande, indimenticabile uomo di Stato, conte Giulio Andrassy diede corpo a questa politica, mettendola, in unione con Bismarck, su basi positive, quando egli annodò più saldamente questi legami, ognuno nel paese ebbe l'impressione che l'idea fondamentale di questa politica cementa la sicurezza della Monarchia, e quindi quella dell'Ungheria. Che poi alcuno immagini il contenuto, l'indirizzo interno e le singole condizioni di questa politica, essere determinati in maggiori o minori proporzioni, cò non altera per nulla l'essenza della cosa. (Approvazioni).

E quando questa duplice divenne una triplice alleanza, tutti se ne rallegrarono. Può darsi che alcuni singoli avversari della triplice sarebbero più soddisfatti se anche oggi vi fosse solo una duplice, e forse, di fronte a questa duplice, essi non sentirebbero quelle preoccupazioni che oggidì mettono avanti; questo non voglio esaminarlo. Io però sono formalmente convinto e ritengo inoppugnabile che la duplice. nel trasformarsi in triplice non ha perduto nulla per l'Ungheria e per la Monarchia, né riguardo ai suoi scopi, né al suo valore, né alla sua essenza. Non è esatto che l'alleanza fosse stata fondata per mantenere lo status quo del 1871. Essa fu fondata affinché la Monarchia (e in essa l'Ungheria) e la Germania, in quei tempi incerti e malsicuri in cui l'Europa era stata addotta dal risultato finale dei grandi avvenimenti del 1870-71, trovassero quella reciproca difesa politica -ed accentuo la parola reciproca quell'appoggio e quella base politica, che ogni paese ed ogni Stato deve cercare, nell'interesse della sua sicurezza, e che gli trova in prima linea in una simile, poderosa alleanza di carattere difensivo.

E nessuno venga ora a dire che l'interesse non è reciproco e che l'alleanza non riposa sui reciproci interessi. Nessuna alleanza può essere basata altrimenti che sulla reciprocità. II Signor delegato Rakovsky non aveva quindi ragione quando disse testé che si tratta d'interessi unilaterali e che la reciprocità non esiste. Quando il cancelliere dell'Impero, conte Biilow, si è espresso nel suo memorabile discorso dell'8 gennaio, nel modo in cui si è espresso, con ciò non intese, né poteva intendere di dir altro, se non che il reciproco valore di questo trattato si è abbassato e la necessità reciproca del trattato stesso è diminuita. Ma anche se noi pigliamo le parole alla lettera, -e non erano forse a ciò intese -e se io ammetto avere il conte Btilow, detto che l'alleanza oggi non è forse tanto necessaria come lo era prima, anche in tal caso non vedo in che cosa questa dichiarazione altererebbe il valore e il peso di questa alleanza.

Per ogni organizzazione nell'umana vita, e anche per le alleanze e per le singole costellazioni politiche, vi sono tempi in cui la loro necessità viene più in evidenza, e tempi in cui esse sono meno necessarie che non lo fossero in altre circostanze. Se si presenta il casus joederis, o viene il tempo dell'ultima ratio, allora l'alleanza è certamente ancora più necessaria, ma non si può per questo dire che essa sia inutile perché non si sono verificati né il casus joederis né l'ultima ratio. È quindi necessario, (anzi il valore, l'efficacia e lo scopo della alleanza stanno appunto in questo), impedire che si verifichi il casus joederis,

o venga il tempo dell'ultima ratio. (Vivi applausi ed approvazioni). Così io interpreto le parole del conte Btilow.

E se il Signor delegato non ha ragione su questo punto, io posso di fronte a qualunque altro affermare -e non credo che il conte BUlow sarebbe di altra opinione -che questo trattato è altrettanto importante per la Germania come per la Monarchia Austro-Ungarica; che esso altrettanto serve alla Germania come argine protettore contro eventuali avvenimenti che stanno celati in seno ai tempi, ed è sperabile di là non vengano alla luce, come è necessario per noi, che nel medesimo ravvisiamo un rafforzamento della nostra posizione di grande potenza ed una garanzia della nostra sicurezza. (Approvazioni).

E se la triplice, che voi tanto abbassate nel suo valore, non avesse altro risultato che quello che ha, non cioè quello di cui ha parlato il delegato Rakovsky, ma bensì quello di mantenere la pace, poiché essa ha avuto effettivamente l'effetto che, da quanto esiste, la pace non fu turbata, se non avesse altro risultato che quello di aver fatto buona prova nei 23 anni dacché sussiste, in ogni difficile circostanza, e di aver contribuito a dissipare le nubi che si accumularono più di una volta, per esempio alla fine del decennio del 1880, se non avesse altro risultato che quello che oggidì nessuno in Europa, -nemmeno nella duplice -considera gli scopi delle costellazioni politiche altrimenti che come garanzie di pace, questo solo basta perché si consideri tale alleanza, non soltanto esternamente, ma anche nella sua essenza, come un vincolo dell'Europa centrale che garantisce la pace, che assicura la difesa e la sicurezza della Monarchia, altrettanto come la difesa e la sicurezza degli alleati.

E se voi dite che la triplice oggi è già superflua, poiché il conte Goluchowsky -ed è questo il suo merito -or fanno cinque anni ha conchiuso i cosidetti accordi di Pietroburgo, io non posso in alcun modo comprendervi. È un'assai preziosa particolarità di questa alleanza il permettere, anzi l'avere per conseguenza, che noi intratteniamo con le altre grandi potenze, e specialmente con la Russia, un'intima relazione.

Quanto meno un'alleanza impone dei limiti, quanto meno è esclusiva, tanto maggiore è il suo valore. Il valore della nostra alleanza sta anche in ciò, che ci permette di curare a nostro talento gli altri interessi non coperti dall'alleanza stessa. Anche gli accordi russi hanno natura ed intendimenti pacifici, anch'essi sono salutari dal punto di vista della nostra sicurezza. Perché? perché essi sono pegno che appunto nel nostro prossimo vicinato, e alla nostra frontiera la condizione di parità e lo status quo non verranno turbati da inabili influenze, ed ingerenze, che non sono proprie di quel posto, o che se forse lo sono, sono illegittime, che ognuno rispetterà i diritti degli altri, e metterà i suoi per quanto è possibile, d'accordo col punto di vista del mantenimento della pace. Questo è lo scopo, questo è il valore del trattato.

Ma questo trattato rende esso superflua un'alleanza più ampia e che per il suo contenuto, pei suoi scopi, per la sua efficacia e per il suo vero senso vada più lungi? No! La Russia si è alleata con la Francia, quantunque sia d'accordo con noi per gli affari balcanici; possiamo noi dunque fare a meno di un'altra alleanza perché in queste questioni, con utilità e vantaggio di ambo le parti e della tranquillità d'Oriente si sono stipulati gli accordi del 1897? Poiché abbiamo questi dobbiamo privarci degli altri? Anzi vado più in là; questo accordo completa quel grande concetto cui la triplice in sé racchiude -così si deve considerare la questione, -cioè il mantenere per quanto è possibile la pace, di garantire che in questa parte d'Europa non sorgano imprevedutamente complicazioni, e di addivenire ad un'intesa -come avviene dal 1897 in poi -circa quello che deve avvenire nei Balcani.

A mio avviso questa intesa è soltanto un complemento di quell'alleanza e la questione che i signori delegati hanno basato su questa intesa è fuori di posto. Quando si sono dunque conclusi questi accordi tanto preziosi e da noi salutati con tanto giubilo e tanta considerazione quando il conte Goluchowski ce ne diede partecipazione?

Prima della triplice o durante la triplice? Si può con ragione fare il quesito se sulla conclusione di questi accordi, considerati ed equiparati i reciproci interessi, non abbia esercitato influenza decisiva anche quel vincolo d'alleanza che rappresenta la pietra angolare della nostra politica, della quale gli scopi sono cosi leali, aperti e decisi e che tanto è atta a garantire la pace d'Europa. Io credo che la cosa sta cosi: gli accordi del 1897 non toccano né la necessità, né la natura, né gli scopi dell'alleanza e non rendono questa priva di scopo.

L'altro argomento che si suole addurre contro la triplice è che essa ci obbliga a stare in armi e a sopportare gravi pesi militari. Questo appunto è secondo me assolutamente ingiusto e fuor di luogo. Non per amore della triplice dobbiamo stare in armi, ma per amore di noi stessi, e perché tutta l'Europa sta in armi. Non in conseguenza e per amore dell'alleanza dobbiamo armare, ma perché, malgrado la sussistenza di questa alleanza, non è ancora venuta e, a quanto sembra, non verrà ancora per lungo tempo l'epoca del disarmo generale. Noi armiamo dunque nell'interesse della nostra propria sicurezza.

Con ciò non sta in contraddizione il fatto che, come si è detto, nella triplice noi pesiamo tanto quanto il nostro peso lo comporta. Ciò è perfettamente naturale. Se, come ho detto, per l'alleata ha più valore l'avere un forte compagno, non ne consegue che io ritenga l'aumento dei nostri mezzi di difesa necessario affinché l'alleanza meglio piaccia agli alleati. Ciò non va tanto in là, ma vuoi dire che ogni Stato deve essere forte, perché la garanzia della sua sicurezza riposa nella sua propria forza. Mediante questa propria forza che noi apportiamo nell'alleanza noi diventiamo pregievoli per gli alleati appunto come ha più valore per noi l'avere un più forte alleato. Il fatto però che se abbiamo aumentato di forza abbiamo più valore che se entriamo deboli nell'alleanza non vuoi dire che noi dobbiamo essere più forti per amore dell'alleanza, dobbiamo esserlo nell'interesse della Monarchia, dei nostri propri scopi di Stato e della nostra sicurezza».

Delegato Holl6 = «Si tratta di garantire l'integrità territoriale del 1871! »

De Széll = «Non si tratta di questo, ma di fare in modo che anche nel triste caso in cui l'integrità territoriale dell'uno o dell'altro alleato dovesse essere intaccata, l'alleanza mantenga il suo posto, e stenda su di noi le sue ali protettrici.

Credono forse i signori delegati che ciò che essi raccomandano come un surrogato completamente equivalente alla triplice alleanza -poiché essi non propongono un'altra alleanza politica -cioè la politica delle mani libere addurrebbe a una diminuzione degli armamenti e delle spese di difesa? Ora siamo uniti in tre, ma nel caso che ci separassimo, dovremmo forse per arrivare a un peso così decisivo nel concerto europeo, curarci meno di quello che avverrebbe nel caso estremo se si dovesse ricorrere alla potenza difensiva della Monarchia? Io temo assai che la politica della mano libera, dell'isolamento non sarebbe affatto così «splendida» come l'immaginano i Signori delegati, e come fu a suo tempo la celebre « splendid isolation » inglese. (Applausi a destra).

Può alcuno credere seriamente che in caso di una separazione dovremmo far meno sacrifici per assicurare gli interessi della difesa della Monarchia? Nessuno, del resto, trova soddisfacenti le attuali circostanze, che impongono all'Europa questo stato armato. Nessuno in tutta Europa, chiedetelo ai Francesi, ai Tedeschi, ai Russi, è di questo avviso. Questo si capisce. Chiedetelo alle ottime, grandi personalità dell'armata che vi si trovano nel loro elemento, chi di loro dirà che questa concorrenza debba proseguirsi sino alla ruina degli Stati? Nessuno lo dirà, ma nessuno vuoi cominciare. La situazione è oggi tale che ognuno dice: gli altri dovrebbero cominciare. In questo continuo reciproco incitamento, in questo scaricarsi dell'iniziativa, nessuno vuoi fare ciò che, secondo i Signori delegati, si potrebbe fare tanto facilmente. Secondo loro il disarmo verrà da sé se noi scioglieremo la nostra alleanza, ci ritireremo in casa nostra e, come fa lo struzzo, chiuderemo gli occhi, dicendo: qualunque cosa succeda intorno a noi, anzitutto ci rimetteremo in vigore, e poi, quando avremo preso fiato, parleremo ulteriormente delle faccende.

Ma se allora alcuno verrà contro di noi e vorrà prenderei la provincia di SiebenbUrgen, il Tirolo o la Galizia, od anche se nessuno vuoi prenderei alcunché, ma sopravvengono complicazioni che possono avere simili conseguenze, si avrà forse allora riguardo al fatto che noi vogliamo prima rimetterei, concentrare le forze e poi regolare i nostri propri affari? Si aspetterà forse fino a quando noi potremmo metterei di fronte ai nostri avversari? Una simile politica metterebbe in non cale le esigenze più elementari della sicurezza e sarebbe assai rischiosa ed ingiusta.

Questo è il vero quadro della situazione (approvazione), se uscendo dai confini delle frasi e della critica alla leggera ci portiamo sul campo dei fatti positivi annodati a responsabilità, e miriamo la realtà. Dobbiamo provvedere a noi stessi e ciò possiamo fare più facilmente nella triplice, tutti e tre insieme che se fossimo soli. (Approvazioni). Deploro quelle dichiarazioni che a noi è indifferente la situazione di grande potenza, che essa è un fantasma, e non sta su solida base. Io non la penso così. I nostri grandi interessi politici nazionali, l'interesse della sussistenza della Monarchia, impongono oggi che noi esistiamo come forte, grande potenza. Altrimenti non possiamo difendere questi interessi.

I Signori delegati domandano -e questo è il terzo gruppo delle loro argomentazioni -quale vantaggio la Monarchia e questo paese traggono da questa triplice alleanza, poiché noi siamo economicamente oppressi e alla triplice abbiamo in linea economica tutto sacrificato. Di passaggio osserverò al Signor Delegato Rakovsky che la clausola dei vini italiana, che economicamente ebbe senza dubbio assai dannose conseguenze, non è sorta affatto per vedute politiche e allo scopo di mantenere la triplice. La sua storia è ben diversa e non vi è luogo di menzionarla qui. Su questo terreno c'incontreremo altrove e di questa questione riparleremo ancora più d'una volta. Allora svolgeremo rispettivamente le nostre vedute. Dunque, chieggono i signori, che vantaggi si hanno dalla triplice? Ora: est distinguendum. Oggidì nessuno conchiude un'alleanza politica allo scopo di garantire interessi economici. Ma d'altronde io sono d'avviso che un ottimo rapporto di alleanza non può coesistere con una guerra economica con rapporti economici non regolati. (Viva approvazione).

Malgrado questo, né i Tedeschi, né gli Italiani, né la Monarchia AustroUngarica, né gli Austriaci o gli Ungheresi, ciascuno separatamente, malgrado il vincolo d'alleanza e gli interessi politici, non possono rinunciare alla tutela dei loro interessi economici. La questione è ora in che modo potremo soddisfare a questi interessi. Io spero che in qualche modo potremo appianarli. Se noi stiamo in un reciproco intimo rapporto politico, a mio avviso potremo farlo più facilmente, che se fossimo politicamente separati. Io spero che alla fine c'intenderemo colla Germania, e ci sforzeremo di soddisfare e appianare ambo gli interessi in via di trattato; quantunque siano stati introdotti così grandi aumenti nella tariffa tedesca, verrà fatto, è sperabile, di regolare in modo soddisfacente, mediante un aperto, chiaro e preciso accordo, la questione del traffico del bestiame poiché l'attuale situazione è troppo gravosa e insostenibile.

Io domando: se noi sciogliessimo l'alleanza politica e ci isolassimo non resterebbero gli interessi economici altrettanto eminenti per noi, come per la Germania e per l'Italia? Essi rimarrebbero nella loro intera portata. E non si verificherebbe in tal caso più facilmente quella collisione di cui parlano i signori delegati? Certamente, poiché essa sarebbe provocata dalla situazione che creeremmo, mettendo al posto dell'amicizia, l'allontanamento, al posto dell'alleanza, l'isolamento.

I signori dicono che è giusta solo un'alleanza che possa essere giustificata anche economicamente. Non è dunque la pace il più alto interesse materiale? Io credo che su tutta la linea nessun altro grande interesse possa essere paragonato a questo. Se dunque quest'alleanza è riuscita a mantenere i benefici della pace e se essa ha tanta forza d'attrazione da essersi infiltrata nella situazione europea e averla plasmata, in modo che oggidì nessuno in Europa parla di altra significazione di questa alleanza, non è questo il più grande successo in pari tempo politico ed economico? Quest'alleanza dunque, ci protegge contro le disastrose conseguenze della guerra, minaccianti nella loro esistenza paesi e stati». (Approvazioni).

Dopoché il Ministro-Presidente ebbe svolto altri punti di minor momento, prese la parola il capo di sezione Merey, rispondendo, a nome del conte Goluchowski, quanto segue ai singoli punti di un'interpellanza del delegato Rakowsky qui pure in appresso specificati:

l) È fondata nel vero la notizia dei giornali che fra il conte Btilow e il Ministro Prinetti furono presi a Venezia accordi definitivi circa la Triplice?

«Il ministro degli Esteri non è in grado di manifestarsi su questa questione, perché si tratta di un incontro e di un colloquio fra i Ministri degli Esteri di due paesi a noi amici ma stranieri, sicché il Signor Ministro è d'avviso che non corrisponderebbe agli usi internazionali il manifestarsi a questo riguardo».

2) È vero che fra le condizioni fu pure convenuto il mantenimento invariato dell'attuale trattato di commercio italiano e specialmente della clausola dei vini?

« Questa notizia non è vera, né può esserlo perché l'essenza e il contenuto dei trattati di commercio non viene determinata dal Ministro degli Esteri e nemmeno dal Governo comune, ma dai Governi dei due Stati (Austria e Ungheria) ».

3) II Signor Ministro è disposto a comunicare il testo della Triplice? 4) In caso negativo perché motivo egli non pubblica questo trattato conchiuso nell'interesse della pace? «Il Ministro non può pubblicar lo perché esiste fra i tre Governi alleati l'accordo di non comunicarlo». 5) Sono fondate nel vero le dicerie di trattative in corso fra la nostra Monarchia e l'Italia per un'eventuale occupazione dell'Albania o per una eventuale delimitazione delle sfere d'interessi? «Anche queste notizie non corrispondono al vero. Fra l'Austria-Ungheria e l'Italia non è questione dell'occupazione dell'Albania, né della delimitazione delle sfere d'interessi. Esiste però circa un punto un accordo fra l'AustriaUngheria e l'Italia, ma questo punto concerne il mantenimento dello statu~ qua, colà» (1).

492

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1007/29. Pera, 26 maggio 1902, ore 20,30.

Ministro affari esteri m'informa che, in seguito decisione presa d'accordo con Gran Visir, saranno impartiti al Governatore e direttore dogana Bengasi ordini procedere alla riapertura degli antichi scali.

(l) La delegazione ungherese approvò il bilancio degli Esteri il 30 maggio.

493

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. CONFIDENZIALE 26031/303. Roma, 27 maggio 1902.

Mi reco a pregio trasmettere alla S. V., con preghiera di restituzione per corriere, l'accluso rapporto del R. Vice Console a Durazzo circa la propaganda austriaca in Albania.

Ricevetti frequentemente rapporti consimili, ma non ho attribuito ad essi grande importanza poiché come V. E. ha avuto occasione più volte di informarmi nelle conversazioni avute insieme non credetti di prestare molta fede alle voci che attribuiscono all'Austria-Ungheria disegni sull'Albania, che sarebbero altresì in opposizione agli accordi vigenti. D'altronde la forma piuttosto vaga delle affermazioni contenute in quei rapporti rendeva possibile di attribuirne il contenuto alla immaginazione sovreccitata da zelo eccessivo.

Ma questo rapporto, che mando a V. E., contiene una enunciazione così tassativa di nomi, di fatti e di particolari che mi ha colpito e che sembrami tale da dover richiamare l'attenzione dell'E. V.

V. E. voglia esaminarlo e comunicarmi poi la impressione che ne ricava; come pure se V. E. potrà appurare la esattezza dei fatti addotti, ben inteso con la dovuta riserva per non motivare una diffidenza che sarebbe prima inopportuna, sarà una ottima cosa.

ALLEGATO.

MACCHIORO A LEONI

Durazzo, 13 maggio 1902.

Ho l'onore di riferire alla S. V. Illustrissima che l'opera iniziata dal governo Austriaco ad Elbassan, segnatamente a mezzo del prete uniate Papa Ghermanos, si fa di giorno in giorno più ardita e più palese.

Ho prove non dubbie che i tre personaggi più notabili di quella località, e cioè Dervisc Bey, Achif Bey ed Ismail Pacha, si sono messi ai servigi dell'Austria e da questa ricevono uno stipendio mensile.

Quanto a Dervisc Bey sopratutto, i suoi legami coll'Austria sono ormai a notizia di tutti. Egli è cognato di quel Murad Bey che anni fa fu mandato in esiglio a Konich, per sospetti che gravavano su di lui d'aver intrattenuto relazioni segrete col Console austriaco. Ora anche Dervisc s'è messo sulla stessa strada e riceve uno stipendio di 200 franchi mensili da questo I. e R. Consolato, che glieli fa tenere a mezzo di Papa Ghermanos.

Recentemente poi il Parroco di Durazzo, il noto Don Nicola, s'è recato per incarico del Consolato Austriaco, ad Elbassan e vi è stato ricevuto con la più grande deferenza da Dervisc Bey. Don Nicola gli recava alcuni fucili Mauser, una lettera dell'I. e R. Console d'Austria-Ungheria e -dono altamente significativo -una carta da visita di S. E. il Conte Goluchowski, Ministro degli Affari Esteri dell'Impero.

Una ventina di giorni fa poi la mia attenzione fu destata da un individuo, sedicente tedesco e sedicente globe-trotter, che era giunto a Durazzo ed aveva preso dimora in un albergo della città. Egli aveva dato in nota all'albergo il nome di Karl Karger e diceva d'essere nativo di Konigsberga, nella Prussia Orientale. Io invece so da persona, la quale ha visto per mero caso il passaporto di Karger, che il suo è un passaporto austriaco, sicché s'egli è veramente, come dice, nativo di Konigsberga, deve trattarsi della Konigsberga che si trova in Boemia. Quanto alla professione di globe-trotter essa è smentita dal fatto che questo individuo non si stacca mai da Durazzo e che egli vi si trova tuttavia.

In pochi giorni Karl Karger, che conosce molte lingue ed il turco a perfezione, è divenuto l'intimo di tutti. va dal Mutessarif, entra in tutte le amministrazioni, conversa con ufficiali e soldati. Sta tentando di diventar persino l'amico del mio cavass, che, debitamente prevenuto, l'ha fatto in là.

Dice il Console austriaco: è una spia turca; state in guardia. E così credono tutti, vedendo che nè il prudente Console, nè i suoi amici s'intrattengono mai con l'individuo sospetto. Ma io ho voluto andar in fondo alla cosa ed ho pagato una persona perché pedinasse notte e giorno il Karger e mi riferisse i suoi atti. E così ho saputo che, alle ore piccine, da mezzanotte in giù, egli se ne va immancabilmente all'I. e R. Consolato.

Dieci giorni fa sbarca a Durazzo un altro tipo del genere: un giovane alto, biondo, slanciato. Si fa passare per agente di commercio, ma nessuno ha mai capito di che articolo, nessuno l'ha mai visto con un campione in mano nessun commerciante ha mai ricevuto una sua visita. Costui passa gran parte della sua vita all'albergo, in una stanza contigua a quella di Karger, e non ne esce che per qualche breve passeggiata.

Ho raddoppiato la posta al mio uomo, che con un pretesto o con l'altro, ha trovato modo di passar buona parte della giornata nei pressi dell'albergo. Ed ho saputo ciò che gli altri finora non sanno (perché l'albergatore, Giorgio Caraggia, non parla essendo anche lui un beneficato della liberalità austriaca) che cioè Karger conduce, naturalmente con tutte le cautele, una grande quantità di persone a visitar il nuovo arrivato e che queste persone rivestono tutte dei gradi nell'esercito ottomano, e segnatamente nella Redi/ (milizia di riserva).

Ecco un breve elenco di coloro che si sono creduti in dovere di far atto di omaggio a quest'ospite sconosciuto:

Ali Effendi -Colas (capitano) della Redif;

Abdullah Effendi -Tabor-Kiatib (Capitano-Commissario) della Redif;

Haireddin Effendi -Isbascié (tenente) della Redif;

Ali Effendi -Miilasim (Sottotenente);

Imer Effendi -Miilasim (Sottotenente).

Quanto al Bimbasciè -il personaggio più grosso della Redif -egli non ha creduto forse della sua dignità di recarsi all'albergo, ma sono invece i due ospiti che si sono recati da lui.

Aggiungo che il mio uomo ha veramente visto come dopo ciascuna di queste visite, il Karger si mettesse al tavolino e scrivesse sotto dettatura dell'altro, che certamente voleva fermare sulla carta il risultato della sua inchiesta.

Dopo ciò non mi resta il minimo dubbio che lo sconosciuto sia un ufficiale dell'esercito austriaco, venuto a compilare una monografia sulle condizioni militari delle guarnigioni turche in Albania, e l'altro, il Karger, il suo abilissimo accolito, il cui compito principale era di preparare il terreno (infatti è venuto prima) e di prestar l'opera sua là dove l'altro non avrebbe potuto esporsi senza dare nell'occhio.

Condotta in questo modo l'impresa, essa non può raggiungere lo scopo prefissosi e se i due degni compagni continuano a studiare l'organizzazione politico-militare dell'Albania con lo stesso sistema che hanno impiegato a Durazzo, fra breve l'Austria avrà notizie ed informazioni più dettagliate e più sicure su questo paese che non ne abbia la Sublime Porta stessa.

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Che poi una cosa simile riesca, non deve recar meraviglia. Questi ufficiali sarebbero forse anche capaci, in tempo di guerra, d'un atto di eroismo. In pace essi non sentono che la miseria in cui si trovano, poiché il Governo ottomano non li paga, e si stimano troppo felici di trovar chi voglia comperarli.

Ma, si dirà, e come mai voi siete riuscito a scoprire ciò che l'autorità locale, così diffidente, non ha scoperto? Rispondo subito, ciò che, del resto, ho detto più volte nei miei Rapporti, che l'Austria spende qui moltissimo, molto di più che nessuno immagini in Italia. Si metta accanto ad un Consolato che dispone di somme ingenti per fondi segreti un branco di funzionari ottomani, alti e bassi, tutti mal pagati o piuttosto non pagati affatto, e si avrà appunto lo spettacolo che offre ora Durazzo, dove non v'è, si può dire, ufficio pubblico in cui l'influenza austriaca non si faccia sentire.

Non è già che l'autorità locale non s'accorga di quanto si va complottando, ma piuttosto ch'essa è pagata per far mostra di nulla e che la corruzione austriaca si estende dagli uffici di polizia a quelli dell'esercito, dalle Dogane alle Poste, dalla Capitaneria del Porto alle più alte cariche del Palazzo di Governo.

Il Mutasserif, che è da poco a Durazzo e mi sembra migliore di quasi tutti gli altri funzionari ottomani da me conosciuti, non è certo della partita. Ma subito vicino a lui troviamo Kiasim Bey, che è il primo segretario del Governatorato e del quale tutti sanno che è pagato.

Nessuno poi lo sa meglio di me, che in occasione dell'incidente avvenuto l'anno scorso fra Tewfik Pascià e l'Ammiraglio Resasco, mi stupivo come mai, giorno per giorno, il Consolato Austriaco fosse minutamente informato del contenuto delle note scambiate fra me ed il Governatore. E solo dopo seppi che, giorno per giorno, Kiasim Bey aveva l'abitudine d'informare il Dragomanno del Consolato Austriaco di ciò ch'era avvenuto nella giornata.

Che poi dal Consolato Austriaco sieno pagati i principali impiegati della Polizia, è anche fuori di dubbio.

È perciò che di quanto io ho saputo ora, non ho tenuto parola a nessuno, tanto più che il Mutasserif si trova per adesso assente. Al suo ritorno potrò trovar il modo, se i due individui sospetti saranno ancora qui, di fargli pervenire all'orecchio (per mezzo, s'intende, di terze persone e senza scoprir per nulla la mia persona) la notizia di ciò che sta succedendo, ma temo forte che anche lui, se pur animato dalla miglior volontà, non potrà far nulla di buono, non foss'altro perchè la Polizia, a cui forzatamente dovrà rivolgersi, negherà risolutamente la cosa.

494

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. P. Roma, 27 maggio 1902.

Singolarmente gradito mi riesce il benevolo giudizio che Ella mi scrive sul mio discorso, sapendo quanto valore esso tragga dall'autorità dell'uomo che lo pronuncia.

In complesso parmi anche che nell'Italia ed all'estero l'impressione sia stata abbastanza favorevole; ed è un grande inestimabile vantaggio che ormai si possa dire, avere il rinnovamento della Triplice Alleanza avuto anche l'avviso favorevole del Parlamento.

Io credo che il modo come questa volta il rinnovamento avviene gioverà a rendere anche più solida tutta la politica internazionale del nostro paese, per cui si può dire che la buona stella continua a proteggere l'Italia.

Augurando che così abbia a continuare...

P. S. A mezzo di Pasetti il Conte Goluchowski mi ha fatto dire molte cose gentili a proposito del mio discorso, e Lanza me le ha telegrafate a nome del Conte Biilow.

495

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

L. P. Pietroburgo, 27 maggio 1902.

L'altro giorno io ti scriveva come avendo avuto l'occasione di avvicinare

S. M. l'Imperatrice al teatro di Gala ne avessi riportato il convincimento che il suo stato di gravidanza fosse assai più avanzato di quanto si dicesse nel pubblico. Ed ora la cosa mi fu confermata da persona che ritengo assai bene informata.

Risulterebbe a questa persona che l'Imperatore parlando col Gran Duca Vladimiro, Comandante Supremo delle truppe della circoscrizione di Pietroburga, a proposito delle manovre che devono aver luogo nel corrente del mese di Agosto (Russo) avrebbe detto che il parto dell'Imperatrice dovrebbe aver luogo non dopo il 21/8 Agosto: da ciò ne tirava conseguenze circa alla sua possibilità di intervenire a tutte o a parte delle manovre al Campo vicino a Pietroburgo e alle altre di Koursk.

Quest'ultima informazione, sia per l'attendibilità della persona che me la diede. sia perché va pienamente d'accordo con quanto mi disse a Roma

S. M. la Regina, deve essere quella che più si accosta al vero.

A renderla tale si aggiunge il fatto che alla partenza del Signor Loubet l'Imperatrice non poté recarsi coll'Imperatore e l'Imperatrice Madre alla colazione da lui offerta a bordo del Montcalm.

Stando così le cose a me pare francamente che la visita per quest'anno diventi assai difficile a combinare, partendo sempre dal principio, per me indiscutibile, della convenienza che la visita sia fatta alla Capitale o nel dintorni di essa e non in Crimea.

Le Loro Maestà non potrebbero di certo lasciare l'Italia che verso i primi di Agosto, cioè dopo il tristissimo anniversario del 29 Luglio. In quel torno di tempo, come già ti scrissi, l'Imperatore di Germania recandosi per tre giorni alle Manovre Navali della flotta Russa, le visite ai due Imperatori dei nostri Sovrani dovrebbe essere rimandate a dopo 1'11 Agosto 1 29 Luglio cioè a prossimità tale della data del 21/8 Agosto, indicata dall'Imperatore Nicola come probabile pel parto dell'Imperatrice, da rendere la visita in Russia assolutamente impossibile a quell'epoca.

Questo ho creduto doverti dire in tutta coscienza. Non parlo nemmeno della eventualità che la visita potesse farsi nel mese di luglio, perché ormai si sarebbe in ritardo per avviare le pratiche relative.

Nulla qui di nuovo o degno di nota.

496

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1015/44. Pechino, 28 maggio 1902, ore 3,25.

Ho fatto subito, in seguito disordini Honan, (che mi furono noti prima arrivo Di Giovanni e sui quali questi non mi parlò in modo speciale) passi di massima presso Governo chinese che mi diede assicurazione pumzwne tutela. Salvo una lettera particolare Padre Bricco, missione non si rivolse a me. Non mi risulta vi siano stati missionari italiani privati danneggiati, ma soltanto cristiani indigeni e cioè della missione. Prego di dirmi se, contrariamente a quanto ho creduto fino ad ora, sono autorizzato spiegare azione più diretta per domandare indennità o altro anche per quella missione.

497

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A PECHINO, GALLINA

T. 797/35. Roma, 28 maggio 1902, ore 23.

Rispondo suo telegramma n. 44 (l) V. S. voglia accertare esattamente fatti avvenuti e domandare indennità che fossero eventualmente fondate sopra ragionevole equo apprezzamento.

498

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1074/75. Addis Abeba, 28 maggio 1902 (2).

Ho trasmesso a V. E. con questo posta lettera di Menélik colla quale prega di versare 50 mila franchi oro al Credito Lionese in favore di ras Makonnen per il suo prossimo arrivo a Marsiglia. Inoltre desidera che rimanenza suo fondo sia versata per un milione lire italiane alla banca milanese e l'ammontare restante al Credito lionese. Per questa ultima somma è inteso che verseremo ciò che a noi risulta rimanergli dopo prelevamenti e spese fatte finora. Menelik prega compiacersi informarlo dello eseguito versamento e delle somme versate.

499

L'INCARICATO D'AFFARI A SANTIAGO, SAVINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1019. Santiago, 29 maggio 1902, ore 9,30.

Presidente Repubblica pregami ringraziare Governo del Re efficace concorso conclusione vertenza Argentina.

500

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. P. S.N. Berlino, 29 maggio 1902 (per. il 5 giugno).

II Barone Richthofen, -tornato che è poco dal suo congedo -mi ha consegnato la minuta del processo-verbale di rinnovazione del Trattato della Tri

plice Alleanza, prevenendomi che tale minuta ha già ricevuta l'approvazione del Governo Austro-Ungarico.

Ho pertanto l'onore d'inviare qui unita a V. E. una copia del documento. Qualora la redazione del medesimo incontri, siccome spero, il favore del Governo di Sua Maestà, Le sarò assai grato se vorrà compiacersi di avvertirmene per telegrafo, affinché io possa, senza indugio, renderne informata la Cancelleria Imperiale.

Nel rimettermi la minuta in discorso, il Barone Richthofen, pur dichiarandomi esplicitamente che egli non intendeva in alcun modo di formulare in proposito una proposta, mi lasciò intravedere che al Cancelliere riescirebbe oltremodo gradito se si potesse addivenire alla firma del processo-verbale di rinnovazione anche prima dell'epoca stabilita, cioè il l" Luglio.

Una tale aspirazione -si affrettò ad aggiungere il Segretario di Stato non va attribuita ad alcun motivo politico; essa trae puramente e semplicemente origine dal desiderio del Conte di Biilow di poter liquidare al più presto gli affari più importanti, per essere poi libero di chiedere al momento opportuno il beneplacito Sovrano che gli consenta di fuggire gli insopportabili calori di Berlino, e recarsi al suo soggiorno estivo a Norderney.

Come era ben naturale, io mi sono limitato a rispondere che non avrei mancato di rendere l'E. V. edotta del desiderio del Conte di Btilow: ciò, in omaggio alla data promessa, mi affretto a fare con la presente.

Le sarò riconoscente, Signor Ministro, di volermi manifestare al riguardo la sua determinazione, e mettermi, poi, eventualmente, in grado di procedere alla firma del processo-verbale, mediante il sollecito invio dei pieni poteri.

ALLEGATO.

PROTOCOLE

Les soussignés

le Sieur Bernard Comte de Biilow, Chancelier de l'Empire d'Allemagne, Président du Conseil des Ministres de Prusse, au nom de Sa Majesté l'Empereur d'Allemagne, Roi de Prusse. le Sieur Ladislas Szogyeny -Marich de Magyar Szogyen et Szolgaegyhàza, Ambassa

deur Extraordinaire et Plénipotentiaire de Sa Majesté l'Empereur d'Autriche, Roi de Bohème etc. et Roi Apostolique de Hongrie,

au nom de Sa Majesté l'Empereur d'Autriche, Roi de Bohème etc., et Roi Apostolique de Hongrie, et le Sieur Charles Comte Lanza di Busca, Lieutenant Général, Sénateur, Ambassadeur Extraordinaire et Plénipotentiaire de Sa Majesté le Roi d'Italie, au nom de Sa Majesté le Roi d'Italie munis des pleins pouvoirs qui ont été trouvés en bonne et due forme, se sont réunis aujourd'hui à Berlin et sont convenus de ce qui suit:

l. Le Traité d"aìliance conclu à Berlin le 6 Mai 1891 entre les Puissances signataires du présent protocole et ratifié à Berlin le 17 Mai de la méme année est confirmé de nouveau et continuera -à l'exception de l'article XIV remplacé par la disposition présente -à rester en vigueur dans toute son étendue, pour l'espace de six ans à compter de l'échange des ratifìcations du présent Protocole; mais s'il n'avait pas été dénoncé un an à l'avance par l'une ou l'autre des Hautes Parties contractantes, il restera en vigueur pour un autre espace de six ans.

2. Le présent Protocole sera ratifìé et les ratifìcations en seront échangées à Berlin dans un délai de trois semaines ou plus tòt si faire se peut.

En foi de quoi les soussignés ont signé le présent Protocole et y ont apposé le cachet de leurs armes.

Fait à Berlin en triple exemplaire le... 1902 (1).

(l) -Cfr. n. 496. (2) -Ritrasmesso da Asmara il 6 giugno.
501

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1125/188. Budapest, 29 maggio 1902 (per. il 1° giugno).

La discussione sul bilancio degli esteri nella delegazione austriaca, si chiuse ieri con un discorso del Conte Goluchowski, il quale ribatté in modo particolareggiato le principali obiezioni mosse alla sua politica.

Mi preme rilevare anzitutto, che il Ministro stesso respinse energicamente le insinuazioni fatte dal delegato Bukovics contro la politica dell'Italia. Ecco le sue testuali dichiarazioni in proposito:

«Il signor delegato Bukovics si è espresso in una maniera, a mio avviso, non ammissibile in questa adunanza parlamentare, circa una potenza a noi amica ed alleata alla quale egli ha perfino mosso l'accusa di intenzioni assai sleali. Questo io non posso assolutamente ammettere e debbo respingere nel modo più reciso le sue imputazioni».

Circa la triplice, il Conte Goluchovski rilevò che gli attacchi nelle delegazioni di quest'anno furono molto più miti del solito, ciò che dimostra che a poco a poco se ne riconosce l'utilità e il carattere pacifico. Dopo aver letto un passo della sua esposizione dello scorso anno circa la questione dei trattati di commercio, in rapporto a quella delle alleanze, concluse:

«Io credo che quando si vuol arrivare alla conclusione di trattati di commercio, questo è decisamente più facile se si sta in rapporti di alleanza politica, che se questi rapporti non sussistono. Ma sarebbe altrettanto ingiusto se, volendo concludere alleanze politiche, si sacrificassero grandi interessi economici di un singolo Stato, come se si sostenessero solo gli interessi economici senza aver riguardo alle relazioni politiche».

Difese poi la diplomazia austro-ungarica dall'accusa mossale dal delegato Parish, di non aver saputo prevedere le mosse dell'Inghilterra nella conferenza degli zuccheri a Bruxelles, e dichiarò che sarebbe stato un errore da parte del Governo Inglese e Russo di non accedere a priori alla convenzione e che del resto spetta poi sempre ai parlamenti di giudicare se questa accessione debba

-o no effettivamente aver luogo. Dopo alcune altre sue rettifiche di minor momento, seguirono brevi discorsi di parecchi oratori, e infine il bilancio fu approvato senza variazioni. Fu poi comunicata la discussione sul bilancio della Bosnia Erzegovina, che fu interrotta, essendosi constatato che la delegazione non era più in numero legale.

26 -Documenti diplomatici -Serle III -Vol. VI

(l) -Annotazione marginale del documento: «L'originale è stato consegnato da S. E. il Barone Richthofen, Segretario di Stato, a s. E. l'Ambasciatore del Re il 28 maggio 1902 ».
502

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1031/45. Pechino, 30 maggio 1902.

Rispondo suo telegramma n. 34 (l). Nessun missionario fu ucciso o ferito nell'Honan. Avverto che questione indennità per danni sofferti dalla missione è stata regolata già dalla legazione di Francia, cui la missione si è diretta.

Segue rapporto.

503

IL MINISTRO DI AGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, BACCELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1043. Roma, 31 maggio 1902, ore 22.

Fedele al mio programma già accolto in molti congressi internazionali, che lingua italiana sia ammessa fra lingue che possono adoperarsi in tali congressi, non potrei consentire la presenza di alcun delegato del Governo italiano al congresso internazionale delle case a buon mercato che avrà luogo prossimo mese giugno a Diisseldorf, perché statuto di organizzazione di quel congresso ammette soltanto (art. 15) lingua tedesca, francese e inglese. Mi indurrò a designare delegato qualora a V. E. riesca fare ammettere anche lingua italiana (2).

504

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. s. s. N. Roma, 1° giugno 1902, ore 18,25.

Riservato per lei solo. Riferendomi alle informazioni fornitemi da V. E. sulle preoccupazioni che si nutrono costì e giunti oramai in prossimità del rinnovamento della Triplice Alleanza già annunciato dal conte Goluchowski prima dinanzi alle Delegazioni poi da me alla Camera dei deputati, tengo a informare

V. E. che non ho dimenticato le dichiarazioni spontanee da me fatte nello

scorso giugno al Signor Barrère, il quale le comunicò al Signor Delcassé e che sono riprodotte nel mio dispaccio confidenziale 29 luglio 1901, indirizzato a

V. E. (1). Col prossimo corriere V. E. riceverà il testo del mio discorso pronunciato alla Camera discutendo il bilancio ma fino da ora parmi opportuno confermare a V. E. che nella Triplice Alleanza di cui ci prepariamo a firmare il rinnovamento nulla vi ha di aggressivo né direttamente né indirettamente verso la Francia, nessun impegno che ci possa obbligare in nessuna evenienza a partecipare ad una aggressione contro di essa, nessuna stipulazione infine che minacci la sicurezza e la tranquillità della Francia. E così pure è bene V. E. sappia non esistere i protocolli e le convenzioni aggiuntive alla Triplice Alleanza, di cui si è parlato molto in questi ultimi tempi, e che ne altererebbero il carattere completamente difensivo, ed anzi avrebbero carattere aggressivo verso Francia. Autorizzo V. E. a comunicare quanto precede al Signor Delcassé, esprimendogli la mia ferma fiducia che esse verranno a consolidare sempre più le buone relazioni fra i due paesi ed assicurare il loro fecondo svolgimento (2).

(l) -Del 27 maggio, non pubblicato: richiesta di notizie circa l'andamento delle pratiche peri disordini avvenuti il 18 marzo nello Honan meridionale. (2) -Analoga richiesta venne telegrafata all'ambasciata a Berlino il 3 giugno (t. 827). L'ambasciatore Lanza rispose il 6 giugno (t. 1078) che il comitato promotore era dolente di «non poter modificare per mancanza di tempo lo statuto», ma che «non ravvisava ostacoli a che i delegati italiani si servissero nelle discussioni della lingua italiana».
505

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. S. S. N. Roma, 1° giugno 1902, ore 18.25.

Confidenziale per lei solo.

Riferendomi al telegramma che simultaneamente spedisco a V. E. (3) la avverto che le mie dichiarazioni in esso contenuto, le quali non sono se non la riproduzione di quanto dissi alla Camera, ho ragione di ritenere in modo sicuro riusciranno gradite al signor Delcassé, il quale probabilmente desidererà averne copia; V. E. può consentire a questo desiderio, chiarendo però bene che trattasi di comunicazione destinata a rimaner segreta.

506

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1048. Londra, 1° giugno 1902, ore 20,37.

Venne ora pubblicato annunzio ufficiale della conclusione pace col Transwaal.

(l) -Cfr. Serle III, vol. V, n. 659. (2) -Cfr. n. 490, nota. (3) -Cfr. n. 504.
507

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 816 . Roma, 2 giugno 1902, ore 13.

Desidero che V. E. esprima a codesto Governo, nella forma che Le parrà più opportuna, il compiacimento e le felicitazioni del R. Governo per la pace conseguita nell'Africa australe.

508

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. s. N. Parigi, 2 giugno 1902, ore 18,05 (per. ore 23).

Riservatissimo per lei solo.

Prima di fare comunicazione autorizzata coi telegrammi di V. E. di jeri (l), mi per,metta sottoporle qualche osservazione. Premetto che avantieri conversai a lungo con Delcassé senza che egli dicesse parola della discussione avvenuta nella nostra Camera, né delle importanti dichiarazioni fattevi da V. E. Domani sarà probabilmente resa ufficiale la dimissione del Gabinetto. Quando mercoledì rivedrò Delcassé, questi essendo ufficialmente dimissionario, avrà una ragione di più di conservare uguale riserbo circa rinnovazione della Triplice Alleanza; se poi egli aspetta una mia comunicazione in proposito è naturale che voglia forzarmi a prendere l'iniziativa per renderla più formale e più impegnativa pel Governo di Sua Maestà. Ora mi sembra di· dover considerare che le dichiarazioni fatte davanti al nostro Parlamento, circa carattere della Alleanza che rinnoviamo, si riferiscono soltanto alla attualità mentre il fatto della comunicazione delle stesse dichiarazioni al Governo francese sembra autorizzare quest'ultimo a vedervi un impegno estendentesi al futuro. Ora, nel periodo della durata dell'alleanza e soprattutto se questa ecceda la durata dei poteri dell'attuale presidente della repubblica, io non mi arrischierei ad escludere dalle previsioni possibili il ritorno nei rapporti della Francia colla Germania di situazioni che potrebbero non solo suggerire l'opportunità, ma imporre la necessità di accordi militari, ed anche di concerti aggressivi che le condizioni della guerra moderna rendono indispensabile sotto pena di comprometterne l'esito. Dappoiché il Governo di Sua Maestà ha deliberato la continuazione dell'alleanza non vedo il corrispetivo che esso ricaverebbe nell'estendere le sue dichiarazioni al Governo francese oltre a quelle del carattere puramente difensivo dell'al

leanza stessa ed alla affermazione che questa in nulla minacci la sicurezza e la tranquillità della Francia. Checché se ne dica e sebbene le tendenze della democrazia francese siano pacifiche il nazionalismo potrebbe guadagnare terreno ed il nazionalismo portare in seno l'idea di rivincita pacifica se è possibile, bellicosa se le circostanze vi si prestano. Chiederei pertanto a V. E. che la mia comunicazione al Signor Delcassé, se questi sarà confermato ministro degli affari esteri, od al suo successore eventuale, sia limitata alla rimessa del testo del discorso pronunziato da V. E. alla Camera accompagnandolo dalla osservazione verbale che esso contiene la più esplicita dichiarazione che le alleanze nostre nulla contengono di aggressivo, né direttamente, né indirettamente, verso la Francia. Eseguirò naturalmente le istruzioni che mi saranno impartite; ma, a parer mio, noi conseguiremmo qui nessun maggior vantaggio andando più in là con dichiarazioni che potrebbero riuscire imbarazzanti nelle contingenze dell'avvenire.

(l) Cfr. nn. 504 e 505.

509

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 914/328. Berlino, 2 giugno 1902 (per. il 5).

Lo Scià di Persia, giunto a Potsdam nel pomeriggio di giovedì, fu ricevuto alla stazione con gli onori solenni di rito da S. M. l'Imperatore e Re, il quale lo accompagnò al palazzo reale della Orangerie nel parco di Sans-Souci, dove il Sovrano Persiano ha preso stanza.

Lo Scià ha presenziato, venerdì e sabato, le solite riviste primaverili delle guarnigioni di Berlino e di Potsdam, ed ha anche assistito a una grande serata di gala al Teatro dell'Opera.

Precedentemente fuvvi a Palazzo solenne banchetto, alla fine del quale Sua Maestà rivolse al Sovrano Asiatico poche parole improntate a sentimenti di cordiale simpatia e destituite di ogni significato politico, ci fu data dallo Scià adeguata risposta, in termini analoghi, in lingua persiana.

Lo Scià, che è visibilmente assai sofferente, ha consultato qui il celebre Dottore Leiden, ed ha, poi, ieri, visitato le principali curiosità di Berlino.

Avantieri si recò da me il Gran Vizir a manifestarmi i sentimenti di riconoscenza del Suo Sovrano per l'accoglienza cordiale ed affettuosa che a lui hanno fatto il nostro Re, il suo Governo e tutta la popolazione. Di tali sentimenti, il Gran Vizir mi ha pregato di fare pervenire l'espressione a S. M. il Re, nonché all'E. V.

Il viaggio del Monarca Persiano in Germania non ha alcun scopo politico: l'impressione da lui prodotta sulla popolazione berlinese non è andata al di là della semplice curiosità.

510

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S. N. Roma, 3 giugno 1902, ore 18.

Riservatissimo per Lei solo.

Ho conferito ieri con Sua Maestà relativamente suo viaggio Berlino ormai completamente deciso. Ma non è molto facile stabilire data. Sua Maestà volendo dopo Berlino andare Pietroburgo, dove bisognerebbe essere non oltre 15 agosto, in conseguenza delle condizioni dell'Imperatrice, parmi dovrebbe arrivare Berlino non oltre il 10 agosto.

Discorrendo ieri con Sua Maestà, sarebbe anche venuta fuori l'idea di fare la visita nella prima metà di luglio, che mi sembra forse sarebbe l'epoca più gradita a Sua Maestà, quest'anno il Parlamento chiudendo presto a quanto sembra i suoi lavori.

Prego V. E. telegrafarmi suo avviso fra le due epoche, ben inteso senza nulla lasciar trapelare per ora costì. Ho telegrafato al conte Morra (l) per conoscere anche il parere suo onde fornire poi gli elementi necessari per la decisione a Sua Maestà.

511

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. s. N. Roma, 3 giugno 1902, ore 18.

Riservatissimo per Lei solo.

Caro Morra riportandomi tua lettera 27 maggio (2) che ho mostrato a Sua Maestà ti prego telegrafarmi tuo avviso se credi per esempio che sarebbe opportuno proporre arrivo di Sua Maestà a Pietroburgo il 15 agosto. E ti prego anche dirmi se potrebbe anche esser opportuno invece arrivo nella prima metà di luglio.

Raccomando non lasciar trapelare nulla a nessuno di queste date, perché finora desidero aver solamente tuo avviso.

512

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. s. s. N. Roma, 3 giugno 1902, ore 18,30.

Riservatissimo per lei solo.

Ricevo il suo telegramma riservatissimo ( 3). Malgrado le considerazioni da lei espostemi, e che mi riservo di esaminare con lei più tardi, a tempo

opportuno, debbo pregare V. E. di voler dare seguito alle mie istruzioni nei precisi termini indicati nei miei due telegrammi del 1° giugno (1), astenendosi da ogni ulteriore enunciazione e limitandosi, eventualmente, a prendere semplice notizia delle osservazioni che da codesto ministro degli affari esteri le fossero fatte.

(l) -Cfr. n. 511. (2) -Cfr. n. 495. (3) -Cfr. n. 508.
513

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, MARTIN!

T. 825. Roma, 3 giugno 1902, ore 19,15.

Prego prendere conoscenza e far subito proseguire Aden seguente telegramma:

« Voglia far pervenire nel modo più rapido al R. Ministro in Addis Abeba per la via Gibuti e per la via di Zeila contemporaneamente seguente telegramma: « Mi è pervenuto corriere di V. S. 19 aprile scorso senza nemmeno una parola relativa ai conti della legazione, né alle richieste e ricevuto da Menelik per tutte le somme pagate da R. governo per di lui conto. Nessun altro corriere di V. S. è pervenuto in seguito invano da me atteso. Vista persistenza V. S. nel non ottemperare mia domanda ed ammontare prelevamenti che V. S. ha fatto in tutto corrente esercizio, la invito di nuovo mandare conti legazione e documenti Menelik da me ripetutamente richiesti, e la invito altresì limitarsi da ora innanzi in modo assoluto a tirar cambiali sulla sola amministrazione coloniale Asmara e soltanto fino alla concorrenza delle ottomila lire mensili stanziate in bilancio e non più. Quanto agli ulteriori pagamenti richiesti da Menelik saranno da noi eseguiti contro rimessa delle richieste, come ella da ultimo ha fatto con le due richieste di 44 mila talleri e 2 mila talleri rispettivamente, comunicatemi con rapporto 19 aprile scorso (2). Nostro vivo desiderio è però di addivenire al versamento del saldo al più presto onde avere da Menelik ricevuta definitiva completa e non lasciare più altro complicare questo conto».

514

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S. N. Pietroburgo, 4 giugno 1902, ore 12,50 (per. ore 15,35).

Riservatissimo per Lei solo.

Le notizie contenute nella mia del 27 (3) affidata al corriere escludono opportunità visita 15 agosto, né altra epoca di quest'anno del che sono dolentissimo. Nel telegramma (4) manca nome altro mese indicato. Sarò prudentissimo e procurerò aver ancora, se possibile, più precise informazioni.

(-4) Cfr. n. 511.
(l) -Cfr. nn. 504 e e505. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 495.
515

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S. s. N. Berlino, 4 giugno 1902, ore 15,07 (per. ore 15,55).

Riservatissimo per lei solo. Come risulta dalle mie lettere particolari in data 20 e 21 maggio, viaggio di Sua Maestà a Berlino non può aver luogo tra il primo ed il 15 agosto, visto che in quel periodo Imperatore ha già impegno da cui gli è impossibile disdirsi. Senonché oramai anche in luglio viaggio reale mi sembra difficile, per non dire impossibile. Infatti secondo le disposizioni già stabilite

S. M. Imperiale si troverà dal 25 giugno al 6 luglio nelle acque di Kiel per ispezione marittima e regate internazionali ed il 7 luglio Sua Maestà inizia suo solito viaggio in Norvegia. A meno quindi di chiedere a Sua Maestà Imperatore completa modificazione suoi piani estivi, ciò che non credo sia la intenzione di

S. M. il Re, io non so vedere altra epoca più conveniente di quella già da me indicata, cioè la seconda quindicina di agosto.

516

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. s. N. Roma, 4 giugno 1902, ore 17,55.

Mese omesso mio telegramma di jeri (l) è mese di luglio. Prego ad ogni buon fine, ripetere suo telegramma odierno (2) nori perfettamente comprensibile.

517

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1067 (3). Parigi, 4 giugno 1902, ore 20,25 (per. ore 21,15).

Ho dato seguito alle istruzioni contenute nei due telegrammi del 1° giugno (4) nei precisi termini in essi espressi. Delcassé, al quale annunziai preliminarmente che la comunicazione era segreta, mi rispose che non dubitassi della sua discrezione e della sua abitudine a conservare il segreto. Egli udì la lettura e mi disse di ringraziare V. E.; soggiunse che se fosse rimasto ministro, avrebbe certamente continuato a fare una politica favorevole ai buoni rapporti coll'Italia;

comunicherebbe la mia comunicazione al presidente della repubblica. Osservò che la mia comunicazione parevagli il riassunto delle cose da V. E. dette alla Camera deputati; poi, dopo un momento di esitazione, mi chiese di rimettergli copia della comunicazione stessa. Gliela rimisi, rinnovando la dichiarazione che la medesima deve rimanere segreta.

Il corriere di gabinetto, arrivato oggi, non mi ha portato il testo del discorso di V. E.; col ritorno del medesimo, manderò rapporto riassuntivo (l) di quanto si riferisce a questa importante dichiarazione.

(l) -Cfr. n. 511. (2) -Cfr. n. 514. (3) -La copia conservata nella cassetta verde 3 reca questo numero ma il t. non è contenuto nel registro dei telegrammi In arrivo dove Il numero 1067 è attribuito al t. edito al n. 520. (4) -Cfr. nn. 504 e 505.
518

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RR. 1691/704. Parigi, 4 giugno 1902 (per. il12).

La sera del 1° Giugno mi pervennero i due telegrammi di V. E. (2) relativi alla comunicazione da farsi al Ministero degli Affari esteri di Francia circa il carattere ed il contenuto del trattato di triplice alleanza che ormai il Governo di Sua Maestà è in procinto di rinnovare.

Nel primo di essi l'E. V. si riferisce alle informazioni che ebbi l'onore di fornirle sovra le impressioni prodottesi qui in seguito ai ripetuti annunzi pervenuti dall'estero che tale rinnovamento avrebbe prossimamente luogo senza variazioni. Ella ricorda pure le spontanee sue dichiarazioni all'Ambasciatore francese a Roma, da questi trasmesse al suo Governo e consegnate nel dispaccio confidenziale 29 luglio 1901 (3) a me diretto. In attesa dell'invio che mi dovea essere fatto, del discorso da V. E. pronunziato alla Camera dei Deputati nella discussione del bilancio, Ella trova cosa opportuna il confermare a me che nella triplice alleanza nulla vi è di aggressivo né direttamente, né indirettamente verso la Francia, nessun impegno che ci possa obbligare in nessuna evenienza a partecipare ad una aggressione contro di essa, nessuna stipulazione infine che minacci la sicurezza e la tranquillità della Francia ed Ella stima pure bene che io sappia che non esistono i protocolli e le convenzioni aggiuntive alla triplice alleanza delle quali si è molto parlato negli ultimi tempi e che ne altererebbero il carattere completamente difensivo ed anzi avrebbero carattere aggressivo verso la Francia. Queste cose la E. V. mi autorizzava, con il telegramma stesso, a comunicare al Signor Delcassé esprimendogli la di Lei ferma fiducia che le medesime varranno a consolidare sempre più le buone relazioni fra i due paesi ed ad assicurarne il fecondo svolgimento.

Con il secondo telegramma V. E. avvisava aver Ella ragione di ritenere in modo sicuro che le dichiarazioni sovra esposte le quali riproducevano quelle da Lei fatte alla Camera dei Deputati, riuscirebbero gradite al Signor Delcassé e mi autorizzava, qualora questi me ne chiedesse copia. di acconsentire a tale suo

desiderio chiarendo però ben che si tratta di comunicazione destinata a rimanere segreta.

Io non avrei avuto prima d'oggi l'occasione di essere ricevuto da questo Ministro degli affari esteri. Il breve indugio mi permetteva di sottoporre a V. E. (l) talune considerazioni le quali non si riferivano alla opportunità di fare qui la comunicazione che riusciva quasi conseguenza dello scambio di idee precedentemente seguito fra i due Governi, ma riguardavano bensì la misura ed alcune modalità delle dichiarazioni che io era incaricato di presentare.

Mi pervenne ieri sera il telegramma (2) con cui V. E. mi significò che, malgrado quelle mie considerazioni, conveniva dare seguito alle istruzioni contenute nei dispacci telegrafici del l" Giugno nei precisi termini in essi indicati astenendosi da ogni ulteriore enunciazone e limitandosi eventualmente a prendere semplice notizia delle osservazioni che venissero fatte da questo Ministro degli affari esteri.

~eco, Signor Ministro, come questi ordini sono stati da me adempiuti.

Fui oggi stesso ricevuto dal Signor Delcassé al quale chiesi anzitutto se egli avesse diggià avuto occasione di leggere il testo del discorso pronunziato da v. E. alla Camera dei deputati sovra il rinnovamento della triplice alleanza. Questo Ministro mi rispose negativamente. Egli conosceva solamente il reso-conto analltico pubblicato nei giornali ed io ripresi tosto a dire che dispiacevami di non essere in grado di offrirgli un esemplare del testo stenografico perché fin qui io stesso non lo avea ancora ricevuto. V. E. -così proseguii -, mi aveva però incaricato di una comunicazione sovra la quale dovea rimanere ben inteso che il segreto sarebbe conservato. Aspettai la risposta del mio interlocutore che fra il faceto ed il serio replicò che aveva ormai tante cose sulle quali dovea conservare il segreto che ne avea contratto l'abitudine e ch'egli non credeva d'altronde di avere mai mancato di discrezione a nostro riguardo. Interruppi notando, in termini brevi, che, nel caso presente, io ubbidiva ad una istruzione precisa mettendo preliminarmente in chiaro che la comunicazione che mi accingeva a fare, era destinata a rimanere segreta. Poi, trattomi di tasca un foglio sul quale avea in precedenza scritto ciò che io dovea dire, acciocché non avvenissero equivoci od incertezze circa le espressioni da me adoperate lessi a voce lenta ciò che segue: «J'ai été autorisé par S. E. M. Prinetti è communiquer à V. E. un télégramme dans lequel le Ministre des Affaires étrangères d"Italie me confirme que dans le renouvellement de la triple alliance il n·y a rien qui soit directement ou indirectement agressif envers la France, aucun engagement qui puisse nous obliger en aucune éventualité à prendre part à une agression contre elle, enfin aucune stipulation qui menace la sécurité et la tranquillité de la France. M. Prinetti désire également que V. E. sache que les protocoles ou conventions additionnelles à la triple alliance dont on a beaucoup parlé dans les derniers temps et qui en altéreraient le caractère complètement défensif et qui auraient meme un caractère agressif contre la France, n'existent point. Le Ministre des Affaires Etrangères d'Italie exprime un mème temps sa ferme confiance que cette communication

aura pour effet de consolider de plus en plus les bonnes relations existantes entre Ies deux pays et d'en assurer le développement fécond. Cette communication est destinée à rester secrète » (l) .

Quando ebbi finito di leggere, m'accorsi che il Signor Delcassé il quale, durante la lettura, non mi era sembrato sorpreso, ma soltanto molto attento, non era affatto preparato a rispondere alla mia comunicazione. Egli, con parole che denotavano un certo imbarazzo, incominciò coll'incaricarmi di porgere a V. E. i suoi ringraziamenti. Mi pare che, pur evitando di entrare nel merito delle dichiarazioni nostre, se tale era il suo proposito, gli sarebbe stato facile il dire qualche parola sovra lo spirito nel quale la comunicazione gli era fatta. Egli si limitò invece a darmi l'assicurazione che, ove conservasse la carica di ministro degli affari esteri, la sua politica continuerebbe a favorire i buoni rapporti fra l'Italia e la Francia. Parevagli, soggiunse, che la mia comunicazione fosse il riassunto delle cose dette da V. E. alla Camera dei Deputati. Egli ne riferirebbe soltanto al Presidente della Repubblica ed al Presidente del Consiglio, poi ripigliandosi tosto, osservò che in quel momento, il Gabinetto essendo dimissionario, la sola persona che doveva essere informata, era il Presidente della Repubblica. Rimase per un istante esitante, poi mi chiese se fossi autorizzato a rimettergli copia di ciò che io avea letto. Gli rimisi il foglio che contiene le parole sovra trascritte senza firma e senza data e, nel rimetterglielo, rinnovai la dichiarazione relativa al segreto.

Ora quel foglio, dopo di essere passato sotto gli occhi del Presidente della Repubblica, verrà probabilmente riposto nella parte degli Archivi segreti che, ad ogni cambiamento dei Ministri, viene di solito consegnato personalmente da colui che esce di carica a colui che vi entra.

(l) -Cfr. n. 518. (2) -Cfr. nn. 504 e 505. (3) -Cfr. Serie III, vol. V, n. 659. (l) -Cfr. n. 508. (2) -Cfr. n. 512.
519

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RR. 1692/705. Parigi, 4 giugno 1902 (per. il 12).

Faccio seguito al mio rapporto di questo giorno N. 1691/704 (2).

Le considerazioni che, non sulla opportunità, ma sovra la misura e le modalità delle dichiarazioni da fare al Signor Delcassé, ho avuto l'onore di sottoporre a V. E. e che in quel rapporto sono ricordate, furono da me trasmesse

«M. Prinettl désire également que je sache... ». La versione esatta è quella del testo qui sopra riportato: «M. Prinettt désire également que V. E. sache... ». Lo stesso errore si trova !n A. F. PRIBRAM, The Secret Treaties of Austria-Hungary, vol. II, New York, 1967, p. 246 e s. Detta dichiarazione è preceduta nel Libro Verde dalla seguente lettera di Tornielll:

Parigi, 4 giugno 1902.

Signor Ministro, Ho l'onore di inviare qui acclusa a V. E. copia della dichiarazione che ho oggi rilasciata a questo signor Ministro degli affari esteri, giusta la istruzione di lei, circa il nessun pericolo che presenta per la Francia !l rinnovamento della Triplice Alleanza, perché da essa è escluso quanto direttamente o Indirettamente possa essere aggressivo contro la Francia stessa. Il signor Delcassé mi espresse la più profonda riconoscenza del Governo francese per questa alta prova di lealtà che il Governo del Re dava della sua politica di pace.

all'E. V. con il telegramma delli 2 di questo mese (1). Mi sembra opportuno, non fosse che per giustificazione del mio operato, di confermare e spiegare, con questo rapporto, quella mia comunicazione telegrafica.

Benché il gabinetto fosse notoriamente dimissionario, il Signor Delcassé non sospese i suoi ricevimenti del Corpo diplomatico ed il 31 Maggio io ebbi il mio primo incontro con lui dopo il suo ritorno dalla Russia. Il colloquio fu piuttosto lungo. Egli trovò modo di farlo aggirare quasi esclusivamente sovra la situazione interna e parlamentare della Francia. L'intonazione del suo linguaggio fu quella della abituale, amichevole fiducia; ma, malgrado qualche mia discreta suggestione, egli non disse parola che neppure lontanamente si riferisce alla discussione recentemente avvenuta nella nostra Camera dei Deputati nel corso della quale V. E. ha pronunziato l'importante e rimarchevole suo discorso delli 23 Maggio. In questa riserva del Ministro degli affari esteri francese vi era una affettazione di cui io dovea tener conto. Era evidente il suo deliberato proposito di non prendere l'iniziativa della conversazione sovra le dichiarazioni contenute in quel discorso circa le nostre alleanze e le relazioni nostre con la Francia. Ciò si sarebbe prestato ad interpretazioni diverse da parte mia se, il dì seguente, insieme alle istruzioni telegrafiche relative alla comunicazione da fare al Signor Delcasse (2), V. E. non mi avesse notificato (3) aver Ella ragione di ritenere, in modo sicuro, che le dichiarazioni che io era incaricato di presentare, sarebbero riuscite gradite a questo Ministro degli affari esteri. Da quel momento io dovetti ritenere che, nel colloquio del dì innanzi, il Signor Delcassé avea voluto calcolatamente evitare di offrirmi il destro d'intercalare delle verbali amichevoli dichiarazioni e che il suo silenzio avea avuto iscopo di costringermi a prendere la iniziativa della dichiarazione da lui aspettata dandole così un carattere più formale e più impegnativo per il Governo di Sua Maestà.

Non dovendo io prima d'oggi incontrarmi di nuovo con questo Ministro degli affari esteri, non mi mancava il tempo per avere, prima della mia nuova visita, uno scambio di telegrammi con V. E. e ritenni perciò doveroso di avvertirla di ciò che io avea osservato nel contegno del Signor Delcassé e della spiegazione che io dovea darvi.

Era di manifesta evidenza che lo scambio di idee occorso fra i Gabinetti di Roma e di Parigi in ordine al rinnovamento delle nostre alleanze, dovea in questo momento ricevere un epilogo. Il discorso di V. E. nella tornata delli 23 Maggio alla Camera dei Deputati lo conteneva. Sembrava a me -e ne feci la proposta all'E. V. -, che se io avessi rimesso al Ministro degli affari esteri francese il testo di quel discorso facendogli verbalmente osservare che le dichiarazioni in esso contenute erano esplicite nel senso che le nostre alleanze nulla contengono di aggressivo né direttamente, né indirettamente verso la Francia, gli scopi nostri dovessero essere sufficientemente raggiunti, mentre la legittima spettazione del Signor Delcassé avrebbe dovuto esserne soddisfatta.

Non mi sarei creduto lecito di fare una siffatta proposta, restrittiva nella forma e nella sostanza della comunicazione ordinatami da V. E., senza motivi da me ritenuti gravi.

Le dichiarazioni fatte da V. E. alla Camera dei Deputati non avrebbero perduto il carattere proprio delle comunicazioni dirette al parlamento, per il fatto che io avrei chiamato l'attenzione del Signor Delcassé sul di Lei discorso del 23 Maggio rimettendone il testo a questo Ministro degli affari esteri. In nessun modo esse venivano a costituire un impegno del Governo nostro verso il francese. Ma quelle stesse dichiarazioni, ove fossero fatte a questo Ministro, anche se concepite in identici termini, mutavano, a parer mio, di carattere e potevano autorizzare il Gabinetto di Parigi a vedervi un impegno del nostro, estendentesi al futuro. Il rinnovamento della triplice alleanza apre di nuovo innanzi a noi un periodo, probabilmente non breve, di relazioni invariabili con i due Imperi del Centro. Durante tale periodo è possibile escludere in modo assoluto dalle previsioni quelle del ritorno, nelle relazioni della Francia con la Germania, di tensioni gravi e pericolose

L'Imperatore tedesco, dopo le oscillazioni che marcarono il principio del suo regno, adottò visibilmente e perfino talvolta con ostentazione, verso la Francia, una politica che sembra mirare a guadagnarsi l'animo dei Francesi, ad ingraziarsi lo spirito pubblico di questo paese. Fin qui se ne videro scarsi frutti. Oserei anzi dire che da qualche tempo le cortesie della Germania sembrano suscitare in Francia un senso di diffidente ritrosia di cui altre volte non apparivano i sintomi. Mi fu detto che, in privato, amichevole colloquio, il mio collega di Germania si dolesse recentemente delle illusioni persistenti a Berlino e ch'egli esclamasse pretendersi colà da lui cose impossibili. Il certo è che alle voci, diffuse dalla stampa circa il probabile incontro in mare del Presidente Loubet con l'Imperatore Guglielmo, di qui si rispose con la visita a Copenaghen. Né avrebbero trovato ascolto le suggestioni fatte al Signor Delcassé di ritornare per terra dalla Russia facendo sosta a Berlino.

Non bisognerebbe da ciò inferire che un fermento bellicoso si sia risvegliato in Francia.

Benché nell'esercito si creda di essere completamente apparecchiati, questo popolo è, e rimane, per molte ragioni interessato al mantenimento della pace. L'azione personale dell'attuale capo dello Stato si esercita in questo senso. Le correnti prevalenti nella politica interna, guarentiscono, almeno per qualche anno ancora, la durata di una disposizione della maggioranza della opinione pubblica francese che si può considerare come rassicurante. Non mi potrei arrogare, senza dipartirmi dai limiti del compito mio, di giudicare fin quando l'esperimento che la Germania sta facendo della sua nuova politica verso la Francia, sarà per durare. Durerà esso anche quando sarà assolutamente dimostrata l'inanità dello sforzo per far dimenticare la rivincita ai francesi Ad ogni modo il ritorno subitaneo di una situazione politica diversa della presente è una previsione che non può essere negletta dagli alleati della Germania. Né gioverebbe, a mio credere, lo appagarsi di espressioni le quali non corrisposero mai alla realtà delle cose. Le alleanze permanenti si ammantarono sempre del carattere difensivo. Eppure, quando le circostanze dimostrarono che il mantenimento della pace era divenuto precario, le disposizioni guerresche s'imposero e divennero esse stesse causa immediata di tensione e talvolta di ostilità. Perché mai ciò che è sempre accaduto, non si verificherebbe ora che nella rapidità dei preliminari preparativi e nella prontezza delle prime mosse tutti si accordano a vedere le precipue condizioni del finale successo? La preoccupazione di evitare al Governo di Sua Maestà impegni imbarazzanti nell'eventuale svolgimento della sua politica di alleanza, m'indusse pertanto a sottomettere a V. E. queste mie considerazioni. La mia titubanza a prendere col Signor Delcassé l'iniziativa del discorso sovra la inesistenza dei protocolli o delle convenzioni addizionali della triplice alleanza, delle quali molto si è parlato negli ultimi tempi, nasceva inoltre dal fatto che, nella stampa periodica francese, l'affermazione contenuta a tale proposito nel discorso di V. E. delli 23 Maggio, avea avuto due sole interpretazioni. I giornali favorevoli alla politica del Signor Delcassé aveano veduto in quella dichiarazione l'annunzio che l'Italia non rinnoverebbe quei patti; mentre le gazzette a lui sfavorevoli ne aveano tolto l'occasione di rimproverare a questo Ministro di aver accettato per buona la promessa italiana di non rinnovare convenzioni che non aveano mai esistito. A me premeva di non offrire al Signor Delcassé il destro di portare la conversazione sovra questo soggetto, o fors'anche, per naturale connessione d'idee, sovra la nuova forma degli impegni nostri con gli alleati la quale dovrebbe impedire che possa mai essere data ai medesimi una interpretazione diversa da quella che è nelle intenzioni del presente nostro Governo.

Il Signor Delcassé evitando-come risulta dall'altro mio rapporto d'oggi (l)di entrare in così spinosi soggetti di conversazione, ha dato prova non soltanto delle qualità pratiche del suo ingegno, ma anche del perseverante suo proposito di proseguire nella linea di condotta intesa a mantenere e sviluppare le buone relazioni del suo paese col nostro. Della qual cosa possiamo rallegrarci per gli effetti immediati che presentemente ne deriveranno senza però dimenticare che questo stesso contegno del Ministro francese degli affari esteri significa essere nei propositi della politica estera della Francia di lavorare con costanza e pertinacia alla disgiunzione dell'Italia dalla Germania ed al conseguente isolamento di quest'ultima Potenza.

(l) Testo pubblicato nel Libro Verde presentato alla Camera il 2 gennaio 1920 con il titolo «Accordi !talo-francesl (1900-1902) », contenente peraltro un errore a p. 2, laddove si legge:

(2) Cfr. n. 518.

(l) -Cfr. n. 508. (2) -Cfr. n. 504. (3) -Cfr. n .505.
520

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1067/47. Pechino, 5 giugno 1902, ore 12,55.

Indennità cinesi. Ministro di Russia ha fatto passi presso tutti i colleghi in vista affrettare dichiarazioni riduzioni. Suo Governo, avendogli lasciata piena libertà d'azione, egli è pronto a ridurre un milione e duecentomila taels, a condizione però che, colle riduzioni degli altri unite alla sua, somma totale indennità richiesta scenda quattrocento cinquantacinque milioni e non rimangano che cinque milioni da formarsi mediante la riduzione proporzionale.

Quando V. E. giudicherà opportuno fare conoscere nostra riduzione, ritengo sarà meglio non enunciare frazioni, ma bensì una cifra rotonda, ben sapendosi che le cifre che si dichiareranno ora in generale, non rispondono alla realtà delle riduzioni praticate.

(l) Cfr. n. 518.

521

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. s. N. Pietroburgo, 5 giugno 1902, ore 16,50 (per. ore 19,40).

Riservatissimo per Lei solo.

Ripeto mio telegramma di jeri: (1).

«Le notizie contenute nella mia del 27 (2), affidata al corriere ausiliario. escludono opportunità visita 15 agosto né in altra epoca di quest'anno, del che sono dolentissimo. Nel telegramma manca nome altro mese. Sarò prudentissimo e procurerò aver ancora, se possibile, più precise informazioni». Aggiungo visto il tuo telegramma di ieri (3) che ritengo, come scrissi il 27, la prima quindicina di luglio epoca ugualmente inopportuna essendo a mio avviso ormai troppo tardi per qui avviare convenientemente le pratiche necessarie.

522

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1073/46. Washington..., (per. ore 10 del 6 giugno 1902).

Giornali annunziando, con insinuazione a noi sfavorevole, giunto rapporto ufficiale sul procedimento disciplinare cui diede luogo incidente di Venezia, ho interrogato oggi Segretario di Stato. Egli non ne ha ancora avuto visione ma da discorsi tenuti in proposito con il Segretario per la Marina, gli pare che vi furono malintesi; che la nostra polizia, forse eccedette, che gli ufficiali americani non erano ubriachi; non ebbero intenzioni provocanti. Ho replicato, risultati processo che sono nelle mie mani essere alquanto diversi, e domandato se corte marziale avesse udito anche testimonianze a carico. Segretario di Stato avendomi risposto non essere sufficentemente informato, mi sono riservato tornare quanto prima da lui. Faccio intanto, ad ogni buon fine, tradurre punti più salienti dei processi verbali. Pubblicazione rapporto ammiraglio tarderà ancora qualche giorno.

523

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. s. s. N. Roma, 6 giugno 1902, ore 17.

La proposta che con lo schema di protocollo (4) ci si presenta, di prorogare l'antico trattato, anziché stipularne uno nuovo, identico all'antico, mi

(-4) Cfr. n. 500 allegato.

reca meraviglia e mi pone in non lieve imbarazzo. Mi reca meraviglia perché nel lungo corso del negoziato e nelle stesse note finali dello scorso maggio, costantemente si parlò di un nuovo trattato, beneinteso identico a quello vigente. Mi pone in imbarazzo perché dovrei rifare i pieni poteri già firmati da Sua Maestà, e nuovamente conferirne col presidente del consiglio. D'altra parte, quantunque le due forme sostanzialmente e nel concreto si equivalgano, la forma di un nuovo trattato, solennemente stipulato, è manifestamente assai più degna in confronto di quella d'un semplice protocollo di riconduzione. Per queste considerazioni spero che non si vorrà costì insistere nella proposta sorta improvvisamente all'ultimo momento, e si manterrà fermo il procedimento di un nuovo trattato che integralmente e testualmente, salvo le inevitabili varianti di data, riproduca il Trattato del 1891. Tutto è qui pronto per inviarle col Corriere domani istruzioni e pieni poteri.

(l) -Cfr. n. 514. (2) -Cfr. n. 495. (3) -Cfr. n. 516.
524

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1217/76. Addis Abeba, 6 giugno 1902 (1).

Già al mio arrivo ho notato m Menelick sensibile raffreddamento suoi antichi entusiasmi per sollecitare costruzione linea telegrafica e, ultimamente, presentando tenente Bardi, ne ebbi conferma e prova che tale raffreddamento è motivato da insinuazione qualche rappresentante estero e capi specialmente Tigré, preoccupati nostri rapporti sempre migìiori con Menelick e concessioni da lui fatte che essi sospettano siano a danno del Tigré e più ancora dalla certezza che egli ha, e che non mi ha nascosto, che linea telegrafica fino Macallè serva a noi esclusivamente per informazioni. A Menelick e a me risulta che telegrafista Macallé palesemente e imprudentemente serve da informatore per conto Mulazzani. In tale stato di cose, è mio dovere segnalare a V. E. grave pericolo che corre compimento linea telegrafica e stipulazione trattato che ne regola esercizio, affidandolo esclusivamente impiegati nostri. A scongiurarlo mi permetto invocare da V. E. seguenti provvedimenti: «Richiamo immediato telegrafista Macallé: sospendere esercizio linea Tigré, sino a che essa non sia congiunta con Addis Abeba, curandone solo manutenzione». Solo in tal modo posso sperare ritorno Menelick sue primitive intenzioni così favorevoli costruzione linea telegrafica.

(l) Ritrasmesso il 22 giugno da Martin! da Asmara con la seguente aggiunta: «Per quanto tutto ciò mi sembra puerile, rispondo oggi che da due settimane impiegato richiamato: esercizio sospeso; che sole notizie, pervenute Tigré telegraficamente, riguardavano banda briganti minacciante confini >>.

525

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. s. s. N. Roma, 6 giugno 1902.

Non senza meraviglia, dal documento annesso al pregiato suo Rapporto Particolare (per Corriere) del 29 Maggio (1), ho rilevato come ci si proponga di prorogare puramente e semplicemente da oggi per altri sei mesi, ed eventualmente per altri dodici anni, il Trattato di Alleanza del 6 Maggio 1891.

V. E. non ignora che fin dal principio, e lungo tutto il corso del negoziato confidenziale che condusse all'intesa consacrata nello scambio di Note dello scorso Maggio, si ebbe invece costantemente in vista la stipulazione di un nuovo Trattato; e di un nuovo Trattato espressamente si parla in quello scambio di Note.

Non posso inoltre nasconderle che una simile modificazione del procedimento che io dovevo ritenere concordato ed inteso mi porrebbe in un non lieve imbarazzo, sia perché dovrei sottoporre alla firma di Sua Maestà nuovi Pieni Poteri in luogo di quelli già firmati dalla Maestà Sua per conferirle la facoltà di stipulare il nuovo Trattato, sia perché dovrei, per il mutato procedimento, nuovamente conferire col Presidente del Consiglio.

D'altra parte, per quanto le due forme di rinnovazione dell'alleanza sostanziale si equivalgono, è manifestamente cosa più degna e più conforme alla solennità dell'atto, che l'alleanza si rinnovi, come già si fece nel 1887 e nel 1891, mercé la stipulazione di un nuovo Trattato, anziché mercé una semplice riconduzione dell'antico; forma, questa, troppo modesta, e che vuolsi riservare agli atti diplomatici di minor importanza.

Di fronte a queste mie considerazioni, che Le esposi col mio telegramma di jeri sera (2), e che V. E. avrà certo saputo far valere presso codesta Cancelleria, non dubito che sarà tenuto fermo, per la rinnovazione dell'alleanza, il procedimento di un vero e proprio Trattato; epperò Le invio senz'altro i pieni poteri che conferiscono a V. E. il mandato di stipulare il nuovo Trattato di Alleanza, pregandola di concordare, fin d'ora, col Cancelliere Imperiale e col Collega Ambasciatore Austro-Ungarico, quanto occorra per la firma del nuovo Trattato. Ad ogni buon fine, però, qui accludo copia del Trattato del 1891, il quale dovrà nel nuovo atto riprodursi nella sua integrità (compreso il Protocollo), con le sole varianti richieste dalle mutate circostanze di fatto, e segnatamente con la variante all'art. XIV in correlazione con la mutata scadenza del nuovo Atto.

Rispetto all'epoca della firma, ben volentieri, per quanto mi concerne, procurerò che essa abbia luogo anche prima del l o Luglio che era la data stabilita nello scambio di Note dello scorso Maggio. Solo, per un riguardo al Senato, verso il quale non potrei tenere un procedimento diverso da quello che tenni verso la Camera dei Deputati, conviene aspettare che la votazione del Bilancio degli Af

27 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

fari Esteri avvenga anche nell'alto Consesso: dopo di che, presi gli ordini di Sua Maestà, e avuto il consentimento del Presidente del Consiglio, mi affretterò ad impartirLe, per telegrafo, l'autorizzazione di firmare.

Mi sarà grato di ricevere da V. E. un cenno che mi assicuri essere ogni cosa concordata e stabilita nel senso del presente mio dispaccio (1).

(l) -Cfr. n. 500. (2) -Cfr. n. 523 che reca però la data 6 giugno.
526

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 934/336. Berlino, 6 giugno 1902 (per. il 9).

V. E. avrà certamente appreso, dai giornali, la notizia della solenne assemblea, che ha avuto luogo ieri a Marienburg sotto la alta presidenza dell'Imperatore, dei Cavalieri dell'Ordine Teutonico, assemblea cui parteciparono eziandio i rappresentanti dei rami dell'Ordine medesimo di Austria, Inghilterra e di Olanda.

Alla fine del banchetto che segui la cerimonia religiosa, S. M. l'Imperatore e Re pronunziò due discorsi, in uno dei quali egli fece allusione ad una questione che ha carattere di attualità -parlo della questione Polacca -nei termini seguenti:

«Io ho preso, già altra volta, l'occasione di questo castello e in questo luogo, di accentuare come la vecchia Marienburg, un tempo baluardo nell'est e punto di partenza della cultura delle regioni poste all'est della Vistola, debba anche rimanere quale un pegno costante dei doveri che si impongono ad ogni tedesco ma ora vi ha di più: la soverchia baldanza polacca vuole invadere il campo tedesco, ed io sono costretto di chiamare il mio popolo alla difesa dei suoi beni nazionali ~ (2).

527

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA MARINA, SERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1083/98. Roma, 7 giugno 1902, ore 9,15.

Comunico seguente telegramma comandante del «Governolo» da Aden: «Comunicato telegramma Dulio, recisamente contrario armare gente Jusuf, ritenere probabile prossimo attacco Mad Mullah. Spedirò rapporto».

(l) -La minuta d! questo dispaccio porta molte correzioni d! pugno del ministro. (2) -Allegati i testi dei discorsi, che non si pubblicano.
528

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA,

T. s. N. (l) Berlino, 7 giugno 1902, ore 14,33 (per. ore 16).

Riservatissimo per Lei solo.

Questo Governo ha sempre ritenuto, come, debbo confessarlo, ho creduto anche io, che, trattandosi di rinnovare un trattato senza addizioni o modificazioni, un semplice protocollo fosse sufficiente. Ciò mi è stato testé dichiarato dal Segretario di Stato il quale ha soggiunto però che, in omaggio al desiderio manifestato da V. E., il Governo Imperiale è disposto a stipulare, per quanto lo concerne, novello trattato. Occorrerà tuttavia previamente sentire parere Governo Austro-Ungarico cui saranno al più presto fatte opportune comunicazioni.

A parer del Segretario di Stato sarà pure indispensabile introdurre nel novello trattato, oltreché necessarie varianti di data, anche clausola d'onde risulti essere esso destinato a rimpiazzare l'antico che scade soltanto l'anno prossimo. Su questo punto segretario di Stato si riserva farmi conoscere ulteriori comunicazioni dopo di avere meglio studiato questione.

529

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RR. S. N. Berlino, 7 giugno 1902, ore 14,30 (per. ore 15,15).

Conte Goluchowski ha fatto or ora, di sua iniziativa, al Segretario di Stato sapere che per parte sua nulla osta a che sia soddisfatto desiderio di V. E. circa modalità rinnovazione triplice alleanza.

530

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1091/34. Parigi, 7 giugno 1902, ore 22,10.

Il Ministero costituitosi, rimanendo Delcassé agli affari esteri, continuerà con minor autorità la politica del precedente. Sembra però che i progetti di legge del programma socialista-rivoluzionario saranno abbandonati.

(l) Il telegramma è posto prima del n. 529 perché evidentemente redatto prima, anche se risulta spedito tre minuti dopo.

531

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. s. S. N. Roma, 7 giugno 1902, ore 23.

Ho ricevuto il telegramma del 4 giugno (l) al quale soltanto oggi posso rispondere avendo dovuto prima attendere risposta da Pietroburgo, e poi riferirne a Sua Maestà. I telegrammi di Morra escludono in modo assoluto, causa le condizioni dell'Imperatrice, che la visita possa colà farsi nella seconda metà di agosto. Prego quindi V. E. volermi telegrafare, nel modo più strettamente confidenziale, se possa convenientemente tentarsi costi proporre che Sua Maestà arrivi la sera del 6 o la mattina del 7 luglio.

532

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RR. 1721/716. Parigi, 7 giugno (per. il 12).

Mi era stato detto che il Signor Barrère si trovava da qualche giorno in Parigi, quando, nel corso della conversazione da me avuta il giorno 4 corrente col Signor Delcassé, ebbi la conferma di tale notizia. Rientrando a casa dal solito ricevimento degli Ambasciatori, trovai il biglietto di visita di quel diplomatico. Ebbi l'impressione ch'egli mi avesse ricercato appunto in quell'ora in cui poteva essere quasi sicuro di non incontrarmi e, siccome mi premeva di conversare con lui prima della sua partenza per Roma, gli offrii un convegno in termini ch'egli non avrebbe potuto eludere facilmente.

Ci siamo veduti ieri. Il Signor Barrère avea avuto il giorno cinque un lungo abboccamento col Signor Delcassé. Questi dovea avergli parlato necessariamente della comunicazione da me fattagli il dì innanzi per ordine del mio Governo.

Mi premeva avere da lui l'eco della impressione prodotta dalla medesima nel Signor Delcassé e m'interessava pure di indagare ciò che potesse essere vero nelle voci che periodicamente si propagano del prossimo ritiro da Berlino del Marchese di Noailles, egli pure qui venuto in congedo straordinario, e della surrogazione del medesimo con la persona dell'attuale Ambasciatore francese presso la Corte d'Italia.

Il colloquio che ebbi col Signor Barrère non mi condusse a scoprire molto terreno, benché esso si prolungasse nei termini i più amichevoli per circa un'ora. Egli si lodò senza alcuna riserva de' suoi rapporti con V. E. Spinto discretamente da me a dire se egli fosse contento dello stato delle relazioni fra i due paesi, si limitò ad osservare che «esse traversano un momento delicato». Della comunicazione, fatta al Signor Delcassé il giorno 4, non pronunziò sillaba. Le insistenti mie dichiarazioni a questo Ministro degli Affari Esteri circa il carat

tere segreto della comunicazione stessa, m'interdicevano di farvi cenno nel colloquio col Signor Barrère. Forse questi poté essere trattenuto, per lo stesso motivo, dal parlarne. Avrei bramato che l'osservazione sua relativa alla fase delicata in cui sono entrati i rapporti della Francia con l'Italia, fosse stata intuonata ad un senso di fiducia per l'avvenire. Ma la considerazione da parte mia, anche in grazia di altre cose che attraevano l'attenzione pubblica, la stampa periodica poco si era occupata di ciò che recentemente era stato dichiarato nei Parlamenti degli Stati della Triplice Alleanza, provocò appena da parte sua qualche cenno dubitativo. Da tutto ciò dovrei inferire che dai discorsi avuti da lui col Ministro francese degli affari esteri e fors'anche col Presidente della Repubblica, egli non dovrebbe aver riportato un'impressione soddisfacente.

Circa l'altro punto che avrei voluto rischiarare, quello cioè relativo alla probabilità della prossima traslocazione del Signor Barrère a Berlino, questo Ambasciatore si restrinse a dirmi che della messa a riposo del Marchese di Noailles si parla dacché egli andò a Berlino. Gli si designava negli ultimi tempi come successore il Signor Leone Bourgeois; ma anche che questi siede alla presidenza della Camera dei Deputati, la sua designazione per un posto diplomatico era fuori di questione.

Insistette alquanto sovra le non buone condizioni di salute d'una delle sue figliuole e si congedò dicendomi che sarebbe partito il giorno seguente per Roma.

(l) Cfr. n. 515.

533

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1095/49. Pechino, 8 giugno 1902, ore 6,50 (per. ore 16,40).

Mi riferisco mio telegramma n. 47 (1). Date le considerazioni contenute nel dispaccio all'E.V. N. 56 (2), e necessità affrettare desiderata soluzione, ritengo consigliabile contribuirvi enunciando subito nostra riduzione, che potrebbe essere condizionata come la russa, se V. E. lo giudica opportuno. Ministro di Francia mi disse essere pronto a fare lui pure una sensibile riduzione.

534

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S. N. Berlino, 8 giugno 1902, ore 18,16 (per. ore 19,30).

Riservatissimo per Lei solo.

Rispondo suo telegramma di ieri notte (3). Tentativo suggerito da V. E. circa

proposta venuta di Sua Maestà nei primi giorni di luglio si può sempre fare. Ignorando però se gli impegni presi per quei giorni dall'Imperatore siano tali da non potere essere modificati, io credo che per raggiungere lo scopo, il metodo più semplice, più sicuro sia quello di spiegare direttamente all'Imperatore come stanno le cose dichiarandogli che S. M. il Re intendeva dapprima recarsi Berlino seconda metà agosto e procedere quindi per Pietroburgo. Se non che tale epoca non potendo convenire Corte russa a cagione condizioni speciali Imperatrice, S. M. il Re, cui importa sommamente che la sua prima visita sia per Augusto alleato, si proporrebbe venire Berlino ai primi di luglio. Imperatore, tornato stamane, si tratterà tre giorni ancora tra Berlino e Potsdam; sua vicinanza non può che facilitare soluzione. Conviene dunque profittarne. Pertanto prego telegrafarmi d'urgenza se sono autorizzato a parlare con Imperatore nel senso sopra indicato. Desidero sapere altresì se invece del sei o sette luglio, un altro giorno, nei primi di luglio, che mi fosse eventualmente proposto dall'Imperatore, converrebbe a Sua Maestà il Re, e ciò allo scopo di venire ad una decisione definitiva, visto pure la ristrettezza del tempo.

(l) -Cfr. n. 520. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 531.
535

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 1722/17. Parigi, 8 giugno 1902 (per. il 12).

La crisi ministeriale, provocata dallo spontaneo ritiro del Gabinetto col quale il Signor Waldeck-Rousseau governò per circa tre anni la Francia, è stata risoluta prontamente. Appena costituita la nuova Camera, la dimissione dell'antico ministero, già conosciuta da molti giorni, divenne effettiva e fu ufficialmente annunziata. Il presidente della Repubblica offri al Signor Brisson di comporre la nuova Amministrazione e, questi avendo declinato l'incarico, il Senatore Combes lo ebbe a sua volta e formò, in poco più di due giorni, un Ministero che si potrebbe dire composto di mezze figure, compresa quella del Presidente del consiglio se a farne parte non entrasse un finanziere, il Signor Rouvier, di cui si vanta altamente la competenza tecnica e se la posizione del Signor Delcassé nella nuova combinazione ministeriale non si trovasse ingrandita relativamente a quella dei suoi colleghi. La libertà di indirizzo e di decisione sarà certamente maggiore per questo Ministro degli affari esteri nel presente Gabinetto di quello che generalmente gli si attribuiva quando faceva parte dell'Amministrazione presieduta dal Signor WaldeckRousseau. Né stimo che noi avremo a dolercene; poiché, sebbene gli scopi finali della sua politica internazionale potrebbero essere assai dissimili dai nostri tuttavia fra i mezzi da lui adoperati per raggiungerli, sta l'incremento dei buoni rapporti fra il suo paese ed il nostro e la sua azione, durante i tre ministeri precedenti, nei quali tenne il portafoglio degli affari esteri, ci promette un nuovo periodo di relazioni facili ed amichevoli con questo Governo.

Sono già annunciate nella Camera delle interpellanze sulla politica estera e, in occasione di quella che il Signor Denis Cochin si propone di muovere circa la difesa da lui ritenuta incompleta ed insufficiente dei diritti della Francia alla protezione dei Cristiani d'Oriente, il Signor Delcassé ci darà probabilmente la misura dell'autorità che la Camera è disposta ad accordargli. Ogni cosa messa in conto, sono d'avviso che a noi converrà rallegrare! su questa che non apparirà diminuita.

Sebbene il nuovo Ministero sia sorto come rappresentante il fascio delle forze radicali, pare tuttavia che esso si proponga di eliminare in pratica varie innovazioni che negli ordinamenti finanziari e nella legislazione sociale il precedente Gabinetto si era lasciato imporre dalla frazione dei socialisti evoluzionari in esso rappresentata. Si ritiene generalmente che l'imposta globale e progressiva, il riscatto da parte dello Stato delle linee ferroviarie e l'esercizio governativo delle medesime siano progetti incompatibili con la presenza del Signor Rouvier al Ministero delle finanze. E nessuno suppone che dal Ministero sarà ripresentata alla Camera la formidabile incognita dell-e pensioni operaie stabilite nel sistema obbligatorio. Se l'aggiornamento di tali progetti dovesse significare rinunzia ai medesimi, le frazioni socialiste della Camera potrebbero abbandonare il Ministero e la non grande maggioranza formata dai gruppi in esso rappresentati, potrebbe trovarsi assai assottigliata. Nelle prime votazioni non sarà facile rendersi conto della vera forza numerica della medesima. La Camera dei Deputati non s'intende in Francia costituita se non quando furono convalidate le elezioni sulle quali non esistono contestazioni. I deputati de' quali le elezioni sono contestate, non votano finché le medesime non siano convalidate. Il numero delle elezioni contestate è questa volta considerevole ed in esso figurano principalmente le elezioni del partito moderato e della destra. Saranno dunque non pochi i voti contrari all'attuale ministero che nei primi tempi non avranno occasione di pronunciarsi e questa circostanza impedirà che dalle prime votazioni si abbia l'espressione genuina della solidità del nuovo Gabinetto.

Unisco qui la lista dei componenti del medesimo con le principali note biografiche che li concernono (1).

536

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1096/50. Pechino, 9 giugno 1902, ore 9,55 (per. ore 21,30).

Mi riferisco al mio telegramma 49 (2). Il ministro d'Inghilterra ha annunziato ai colleghi che il suo Governo accetta senz'altro riduzione proporzionale sulla totalità delle indennità chieste alla China, cui solo si era opposto sino ad ora. Quindi non è più il caso di enunciare riduzione particolare (3).

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 533. (3) -Prinetti aveva fatto il 28 maggio alla Camera una lunga espostzwne sulla politica del governo in Cina, «contraria a qualunque aspirazione a possesso territoriale », sul fatto che «per la prima volta una gran parte delle missioni italiane in Cina ha chiesto ed ottenuto la protezione italiana», e sul tema delle Indennità. A questo proposito egli aveva detto che «Il criterio della Legazione italiana nel determinare la cifra della indennità spettanteci fu semplicemente quello di paragonare l'effettivo dei militari, delle navi italiane in Cina con l'effettivo dei militari e delle navi tedesche, che si trovavano nelle stesse nostre condizioni dal punto di vista delle distanze e quindi dei trasporti», in A.P., Cam. Dep., cit., III, p. 2143 e s.
537

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1099/21. Aden, 9 giugno 1902, ore 16,35.

«Galileo» giungerà Aden mercoledi. Se a Sultano Obbia non dobbiamo consegnare fucili non occorrerà, credo, trasportarli con spesa e pericolo R. nave, la quale si occuperebbe, invece, della crociera. Console inglese Berbera ripetutamente mi ha espresso il desiderio conferire con lui a Berbera, non potendo egli ora assentarsi. Spag e Lovatelli marciarono da Boro il 26 maggio; dipoi nessuna notizia. Mullah trovasi lontano miglia cento venti sud ovest.

538

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA

T. 851. Roma, 9 giugno 1902, ore 17,30.

Lovatelli 25 maggio annuncia prossimo scontro con Mad Mullah che forze inglesi tentano spingere fra lVIigiurtini. Mad Mullah avrebbe millecinquecento fucili, settemila cavalli. Interroghi comandante «Governolo» e telegrafi se Dulio parlando con lui di attacco intendesse parlare di attacco inglese contro Mullah, ovvero di attacco Mullah contro Benadir.

Dopo reciso parere Dulio, fucili non possono consegnarsi a Jusuf Alì per grave responsabilità che noi assumeremmo anche verso Società Benadir, ma possono rimanere bordo nave da guerra pel caso fossero richiesti da Dulio, che li dovrebbe prendere per conto società salvo restituzione.

Ho pregato Ministero Marina sollecitare invio Mar Rosso R. nave « Volturno», in modo che due navi da guerra trovinsi disposizione V. S. per crociere su costa somala. Ella s'intenda su ciò con autorità britanniche Somaliland e con Lovatelli che vorrà informare di ogni cosa.

539

IL CONSOLE GENERALE A JANINA, MILLELIRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RR. 369/104. Janina, 9 giugno 1902.

Sottometto a V. E. questo mio rapporto, non perché io creda sia il caso di fare delle inutili lagnanze, ma semplicemente affinché V. E. ne voglia prendere buona nota per le future contingenze.

Dopo tutte le buone prestazioni fatte dal R. Governo in favore della Grecia, sia in Candia che altrove, è ora doloroso di registrare come precisamente il Governo Ellenico si addimostri qui il nostro più acerrimo nemico nello inceppare e screditare presso queste popolazioni gli atti di filantropia e di civiltà, coi quali noi cerchiamo di beneficarle.

Come V. E. sa per lenire in parte la miseria da cui sono oppresse queste popolazioni, io col consenso di V. E. ho elargito dei buoni di pace a non pochi poveri senza distinzione di confessione, e siccome questo Consolato era ed è costantemente affollato di bisognosi che invocano la benedizione del Cielo sul nome Italiano, vengono a chiedere un tozzo di pane, così il Consolato Ellenico che si dovrebbe credere rappresentare le idee del suo Governo, per distogliere i Cristiani dal ricorrere a noi ed instillare nel cuore delle masse il fanatismo religioso aveva dai suoi Agenti fatto spargere la maligna insinuazone che gli Ortodossi non dovevano accettare il pane Italiano perché su di esso era stampata la Croce Cattolica. Siccome questa maligna calunnia venne tosto sventata avvegnaché il fornajo che forniva il pane era un Ortodosso e quindi svelò la menzogna, questo reggente il Consolato Ellenico Signor Jusif, cercò allora di attaccarci da altro lato. Conoscendo, perché cosa notoria, che il Governatore Osman Pascià, è malamente disposto verso di noi, cercò di aizzare maggiormente il suo dispetto, e nei ripetuti colloquii avuti con lui, lo consigliava ad opporsi all'apertura delle Poste Italiane, nel caso che si fossero stabilite in paese, e soprattutto a non permettere l'apertura della Scuola professionale che oggi stesso fu aperta e di cui domani per telegrafo darò a V. E. le sommarie informazioni.

Oltre di ciò come Ortodosso, cercò d'influire sull'animo del Vescovo e dei preti, per far sì che dissuadessero sotto pena di Scomunica i parenti dei fanciulli inscritti nelle nostre Scuole, dal frequentarle.

Tutte queste informazioni le ho avute da persona sicura, ma quantunque esse sieno indiscutibili, pure non essendovi testimoni oculari ed auricolari, possono naturalmente venir contestate. Ma non così il fatto che io vado a sottomettere a V. E.

Ultimamente il Signor Jusif, dovette recarsi a Zitsa. Villaggio poco distante da Janina, in compagnia di un agronomo Ellenico, andato a visitare quei vigneti infetti dicesi di Peronospora, e quivi avendo sentito che circa una trentita di abitanti di Zitza avevano fatto iscrivere i loro figli alla nostra Scuola di Arti e Mestieri, acceso da un impeto di sdegno, fece una pubblica arringa agli Zitziotti, minacciandoli di Scomunica e di farli incarcerare dall'autorità locale, se non tralasciavano quel loro divisamento. Il Signor Jusif nella sua bollente foga giovanile, mentre faceva la sua filippica contro il nostro istituto, non si accorse che fra gli astanti eravi precisamente un suddito Italiano colà residente, certo Signor Aristotile Guiducci, il quale da buon cittadino, quantunque abbia tutti i suoi interessi a Zitza, si è recato qui a bella posta per rendermi edotto dell'accaduto.

Acciocché poi V. E. possa farsi ridendo un tantino di buon sangue, aggiungerà ancora che il Signor Jusif ha confidato ad un suo amico, che viceversa poi non lo è, ed è invece a me ligio, che egli ha segnalato reiteratamente al suo Governo che il Cavalier Millelire era un uomo pericolosissimo, per l'ellenismo, colle sue iniziative, e che la sua influenza diventando ogni giorno maggiore, era necessario farla scemare con tutti i mezzi possibili. Che perciò sarebbe stato utile, sia per mezzo del R. Ministro Italiano in Atene, sia per l'Incaricato d'Affari Ellenico a Roma, tentare di fargli dare altra destinazione, e che se questo progetto non avesse potuto riuscire, siccome il Signor Millelire si è cattivata la fiducia dell'Ambasciatore inglese a Costantinopoli, ed è perciò stato incaricato del Vice Consolato Britannico a Janina, cercare di calunniarlo con tutti i mezzi sia presso il Console Generale di Salonicco, da cui Janina dipende, sia presso l'Ambasciatore suddetto, onde farlo dispensare al più presto da quella reggenza.

Che il Governo Ellenico avrebbe risposto al Signor Jusif essere assolutamente impossibile di attuare il primo progetto, giacché il Governo Italiano avrebbe senza dubbio rifiutato, ma che però si erano date precise e categoriche istruzioni al Signor Pottin, il quale ultimamente da Atene era partito per Costantinopoli, per reggere la Legazione Ellenica in quella Città, affinché egli interponesse i suoi migliori uffici presso S. E. O. Conor, Ambasciatore Inglese, onde affidasse ad altri la gerenza degli affari britannici.

Comunque sia e ad onta di tutti questi intrighi, il numero degli allievi inscritti alla nostra scuola professionale ha raggiunto già la cifra di 74 persone, e se tutti si presenteranno oggi all'apertura, dovrà fare una scelta, avvegnaché il locale non potrà contenerli tutti.

Copia del presente rapporto è stata inviata alla R. Ambasciata a Costantinopoli.

540

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S. s. N. Berlino, 10 giugno 1902, ore 11,05 (per. ore 12,55).

Segretario di Stato Affari Esteri ha rimesso oggi a me ed a mio collega Austria-Ungheria schema del nuovo trattato di alleanza che il Governo imperiale propone e che è destinato a sostituire quello esistente. Detto schema, come ho potuto accertare mediante accurato confronto colla copia che ho presso di me, è una riproduzione integrale e testuale del trattato del 1891, tranne nome dei plenipotenziarii firmatari ed un accenno nel preambolo al trattato predetto.

Per maggior chiarezza e per guadagno di tempo trascrivo qui sotto testo completo del proposto preambolo: « Leurs Majéstés ecc. fermement résolues d'assurer à leurs Etats la continuation des bienfaits que leur garantit au point de vue politique aussi bien que au point de vue monarchique et social le maintien de la Triple Alliance et voulant dans ce but prolonger la durée de cette alliance conclue le 20 Mai 1882 renouvelée une première fois par les traités du 20 février 1887 et une seconde fois par le traité du 6 mai 1891, ont à cet effet nommé ecc. » -Prego telegrafarmi se la redazione proposta incontra approvazione.

541

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. s. s. N. Roma, 10 giugno 1902, ore 12,30.

Riservatissimo per Lei solo.

Sua Maestà consente che V. E. parli coll'Imperatore nei termini da Lei suggeriti nel suo telegramma di jeri l'altro (1). V. E. può anche ventilare la eventuale proposta dell'Imperatore per una data di luglio anteriore al giorno sette però con la riserva che per quell'epoca si trovi già chiuso il Parlamento: cosa assai probabile, ma che non potrà essere accertata con sicurezza, se non fra alcuni giorni.

542

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. s. uu. s. N. Berlino, 10 giugno 1902, ore 12,35 (per. ore 13,40).

Riservatissimo per Lei solo.

Non avendo ancora ricevuto risposta al mio telegramma di avantieri (l) circa viaggio Sua Maestà, sono costretto rappresentare all'E. V. imbarazzo in cui tale ritardo mi pone. Oramai solo venti giorni ci separano da luglio e se rimane ferma idea di visita ai primi di luglio, non sarebbe assolutamente possibile ritardare più oltre le pratiche presso Imperatore che naturalmente ha bisogno di tempo per mutare impegni già presi. Arrogi che Imperatore riparte probabilmente dopodomani, ciò che complicherà mia missione.

543

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. s. S. N. Roma, 10 giugno 1902, ore 20,20.

Riservatissimo per Lei solo.

V. E. può notificare che noi accettiamo il proposto schema di preambolo (2).

(l) -Cfr. n. 534. (2) -Cfr. n. 540.
544

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. P. 866. Roma, 11 giugno 1902, ore 9,30.

Per mezzo del signor Legrand il signor Delcassé mi ha fatto pervenire le sue felicitazioni in occasione del mio incidente cavalleresco. Prego esprimergli la mia riconoscenza per l'atto cortese ed amichevole. Prego in pari tempo V. E. manifestare al Signor Delcassé il mio vivo compiacimento di vederlo mantenuto alla direzione della politica estera della Francia.

545

IL CONSOLE GENERALE A TUNISI, BOTTESINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1110/7. Tunisi, 11 giugno 1902, ore 11,15.

Stamane morto Bey. Erede presuntivo Mohamed sarà nominato successore (l).

546

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, MARTIN!

T. 868. Roma, 11 giugno 1902, ore 18,45.

Della tratta 10.000 talleri N. 21 emessa 10 aprile da Harar da maggiore Ciccodicola per conto Menelik e comunicatami con rapporto 10 maggio N. 830 (1), è stata sospesa accettazione non essendo ancora pervenuta la relativa richiesta di Menelik. Prego V. E. voler telegrafare Ciccodicola domandando documento.

547

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A PECHINO, GALLINA

T. 872/37. Roma, 11 giugno 1902, ore 18,45.

Mi riferisco suoi telegrammi 38 e 50 (1). Sistemato riparto indennità con riduzione proporzionale rimane eccedenza circa un milione taels. Probabilmente seguirò consiglio V. S. intestare questa eccedenza associazione missionarii, previi accordi circa erogazione di essa. Avverto quindi intanto V. S. costà e Shanghai necessarie precauzioni onde possa quando verrà da me decisa compiersi intestazione in modo da non richiamare attenzione di nessuno.

(l) -Notizia confermata da un successivo telegramma. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. nn. 459 e 536.
548

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 827/420. Vienna, 12 giugno 1902 (per. il 15).

Nella seduta di jeri l'altro della Camera dei deputati austriaca ebbe luogo un incidente che è stato unanimemente deplorato. Sul finire della seduta il deputato Klofae appartenente al gruppo radicale del partito czeco mosse al Governo una interrogazione sul discorso ultimamente pronunciato a Marienburg dall'Imperatore di Germania, accusando questo Sovrano per le espressioni usate contro i polacchi di mettersi a capo dell'agitazione pangermanista e usando verso di Lui parole irriverenti. Le interruzioni del Presidente della Camera a questo discorso suscitarono un tumulto tra i pochi membri del partito radicale czeco che seguitarono a pronunciare epiteti ingiuriosi verso l'Imperatore di Germania e verso il Governo austriaco che accusavano di essergli ligio, finché il Presidente non sciolse la seduta.

All'aprirsi della seduta di jeri il Presidente della Camera ha deplorato vivamente le parole pronunciate il giorno prima alla Camera dal deputato Klofae e da altri del suo partito che egli dispose che non fossero inserite nel resoconto stenografico. S. E. il Presidente dei Ministri, che non era presente alla seduta di jeri l'altro, ha anche egli a nome del Governo e della Camera respinto con indignazione le parole ingiuriose pronunciate contro un sovrano amico e alleato costante dell'Austria-Ungheria, biasimandole vivamente.

Nella seduta di jeri l'altro né i deputati polacchi, né altri membri della Camera, eccetto i pochi radicali czechi, si associarono alle sconvenienti dimostrazioni contro l'Imperatore di Germania.

549

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1125/23. Aden, 13 giugno 1902, ore 4 (per. ore 18,15).

Unica costante mia risposta a Swayne in Aden fu che si dovesse attendere arrivo Lovatelli. Per stretto dovere mio, raccolsi, trasmisi a V. E. dichiarazioni Swayne a cui non scrissi mai a Berbera, mcaricando Lovatelli scusarmi presso di lui, cosicché non era possibile trasgressione riserbo impostomi Lovatelli, pur avendo lette istruzioni di V. E. e senza mie obiezioni, approvo consegna fucili a Jusuf ed io sottoposi sua opinione a V. E.

Corriere partendo lunedì, prego V. E. di volermi impartire istruzioni circa comunicazioni da fare a quell'autorità, a cui non partecipai ancora rifiuto fucili a Jusuf (1).

«Galileo» impedito da processo potrà solo partire Berbera il 19. Prego V. E. farmi conoscere se gli debbo dare speciali istruzioni e quali, ovvero dirgli mettersi d'accordo con autorità Berbera con la quale Lovatelli e Swayne avranno parlato in merito.

(l) Cfr. n. 538.

550

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, MARTIN!, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. R. 1128/52. Asmara, 13 giugno 1902, ore 11,25 (per. ore 19,25).

V. E. mi permetta esprimere mia opinione circa provvedimenti di cui suo telegramma 868 (1). La mancata accettazione tratta Ciccodicola, risaputa in Aden e Harar, produrrà triste impressione e toglierà ogni credito nostro ministro. Ignoro ciò che egli farà; so invece ciò che farei io in caso simile.

Considerato che tratta fu spiccata prima che V. E. impartisse nuove istruzioni Ciccodicola e che Menelich domandi deposito residuo avere presso una Banca Sichel, fatto non può ripetersi. Prego V. E. considerare se non convenga provvedere pagamento. Ad ogni modo, telegrafo Addis Abeba, sollecitando invio documenti.

551

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. s. s. N. Roma, 13 giugno 1902, ore 13,50.

Riservatissimo per Lei solo.

Sarei gratissimo a V. E. se potesse affrettare risposta al mio telegramma Riservatissimo del 10 (2), sia per paterne riferire a Sua Maestà, sia per le urgenti comunicazioni che sarebbero poi da farsi a Pietroburgo.

552

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. s. s. N. Berlino, 13 giugno 1902, ore 17,40 (per. ore 18,40).

Riservatissimo per Lei solo.

A cagione di gravi difficoltà di ogni genere, sorte in seguito inaspettata proposta anticipata visita di Sua Maestà il Re, non ho potuto ancora ottenere risposta definitiva. Sarò solo in grado domani di telegrafare V. E. (3).

(l) -Cfr. n. 546. (2) -Cfr. n. 541. (3) -Annotazione marginale di Prinetti: «Ma non fu mai fatta nessuna proposta per altra epoca!! Quindi non vi è nessuna anticipazione ».
553

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA

T. 888. Roma, 13 giugno 1902, ore 20,15.

Avverto R. Governo non ha obbligo contrattuale difendere Benadir, cui difesa spetta alla Società. Consento che prima occasione Jusuf sia trasportato Alula. Desidero sapere dove si recherà, Per non disgustarlo, gli consegni dodici fucili. Scriva al console inglese a Berbera che ella non può recarsi colà, essendo in questo momento necessaria sua presenza Aden.

554

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

(Eredità Nigra)

L. P. Roma, 13 giugno 1902.

La ringrazio della di Lei gentilissima 9 corrente. La tragedia che ha colpito mio cugino ci ha davvero prostrato tutti, perché oltre alla parentela strettissima, eravamo con lui molto legati; era un carissimo giovane che in ogni occasione mi aveva mostrato molta amicizia e devozione. Le di Lei condoglianze quindi mi hanno proprio toccato il cuore (l).

Quanto poi all'incidente cavalleresco, mi ha dato veramente molte noje, perché in fondo per un ministro è sempre un simile fatto sorgente di seccature. Nel caso presente fu una vera aggressione contro di me; la Commissione parlamentare ha tenuto a mio riguardo una attitudine che, per generale consenso, non trova riscontro in alcun precedente parlamentare. Io non feci se non qualificare colla meritata severità questa attitudine, senza qualificare né la Commissione, né meno ancora alcuno dei suoi membri. Anche ammesso che io abbia veramente pronunciato la parola incriminata, il che io non ricordo, né venne al momento da alcuno degli astanti rilevato, e solo venne tirato in campo il giorno dopo, anche ammesso ciò, mancava l'offesa (2).

L'aver voluto a tutti i costi approfittare di questo pretesto per trascinarmi sul terreno mostra che probabilmente si ignorava essere io stato giovinetto un fortissimo tiratore di scherma non nuovo agli incontri di questo genere, e soprattutto mostra a quale punto di accanimento l'opposizione, che sperava con questo avvenimento crearmi imbarazzi e provocare una crisi.

«Sapendo quanta e quale era l'amicizia e l'affetto in quell'anima dolce e gentile del mio povero Gino, puoi pensare come io sia rimasto, dopo l'orrenda sciagura che me lo ha portato via cosi crudelmente. Le vostre affettuose condoglianze raddolciscono il mio dolore. Ti sarò grato se vorrai mandarmi, quando potrai le notizie sulla salute della Marchesa, e ringraziarla, in mio nome, della sua amicizia».

Ora mi sembra per fortuna ogni co.:;a terminata.

Col corriere che porta anche questa mia, Ella riceverà dei rapporti del Console di Scutari e del Viceconsole di Durazzo, che mi sembrano meritare la di Lei attenzione.

Io credo alla perfetta lealtà del Conte Goluchowski e della politica Austriaca nei Balcani, e credo che vi possa essere molta esagerazione in quei rapporti consolari; pure alcuni fatti sono esposti in modo così circostanziato che sembra difficile possano essere prodotti da fantasia; mentre essi sono difficili a spiegare e conciliare coll'indirizio politico concordato in Albania, e coll'obiettivo alieno da aspirazioni territoriali, che la politica Austriaca sembrerebbe avere in quella regione.

Insomma io li raccomando alla di Lei attenzione e gradirò assai avere di Lei in proposito notizie, se può procurarsene, e soprattutto il di Lei apprezzamento.

A giorni il Senato esaminerà il Bilancio degli Esteri; non dubito che tutto vi procederà colla massima calma, e così potremo procedere al rinnovamento della Triplice assistiti dalla manifestazione solennemente favorevole ad essa dei due rami del Parlamento. Io mi illuderò forse, ma considero questo risultato come un gran beneficio per la Monarchia, pel paese, ed anche un po' per la Triplice stessa che ne acquista saldezza e valore. Se si aggiunge che il rinnovamento avviene ormai senza destare alcuna cattiva impressione in Francia, parmi si possa esserne lieti.

Ora non resta se non cementare le buone relazioni politiche cogli alleati con utili convenzioni commerciali.

A questo proposito è veramente deplorevole il continuo parlare del Presidente del Consiglio Ungherese. Le sue ripetute dichiarazioni così dure, in un linguaggio che non conosce nessuna delle forme, non dirò, usate dai diplomatici, ma usate da chi è Capo del Governo di un paese, mentre sono superflue, perché le ripetizioni sono sempre superflue in politica, possono a lungo andare creare un ambiente in cui i negoziati diventino difficili. Finora alle intemperanze del linguaggio Ungherese l'Italia ha opposto una grandissima calma, né io mi lascerò mai trascinare a parlare nello stesso tono; ma è veramente deplorevole che il Signor Szell avendo da imitare il modello così perfetto del Conte Goluchowski dinanzi a sé, se ne scosti invece tanto; e c'è sempre a temere che un giorno o l'altro qualche parola imprudente in mezzo a tanto a tanto parlare di politica estera gli scappi di bocca e venga a creare difficoltà.

Sarebbe veramente desiderabile che di politica estera parlasse l'uomo che così bene sa parlarne, il Conte Goluchowski e non chi non è responsabile di essa. Mi perdoni questo sfogo, ma quando si ha lavorato mesi e mesi, come ho lavorato io, a togclere ostacoli, a superare difficoltà, riesce doloroso il vedere che altri, per pura mania ji parlare, arrischia di creare difficoltà anche dove non ci sono.

Duolmi assai quanto Ella mi scrive della salute della Contessa Goluchowski. Io La prego di esprimere al ministro, presentandosi l'occasione, la parte vivissima che prende alle sue preoccupazioni e l'augurio sincero perché esse possano presto dissiparsi.

(l) Si tratta del conte Gino Prinetti, figlio del senatore Carlo. Nell'Archivio Visconti Venosta si trova la seguente lettera, datata Milano 8 giugno, del senatore Carlo ad Emilio Visconti Venosta:

(2) L'B giugno 1902 l'an. Prinetti si era battuto in duello con l'on. Leopoldo Franchetti per una disputa personale sulla politica coloniale.

555

IL MINISTRO DELLA GUERRA, OTTOLENGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

N. 397. Roma, 13 giugno 1902 (per. il 14).

Restituisco a V. E. il rapporto n. 143 del 7 maggio u.s. del R. Consolato a Budapest (1), intorno al bilancio di previsione austro-ungarico pel 1903.

La richiesta di maggiori crediti per far fronte alle spese d'acquisto di nuovo materiale da guerra, segnalata da V. E., conferma quanto già mi risulta, per altre notizie, circa l'attività che l'Austria-Ungheria continua a manifestare sulla nostra frontiera e circa il sistema da tempo seguito dalla sua amministrazione dalla guerra di richiedere, quasi immancabilmente ogni anno, un ulteriore sacrificio, a volte lieve, a volte considerevole, all'erario dello Stato, nell'intento di provvedere adeguatamente ai bisogni di una perfetta organizzazione dell'esercito e di un completo assetto difensivo della Monarchia, indipendentemente da considerazioni politiche del momento.

La nostra situazione invece, specialmente rispetto all'Austria, lascia molto a desiderare, a causa della scarsezza che, da oltre un decennio, si verifica nei mezzi finanziari posti a disposizione dell'amministrazione militare, in confronto ai bisogni molteplici e gravi, perché occorre por mente che, in molti tratti, si deve provvedere quasi ex nova, all'assetto difensivo della frontiera.

Preoccupato di tale condizione di cose, procurerò, per parte mia, perché la gravità ne venga, a mano a mano e per quanto possibile, attenuata; ma stimo mio debito richiamarvi sopra anche l'attenzione di V. E., essendo necessario che il Governo ne tenga stretto conto nella preparazione e nello svolgimento della nostra politica internazionale.

556

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, MARTIN!

T. R. 892. Roma, 14 giugno 1902, ore 15,15.

Prima che Ciccodicola partisse da Roma lo avvertii che non avrei più lasciato pagare tratte senza accompagnamento richieste Menelik. Ciccodicola trasgredisce quindi ordini ricevuti. Tratta che non accettai non produrrà alcun inconveniente temuto da V. E., essendone portatrice Banca Coloniale. Continuano ad arrivare corrieri Ciccodicola senza alcun accenno a resa di conti e documenti. Bisogna quindi forzarlo adempiere ordini ricevuti per salvare responsabilità amministrazione coloniale, essendo irregolare condotta Ciccodicola in tutto questo maneggio di fondi.

28 -Documenti diplomatici -Serle III -Vol. VI

(l) Non pubblicato.

557

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S. N. Berlino, 14 giugno 1902, ore 20,19 (per. ore 21,10).

Riservatissimo per Lei solo.

S. M. l'Imperatore, dopo di avere fatto studiare tutte le combinazioni possibili per eliminare difficoltà che si oppongono ad una visita dei Nostri Augusti Sovrani in principio di luglio, mi fa, in questo momento, conoscere per mezzo del Cancelliere dell'Impero che, con suo grande dispiacere, egli non potrebbe riceverli degnamente quell'epoca; la stagione inoltrata, i lavori che si stanno compiendo nel palazzo reale, la chiusura dei teatri, e, più di tutto, il dislocamento delle truppe per esercitazioni, non gli consentirebbero, dato breve tempo disponibile, di preparare un ricevimento quale a lui preme fare alle loro Maestà.

Sua Maestà è sommamente grato e apprezza molto il pensiero di S. M. il Re di dedicare alla Corte di Berlino sua prima visita e spera, qualunque siano intenzioni di Sua Maestà per la sua visita a Pietroburgo, che gli sarà dato di poterla vedere a Berlino alla fine di agosto. Di questi suoi sentimenti Imperatore fa direttamente parte a Sua Maestà per telegrafo.

Ignoro quali siano accordi presi per la visita a Pietroburgo, ma, in ogni caso, mi pare che oramai Sua Maestà sia perfettamente libera di recarsi colà quando gli piacerà, senza avere bisogno di venire prima qui. Dall'insieme delle cose udite ho potuto pur capire che, nel fondo, ragione vera e precipua, per la quale Imperatore preferisce ricevere Loro Maestà in agosto, trae origine dal suo vivo desiderio che Nostri Sovrani passino in rivista a Berlino intero corpo della guardia, ciò che non può avvenire in altro momento. Qualora, poi, per una ragione o per l'altra, fine agosto non convenisse decisamente a S. M. il Re, credo poter affermare, senza ingannarmi, che epoca migliore o più gradita sarebbe mese di ottobre. Sarò grato a V. E. volermi poi tenere al corrente decisione definitiva che Sua Maestà avrà portato a notizia Imperatore nel rispondere suo telegramma.

558

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO RESIDENTE A CARACAS, RIVA

D. Roma, 14 giugno 1902.

Segno ricevuta e ringrazio la S. V. dei suoi rapporti n. 212 del 12, 214 del 13 e 215 del 15 maggio u s. (l) relativi alla situazione politica interna di codesto stato.

La S. V. ha attirato la mia attenzione sull'avvenuta sospensione delle garanzie costituzionali e sui pericoli che lo stato anormale di cose che ne risulta può presentare anche per i nostri concittadini costà residenti. A questo riguardo La prego di esaminare innanzitutto se non sia il caso che codesto corpo diplo

matico venga riuntito dal suo decano per concertare le misure da prendere nel

l'interesse della difesa e della sicurezza degli stranieri.

Per quanto concerne in modo speciale i nostri concittadini, nel mentre

approvo i suggerimenti che Ella ha dato loro, ed i passi da Lei fatti presso

codesto Governo, La prego di voler fare tutto ciò che è consentito dallo stato

presente di cose ed è reclamato dalle circostanze.

La R. «Nave Calabria» ha già avuto ordine di tornare in codeste acque al più presto: essa vi resterà fino all'arrivo del «Bausan » che parte in questi giorni dall'Italia a codesta ... (l).

Gradisca.

(l) Cfr. n. 467; gli altri rapporti non sono pubblicati.

559

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA

T. 898. Roma, 15 giugno 1902, ore 13,50.

Ricevuto telegramma n. 23 (2). Voglia dire comandante «Galilei» recarsi appena possibile Berbera mettersi d'accordo con quelle autorità circa crociera, e spiegare che fucili, già imbarcati nave da guerra, non sono stati consegnati Jusuf dopo reciso parere contrario governatore Benadir direttamente interposto nella questione -Governo del Re ha fin da principio dichiarato Governo inglese che condizione essenziale nostra cooperazione era la salvaguardia della colonia del Benadir.

560

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, MARTINI

T. 899. Roma, 15 giugno 1902, ore 14.

Gazzetta Ufficiale 14 corrente pubblica R.D. n. 168 del 30 marzo u.s. ordinamento organico Eritrea (3).

561

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S.S.N. Roma, 16 giugno 1902, ore 17,15.

Riservatissimo per Lei solo.

Sua Maestà ha ricevuto dall'Imperatore il telegramma da Lei annunciato; in seguito al quale assai probabilmente deciderà di fare alla fine di agosto

la visita a Berlino secondo il desiderio dell'Imperatore. Però la visita del Re a Pietroburgo causa le condizioni dell'Imperatrice, potrà forse avvenire prima e non dopo Berlino come era vivo desiderio di Sua Maestà. Prima però che questo programma diventi definitivo Sua Maestà mi incarica domandarle ancora a buon conto se la precedenza della visita a Pietroburgo, imposta dalle circostanze, possa costì dispiacere, o produrre ombra alcuna di men favorevole impressione. Sarò grato a V. E. di un pronto riscontro (1).

(l) -Parola llleggiblle, probabllmente «località». (2) -Cfr. n. 549. (3) -Sulla situazione in Africa Orientale ed in particolare sull'amministrazione dell'Eritrea, l'on. Prinetti aveva fatto alla Camera 11 24 maggio alcune dichiarazioni. Cfr. A.P. Cam. Dep., cit., III, p. 2071 e s.
562

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. S.S.N. Roma, 16 giugno 1902, ore 17,15.

Riservatissimo per Lei solo.

La visita a Berlino non potendo aver luogo che in fine di agosto e S. M. il Re desiderando inoltre visitare quest'anno anche la Corte di Russia, sarebbe disposto a fare le due visite separatamente. Per incarico di Sua Maestà ti prego quindi cercare d'indagare evitando però assumere ogni impegno se costà riuscirebbe gradita ed opportuna la visita verso il 20 luglio.

563

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A PECHINO, GALLINA

T. 901/39. Roma, 16 giugno 1902, ore 18,15.

L'incaricato d'affari di China mi comunica un telegramma col quale il suo Governo, adducendo il timore di gravi disordini se dovesse chiedere al paese nuove risorse per far fronte al pagamento per le indennità. Io non vedrei ragione creare così pericoloso precedente consentendo inosservanza di un esplicito patto del proocollo di pace. A buon conto però, prima di rispondere, prego telegrafarmi: 1° quale è attualmente espresso in franchi, il valore del tael Haikuan; 2° quali sono, circa questo argomento, le vedute e le istruzioni dei suoi colleghi.

564

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. R.S.N. (2). Roma, 16 giugno 1902.

Con un dispaccio confidenziale del 5 Maggio scorso (3) che dal Cav. Ferrara-Dentice deve esserLe stato rimesso non appena Ella fu reduce al Suo

(-3) Cfr. n. 442.

posto, comunicai a V. E. una Memoria nella quale erano riassunte le conclusioni dello scambio di idee intervenuto, in vista del rinnovamento dell'alleanza, fra i tre Governi alleati.

Benché, per quanto concerne l'Austria-Ungheria, la Memoria riproduca le precise dichiarazioni che rispetto a Tripoli, ai Balcani ed al Trattato di Commercio ci furono fatte dal Ministro Imperiale e Reale degli Affari Esteri, pregavo, nondimeno, l'E. V., per ogni buon fine, di volermene procacciare da parte del Conte Goluchowski, la positiva riconferma dell'esattezza di quanto la Memoria contiene.

Niun cenno essendomi, a tal riguardo, finora pervenuto da V. E., Le rinnovo la fattaLe preghiera, acciocché non tardino a trovarsi così gli atti relativi al rinnovamento della alleanza.

(l) -Cfr. n. 571. (2) -Analogo dispaccio venne inviato in pari data a Berlino.
565

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1148/25. Massaua, 17 giugno 1902, ore 11,30.

Josuf imbarcherà sul «Galilei». Se servizio crociera non richiedesse spingere sino a Alula deve R. nave andarci egualmente per sbarcare Josuf ovvero ricondurlo Aden al ritorno. Prego V. E. di volermi impartire istruzioni.

566

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S.S.N. Pietroburgo, 17 giugno 1902, ore 13,30 (per. ore 17).

Riservatissimo per Lei solo.

Malgrado la grande ristrettezza del tempo procurerò indagare, in conformità del tuo telegramma di ierisera (l), ricevuto testè. Temo però visita verso 20 luglio possa difficilmente riuscire opportuna, stanteché da tempo, sono, a quanto mi viene riferito, combinate visite altri principi pel luglio, e inoltre pare certo che il matrimonio granduchessa Elena avrà parimenti luogo in luglio (2). Ti prego rettificarmi cifra 10433 del tuo telegramma.

(l) -Cfr. n. 562. (2) -Alle ore 20,15 dello stesso 17 giugno Prinetti inviò a Morra il seguente telegramma:<<Riservatissimo per Lei solo. Indicai data venti luglio in via approssimativa, ma essa puòanche occorrendo esser variata purché Sua Maestà possa ritornare Roma per anniversario 29 luglio».
567

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA (1)

T. 908. Roma, 17 giugno 1902, ore 17.

Rispondo telegramma n. 75 (2). 1 • ho versato «credito lionese ~ 50 mila franchi disposizione Menelik di cui attendo annunciatami richiesta;

2• verserò un milione Bancaria milanese appena riceverò richiesta originale Menelik, in cui sia chiaramente indicato istituto presso cui deve essere fatto versamento;

3• per versare poi «credito lionese ~ rimanenza saldo Menelik aspetto ricevere, oltre relativa richiesta originale di Menelik, elenco somme pagategli sui fondi prelevati dalla legazione pei tre ultimi esercizi.

Ordino ancora una volta V. S. spedirmi immediatamente conti documentati legazione nonché richieste e ricevute Menelik relative pagamenti fatti finora.

568

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA

T. 912. Roma, 17 giugno 1902, ore 20.

Ricevuto telegramma V. E. n. 25 (3). Seguendo istruzioni ministro Marina «Governolo ~ trasbordi da « Galilei ~ armi munizioni che, come le telegrafai, è bene non siano ancora restituite Massaua pel caso fossero richieste da Dulio: indi compia missione Berbera e susseguente crociera con trasporto Jusuf Alula. « Galilei~ domandi ordini commissario Eritrea.

569

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1160/54. Pechino, 17 giugno 1902, ore 21 (per. ore 21,45).

Rispondo suo telegramma n. 39 (4). Prezzo odierno del tael è di franchi oro tre e ventinove centesimi.

(4} Cfr. n. 563.

Governo chinese ci ha diretto nota identica nello stesso senso comunicazione fatta a V. E. dall'incaricato d'affari. Abbiamo all'unanimità risposto pur con nota identica non poter transigere sul pagamento delle somme integrali in oro.

Oggi però ministro Stati Uniti ci informa avergli suo Governo espresso l'opinione che nei pagamenti fatti dai chinesi, si debba attribuire al tael il valore specificato all'articolo 6• del protocollo (pel franco tre e 75 centesimi).

Nessun collega potrebbe consigliare proprio Governo qualsiasi mutamento al modo di pagamento. Solo tra essi ministro Inghilterra ha finora notizia di passi analoghi fatti a Londra.

(l) -Il telegramma venne trasmesso tramite Il consolato ad Aden che venne invitato a farlo proseguire nel modo più sollecito. (2) -Cfr. n. 498. (3) -Cfr. n. 565.
570

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, MARTINI

T. CONFIDENZIALE 916. Roma, 17 giugno 1902, ore 23,05.

Caro Martini alcuni giorni fa Nazione oggi Giornale d'Italia pubblicarono corrispondenze Asmara notizie nuovo confine dettagliate precise altresì accompagnate da storia dei negoziati molto inopportuna intesa turbare nostri rapporti cordiali Inghilterra. Ti prego ricercare origini simili indiscrezioni e impedirle in avvenire tanto più che sono mandato proprio ai giornali più accanita opposizione.

571

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S.S.N. Berlino, 17 giugno 1902.

Riservatissimo per Lei solo.

Rispondo suo telegramma jeri sera (1). Il caso che eventuale accettazione invito Imperatore alle Loro Maestà di venire a Berlino fine agosto possa recare per inevitabile conseguenze precedenza visita Pietroburgo è stato da me preveduto ed accennato nelle lunghe discussioni della settimana passata con il Cancelliere dell'Impero. Posso quindi assicurare che se Loro Maestà si recassero a Pietroburgo in luglio e si rassegnassero a fare un secondo viaggio in agosto, magari anche in ottobre, per venire Berlino, ciò non farebbe qui cattiva impressione, visto che Imperatore, il quale lo ha dichiarato ripetutamente, comprende benissimo circostanza che renderebbe necessaria una tale combinazione. Nel manifestarmi su questo punto modo di vedere del suo Sovrano,

(l} Cfr. n. 561.

Cancelliere dell'Impero non mi nascondeva però che, per quanto lo concerne e per ragioni politiche di cui gli bisogna tener conto, sarebbe stato a lui molto più gradito se visita Berlino avesse preceduta quella di Pietroburgo. In conclusione mio parere è che, politicamente parlando, sarebbe desiderabile qualora non si incontrino ostacoli addirittura insormontabili, trovare una combinazione che consenta alle Loro Maestà di recarsi prima a Berlino, poi a Pietroburgo.

572

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S.S.N. Vienna, 18 giugno 1902, ore 13,05 (per. ore 14,20).

Riservatissimo per Lei solo.

La memoria annessa al dispaccio confidenziale di V. E. del 5 maggio (l) fu da me letta al conte Goluchowski subito dopo il di lui ritorno da Budapest, cioè 11 corrente ed il suo contenuto fu da lui trovato conforme alle comunicazioni fattele dal barone Pasetti. Il mio rapporto relativo del 12 corrente (2) non poté esserle spedito perché il corriere di ritorno da Berlino non è ancora giunto a Vienna, ma lo sarà tra breve.

573

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. S.S.N. Berlino 18 giugno 1902 (per. il 23).

Il Corriere di Gabinetto mi consegnò a suo tempo il Dispaccio segreto di

V. E. in data delli sei corrente (3), al quale andavano alligati: a) i pieni poteri Regii che mi conferiscono il mandato di stipulare il nuovo Trattato di Alleanza. b) una copia del Trattato vigente e del protocollo.

Dopo opportuno scambio di vedute col Conte di BUlow, col Barone Richthofen e col signor Szogyeny-Maritch, abbiamo oramai concordato tutto quanto occorre per la firma del novello trattato della Triplice Alleanza. Il novello atto riprodurrà nella sua integrità il trattato del 1891 (compreso il protocollo) con le sole varianti introdotte nel Preambolo, già da me telegrafate testualmente il 10 Giugno (4), e da V. E. approvate col telegramma dello stesso giorno (5).

Ad ogni buon fine unisco al presente la minuta del novello trattato la quale mi fu consegnata dal Barone Richthofen, e di cui ho conservata una

copia per l'Archivio segreto di questa R. Ambasciata. Parmi superfluo inviare altresì una copia del protocollo, visto che nessuna modificazione è stata introdotta in quell'atto addizionale.

Ogni difficoltà essendo oramai rimossa, ogni dubbio debitamente chiarito, non mi resta che ad aspettare gli ordini di V. E., per fissare, d'accordo col Cancelliere, e col mio collega, l'Ambasciatore Austro-Ungarico, la data alla quale si dovrà addivenire alla firma del nuovo trattato della Triplice Alleanza.

(l) -Cfr. n. 442. (2) -Il rapporto, non pubblicato, che reca la data del 12 giugno partì da Vlenna il 20. (3) -Cfr. n. 525. (4) -Cfr. n. 540. (5) -Cfr. n. 543.
574

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1170/26. Aden, 19 giugno 1902, ore 8,40.

Lovatelli avendo ricevuto mia lettera con copia telegramma di V. E. n. 755 (1), mi scrive da Bohotil 7 corrente che Swayne è d'accordo con lui essere pericoloso consegnare ora fucili a Jusuf anche perchè oramai troppo tardi. Lovatelli dice pure essere Swayne molto spiacente per ritardata azione Jusuf a Mudug ciò che rende impresa militare molto più difficile. Lovatelli comunica pro-memoria Swayne chiedente che i 500 fucili con munizioni siano rilasciati temporaneamente al consolato Berbera per il caso di bisogno. Lovatelli crede opportuno spedire Jusuf a Berbera donde quelle autorità lo invierebbero al campo di battaglia per proseguire colla spedizione a Mudug e, se Jusuf rifiuta, trattenerlo Aden o lasciarlo libero. Col nemico nessun scontro sino allora.

Jusuf rifiuta raggiungere Lovatelli via Berbera dicendosi impotente montare lungamente cavallo, e che in ogni caso sarebbe ucciso per strada, e prega essere mandato Alula. Ricevuto ora telegramma di V. E. n. 912 (2) «Governolo» potrà partire sabato.

575

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S.S.N. Pietroburgo, 19 giugno 1902, ore 12 (per. ore 15,25).

Riservatissimo per Lei solo.

Le poche indagini che mi furono possibili, nulla volendo compromettere, mi confermarono nella convinzione del sicuro gradimento, ma poca opportunità

nel luglio. Mi rimetto poi a quanto ti scrissi il 7 (l) sulla necessità di nulla precipitare, onde assicurarsi in modo il più possibile ufficiale della restituzione in Roma, della quale non parlai finora che privatamente. Parmi quindi che il luglio sia sotto ogni aspetto inopportuno, e che la visita sia difficile a combinarsi per quest'anno; ma, naturalmente, metterò ogni impegno per seguire gli ordini che Sua Maestà volesse ancora impartire in proposito.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 568.
576

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S.S.N. Roma, 19 giugno 1902, ore 13.

Riservatissimo per Lei solo.

Il Senato vota oggi il bilancio degli affari esteri, Nessun dubbio sull'esito della votazione. Appena mi sarà giunta col corriere di Gabinetto la spedizione da lei oggi annunciatami, presi gli ordini di Sua Maestà telegraferò a V. E. per firmare il trattato.

577

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S.S.N. Berlino, 19 giugno 1902, ore 18 (per. ore 18,50).

Riservatissimo per Lei solo.

Corriere di gabinetto, giunto testé, mi reca lettera riservata del 16 (2), nella quale V. E. rileva omissione da me commessa, non rispondendo a dispiaccio confidenziale del 5 maggio (3). Riparo oggi mia inavvertenza assicurando

V. E. che la memoria annessa al dispaccio del 5 maggio concorda pienamente non solo con le dichiarazioni ripetutamente fattemi dal cancelliere dell'impero e dal segretario di Stato rispetto a Tripoli e ai trattati, ma anche col promemoria consegnatomi dal cancelliere dell'Impero il 9 marzo. Di tale promemoria conservo, del resto, in questo archivio testo originale redatto da questo Dipartimento Affari Esteri. Ciò stante io crederei miglior consiglio astenermi dal ritornare sull'argomento col Segretario di Stato. Ogni mio nuovo passo potrebbe

sollevare qui meraviglie come quello che dopo tante dichiarazioni già fatteci a viva voce e per iscritto, potrebbe indicare una certa diffidenza, da parte nostra, nei propositi del Governo Imperiale.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 563, nota l. (3) -Cfr. n. 442.
578

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 865/436. Vienna, 19 giugno 1902 (per. il 23).

Colla seduta di ieri è stata chiusa la sessione di quest'anno del Parlamento austriaco che ha durato otto mesi e ha dato risultati superiori a quelli che potevano aspettarsi dopo l'esperienza fatta nelle ultime sessioni. Oltre il bilancio sono state votate nella sessione ora terminata varie leggi di riconosciuta utilità pubblica e nella penultima seduta quella che impone una sovratassa sui biglietti ferroviarii. Il ricavato di questa nuova imposta, che andrà in vigore al principio del nuovo anno, sarà devoluta all'abolizione dei pedaggi ancora esistenti per l'entrata nelle città di provincia, all'aumento di alcune classi di pensioni per le vedove ed orfani dei funzionari dello Stato ed al miglioramento degli stipendi dei diurnisti ed impiegati straordinari delle amministrazioni governative.

Nelle ultime sedute della sessione fu anche presentato dal Governo un progetto di legge sulla stampa che, pei principii in massima liberali ai quali è informato, è stato favorevolmente accolto dalla stampa e dalla opinione pubblica, ma non sarà discusso che nella prossima sessione parlamentare.

Il progetto di legge, del quale unisco un esemplare (l), dichiara libero a tutti l'esercizio della stampa con l'obbligo però pei fogli periodici di darne annuncio alle autorità locali 48 ore prima della pubblicazione del primo numero di essi e di avere un redattore responsabile o più redatori responsabili ciascuno per una speciale rubrica del giornale. Dichiara libera la circolazione e lo smercio degli stampati, solo con talune limitazioni nella vendita sulle strade pubbliche. Ammette il sequestro solo nei casi di offese ai Sovrani ed ai Membri del Parlamento, di alto tradimento, di pubblicazioni che possono nuocere alla sicurezza o integrità dello Stato o che siano contrarie alla religione o al buon costume. Il sequestro decade se non denunciato nelle 24 ore all'autorità giudiziaria.

Il progetto di legge cerca poi di garantire più efficacemente l'onore dei privati, stabilendo che le offese ad esso portate siena punite con una pena corporale, congiunta o no con quella pecuniaria, e che la competenza per giudicare di tale reati sia affidata al giudice unico e sottratta al giudice dei giurati. La medesima competenza è stabilita pel reato di boicottaggio commesso per mezzo della stampa.

(l} Non si pubblica.

579

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. CONFIDENZIALE 872/439. Vienna, 19 giugno 1902 (per. il 23).

Per mezzo del Corriere ausiliario mi pregio di restituire qui uniti i rapporti del R. Console a Scutari e del R. Vice-Console a Durazzo che erano annessi al dispaccio di V. E. del 14 corrente (1), a me rimessi dal corriere Marcone, qui giunto oggi.

Ho letto colla dovuta attenzione quei rapporti, nonché quello del R. ViceConsole predetto, comunicatomi con precedente dispaccio del 29 Maggio ultimo (2).

L'impressione generale da me provata alla lettura di quei documenti si è che essi siano, in gran parte, il risultato d'una suggestione morbosa, o almeno d'una esagerazione di ottica politica. Ma, prima di esaminare le affermazioni e deduzioni in essi contenute, mi permetto di fissare in brevi tratti, ancora una volta, gli scopi della politica austro-ungarica in Albania.

L'Austria-Ungheria non vuole, e non ha interesse di volere l'annessione ai suoi Stati dell'Albania. Lascio da parte i solenni impegni derivanti dal diritto internazionale e dai trattati. Non si può dubitare dell'intenzione del Governo Austro-Ungarico di osservarli. Ma siccome i pubblici trattati, per la forza dei fatti, sono soggetti ad essere successivamente modificati, non trarrò argomento da essi, !imitandomi alla questione degli interessi austro-ungarici. Ora è positivo che l'Austria-Ungheria non ha interesse ad annettersi l'Albania, anche quando ciò fosse non solo possibile, ma agevole. Il Governo Austro-Ungarico si dibatte in mezzo a difficoltà enormi per il fatto della coesistenza nell'Impero di nazionalità diverse. L'aggiungere un nuovo elemento di divisione a quelli già esistenti sarebbe più che imprudente, esiziale all'Impero. L'Austria-Ungheria è un paese conservatore nella sua essenza. Non ha tendenze conquistatrici. Vuole lo status quo alle sue porte. Ma considera suo supremo interesse che questo status quo non sia sconvolto a suo pregiudizio. Non vuole la Russia, né un satellite Russo, più potente del Montenegro, sulla riva orientale dell'Adriatico, e, ben inteso, non vi vuole nemmeno né l'Italia, né la Grecia, né altri. Essa tollerò per lunga serie di anni che la Bosnia e l'Erzegovina, questo grande cuneo tra la Dalmazia e l'Ungheria, fosse in possesso dei Turchi. Ma quando nel 1876-8 la Russia volle cacciare la Turchia dai Balcani e creare al suo posto un grande principato slavo, suo protetto, l'Austria-Ungheria vi si oppose, esigendo che questo principato non toccasse né l'Adriatico né l'Egeo, e chiedendo per sé l'occupazione e l'amministrazione della Bosnia e dell'Erzegovina e il diritto di guarnigione a Novi-Bazar. Senza la preveggenza del Conte Andrassy, e la fermezza di Lord Beaconsfield, i principati slavi, satelliti della Russia, si estenderebbero ora dalle rive occidentali del Mar Nero al Mar di Marmara, all'Egeo, fino alle Bocche di Ca t taro, nell'Adriatico.

Adunque nell'interesse dell'Austria-Ungheria è di non annettere l'Albania ma di non permettere che altri l'annetta. Il Governo Austro-Ungarico è ben deciso a difendere questa politica con tutte le sue forze, con tutti i mezzi dl cui dispone. Quando, per avvenimenti ineluttabili, lo stato attuale territoriale dell'Albania non potesse essere mantenuto, essa ammetterebbe una soluzione che permettesse all'Albania un governo autonomo, ma non vi ammetterebbe alcuna specie di dominazione di altre Potenze. Non ho bisogno di aggiungere, ciò che V. E. ben conosce, che su queste basi appunto poggia l'intelligenza, prima verbale nel 1897, poi scritta nel 1900, tra il Marchese Visconti Venosta ed il Conte Goluchowski (1).

Questa intelligenza non impedisce: lo che l'Austria eserciti, anche in Albania, la sua tradizionale missione di proteggervi il clero cattolico e di sussidiario: 2° che tanto l'Italia, che l'Austria-Ungheria vi abbiano scuole, promuovano i loro rispettivi interessi economici, commerciali, industriali e di navigazione, e vi abbiano consoli ed agenti commerciali, ed all'uopo uffici postali esercitati colla sorveglianza dei propri agenti consolari.

Ciò posto, esaminiamo lo stato di fatto in Albania, quale è presentemente nei rapporti tra l'Austria-Ungheria e l'Italia. In questi ultimi tempi l'opinione, non dirò pubblica, ma di certi circoli, nei due paesi, si preoccupò della così detta questione albanese. Dall'un lato gli Albanesi dimoranti in Italia tentarono e tentano, con un loro giornale, poco diffuso in verità, e con altri scritti, di sollevare la questione albanese. Sorsero anche pretendenti, eredi, così si dicono, dello Scanderbeg. Qualche giornalista ed anche un membro del Parlamento Italiano percorsero l'Albania e provocarono colle loro relazioni un certo rumore, che ebbe qualche eco nei circoli parlamentari. Nei Consolati italiani, nelle scuole italiane e nella nostra navigazione sulle coste albanesi vi fu un risveglio di attività, che fu naturalmente commentato non solo in Albania ed in Italia, ma anche in Austria-Ungheria ed in Turchia. A questa specie di attività italiana in Albania, esagerata in parte dalla loquacità giornalistica ed accentuata dall'apparizione in certi momenti delle nostre navi da guerra, ha dovuto rispondere, per naturale reazione, una attività eguale ma forse più discreta, da parte dell'Austria-Ungheria. Dico che ha dovuto, perché è naturale che sia cosi. Ma se dovessi dire come ed in qual misura questa attività austroungarica abbia risposto alla nostra, non potrei farlo in modo preciso, poiché non è giunta a me la notizia di alcun fatto veramente caratteristico che la comprovi con evidenza, eccetto una breve corsa lungo la costa di una squadra austro-ungarica. Io ignoro se il Governo austro-ungarico abbia aumentato o

«Su questo argomento non potrei se non ripetere quanto l'anno scorso ho detto. L'intesa che allora dal discorso del conte Goluchowscki e dal mio apparve esistere tra l'Austria-Ungheria e l'Italia su questo punto, non ha sofferto alcuna variazione. Intorno alla portata di questo accordo nello scorso anno, dopo avere ripetuto le parole del mio predecessore, che cioè i due Governi avevano ravvisato nel mantenimento dello statu qua la migliore tutela del reciproci interessi, aggiunsi: «Posso affermare che entrambi i Governi assistono ed assisteranno concordi con animo lieto e col più completo disinteresse al progressivo naturale sviluppo del popolo albanese». Da queste parole appare chiaro che lo scambio di vedute tra i due Governi è arrivato fino all'estremo limite concesso dal rispetto e dalla lealtà che sono doverosi verso uno Stato vicino ed amico». In A.P., Cam. Dep., cit., II, p. 2087.

migliorato le vie di accesso ai confini albanesi se abbia aumentato in Albania le scuole austriache o gli uffici postali presso i Consolati austro-ungarici, o aumentato i fondi per gli ospedali austriaci, o moltiplicato gli approdi dei vapori postali, se abbia dato maggior estensione ai sussidi concessi alle chiese cattoliche. Ma anche se alcuni di tali provvedimenti fossero stati presi, non si potrebbe attribuire ad essi un carattere di propaganda illecita, poiché anche all'Italia è permesso di rare altrettanto, eccetto ciò che riguardasse le vie d'accesso per terra, che non sono a nostra portata, o i sussidi alle chiese cattoliche, esclusi per ragioni ovvie dai nostri mezzi d'azione.

I Consolati austro-ungarici in Albania sono pareggiati per numero su per giù anche per grado agli italiani. La sola differenza nel servizio consolare del due paesi e che l'Italia non ha nessun ufficio consolare a Prisren, e l'AustriaUngheria non ne ha nessuno a Prevesa. E' probabile, però, che i Consoli austroungarici siano meglio retribuiti dei nostri. In questo momento non sono ln grado di verificar ciò. Ma, quando fosse, il rimedio alla differenza sarebbe pronto, se il nostro bilancio lo consente.

Ma i nostri Consoli a Scutari e Durazzo, nei rapporti di cui è qui ora questione non accennano ad una propaganda fatta per questi mezzi leciti ed onesti. Essi affermano fatti di altra natura, che passeremo in rassegna.

Il R. Console Generale a Scutari, Cav. Alessandro Leoni, informa, con rapporto dell'8 Giugno (1), che, per mezzo del Console Generale in quella residenza (Teodoro Ippen) sono sussidiati con denaro:

Shahim Bey e Hussein Bey, Comandante il primo e Maggiore il secondo della Gendarmeria locale;

Risaa Bey, capo della Regia dei Tabacchi;

Sadò Coali e Hassan Bey, possidenti;

Hajiz Bey, prete musulmano, ed altri, di cui s1 Ignorano i nomi.

Dal suo canto il R. Vice-Console a Durazzo Signor Macchioro, con rapporti del 13 Maggio (l) e 2 Giugno corrente (2) diretti al R. Console Generale a Scutari, riferisce i nomi di 82 individui, tra cui Essad Pascià, molti Bey e funzionari turchi ed i capi della Gendarmeria in Durazzo, Tirana, Cavaia, Elbassan, Siak, Peklin, ai quali, per mezzo del Console Austriaco, sarebbero distribuiti sussidi in danaro.

Il Cavalier Leoni ed il Signor Macchioro assicurano che la somma spesa in questi sussidi è ragguardevole. Ma si limitano ad affermare, senza provare. II solo indizio di prova, riferito dal Signor Macchioro, sarebbe che nel bilancio della Bosnia ed Erzegovina dovrebbe figurare un milione di fiorini per spese segrete e che, per una curiosa coincidenza com'egli dice, questa somma, divisa per sei, che è il numero dei Consolati austro-ungarici in Albania, darebbe per l'appunto la cifra da lui approssimativamente calcolata come spesa dal Governo austriaco nel distretto di Durazzo. V. E. penserà probabilmente che tale indizio è molto tenue, e che, se veramente il Signor de Kàllay, ministro per la Bosnia e per l'Erzegovina, può disporre di un milione di fiorini di fondi segreti, sulla quale cifra ho qualche dubbio, questo danaro troverebbe un più utile

impiego nel soddisfare ai reclami dei Bosniaci che mandarono recentemente a Pest una deputazione speciale per presentare vari reclami contro il Governo, deputazione che non fu ricevuta dall'Imperatore.

Ad ogni modo si è qui in .presenza d'una gravissima accusa, qual'è quella d'un tentativo enorme di corruzione di tutti i capi del Governo Albanese a cominciare da Essad Pascià, venendo sino ai comandanti della Gendarmeria, ai Capi di villaggi ed anche agli albergatori. L'estensione stessa del tentativo rende la cosa molto improbabile. È materialmente impossibile che una compra di funzionari sopra una scala così vasta non si sappia in pubblico, non susciti scandali e non venga a notizia della Porta. Chi conosce l'attaccamento dei Turchi alla Signoria del Sultano non può nemmeno ammettere per un istante l'ipotesi che i comandanti militari ed i funzionari turchi di Scutari e di Durazzo si lascino comprare da una potenza cristiana per tradire il loro Signore.

Tra le asserzioni caratteristiche del R. Vice-Console a Durazzo è da segnalarsi quella, secondo la quale Dervisc Bey, personaggio notabile di Elbassan, riceverebbe dal Consolato, austro ungarico a Durazzo 200 franchi mensili per mezzo di Papa Ghermanos, prete uniate, il quale figura esso stesso tra i sussidiati dall'Austria-Ungheria. Questo Dervisc Bey avrebbe egualmente ricevuto, secondo il rapporto del Signor Macchioro, alcuni fucili Mauser per incarico del Console Austro-ungarico a Durazzo per mezzo d'un altro prete (ma questa volta il prete sembra essere cattolico), cioè Don Nicola, parroco di Durazzo, il quale gli avrebbe inoltre consegnato una lettera del detto console, e, dono più prezioso! Una carta da visita del Conte Goluchowski. Adunque ecco un console, o, per parlare più esattamente, un gerente del Consolato austro-ungarico a Durazzo, che è il Vice-Console Remigio von Kwiatkowski, il quale si vale per commissioni delicatissime presso un notabile mussulmano d'un prete uniate per pagargli un sussidio mensile, e d'un parroco cattolico per mandargli dei fucili ed una carta da visita del Conte Goluchowski! Francamente io ho la coscienza di abusare del di Lei tempo e del mio insistendo su tali fiabe. Non insisto nemmeno sul fatto, narrato dal R. Console Generale a Scutari, dell'invio nelle montagne d'un vaccinatore di ragazzi. Se il fatto è vero, è degno d'encomio, e, qualunque ne sia l'autore, merita d'esser lodato ed imitato. La propaganda del vaccino non deve dar ombra al Governo italiano.

Un fatto d'altra natura, che avrebbe, se vero, un carattere speciale, è quello riferito dal Macchioro, dei buoni di credito dati dall'amministrazione turca ai soldati invece di danaro e scontati dal Console austro-ungarico per mezzo di Hamdi Bey. Questo Hamdi Bey, che è uno dei notabili di Cavala, avrebbe, secondo che pare, dei conti a regolare colla giustizia turca. Ma ciò non avrebbe trattenuto il Console dall'accettare la di lui ospitalità e dall'averlo scelto per la sua speculazione dei buoni di credito. Qui si tratta d'un fatto specifico, che non può essere celato, che deve esser noto alla Sublime Porta e che non sarebbe difficile il controllare sul posto. Certo è che ciò non si può fare a Vienna. Ma è lecito chiedersi anche di qua con quale scopo il Console Austriaco abbia fatto questa operazione, ed abbia poi scelto un tale intermediario per farla. Il Signor Macchioro vi trova il doppio motivo di acquistare la riconoscenza dei soldati turchi e di far piacere a Hamdi Bey. Ma ancora, questi motivi debbono averne un altro, poiché essi per sé sono mezzi e non fine. Lo scopo finale sarà dunque di servirsi di questa riconoscenza dei soldati mussulmani e della benevolenza di quel Hamdi Bey, che ha dei conti colla giustizia, per un uso determinato. E quale può essere quest'uso?

E qui, ammettendo che tra questi racconti ve ne sia uno fondato sul vero, io mi perdo in congetture.

Nei rapporti dei nostri Consoli è dato come scopo alle mene da essi narrate la propaganda austriaca. Ma a che tende questa propaganda, dato che essa esiste?

C'è una propaganda che è perfettamente ammissibile, e già l'ho accennata: quella, cioè, di curare gli interessi commerciali, industriali, economici, favorire gli ospedali, le scuole, l'insegnamento delle lingue europee, le vie di comunicazione ed i mezzi di comunicazione come poste, telegrafi, ecc. ed anche di promuovere la religione cattolica.

Questa propaganda fu sempre fatta in varia misura dall'Austria-Ungheria; è ora fatta con maggiore intensità, come suppongo, per rispondere a quella che l'Italia fa o si prepara a fare, collo stesso diritto invocato dall'Austria-Ungheria. Circa una tale propaganda non vi è a dire che una cosa, cioè che l'Italia può imitarla, non già impedirla.

Ma la propaganda austriaca, che i nostri Consoli non s1 stancano di segnalare, non può essere questa. Deve essere, nel loro pensiero, una propaganda ostile all'Italia. Questa può avere un carattere offensivo o difensivo. Chiamo propaganda offensiva quella che si proporrebbe di annettere l'Albania all'Austria-Ungheria, escludendo l'Italia ed ogni altra potenza estera. Io ho già esposto le ragioni che mi portano a credere che l'Austria-Ungheria non vuole ed ha interesse a non volere una tale annessione. Non darò a V. E. la noia di rileggere le stesse cose, ed a me quella di ripeter1e.

Resta la propaganda difensiva.

È evidente che, finché l'Austria-Ungheria esiste nell'attuale sua composizione, essa deve considerare come interesse supremo dell'Impero l'aver libera la via del mare Adriatico, che la mette in comunicazione coll'Ionio, coll'Egeo, in una parola col Mediterraneo. Per questo interesse vitale l'Austria Ungheria, ripeto, è decisa a lottare fino all'ultimo. È decisa a lottare contro ogni potenza estera, piccola o grande. Ma è sopratutto decisa a lottare coll'Italia, quando questa tentasse d'impadronirsi d'un punto qualunque della costa albanese, poiché l'Italia, già padrona della spiaggia occidentale dell'Adriatico, con un'occupazione sulla sponda opposta avrebbe la possibilità di chiudere l'Adriatico. Questa è la ragione molto chiara per cui il Governo Austro-Ungarico veglia con cura gelosa sui rapporti dell'Italia coll'Albania. Esso non può dubitare della lealtà del Governo Italiano, ed ha fede nell'osservanza reciproca delle intelligenze prese dalle due Parti Ma quando vede, o crede di vedere un risveglio di azione italiana in Albania, il Governo Austro-Ungarico ed i suoi Agenti raddoppiano, per naturale reazione, i loro sforzi affine di contrapporvi la loro azione. L'Albania, come io la scorgo, è un campo poco fecondo per l'Italia, dove vengono a confluire gli interessi diversi ed opposti dell'Italia e dell'Austria-Ungheria. L'Italia vi lotta per estendere la sua influenza economica e politica su quella costa dell'Adriatico; l'Austria-Ungheria per mantenere libera la comunicazione dell'Impero col mare. Tra i due contendenti, l'Albania è ben decisa, se dovesse esser sottratta al dominio del Sultano, a non sottomettersi a quello di nessuna potenza, ma accetterà quel tanto di beneficio che la rivalità dell'Italia e dell'Austria-Ungheria può procurale. Profitta della propaganda austriaca o italiana che sia, ma non la subisce.

Se nei fatti riferiti dai nostri Consoli vi sia una parte di vero, io non sono in grado di controllare. Non credo conveniente di tenerne parola col Conte Goluchowski, perché la stranezza e la evidente esagerazione dei rapporti consolari italiani gli farebbero dubitare della nostra serietà. Ma se c'è qualche cosa di fondato, ciò deve essere spiegato, come dissi, quasi una risposta a quello che gli Agenti Austriaci possono considerare, a torto o con ragione, come una propaganda italiana in Albania.

Ad ogni modo, in presenza di tali rapporti, comprendo come l'E. v. si commuova, perché, se i fatti narrati sono veri, essi legittimano serie preoccupazioni, e, se sono falsi, sarebbe pericoloso continuare ad affidare uffici consolari cosi delicati, come sono quelli di Scutari e Durazzo, ad Agenti allucinati. Un controllo sicuro delle loro affermazioni non è, d'altra parte, molto agevole. Sarebbe certo importante che la Sublime Porta fosse informata dei tentativi di corruzione della sua guarnigione, se essi fossero veri. Ma la denunzia a Costantinopoli, se fosse fatta dall'Italia, oltreché avrebbe qualche cosa di odioso, non sarebbe creduta poiché è certo che la Sublime Porta, negli affari albanesi, s'inquieta e diffida dell'Italia molto più che dell'Austria-Ungheria. Un altro mezzo di sventare le supposte trame sarebbe quello della pubblicità. Ma anche questo mezzo non dovrebbe essere sospettato come proveniente da origine italiana; ed è d'altronde pericoloso il pronunziar nomi e formulare accuse senza prova nella stampa periodica. La pubblicità avrebbe un altro inconveniente, e sarebbe quello di eccitare di nuovo l'opinione pubblica, specialmente in Italia, sull'Albania, il che io credo certamente dannoso. Rimarrebbe il partito di mandare sul posto un agente fidato e sicuro, che sapesse osservare e riferire. Ed anche questo partito non è senza difficoltà. Il terreno dell'Albania è molto infido e non si sa a chi ricorrere per avere informazioni veritiere. Si corre il rischio di cadere in mano ai Dragomanni, alle spie consolari ed agli albergatori, cioè a quelli stessi di cui si valgono i nostri consoli.

L'E. V., nella sua saviezza, peserà questi mezzi e ne escogiterà altri, che presentino inconvenienti minori. È questo un esame che deve esser fatto con prudenza e senza fretta. Ma importa che Ella sappia in modo positivo la verità sui fatti e su chi glieli riferisce.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 487, in realtà del 27 maggio.

(l) n 23 maggio, durante la discussione del bilancio del suo ministero, l'on. Prinetti aveva detto a proposito dell'Albania:

(l) -Cfr. n. 493, allegato. (2) -Non pubblicato.
580

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1180/51. Washington..., (per. ore 6,45 del 20 giugno 1902).

Incidente Venezia risorge per inconsulta comunicazione fatta dall'ammiraglio Crowninshield alla stampa inglese del rapporto che non venne pubblicato qui. Segretario Marina e sotto segretario di Stato me ne hanno espresso il loro vivo

29 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

rammarico. Il fatto sarà domattina sottoposto al presidente in Consiglio di Gabinetto. Secondo telegramma da Londra, rapporto parlerebbe di «Indegnità rivoltanti>.) commesse a Venezia a danno ufficiali durante l'imprigionamento, e fatti sarebbero esposti in modo parziale ed inesatto. Non ho mancato far rimarcare tutta la scorrettezza della pubblicazione e, in se stessa, e per momento e per luogo. Prego V. E. prendere in considerazione eventualità in cui ci convenga pubblicare gli atti del processo.

581

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 942. Roma, 20 giugno 1902, ore 18.

In seguito pace anglo-boera prego V. E. fare opportune pratiche presso Governo britannico per liberazione italiani fatti prigionieri durante guerra e detenuti a Ceylon o eventualmente anche altrove.

582

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. S. S. N. Roma, 20 giugno 1902, ore 23,55.

Riservato per Lei solo.

Caro Morra, Ho ricevuto il tuo telegramma di ieri (l) che comunicai a Sua Maestà. Malgrado tue osservazioni pure considerazioni politiche che tu facilmente comprenderai rendendo assai opportuno che Sua Maestà compiendo quest'anno la visita a Berlino compia anche quella a Pietroburgo insisto onde tu procuri combinarla. Parmi quindi potresti domandare un colloquio al Conte Lamsdorff e dirgli presso a poco quanto segue. Quando tu parlasti con lui nello scorso marzo dell'eventuaità di una visita di Sua Maestà a Pietroburgo ed egli ti rispose che sarebbe stata certo gradita all'Imperatore, e che non vi poteva esser dubbio sulla possibilità delle sua restituzione in Roma tu ne hai informato il nostro Re che ne fu assai soddisfatto, e da quel momento accarezzò il proposito di venire a Pietroburgo. Per parecchie ragioni Sua Maestà rimase incerto fino a questi ultimi giorni intorno alla possibilità di fare visite all'estero quest'anno. Ma finalmente egli ha potuto ora decidere affermativamente ed andrà a Berlino in fine di agosto. Egli proporrebbe di venire a quell'epoca a Pietroburga ma avendo ora saputo che il fausto evento dell'Imperatrice che si credeva prima fosse per ottobre avverrà molto prima, e pure desiderando assai realizzare la visita aTia Corte di Russia, per quanto il tempo sia ormai ristretto pure ti ho incaricato di informarti se ciò si potesse combinare fra il 10 e 25 luglio.

A me sembra che una simile apertura anche se venisse declinata non costi

tuirebbe nessun inconveniente; e rimarrebbe sempre in questo caso, campo a esaminare se fosse possibile combinare per dopo la malattia dell'Imperatrice. Raccomando poi naturalmente in caso si combini assicurarsi bene quanto alla restituzione della visita in Roma, per il che del resto la conversazione da te avuta col conte Lamsdorff in marzo offre facile entratura.

(l) Cfr. n. 575.

583

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1022/377. Berlino, 20 giugno 1902 (per. il 23).

Nel corso del rapido suo giro nelle provincie renane, S. M. l'Imperatore e Re si è recato anche ad Aquisgrana per solennizzare il compimento dei lavori di restauro di quella Cattedrale. Accompagnavano il Sovrano S. M. l'Imperatrice e Regina, il Principe Ereditario, il Cancelliere e il Generale Barone Von Loe.

Sua Maestà, dopo aver fatto il suo ingresso a cavallo nella città, si è recato al Palazzo municipale, dove ha ricevuto le Autorità, nonché una missione speciale, inviata a complimentarlo dal Re del Belgio.

Al banchetto che ha avuto luogo al finire dei ricevimenti, l'Imperatore ha pronunciato un lungo discorso evocando naturalmente il ricordo di Carlo Magno e del Sacro Romano Impero, non senza magnificare novellamente, come già ebbe a farlo a Norimberga, il ricostituito odierno Impero Germanico.

Del discorso imperiale, di cui unisco qui il testo, ad ogni buon fine (1), mi pare degno di essere segnalato il passo seguente: «La mia gioia è tanto maggiore oggi in quanto mi è dato di comunicare -e ne vado bene orgoglioso -ai Signori della Chiesa qui rappresentata una notizia. Ecco qui presente il Generale Barone von Loe, un fedele servitore dei suoi Re. Egli fu da me inviato a Roma per il Giubileo del Santo Padre ed, allorquando egli gli presentava i miei augurii ed i miei doni giubilari, ed in conversazioni intime gli parlava dello stato delle cose nel nostro Paese, il Santo Padre gli rispondeva rallegrarsi di potergli dire che egli sempre ha avuto una grande idea della pietà tedesca e specie di quella dell'Esercito germanico».

Il Santo Padre aggiungeva -con preghiera di volerlo riferire al suo Imperatore -che il Paese in Europa ove ancora domina l'educazione, ordine e disciplina, rispetto dei superiori, venerazione per la Chiesa e dove ogni cattolico può vivere non disturbato e libero nella sua fede, questo è l'Impero Tedesco e di ciò egli ne rende grazia all'Imperatore.

Ciò, o miei Signori, mi autorizza a dirvi che le nostre due Confessioni devono avere parimenti in mira il mantenimento e il rafforzamento del timore di Dio e del rispetto della Religione. Che noi siamo uomini moderni o che noi agiamo su un terreno o l'altro è perfettamente identico; chi però non pone la propria vita sulla base della Religione, è perduto. Così voglio anch'io, perché in questo giorno e in questo luogo conviene non soltanto parlare ma anche promettere

solennemente, proclamare il mio voto di porre tutto l'Impero, l'intero popolo, il mio Esercito -simbolicamente rappresentato da questo bastone di comando me stesso, la mia Casa sotto la Croce e sotto la protezione di Colui, del quale il grande Apostolo Pietro ha detto: «non vi è salvezza in altri, nessun altro Nome è stato dato agli Uomini, coll'aiuto del quale possono salvarsi>> e che ha detto di Se stesso: «i Cieli e la Terra passeranno ma le mie parole non passeranno».

(l) Non si pubblica.

584

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

L. P. Vienna, 20 giugno 1902.

Il Corriere è finalmente giunto oggi da Berlino, e lo fo proseguire senza ritardo per Udine. Nella spedizione Ella troverà il rapporto (l) col quale La informo che ho letto a Goluchowski la memoria contenente le dichiarazioni convenute per la firma della proroga dell'alleanza. Goluchowski constatò che quelle dichiarazioni erano conformi a quelle fattele in di lui nome da Pasetti. Debbo dirle, a questo riguardo, che quando io gli lessi la memoria, Goluchowski mostrò un po' di sorpresa, osservando che quelle dichiarazioni Le erano state fatte da Pasetti in di lui nome e che non c'era quindi luogo a confermarle. Ma io gli dissi che, a vero dire, non ero stato incaricato di fargli una nuova comunicazione al riguardo, ma soltanto di constatare con lui l'esattezza delle scritture.

Ella troverà pure nella spedizione alcune osservazioni circa i rapporti dei nostri consoli a Scutari e Durazzo (2). Io credo che quei bravi Signori si lascian vendere lucciole per lanterne dai dragomanni e da basse spie che tirano partito dalla loro credulità. Io posso credere fino ad un certo punto che i Consoli austriaci rispondono ai nostri tentativi di propaganda italiana, proclamata con soverchio chiasso dai nostri albanofili, con eguali ed anche maggiori sforzi di propaganda austriaca. Trovo naturale che l'Austria tenti dal suo lato una propaganda di difesa, come rispose tempo fa con una dimostrazione navale austroungarica alla corsa dei nostri navigli da guerra sulla costa Albanese. Ma che tenti di corrompere la guarnigione turca, sopratutto nel modo descritto dai nostri consoli, non lo credo. Ad ogni modo io penso ch'Ella deve esigere dai nostri consoli d'informarla delle sorgenti a cui attingono le loro notizie, e non deve contentarsi di allegazioni, così strane, senza prove. Io sventuratamente non ho mezzo di controllare qui quelle dicerie. A Goluchowski posso dire anche le cose più delicate senza inconveniente. Ma veramente se io gli domandassi se ha autorizzato il Console Austro-Ungarico a Durazzo di trasmettere a quel famoso Dervisch Bey una sua carta da visita, egli potrebbe pensare che son minacciato d'una incipiente idiotaggine.

Eìla ha ragione di constatare con qualche soddisfazione il risultato della opera sua, cioè il rinnovamento dell'alleanza senza aver destato il malumore

della Francia. È un gran servizio ch'Ella ha reso, come ben dice, all'Italia, alla Monarchia, ed alla Triplice Alleanza, e si può aggiungere alla pace di Europa. Nessuno più di me La applaude e La felicita.

Deploro al pari di Lei la loquacità di Szell, e penso che anche la di lui autorità avrebbe guadagnato in Ungheria e fuori, e nel seno stesso del Parlamento Ungherese, se avesse tenuto maggior riserbo. A sua scusa si può dire che era stato provocato alle spiegazioni date dalle intemperanze di linguaggio di Luzzatti e dei nostri propugnatori della clausola sui vini, circa la quale si ebbe e si ha il torto di illudere i nostri viticultori del mezzogiorno. Ora del resto anche per Szell si presenterà il momento critico. Il tempo incalza ed una conclusione per la tariffa Austro-Ungarica diventa urgente e necessaria. Io ho pregato Goluchowski d'interporre la sua autorità, come Ministro comune degli Affari Esteri, e di farla pesare di tutto il suo peso nelle prossime deliberazioni. Egli mi disse che la sua buona volontà non manca e che farà il possibile. Ma aggiunse che il suo intervento non è sempre accettato con benevolenza dai Ministri delle due parti della Monarchia.

L'esito del concorso ippico di Torino fece qui un'ottima impressione. Alla naturale soddisfazione prodotta dalle vittorie dei cavalieri austriaci, si aggiunge, da parte della stampa e dei circoli specialmente militari, l'espressione di riconoscenza per l'accoglienza veramente decorosa e cordiale fatta dalle autorità, dai militari italiani e dal pubblico torinese alla eletta schiera rappresentante la cavalleria Austro-ungarica.

P. S. Sono lieto di poterle annunziare un miglioramento nello stato della povera Contessa Goluchowski. Si spera di poterla trasportare, colle debite precauzioni, allo Stockel che è una dipendenza del Castello di Schonbrunn.

(l) -Cfr. n. 572, nota 2. (2) -Cfr. n. 579.
585

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1192/52. Washington,... (per. ore 8,45 del 21 giugno 1902).

Segretario Marina non mi ha dato spiegazioni soddisfacenti: ha rinnovato espressione suo rammarico e quella del Governo. Ho risposto che cotale espressione mi era data in privato, mentre l'accusa era pubblica. Mi ha detto che aveva scritto all'Ammiraglio: gli ho risposto che avrebbe dovuto telegrafare: mi ha detto che le parole « rivoltanti indegnità » si riferiscono non Governo nè ai funzionarii superiori, ma a plebe ed a qualche funzionario subalterno. Gli ho risposto osservando che nessuno degli americani aveva ricevuto alcuna scalfittura, mentre loro avevano ferito popolani; e gli ho letto rapporto del direttore carceri attestante buoni modi usati coi prigionieri. Egli ha riconosciuto eccessive le parole suddette, insistendo che erano contenute in documento non destinato alla pubblicità. Ho risposto che il documento era stato pubblicato e noi restiamo in posizione di accusati, il che non poteva tollerarsi: riprendeva pertanto la mia libertà d'azione; mi pregò allora parlare ancora col Dipartimento di Stato.

Ho veduto immediatamente sotto segretario di Stato: ripetei analogo ragionamento: dissi che allo stato delle cose, visto la posizione di accusati che ci era fatta, ritenevo miglior partito per noi, se non per loro, luce fosse completa e si pubblicasse il loro rapporto e gli atti processo Venezia. Opinione giudicherebbe. Era per parte mia pronto per consegnare stampa parecchi documenti; nessuno potrebbe biasimarmi. Sotto Segretario di Stato parve temere minacciata pubblicazione e mi ha pregato attendere ancora domattina, dopo colloquio col Hay. Preparo pubblicazione rapporto Questura e Direttore carceri. Relazioni personali permangono ottime.

586

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1200/53. Berlino, 21 giugno 1902, ore 17,33.

Dipartimento Affari Esteri mi ha rimesso copia in questo momento di un telegramma spedito dalla Guayra in data del 14 giugno dal Comandante nave da guerra «Gazzell )), Ad ogni buon fine trascrivo qui presso traduzione telegramma precisato: «Venezuela Orientale in mano partito rivoluzionario. Bolivar fatto causa comune, Presidente questo Stato fuggito Trinidad. Ad occidente rivoluzionarii impossessatisi Coro. Mendoza è presso Pao a circa chilometri 200 da Caracas con tremila uomini. Matos aperta marcia su Caracas alla testa ottomila uomini, di cui quattromila marciano lungo costa, quattro mila attraverso interno. Egli avanza lentamente: deve trovarsi da cinque a dieci giorni marcia lontano Caracas. Impossibile precisare punto dove egli trovasi. Truppe in avanscoperta avanzate fino a Guayra, dove hanno avuto luogo piccoli combattimenti. Anche presso Caracas sono comparse truppe rivoluzionarie. Quasi tutto Venezuela in rivolta. Reparti truppe rivoluzionarie scorrono paese, molestando truppe governative. Sembra che Matos miri prendere Castro. Quest'ultimo dispone ancora da tremila a quattromila uomini, parte dei quali occupa Barcellona. In Caracas rimangono circa mille uomini marina, per il momento fedeli. Governo rovesciato: situazione cattivissima. Presidente sembra rendersi conto. Si è tentato insinuargli lasciare Venezuela: egli rifiuta. Decisione potrà essere [presa] presumibilmente verso il l" Agosto.

587

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA (l)

T. 954. Roma, 21 giugno 1902, ore 22.

Ministro russo Cairo dicendosi incaricato Menelich insiste presso Abuna Matios perché questi si rechi Pietroburgo. Condotta Abuna Matios, che ha

chiesto Menelich prolungare sua assenza, è equivoca e ci fa desiderare sia subito richiamato Scioa per evitare possibili intrighi. Agisca in questo senso presso Menelich.

(l) Il telegramma fu trasmesso tramite Il consolato ad Aden.

588

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. s. s. N. Pietroburgo, 22 giugno 1902, ore 8 (per. ore 9,30).

Riservatissimo per Lei solo.

Ricevuto iersera tuo telegramma (l). Prego telegrafarmi, il più presto possibile, se, come suppongo, verrebbe anche S. M. la Regina, e se non potendosi combinare pel luglio, posso fin d'ora accennare ad epoca dopo il parto, la quale potrebbe forse coincidere colla visita Berlino, ove questa abbia luogo fine agosto

o settembre come mi telegrafasti altra volta.

589

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR DES PLANCHES

T. P. 957. Roma, 22 giugno 1902, ore 14,20.

Telegramma n. 52 (2) mi conferma V. E., avendo attribuito alla eventuale pubblicazione del rapporto ammiraglio una importanza eccessiva, ha con le sue pratiche fornito materia ad un incidente che non ha ragione di essere. Senza le conferenze ripetute col ministri e i discorsi tenuti coi colleghi, sarebbero stati evitati i telegrammi che continuano a giungere in Europa, relativi, non già alla pubblicazione, di cui nessuno qui si occupa, ma a ciò che V. E. fece per impedirla. Se poi quei telegrammi hanno costì origine officiosa, sempre più apparisce sarebbe stato meglio non aver dato ad essi occasione. Desidero ed espressamente raccomando assoluta calma. Quando avrò conosciuto rapporto ammiraglio, di cui finora in Europa nessun giornale autorevole si è occupato e non si ha qui notizia alcuna, esaminerò e le telegraferò se sia opportuna la pubblicazione dei nostri documenti.

(l) -Cfr. n. 582. (2) -Cfr. n. 585.
590

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. s. s. N. Roma, 22 giugno 1902, ore 15,15.

Riservatissimo per Lei solo.

Credo che S. M. la Regina finirà non andare né Pietroburgo né Berlino avendo assai probabilmente ragioni salute per non muoversi, ma finora ciò non deve assolutamente essere detto. Se Corte imperiale anziché luglio preferisce visita Pietroburgo altro mese non parmi saravvi ostacolo. Ma desidero assai visita abbia luogo quest'anno a Pietroburgo e ti prego non indugiare più oltre compiere pratica indicata mio ultimo telegramma (1).

591

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 717/300. Londra, 22 giugno 1902.

Per riguardo alle sue calcolabili conseguenze, l'atto più importante della prossima solennità dell'Incoronazione del Re d'Inghilterra, sarà la conferenza che riunirà in questa metropoli i rappresentanti delle colonie britanniche qui convocati a trattare degli interessi generali dei rispettivi paesi nei loro rapporti fra essi e con quelli dell'Impero.

L'invito ne fu fatto nello scorso Gennaio dal Segretario per le Colonie, con una nota nella quale egli diceva: essere intenzione del Governo di Sua Maestà di cogliere l'occasione della presenza in Londra dei Primi Ministri delle colonie, per discutere con essi le questioni relative ai rapporti politici fra la metropoli e le colonie stesse, alla difesa dell'Impero e ad altri argomenti di comune interesse; nel caso che i ministri avessero a sottomettere alcuna proposta o deliberazione riguardo a tali questioni, ovvero nel caso che essi desiderassero mettere innanzi qualche questione nuova, essi erano invitati a comunicarne i dati generali, per poterne informare gli altri Governi. A codesto effetto i Ministri erano invitati a soggiornare in Londra per circa tre settimane dopo le feste dell'Incoronazione, come ospiti del Governo di Sua Maestà.

Scopo fondamentale di codesto atto è di concretare con un principio di esecuzione l'idea imperialista, che negli ultimi anni si è venuta diffondendo con tanto vigore in questo paese, modificandovi sensibilmente le tendenze che prima avevano corso rispetto all'avvenire delle sue colonie. Dalla metà del secolo passato fino ad una quindicina di anni or sono, il concetto dominante era che le colonie britanniche fossero già troppo vaste; si esitava di aggravare con una

loro ulteriore estensione le già enorm1 responsabilità del Governo centrale, tanto che questo si mostrò più di una volta restio ad accogliere domande di protettorato fatte spontaneamente da paesi esotici. Le colonie si estendevano ciononostante per forza di cose, seguendo la espansione degli interessi commerciali creati per iniziativa privata, quando questi interessi assumevano in qualche luogo importanza tale da esigere una protezione governativa. Ma vi si procedeva con prudente riserva, se non con ripugnanza, e sotto l'impressione che non vi era premura, in quanto che per comune consenso sembrava ammesso una specie di diritto divino che riservava all'elemento britannico tutte le terre non ancora occupate. D'altra parte poi, dietro l'esperienza del conflitto che nel secolo precedente aveva condotto al distacco della repubblica americana, e sotto l'influenza dei principii !iberisti allora prevalenti in Europa, era sentimento generale che le grandi colonie di oltre mare fossero fatalmente destinate a costituire, tosto

o tardi, Stati autonomi, indipendenti dalla madre patria e l'opinione pubblica già era preparata al giorno sia pure lontano in cui le sue relazioni con le giovani nazioni sue figlie emancipate risulterebbero stabilite a base di perfetta uguaglianza e di un'amicizia resa più intima dai ricordi del passato, col privilegio di mantenere di fatto in quei paesi di lingua e di origini comuni, un naturale e sicuro mercato per i prodotti inglesi.

L'esporre le cause del mutamento avvenuto equivarrebbe a riandare la storia dell'ultimo ventennio. Il risveglio del nazionalismo nei maggiori Stati europei, la reazione contro il libero scambio, l'acuta concorrenza industriale e marittima che ne è seguita, con l'ardente caccia alle colonie ove l'azione militare spesso precedette quella commerciale, non furono novità dovute all'iniziativa dell'Inghilterra; esse vi ebbero però il loro inevitabile contraccolpo. Se gli uomini di Stato britannici, meritando la fama di lunga antiveggenza della quale così spesso si fa loro un titolo ora di onore ora di accusa, avessero presentito gli eventi posteriori al 1879, è verosimile che molti punti interessanti per l'Inghilterra sarebbero stati da essa occupati anticipatamente, quando ancora ciò poteva farsi senza osservazioni di nessuno. Invece, il Governo britannico colto all'impensata dalla competizione della Germania e poi della Francia, dovette, dopo qualche esitazione, adattarsi a delimitazioni di sfere d'influenza in territori che aveva sempre considerati come un campo aperto alla sua indefinita espansione. Vistosi chiuse quelle frontiere dalle misure doganali e amministrative dei nuovi vicini e minacciato nel suo primato commerciale, esso fu così naturalmente condotto a fare maggiore caso delle colonie conservate al proprio dominio e a considerare seriamente il da farsi per la tutela dei suoi interessi. A codeste circostanze di ordine economico se ne congiunsero di politiche che non meno di quelle contribuirono ad eccitare inquietudini per la situazione internazionale della Granbrettagna. Il contrasto per l'Afganistan colla Russia, quello cogli Stati Uniti a proposito del Venezuela. e azioni della Francia in Tunisia, al Tonchino, al Madagascar e al Siam, furono incidenti i quali lasciarono a loro tempo l'impressione come di una attitudine di dedizione imposta dall'estero alla Granbrettagna, con ferite del suo orgoglio e delle quali ebbe vivamente ad adontarsi l'amor proprio nazionale. Una reazione era inevitabile e già se ne videro gli effetti nel 1894 quando a proposito appunto dell'affare del Siam, Lord Rosebery stette in forse di romperla con la Francia. Per quella volta ancora, il Go

verna inglese si rassegnò al fatto compmto; ma quando, quattro anni dopo, sorse l'incidente di Fashoda, ognuno potè comprendere che era passato il tempo dei propositi di pace ad ogni costo e che un nuovo spirito aveva penetrato nell'animo del popolo britannico. Era nato l'Imperialismo.

Come questo nuovo spirito abbia ricevuto intenso alimento dalla guerra sudafricana, sarebbe superfluo ricordare, trattandosi di casi attuali, presenti alla memoria di ognuno. L'eccitamento patriottico che inevitabilmente accompagna qualsiasi guerra, fu esaltato nel popolo inglese dalla insolita durata di questa, dagli ingenti sacrifici di sangue e di danaro per essa sostenuti e forse più ancora, dall'ostilità cui essa diede occasione contro la Granbretagna in diversi paesi del continente. Questa ostilità rese tanto più preziosa la fedeltà dimostrata in tale frangente alla madre patria dalle sue colonie di oltremare, le quali mandarono al 'l'ransval ben 30.000 volontari. a combattere per la causa che esse così proclamarono comune all'onore e agli interessi di tutto l'Impero. Non vi è quindi a sorprendersi se gli uomini di Stato britannici ritennero essere giunto il momento di dar corpo all'idea così profondamente penetrata nel sentimento della grande maggioranza della nazione.

Se sul principio dello stringere i vincoli con le colonie per formare una «più grande Brettagna » è oramai d'accordo la maggioranza di tutti i partiti, gravi dubbi si manifestano quando vengono a considerarsi i mezzi per concretare quel vasto concetto. Sarebbe lungo l'enumuerare i molteplici progetti che da ogni parte, sulla forma della vagheggiata confederazione si vanno discutendo. Questi progetti hanno però tutti in comune due idee fondamentali che si completano a vicenda e corrispondono ai due ordini di preoccupazioni, politiche cioè ed economiche, alle quali ho più sopra fatto allusione. Si tratta di fare in qualche maniera concorrere le colonie alla difesa dell'Impero e ad un tempo di facilitarne loro i mezzi materiali, mediante una combinazione che giovi allo sviluppo delle risorse loro e dell'Impero stesso.

Nell'ordine militare, tiene il primo posto l'idea della difesa navale, in vista della quale si vorrebbe da alcuni creare una squadra coloniale o, in difetto, far sì che le colonie contribuissero alle costruzioni e al mantenimento di un certo numero di navi da guerra, a sussidio della flotta imperiale. Così quanto alla difesa di terra, si parla della formazione di corpi speciali di truppe che le diverse colonie dovrebbero mantenere ed esercitare sui rispettivi territori e varie proposte in tal senso vennero accennate dalla stampa. Ma tutta questa parte relativa alla difesa militare non fu finora ventilata che in modo generale, a titolo di desideratum, tanto più che alcuni Governi coloniali, e quello in ispecie del Canadà, non si sono mostrati ancora preparati a trattarne.

Più attiva è fin d'ora la discussione dei mezzi di indole amministrativa ed economica, atti a stringere e consolidare i vincoli fra la madre patria e le sue colonie. Si tratta in primo luogo della creazione di un organo centrale di governo, nel quale le colonie potessero essere rappresentate per l'esame degli interessi comuni. Trovandosi per ovvie ragioni esclusa la possibilità di una loro diretta rappresentanza nel Parlamento, si è posta innanzi l'idea di utilizzare a tal uopo il Consiglio Privato (Privy Council), nel quale potrebbero introdursi delegati dei paesi di oltre mare. Il Consiglio Privato avendo già una sezione che si occupa delle questioni giudiziarie, esso potrebbe, si dice, prendere in esame, col concorso di quei delegati, eventuali proposte tendenti ad unificare, almeno in qualche punto essenziale, le disposizioni concernenti lo stato civile e le transazioni commerciali circa le quali esistono ora profonde discrepanze. Una codificazione in materia civile ognuno riconosce costituire un problema irto di troppo gravi e forse insuperabili difficoltà; ma non dovrebbe essere impraticabile, si soggiunge, un accordo parziale tendente a far cessare certe anomalie, del genere, per esempio, di quella per cui uno straniero naturalizzato in Inghilterra continua attualmente ad essere considerato in alcune colonie come suddito estero. Anche così limitata, la questione della rappresentanza dei Governi coloniali in Londra si urta a molte e gravi obiezioni, che fanno dubitare della sua possibile attuazione.

A una categoria di idee di applicazione pratica più immediata, appartengono i progetti ventilati di una riduzione del costo dei telegrammi fra Inghilterra e le colonie e dello stabilimento di più rapide comunicazioni marittime con i loro porti principali. Si invocano forti sussidii governativi a pro delle Compagnie di navigazione, tali da permettere a queste di lottare con vantaggio contro la concorrenza straniera. Ciò vale soprattutto rispetto all'Australia e al Canadà, e più specialmente per questo ultimo paese, in connessione coll'interesse di far fronte ai minacciati effetti del Trust americano per la navigazione atlantica, -sul che già ebbi a riferire con aUro mio rapporto.

Ma la controversia principale si aggira intorno alla questione del regime doganale, dal punto di vista dell'eventuale introduzione di un trattamento di favore per lo scambio dei prodotti fra la Gran Bretagna e le sue Colonie. Da alcuni mesi si fa qui per la stampa una viva discussione del più alto interesse sui varii lati del vasto e complesso problema. Troppo lungo sarebbe l'esporne in modo particolareggiato lo sviluppo, ma l'impressione generale che ne riporta l'osservatore imparziale, è quella soprattutto delle straordinarie difficoltà della sua soluzione. Sulle prime, si era molto parlato di uno «Zollverein » britannico; ma questa espressione troppo specifica ha ora, dopo più matura riflessione alquanto perduto di credito. Si è infatti considerato che uno «Zollverein », quale è inteso dal precedente della Germania, suppone un territorio munito bensì di una tariffa comune verso il di fuori, ma dotato nel proprio ambito di una intera libertà di scambii. Ora, se la Tariffa Doganale del Regno Unito è limitata a pochissimi articoli, domina invece nelle colonie un regime protezionista assai rigoroso, né sarebbe possibile il pensare ora a sopprimerlo, mentre, all'infuori di ogni altra obiezione, vi è quella delle necessità finanziarie di Stati che ricavano appunto dai proventi daziari una parte sensibile delle proprie risorse. Che l'attuale tendenza dei paesi d'oltre mare sia tutt'altro che libero-scambista, è del resto confermato dal fatto che il primo effetto della recente creazione del Commonwelth austrialiano fu di imporre una comune tariffa protezionista anche alla Nuova Galles del Sud che se n'era sempre schermita.

Riconosciuta la pratica inattuabilità di un vero e proprio «Zollverein », i fautori del protezionismo imperialista si posero quindi alla ricerca di soluzioni medie. Astrazion fatta dalle loro modalità, i vari sistemi suggeriti hanno per base il principio che, pur mantenendosi tariffe proprie di ciascun Stato della Confederazione, vi si introduces~e una reciproca riduzione --in misura e con

dizioni da discutersi -a favore dei prodotti della madre patria e viceversa. È da notarsi che un trattamento di favore di tale genere fu già adottato dal Canada ed è infatti da quel Dominio, che giungono le più pressanti istanze per una qualche facilitazione da accordarsi alle sue derrate, facendo a tal uopo valere anche l'interesse della madre patria di costituirsi una fonte propria di approvvigionamenti in quello che potrebbe diventare, si afferma, il granaio del Regno Unito.

I fautori di questa idea si lusingano di trovare un valido sussidio alla sua attuazione nella proposta presentata dal Governo al Parlamento per il ristabilimento della lieve tassa da applicarsi alla importazione dei grani nel Regno Unito. II Primo Ministro del Canadà dichiarò allora in un suo discorso che ciò poteva fornire al suo Governo una occasione favorevole per domandare che dalla nuova tassa venissero esentate le importazioni canadesi. E un altro discorso qui tenuto, circa il medesimo tempo, dal Segretario per le Colonie accennava in termini generici allo stesso concetto, nel senso che la tassa in questione potrebbe eventualmente costituire una base opportuna per i negoziati da iniziarsi colle Colonie in materia commerciale. Ne seguì, come era da attendersi, una viva discussione alla Camera dei Comuni, dove quasi tutta l'opposizione liberale si fece ad osteggiare la tassa proposta, segnalandola come un primo passo sulla via del protezionismo. Importanti discorsi furono pronunciati dall'una e dall'altra parte pro e contro quella interpretazione degli intendimenti del Governo. Allo scopo appunto di escludere che la tassa sul grano potesse più tardi servire di appiglio ad altre misure nello stesso senso, gli oppositori proposero fra altro che quella tassa fosse anticipatamente dichiarata temporaria, soltanto per contribuire alle attuali deficienze cagionate al bilancio dalla recente guerra. Ma l'emendamento fu respinto, dietro l'asserzione del Cancelliere dello Scacchiere che la tassa era necessaria come tassa permanente a larga base per assicurare la stabilità del bilancio. Il Ministro si adoperò inoltre a dimostrare che l'esiguità del dazio richiesto escludeva che potesse trattarsi di un dazio protettore, -al quale proposito egli anzi consentì a una riduzione di metà riguardo al granturco (30 centesimi per quintale invece di 60 centesimi). Quanto alla supposta intenzione del Governo di entrare nella via del protezionismo, Sir Miche! Hicks-Beach la respinse formalmente, mostrandosi sorpreso dalla supposizione emessa dal capo dell'opposizione che la proposta tassa fosse per condurre ad un'alterazione del regime daziario esistente con le colonie e con l'estero e costituisce un preludio all'unione doganale dell'Impero su base protezionista: la tassa era richiesta come un provento dell'erario e null'altro; le osservazioni fatte alla Camera di Montreal da Sir W. Laurier, non potevano essere più decisive delle sue, riguardo alla tendenza e agli effetti di qualsiasi legislazione fiscale in Inghilterra ed egli contestava l'interpretazione attribuita da quel Ministro all'attuale dazio sul grano. Però, soggiunse il Cancelliere, chi potrebbe rammaricarsi di una qualsiasi combinazione -supposto che fosse possibile -tendente a stabilire un libero scam

bio in tutto l'Impero br:tannico'? Non fu lo « Zollverein » tedesco una buona cosa e non lo fu quello degli Stati Uniti <<Se si potesse riuscire a una piena libertà

di scambi con le colonie, non si vede perché ciò dovrebbe necessariamente implicare un accrescimento di dazi verso l'estero; ciònonostante, se veramente si potesse così ottenere quel libero scambio con le colonie, anche un qualche sacrificio in tale direzione potrebbe essere fatto. Ma, procedendo più oltre, ognuno che abbia studiato la materia, sa non essere ciò possibile per il momento. Ciò posto, non potremmo noi cercare di considerare le nostre relazioni commerciali interne, con l'intento di renderle più libere che attualmente non siano, e ciò senza recar danno ad alcun paese estero? Le mie idee su codesta importante materia sono a base di libero scambio e non di protezionismo. Ben so essersi da taluno suggerita l'imposizione verso le nazioni estere di dazi attualmente non esistenti sui loro prodotti, allo scopo di procurare vantaggio alle nostre colonie. Non è questa la politica del Governo di S. M. Ma è nostra politica, pur aderendo ai nostri principii, di fare il possibile per rendere più libero il commercio fra noi e le nostre colonie, affine di promuovere sempre migliori relazioni fra i membri dell'Impero ».

Queste parole del Cancelliere dello Scacchiere furono accolte con grande soddisfazione dai deputati liberali, i quali tosto ne presero atto. Non mancò tuttavia chi fece l'osservazione che la dichiarazione di non voler imporre ai prodotti esteri nuovi dazi attualmente non esistenti, non escludeva la possibilità di esentare, per esempio, le colonie dal da:do sui grani già a tutti applicato.

È evidente, che il Governo britannico si rende conto dell'estrema gravità del grandioso progetto che seduce le immaginazioni e che tanti interessi materiali e morali si accordano a raccomandare. Vi sono anzitutto le obiezioni di principio dei fedeli al libero scambio, i quali additando la immensa prosperità acquisita dal commercio inglese nell'ultimo mezzo secolo, denunciano i pericoli di un mutamento del sistema cosi provato dall'esperienza. Rispondono gli avversari riconoscendo che il libero scambio ha servito utilmente durante quel periodo, ma che esso non è fine a se stesso, bensì un mezzo inteso a un fine e che se, per le modificate circostanze del mondo, questo fine si può ora meglio raggiungere mediante talune misure specifiche riconosciute come praticamente utili, non sarebbe ragionevole il respingerle per sola servilità dogmatica. Se è lecito trar congetture dalla discussione che, con i consueti argomenti delle due scuole si sta ora facendo in ogni parte dell'Inghilterra, è mia impressione che i libero scambisti, forse più che nei loro argomenti di principio, -per quanto questi siano radicati nella forte tradizione nazionale -trovano sussidio nelle obiezioni pratiche connesse alla esecuzione dei progetti imperialisti. A meno di creare un'elevata tariffa protezionista per il Regno Unito -idea che nessuno accetterebbe -non si vede allo stato delle cose, quali esenzioni potrebbero essere accordate alle colonie in misura tale da giustificare sensibili controconcessioni analoghe da parte loro. E se tali reciproche agevolezze si limitassero a proporzioni minime, ciò potrebbe bensì avere un valore per così dire sentimentale, dal punto di vista politico degli imperialisti, ma i vantaggi positivi non riuscirebbero forse sufficienti a compensare i seri inconvenienti di una perturbazione di tutto il regime di commercio estero dell'Inghilterra e della sua amministrazione. Giova notare su quest'ultimo punto, che una semi-unione doganale dovendosi applicare a territori lontani con traffico esclusivamente marittimo,

occorrerebbe creare un intero sistema ùi controllo daziario ai porti di sbarco per prevenire l'introduzione abusiva delle merci straniere imbarcate nei porti intermedi. E la determinazione stessa di una tariffa per le colonie, -che dovrebbe essere multiforme per tener conto della immensa varietà dei prodotti e delle condizioni speciali di ciascuna -offrirebbe grandissima difficoltà intrinseche. A tutto ciò, si aggiunge il pericolo che un tentativo dell'Inghilterra di entrare nella via di un protezionismo per quanto si voglia moderato, potrebbe provocare misure di rappresaglia da altre Potenze (come ora già è il caso per parte della Germania verso il Canadà), e nemmeno la «più grande Brettagna » potrebbe riguardare senza apprensione le conseguenze di una simile guerra doganale. Di fronte a tutti questi elementi di dubbio, vi è poi il fatto che la somma del commercio annuo del Regno Unito con le sue colonie (fra importazioni ed esportazioni) ascende in totale a circa 2800 milioni di franchi, mentre la cifra corrispondente del suo commercio coll'estero arriva a 16.600 milioni. Vi è quindi luogo a domandare se per procurare un discutibile incremento del primo, convenga correre pericolo di una grave dislocazione del secondo, che è il sestuplo di quello.

Le condizioni sin qui esposte non rappresentano che un imperfetto sommario di alcuni fra i lati principali del problema che ora preoccupa il Governo e la nazione britannica. Basta, per rendersene conto, considerare che si tratta di trovare i possibili punti di contatto fra gli interessi di una popolazione di 400 milioni di abitanti di ogni razza, sparsi sopra un territorio di dodici milioni di miglia quadrate, in tutte le latitudini del globo. La prossima riunione dei

'Ministri delle colonie dirà se e quale parte del vasto programma che le sarà posto dinnanzi potrà ricevere una qualche soluzione. Data la solennità del momento in cui quella riunione avrà luogo e la grande aspettazione colla quale sono attese le sue deliberazioni, sembra improbabile che, malgrado ogni difficoltà, essa si sciolga prima di avere su certi punti almeno, gettato le basi di una più stretta unificazione politica ed economica dell'Impero, per modo da non pregiudicare l'avvenire con l'effetto morale di un insuccesso. È da tenersi presente infatti, che se si lasciasse trascorrere il momento attuale senza riuscire in qualche modo a cristallizzare le disposizioni ora create da un concorso di circostanze eccezionali, nuovi fatti e nuove situazioni potrebbero sopravvenire a creare ostacoli a ciò che oggi è forse possibile. Allo intento di assicurare questo minimum attualmene ottenibile, si applicheranno la non comune capacità e influenza del Ministro Mr. Chamberlain, coadiuvato dagli eminenti personaggi qui convenuti sotto la sua presidenza. All'ardore del Segretario per le colonie fa riscontro la cautela del capo del Ministero, il quale in più di una occasione, ha esortato i suoi compatrioti a procedere con la massima ponderazione nell'ardua impresa, per non esporre i destini dell'Impero alle conseguenze di un'impaziente precipitazione. Sebbene l'ultimo discorso pronunciato in pubblico dal Marchese di Salisbury sull'argomento, risalga ad alcune settimane or sono, mi giova conchiudere il presente rapporto col riprodurre qui appresso le sue parole:

« Vi sono uomini importanti, uomini di grande intelletto e autorità, 1 quali pensano che il momento sia venuto per qualche azione legislativa da parte nostra allo scopo di confederare le colonie. Io li esorto, prima di ciò fare, a con

siderare accuratamente quali passi e::osi stanno per fare e quali risultati essi ne attendono. Noi non abbiamo poteri per agire con leggi sul corso dell'opinione e degli affetti che si sono così largamente manifestati fra la madre patria e gli Stati suoi figli. Questi sentimenti procederanno per forza propria col loro potere irresistibile ed io non dubito che essi lasceranno dietro di se combinazioni tali da oscurare tutte le glorie che l'Impero britannico ha finora raccolte. Ma noi non possiamo intervenire senza pericolo con mezzi legislativi nello sviluppo naturale delle nostre relazioni colle nazioni nostre figlie. Difficoltà di ogni natura ci stanno di contro, -· difficoltà di aggravio finanziario, difficoltà per la difesa nazionale, difficoltà circa i diritti supremi che la madre patria dovrebbe riservarsi -, e fintantoché il sentimento non si pronunci potentemente per modo di metter dietro di noi una grande forza, io considero con qualche apprensione ogni tentativo di anticipare gli eventi o di scontare i preziosi risultati che, se sapremo esser cauti e pazienti, sono riservati all'avvenire dell'Impero. La tendenza degli esseri umani e degli uomini di Stato è di anticipare tutte queste cose e di figurarsi elle, perché la loro miresabile vita è limitata a un sessanta o settanta anni, sta in loro potere di forzare un'anticipazione dei risultati che si devono attendere dallo sviluppo naturale di forze e di affezioni e dalle modificazioni dell'opinione e dei sentimenti reciproci del mondo. Nulla è più pericoloso che il voler forzare una decisione prima che essa sia matura e così produrre un senso di scontento e di difficoltà, mentre che, se sapremo aspettare, si produrranno di per sé i risultati che auguriamo. Nessun pericolo mi sembra più serio per i tempi che ci stanno dinnanzi, che quello di un tentativo di forzare le varie parti dell'Impero in una mutua subordinazione, per la quale essi non sono pronti e che potrà soltanto produrre una reazione a favore dell'antico stato di cose. È questo un argomento sul quale è molto difficile esprimersi liberamente, ma che io raccomando alla vostra considerazione. Se noi sapremo essere cauti e pazienti, vi sarà davanti a noi un avvenire immenso; se saremo precipitosi, potrebbe avvenirci il rovescio, potrebbe avvenire la dissoluzione di quelle forze che sono necessarie per costruire il maestoso edificio del futuro Impero. Ciò che dobbiamo ricordare è che le cose hanno cambiato, che stanno cambiando ogni giorno, che or sono nel mondo forze assai più potenti di quelle che prima vi si manifestavano e che noi dobbiamo vegliare con cura per evitare che la loro energia si rivolta contro quei grandi interessi che a noi spetta di preservare. Ricordate che, dalla confusione dei recenti eventi, dalle terribili difficoltà da essi prodotti, sta nascendo uno stato di cose aflatto nuovo al mondo, che un Impero non subordinato ad alcuna contiguità territoriale ma soltanto all'azione delle proprie difese navali, che un tale Impero

sta lentamente sorgendo dal mare, ch'esso ha dietro a se i sentimenti e l'affetto di talune fra 1 erazze più ardite che siano al mondo, che i futuri destini di quest'Impero dipendono dalla prudenza e saviezza colle quali quelle forze saranno guidate e che le guide di tali forze in un paese come il nostro devono essere largamente sospinte dalla corrente dell'opinione popolare» (1).

(l) Cfr. n. 582.

(l) Annotazione marginale di Prinetti: «Accusare ricevuta. Ringraziare per l'interessantissimo rapporto ».

592

IL VICECONSOLE A DURAZZO, MACCHIORO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1219. Durazzo, 23 giugno 1902, ore 18.

Ebbe luogo oggi per la prima volta distribuzione corriere mediante ufficio postale italiano. Tutto procedette regolarmente e con piena nostra soddisfazione, nonostante energica protesta scritta governatore che dichiarava non avrebbe mai permesso istituzione ufficio. Pur non potendo dare assicurazioni formali in proposito, ho speranza che anche in avvenire opposizione autorità locale si limiterà alle sole proteste.

593

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. s. s. N. Roma, 23 giugno 1902, ore 18,45.

Riservatissimo per Lei solo.

Ricevo rapporto segreto 18 giugno (l) cogli annessi. Essendo oramai tutto in regola, autorizzo V. E procedere alla firma del trattato. Aggiungo confidenzialmente che, prendendo personalmente sopra di me d'autorizzare questa breve anticipazione in confronto della data l luglio, confido che, anche a tale

o

riguardo, il segreto sarà scrupolosamente serbato.

594

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 1910/817. Parigi, 23 giugno 1902 (per. il 28).

Con telegramma delli 18 corrente (2), V. E. mi ha domandato di informarlo se Don Juan de Aladro, pretendente di Albania, si sia recentemente recato a Corfù o se egli abbia abbandonato l'abituale sua residenza di Parigi.

Il Signor de Aladro che io conobbi quando mi fu collega di Spagna a Bucarest, era a Corfù il 20 aprile di quest'anno, daddove mi scrisse una lettera insignificante. Pochi giorni dopo egli fu di ritorno a Parigi; ma non ebbi l'occasione di incontrarmi con lui.

Non ho potuto appurare in modo sicuro se egli abbia fatto dippoi un'altra assenza. Attualmente egli è qui e mi si dice che spenda molto denaro nella propaganda che egli fa distribuendo ritratti suoi in formato e costumi diversi fra gli Albanesi e pagando articoli di giornali. Un giornalista che lo ha avvicinato in quest'ultimi giorni, mi ha procurato le tre cartoline qui unite che fanno parte delle serie distribuite in Albania. Pare che Don Juan sia contento della organizzazione del Comitato che in suo favore si sarebbe costituito in quel paese. Si lagna degli ostacoli che gli suscitano i Greci. Afferma avere a Roma ed a Napoli due buoni Comitati. Ha fatto vedere una lettera di Ricciotti Garibaldi che offre i suoi servizi per la futura lotta contro i Turchi ecc. ecc ... Per ora il Signor de Aladro aspetterebbe la chiamata del comitato insurrezionale avente sede a Corfù; ma non pare che questa s'abbia a produrre così presto.

Queste sono le informazioni che mi potei procurare circa questo pretendente albanese che quando lo conobbi come diplomatico spagnuolo non aveva alcuna aspirazione a governare l'Albania, ma appariva persona d'ingegno vivace, irrequieta, piuttosto inclinata ai piaceri che alle cose serie della vita. Dai suoi connazionali seppi che egli era ricco di censo.

(l) -Cfr. n. 573. (2) -Non pubblicato.
595

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

L. P. Pietroburgo, 23 giugno 1902.

L'ultima frase del suo telegramma di ieri (l) ricevuto stamattina dice: e ti... (qui manca una cifra) non indugiare più oltre compiere pratiche ecc. ecc.

Suppongo che la cifra omessa volesse dire: prego.

Ad ogni modo quella frase è uno stimolo, seppure non è un rimprovero. A me pare di non averlo meritato. Furonvi fin da principio ritardi per nulla a me imputabili.

Al tre Giugno (2) telegrafandomi mi dici di nulla lasciar trapelare: io quindi non potevo che manifestare il mio modo di vedere senza procurarmi precise informazioni, le quali certamente avrebbero dato indizio di progetti di viaggio.

Dopo una certa sosta arriva il tuo telegramma del 17 (3) nel quale mi dici di cercare indagare evitando però di assumere ogni impegno. Con ciò anche questa volta i miei mezzi di informazione rimanevano molto ristretti, e intanto il tempo passava.

Per poterti rispondere qualche cosa feci un po' più di quello che avrei dovuto fare stando alla lettera e allo spirito del tuo telegramma: ne parlai di mio, col Conte Lamsdorff, il che poteva fare senza compromettermi visti i rap

30 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

porti ottimi in cui siamo. In seguito a ciò ti manifestai le mie impressioni (l), sviscerando per quanto possibile la questione anche sotto il punto di vista della restituzione della visita in Roma, parendomi che sarebbe stato meglio avere qualche affermazione più ufficiale quantunque, a dir H vero, non saprei come fare a procurarmela. Devo anche confessare che trattandosi di far fare alle Loro Maestà due volte la corsa attraverso all'Europa a così breve distanza l'una dall'altra, mi è parso che fosse il caso di portarci la massima ponderatezza, per vedere se ne valeva la pena: se i vantaggi superavano gli inconvenienti.

Intanto alla sera di sabato 21 finivo di scifrare il tuo telegramma dello stesso giorno (2), giunto ad ora tarda, il quale mi dava una missione positiva senza restrizione alcuna. Non ho indugiato un solo istante ed ho scritto al Conte Lamsdorff fin dalla Domenica mattina domandandogli un'udienza, che mi fissò per oggi lunedì alle due: a me ciò bastava sapendo che va in .relazione dall'Imperatore a Peterhoff al martedì.

Ti ho telegrafato contemporaneamente (3) per sapere di S. M. la Regina e dell'altra condizione: ma non indugiai e il colloquio era già chiesto da me, senza aspettare la risposta al mio telegramma.

Tutto ciò però è storia retrospettiva e prima di avere questa mia lettera che affido al Corriere Cavalier Marcone da impostare a Berlino, tu avrai avuto telegrammi miei che ti diranno le cose che si sono qui potute stabilire: tenevo a sincerarmi circa l'indugio.

Il Conte Lamsdorff visto testé prenderà domani gli ordini di sua Maestà e mi darà risposta se possibile domani sera stessa o mercoledì 25. Egli è certo che se, come pare, nel Luglio si deve pur fare il matrimonio della Granduchessa Elena, si troverà il tempo molto ristretto e tutti quelli che devono vegliare alla preparazione d'una visita così importante, cercheranno di eliminarla: vedremo.

Intanto per quanto riguarda la restituzione in Roma ebbi la conferma di quanto mi fu detto in Marzo e quindi ne assumo la responsabilità. Solamente accorreranno non pochi stimoli perché la restituzione non sia troppo protratta. Se la Regina non può venire è peccato perché di certo l'Imperatrice avrebbe in quel caso accompagnato l'Imperatore a Roma. Ma la ragione è troppo seria per nulla azzardare.

Il Conte Lamsdorff mi interrogò in proposito ma io gli dissi che non me ne era stato fatto parola della Regina, ma siccome i giornali già hanno parlato delle condizioni della Regina, così son certo che ha capito.

Ed ora ti lascio dopo questa lunga chiacchierata e sperando poterti telegrafare della buona notizia al più presto.

P. S. Ho inteso dire che il Signor Goubastow possa essere richiamato dal Vaticano.

Nel caso che la visita di Sua Maestà avesse realmente luogo ora cioè in Luglio, ti pregherei di rimandarmi Celesia fin dopo detta visita malgrado la

sua nomina a Bucharest: mi pare che egli dovrebbe essere contento e cosi avrei il personale un po' meno scarso. Se la visita avesse luogo più tardi mi raccomanderei fin d'ora perché mi sia destinato in tempo un addetto. Scusa la fretta colla quale ho scritto questa mia lettera.

(l) -Cfr. n. 590. (2) -Cfr. n. 511. (3) -Cfr. n. 562, in realtà del 16 giugno. (l) -Cfr. n. 575. (2) -Cfr. n. 582. (3) -Cfr. n. 588.
596

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1225. Londra, 24 giugno 1902, ore 15,07.

Incoronazione rinviata, causa malattia Sua Maestà il Re.

597

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE, AL CAIRO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1127/12. Cairo, 24 giugno 1902, ore 20,10.

Pochi giorni fa incaricato di affari inglese mi ha detto Abuna Mattias non aveva intenzione recarsi Pietroburgo. Segretario particolare Abuna Mattias mi ha detto stamane Abuna Mattias partito sabato Costantinopoli. Console d'Italia Porto Said, richiesto, conferma partenza con il piroscafo «Imperatore Nicola» ma per Odessa; aggiunge avere informato V. E. per la posta. Incaricato d'affari inglese assente. Avendo ulteriori notizie telegraferò.

598

IL CONSOLE A ZARA, MILAZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 866/89. Zara, 24 giugno 1902 (per. il 27).

Ho l'onore di partecipare all'E. V., che ieri è stata aperta la prima sessione di quest'anno della Dieta Dalmata, presieduta dal nuovo Luogotenente Barone de Handel, il quale pronunziò come di rito, il discorso inaugurale, prima in croato e poi in italiano, essendo queste, come è noto, le due lingue del paese, ammesse ed egualmente riconosciute dal Governo Imperiale.

Con grave scandalo intanto del numeroso pubblico che assisteva dalle tribune, i deputati radicali-croati, nel fine di accentuare sempre più i loro sentimenti ostili alla lingua italiana, non appena il Luogotenente ebbe finito il suo discorso in croato, e cominciò a pronunziare lo stesso in italiano, ecco subito i detti deputati alzarsi d'un tratto, in numero di otto, con alla testa il loro capo Don Giorgio Bianchini, e con clamorose grida contro la lingua italiana e di evviva alla Croazia, lasciare l'aula tumultuando, e provocando la generale indignazione fra tutti gli intervenuti.

Questo fatto finora nuovo, e mai verificatosi dacché esiste la Dieta Dalmata, ha naturalmente prodotto una grande impressione in Zara, e secondo si assicura, avrebbe altresì vivamente colpito il Luogotenente, visto che con simile atteggiamento del partito croato-radicale viene ad inasprirsi maggiormente la lotta esistente col partito autonomo-italiano, i cui deputati intendono ora per tale fatto protestare energicamente a Vienna.

599

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 969. Roma, 25 giugno 1902, ore 12,45.

Prego ringraziare codesto Governo per notizie forniteci circa Venezuela. Le comunicazioni col nostro ministro in Caracas sono ora ristabilite.

600

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. s. s. N. Berlino, 26 giugno 1902, ore 15,07 (per. ore 16,20).

Riservatissimo per Lei solo.

Al mio ritorno da Dresda ho trovato qui il telegramma (l) col quale V. E. mi autorizza firmare trattato. Iersera ne ho informato Biilow, e, nello stesso tempo, come parlando in mio nome, ho espresso desiderio che della anticipata firma non fosse data subito notizia pubblico. Biilow si è preso tempo a riflettere, e stamane mi ha risposto che era suo parere firma dovesse avvenire «sans tambour ni trompette »; che egli però non poteva prendere impegno di sorta che, sia per qualche imprevista circostanza, sia per qualche manifestazione dell'Imperatore, la cosa non venisse a cognizione del pubblico.

Biilow vorrebbe, in conseguenza, esser libero e non legato da alcun impegno. Ciò stante, mi sono preso tempo di telegrafare ancora a V. E., a!Ilnché non vi sia malinteso di sorta; e prego V. E. di volere, colla massima sollecitudine possibile, favorirmi ulteriori ordini. Non le dissimulo che ulteriori esitazioni da parte

nostra farebbero qui cattiva impressione, ed io la prego caldamente di confermarmi, senza altro, ordine di firmare. Firma potrebbe avvenire dopodomani. ma avrei bisogno di dare, al più tardi domattina, risposta.

(l) Cfr. n. 593.

601

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. s. S. N. Roma, 26 giugno 1902, ore 20.

Riservatissimo per Lei solo.

Avevo desiderato il segreto per questi pochi giorni di anticipazione, dal momento che avevo preso personalmente sopra di me di anticipare. Ma poiché Biilow dice che si firmerà sans tambour ni trompette, poco importa se la cosa arriverà poi nel dominio del pubblico e autorizzo quindi V. E. a firmare.

602

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. R. 1956/842. Parigi, 26 giugno 1902 (per. il 9 luglio).

Codesto R. Ministero ben ricorda le circostanze nelle quali andarono rotte le relazioni diplomatiche fra la Francia ed il Venezuela. Quando questo evento si produsse or sono alcuni anni, il Governo francese inclinava ad imputare una parte della responsabilità del medesimo a certe imprudenze del rappresentante italiano a Caracas.

Nel febbraio ultimo, un plenipotenziario venezuelano venne a trattare a Parigi per la ripresa dei rapporti normali fra la Francia ed il suo paese e la trattativa fu condotta a buon termine con la sottoscrizione di un protocollo che porta la data delli 19 di quel mese e che a titolo di documento trasmetto qui unito insieme al testo di un decreto (l) che il Presidente del Venezuela ha pubblicato il 22 Marzo di quest'anno per dare soddisfazione alle richieste dei Consoli ed Agenti consolari in ordine all'andamento delle cause civili o penali nelle quali uno o più de' loro connazionali si trovassero interessati. Mediante la emanazione di questo decreto che ha però carattere di atto spontaneo del Governo venezuelano e la stipulazione dell'atto delli 19 febbraio che costituisce una convenzione di arbitraggio per le questioni relative al risarcimento di danni reclamati invano per lunghi anni dalla Francia, pare che qui si creda di avere dato conveniente esito alle difficoltà che esistevano fra questo paese e la Repubblica venezuelana.

(l) Non si pubblicano.

603

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S. S. N. Pietroburgo, 27 giugno 1902, ore 13,30 (per. ore 15,10).

Riservatissimo per Lei solo.

Il Ministro degli Affari Esteri mi scrive: <<Sa Majesté Impériale m'a fait savoir que Leurs Majestés Impériales recevraient avec le plus grand plaisir la visite de Sa Majesté maintenant durant les vingtièmes jours mois de juin, vieux style, si ces dates pouvaient convenir à Sa Majesté ».

Per quanto la frase non sia molto chiara, ritengo che l'epoca andrebbe bene poiché se Sua Maestà giungesse qui il 13 luglio, nostro calendario, ciò sarebbe ancora nei limiti indicati dall'Imperatore. S. M. l'Imperatore, essendo fuori di Pietroburgo, non posso sapere subito se la visita potrebbe venir ritardata di qualche giorno. Aspetto gli ordini di Sua Maestà il Re.

604

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S. s. N. Berlino, 28 giugno 1902, ore 13,11 (per. ore 15).

Riservatissimo per Lei solo.

Trattato di alleanza firmato in questo momento. Corriere di Gabinetto, con relativi documenti, parte questa sera.

605

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. s. S. N. Roma, 28 giugno 1902, ore 17,15.

Riservatissimo per Lei solo.

Sta bene la firma del trattato. Sorprendemi però che già stamani WolffBureau ne abbia dato l'annunzio ufficiale aggiungendo che la forma del trattato era invariata (1).

606

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. S. s. N. Berlino, 28 giugno 1902, ore 17,40 (per. ore 18,45).

Riservatissimo per Lei solo.

Col telegramma in data 16 giugno (2) V. E. mi partecipava che S. M. il Re avrebbe probabilmente accettato invito Imperatore, e sarebbe venuto Berlino

(l} Firma del rinnovo della Triplice: notizia del Wollf Bureau del 28/6, ripresa da Il Giornale d'Italia del 29 giugno e criticata dall'Avanti, 30 giugno e da Il Secolo, 5 luglio e 8 luglio.

fine agosto. Ier l'altro ho saputo da Btilow che effettivamente Sua Maestà ha telegrafato in tal senso Imperatore. Gradirei, ciò non di meno, ricevere da V. E. conferma tale notizia, e conoscere, possibilmente, ad un tempo, data arrivo S. M. il Re, per potere, a mia volta, rispondere interrogazioni che mi vengono rivolte da personaggi di Corte, cui importerebbe aver finora al riguardo informazioni particolareggiate, per dare opportune disposizioni. Aggiungo, ad ogni buon fine, che, a mio avviso, sarebbe opportuno stabilire itinerario in modo che partenza da Berlino possa avvenire prima del 28, al più tardi, 29 agosto. Inutile rammentare che primo settembre ricorre anniversa,rio Sedan.

(2) Cfr. n. 561.

607

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. s. s. N. Berlino, 28 giugno 1902, ore 17,40 (per. ore 18,45).

Riservatissimo per Lei solo.

Facendo seguito al mio telegramma di stamane (1), interpreto desiderio cancelliere dell'Impero segretario di Stato, entrambi per ragioni diverse, impazienti allontanarsi da Berlino, penso che V. E. farebbe loro cosa singolarmente gradita, affrettando il più possibile invio ratifica reale quando Le sarà giunta firmata

608

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

1'. S. N. Berlino, 28 giugno 1902, ore 19,25 (per. ore 20,15).

Riservatissimo per Lei solo.

Agenzia Wolff pubblica firma rinnovazione trattato. Non abbiamo diritto lagnarci visto che BUlow ha dichiarato voler aver mano libera circa pubblicazione proroga, ma tanto io che ambasciatore d'Austria-Ungheria siamo sommamente sorpresi di tal precipitazione, non avendo stamane BUlow fatto alcun accenno a ciò. Non so spiegare il fatto, che, per lo meno, è poco gentile, salvo che BUlow, a mia insaputa, ne abbia fatto prevenire V. E., nel qual caso la scorrettezza sarebbe verso di me personalmente.

(l) Cfr. n. 604.

609

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. S. S. N. Berlino, 28 giugno 1902 (per. il 2 luglio).

Ricevuto che ebbi il telegramma in data del 27 corrente (1), mi affrettai a far sapere al Cancelliere dell'Impero che, autorizzatovi da V. E., io ero a sua disposizione per procedere alla firma del trattato della Triplice Alleanza.

Presi gli opportuni accordi col mio collega l'Ambasciatore Austro-Ungarico, siamo stati convocati stamane alle ore 11,45 nel Palazzo del Cancelliere, e, dopo di avere scambiati i rispettivi pieni poteri, abbiamo firmato il Trattato nonché il protocollo annessovi.

V. E. troverà allegato al presente, l'originale destinato all'Italia, dei due documenti. Affido il piego che li racchiude al Corriere di Gabinetto, Cavaliere Marcone, il quale parte questa sera alla volta d'Italia, via Vienna.

Non resta oramai che scambiare le ratifiche del solo Trattato -per il protocollo esse non sono necessarie -e firmare il relativo processo verbale di deposito.

Interpretando i desideri del Conte di Blilow e del Barone Richthofen, i quali, per ragioni diverse, hanno fretta di lasciare Berlino, io penso, Signor Ministro, che Ella farebbe cosa personalmente grata ad entrambi, con l'inviarmi il più sollecitamente possibile le ratifiche Reali.

Di quanto precede ho avuto l'onore di rendere consapevole l'E. V. col telegramma direttoLe poco fa (2).

Nello stringermi la mano, dopo la firma, il Conte di Biilow mi ha pregato di ringraziarLa caldamente per l'illuminata ed efficace cooperazione dell'E. V., e di rendermi ad un tempo l'interprete dei di lui sentimenti di profonda stima e sincera amicizia.

Mi è particolarmente gradito di trasmetterle il cordiale messaggio del cancelliere...

ALLEGATO.

Leurs Majestés,

l'Empereur d'Allemagne, Roi de Prusse, l'L'Empereur d'Autriche, Roi de Bohème etc. et Roi Apostolique de Hongrie et le Roi d'Italie fermement résolues d'assurer à leurs Etats la continuation des bienfaits que leur garantit, au point de vue politique aussi bien qu'au point de vue monarchique et social, le maintien de la Triple Alliance, et voulant dans ce but prolonger la durée de cette alliance, conclue le 20 mai 1882, renouvelée une première fois par les traités du 20 février 1887 et une seconde fois par le traité du 6 mai 1891, ont, à cet effet, nommé camme leurs plénipotentiaires, savoir:

Sa Majesté l'Empereur d'Allemagne, Roi de Prusse, le Comte Bernard de Biilow, Chancelier de l'Empire, Son Président du Conseil des Ministres de Prusse; Sa Majesté l'Empereur d'Autriche, Roi de Bohème etc. et Roi Apostolique de Hongrie: le Sieur Ladislas Szogyeny -Marich de Magyar Szogyen et Szolgaegyhaza, Son Ambassadeur Extraordinaire et Plénipotentiaire près Sa Majesté l'Empereur d' Allemagne, Roi de

Prusse, et Sa Majesté le Roi d'Italie: le Comte Carlo Lanza di Busca, Lieutenant Général, Sénateur, San Ambassadeur Extraordinaire et Plénipotentiaire près Sa Majesté l'Empereur d'Allemagne, Roi de Prusse, lesquels après échange de leurs pleins-pouvoirs, trouvés en bonne et due forme, sont convenus des articles suivants:

Article l. Les Hautes Parties contractantes se promettent mutuellement paix et amitié et n'entreront dans aucune alliance ou engagement dirigé contre l'un de Leurs Etats.

Elles s'engagent à procéder à un échange d'idées sur les questions politiques et économiques d'une nature générale qui pourraient se présenter, et se promettent en outre leur appui mutue! dans la limite de leurs propres intéréts.

Article 2. Dans le cas où l'Italie, sans provocation directe de sa part, serait attaquée par la France pour quelque motif que ce soit, les deux autres Parties contractantes seront tenues à préter à la Partie attaquée secours et assistance avec toutes leurs forces.

Cette méme obligation incombera à l'Italie dans le cas d'une agression non directemente provoquée de la France contre l'Allemagne.

Article 3. Si une ou deux des Hautes Parties contractantes, sans provocation directe de leur part, venaient à étre attaquées et à se trouver engagées dans une guerre avec deux ou plusieurs Grandes Puissances non signataires du présent Traité, le « casus foederis » se présentera simultanément pour toutes les Hautes Parties contractantes.

Article IV. Dans le cas où une Grande Puissance non signataire du présent traité menacerait la sécurité des Etats de l'une des Hautes Parties contractantes, et la Partie menacée se verrait par là forcée de lui faire la guerre, les deux autres s'obligent à observer, à l'égard de leur alliée une neutralité bienveillante. Chacune se réserve, dans ce cas, la faculté de prendre part à la guerre, si Elle le jugeait à propos, pour faire cause commune avec San allié.

Article V. Si la paix de l'une des Hautes Parties contractantes venait à étre menacée dans les circonstances prévues par les articles précédents, les Hautes Parties contractantes se concerteront en temps utile sur les mesures militaires à prendre en vue d'une coopération éventuelle.

Elles s'engagent, des à présent, dans tous les cas de participation commune à une guerre, à ne conclure ni armistice, ni paix, ni traité, que d'un commun accord entre Elles.

Article VI. L'Allemagne et l'Italie, n'ayant en vue que le maintien, autant que possible, du statu qua territorial en Orient, s'engagent à user de leur influence pour prévenir, sur les còtes et iles ottomanes dans le Mer Adriatique et dans la Mer Egée, toute modification territoriale qui porterait dommage à l'une ou à l'autre des Puissances signataires du présent Traité. Elles se communiqueront à cet effet, tous les renseignements de nature à s'éclairer mutuellement sur leurs propres dispositions, ainsi que sur celles d'autres Puissances.

Article VII. L'Autriche-Hongrie et l'Italie, n'ayant en vue que le maintien, autant que possible, du statu qua territorial en Orient, s'engagent à user de leur influence pour prévenir toute modification territoriale qui porterait dommage à l'une ou à l'autre des Puissances signataires du présent Traité. Elles se communiqueront, à cet effet, tous les renseignements de nature à s'éclairer mutuellement sur leurs propres dispositions, ainsi que sur celles d'autres Puissances. Toutefois dans le cas où, par suite des événements, le maintien du statu qua dans les régions des Balcans ou des còtes et iles ottomanes dans l'Adriatique et dans la Mer Egée deviendrait impossible, et que, soit en conséquence de l'action d'une Puissance tierce soit autrement, l'Autriche-Hongrie ou l'Italie se verraient dans la nécessité de le modifier par une occupation temporaire ou permanente de leur part cette occupation n'aura lieu qu'après un accord préalable

entre les deux Puissances, basé sur le principe d'une compensation réciproque pour tout avantage, territorial ou autre, que chacune d'Elles obtiendrait en sus du statu qua actuel et donnant satisfaction aux intéréts et aux prétensions bien fondées des deux parties.

Article VIII. Les stipulations des articles VI e VII ne s'appliqueront d'aucune manière à la question égyptienne au sujet de laquelle les Hautes Parties contractantes conserv&pt respectivement leur liberté d'action, en égard toujours aux principes sur lesquels répose le présent Traité.

Article IX. L'Allemagne et l'Italie s'engagent à s'employer pour le maintien du statu quo territorial dans les régions nord-africaines sur la Méditerranée à savoir la Cyrénai'que, la Tripolitaine et la Tunisie. Les représentants des deux Puissances dans ces régions auront pour instruction de se tenir dans la plus étroite intimité de communications et assistance mutuelle.

Si malheureusement, en suite d'un mùr examen de la situation, l'Allemagne et l'Italie reconnaissaient l'une et l'autre que le maintien du statu quo devenait impossible, l'Allemagne s'engage, après un accord forme! et préalable, à appuyer l'Italie en toute action sous la forme d'occupation ou autre prise de garantie, que cette dernière devrait entreprendre dans ces mèmes régions en vue d'un intérét d'équilibre et de légitime compensation.

Il est entendu que pour pareille éventualité les deux Puissances chercheraient à se mettre également d'accord avec l'Angleterre.

Article X. S'il arrivait que la France fit acte d'étendre son occupation ou bien son protectorat, ou sa souveraineté, sous une forme quelconque, sur les territoires nordafricains, et qu'en conséquence de ce fait l'Italie crùt devoir, pour sauvegarder sa position dans la Méditerranée, entreprendre elle-mème une action sur Ies dits territoires nord-africains, ou bien recourir sur le territoire français en Europe aux mesures extrèmes, l'état de guerre qui s'ensuivrait entre l'Italie et la France constituerait ipso facto sur la demande de l'Italie et à la charge commune de l'Allemagne et de l'Italie, le casus toederis prévu par les articles II et V du présent Traité, comme si pareille éventualité y était expressement visée.

Article XI. Si les chances de toute guerre entreprise en commun contre la France par les deux Puissances amenaient l'Italie à rechercher des garanties territoriales à l'égard de la France, pour la sécurité des frontières du Royaume et de sa position maritime, ainsi qu'en vue de la stabilité et de la paix, l'Allemagne n'y mettra aucun obstacle et au besoin, et dans une mesure compatible avec les circostances, s'appliquera à faciliter les moyens d'atteindre un semblable but.

Article XII. Les Hautes Parties contractantes se promettent mutuellement le secret sur le contenu du présent Traité.

Article XIII. Les Puissances signataires se réservent d'y introduire ultérieurement, sous forme de protocole et d'un commun accord, les modifications dont l'utilité serait démontrée par les circonstances.

Article XIV. Le présent Traité restera en vigueur pour l'espace de six ans à partir de l'échange des ratifications; mais s'il n'avait pas été dénoncé un an à l'avance par l'une ou l'autre des Hautes Parties contractantes, il restera en vigueur pour la méme durée de six autres années.

Article XV. Les ratifications du présent Traité seront échangées à Berlin, dans un délai de quinze jours, ou plus tòt si faire se peut. En foi de quoi, les Plénipotentiaires respectifs ont signé le présent Traité, et y ont apposé le cachet de leurs armes. Fait à Berlin, en triple exemplaire, le ...

(l) -Cfr. n. 601, In realtà del 26 giugno. (2) -Cfr. n. 607.
610

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. S. S. N. Roma, 29 giugno 1902, ore 9,45.

Riservatissimo per Lei solo.

Sua Maestà il Re, a cui ho comunicato il tuo telegramma di jeri (l), mi incarica di farti conoscere che sta bene quello che in esso è proposto per il suo

viaggio, il quale avrà luogo verso la fine del periodo da te indicato. Il Ministro della Real Casa si metterà tosto direttamente in comunicazione con te per i particolari di esecuzione.

(l) Cfr. n. 603, in realtà del 27 giugno.

611

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S. S. N. Roma, 29 giugno 1902, ore 12.

Riservatissimo per Lei solo.

Il viaggio di Sua Maestà a Berlino rimane inteso nei termini di tempo proposti dall'Imperatore. Sua Maestà ha appunto telegrafato in questo senso all'Imperatore. Il Ministro della Real Casa si metterà ora direttamente in comunicazione con V. E. per i particolari di esecuzione

612

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1264/40. Parigi, 29 giugno 1902, ore 12,50

Agenzia Havas pubblicò jeri telegramma da Berlino 28 corrente così concepito: «!strumento relativo proroga della alleanza con l'Austria-Ungheria e l'Italia fu firmato qui questa mattina dal cancelliere BUiow e gli ambasciatori Szogyeny e Lanza. La triplice fu rinnovata senza cambiamenti nella sua forma».

613

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. s. N. Berlino, 29 giugno 1902, ore 15,30 (per. ore 16,50).

Riservatissimo per Lei solo.

Nel mio telegramma di jeri (l) qualificavo poco gentile l'annunzio fatto dare dall'agenzia Wolff della firma del trattato senza qualsiasi cenno preventivo a me e al mio collega d'Austria-Ungheria. Ora rilevo dal telegramma di V. E. di jersera (2) che agenzia Wolff stessa aveva già fatto pervenire costì

annunzio nel mattino di jeri, cwe prima ancora che fosse giunto a Roma mio telegramma annunziante firma (1), che pur spedii appena uscito dal palazzo del cancelliere dell'Impero dove firma aveva avuto luogo. Notizia dell'agenzia Wolff venne pubblicata qui verso le ore 14 e mezzo. Voglio credere tutto ciò sia avvenuto per qualche malinteso; non stimo però chiedere spiegazione se non mi verrà offerta spontaneamente da Btilow o da segretario di Stato affari esteri. Il fatto esiste. Io lo trovo meno corretto meno cortese e, senza esagerarne importanza a danno delle buone relazioni di lei con Biilow, credo necessario far primieramente sentire impressione che ha lasciato in me. Il miglior modo mi sembra quello di esonerare me dalle funzioni che esercito. Presso questo Governo mio richiamo potrà essere motivato, come lo è di fatti, da mia domanda in seguito all'incidente che io considero poco riguardoso per la mia persona. Per il pubblico mio prossimo collocamento in posizione ausiliaria come generale e conclusione offrono buona occasione a spiegare fine della mia missione.

(l) -Cfr. n. 608. (2) -Cfr. n. 605.
614

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. s. S. N. Roma, 29 giugno 1902, ore 17,30.

Riservatissimo per Lei solo.

Avverto confidenzialmente V. E. che viaggio Sua Maestà Pietroburgo combinato prima metà luglio, non essendo stato possibile assolutamente combinare altra epoca.

615

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 1002. Roma, 29 giugno 1902, ore 20.

Tempo fa fui informato che pretendente albanese Don Aladro Castriota voleva venire a Roma per incontrarsi con altri agitatori albanesi e forse anche con Sarapoff capo agitazione macedone. Feci comprendere agli interessati che non avrei tollerato cospirazioni simili si facessero in Italia, e pretendente non venne. Ora sono informato che egli si reca a Vienna per stesso scopo. Ho avvisato di ciò confidenzialmente Barone Pasetti e non dubito quindi che codesto Governo sarà ormai informato, ma a me importa conoscere da V. E., a suo tempo, quale sarà stata l'attitudine codesto Governo di fronte simile agitazione

(l) Cfr. n. 604.

616

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. S. S. N. Roma, 30 giugno 1902, ore 12.

Riservatissimo per Lei solo.

Telegramma Stefani giunse Roma circa alle 14, quindi con sensibile precedenza telegramma di V. E. (l). Detto ciò per stabilire esatta verità confermo mio telegramma di ieri (2), ciò che ho voluto semplicemente constatare i fatti, ma non intendo chiedere per essi alcuna spiegazione a Biilow come giustamente osserva V. E., quindi, ancora meno credo opportuno richiamare per simile motivo V. E. Se Ella insisterà nel proposito manifestatomi di terminare sua missione, ciò potrà avvenire prima dell'inverno in modo anzi da non lasciar credere ad alcuna correlazione con quanto ora avvenne.

Comprendo perfettamente scopo di Btilow di raffreddare nostri rapporti colla Francia; questo scopo saprò perfettamente impedirgli di raggiungere, come si è visto anche in questa occasione, ma non ho bisogno per ciò di raffreddare in alcun modo né le mie relazioni personali con lui, n!> quelle tra Italia e Germania.

617

L'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A ROMA, PASETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI (3)

Roma, 30 giugno 1902.

DÉCLARATION SECRÈTE.

Je soussigné, ambassadeur de S. M. I. et R. A., ai été autorisé de déclarer au gouvernement de S. M. le roi d'Italie, que tout en désirant le maintien du statu quo territorial en Orient, le gouvernement austro~hongrois, n'ayant pas d'intérét spécial à sauvegarder dans la Tripolitaine et la Cirénarque, est décidé à ne rien entreprendre de ce qui pourrait contrecarrer l'action de l'Italie au cas où, par suite de circonstances fortuites, l'état des choses actuel établi dans ces régions subirait une altération quelconque et forcerait le gouvernement royal à recourir à des mesures qui lui seraient dictées par ses propres intéréts.

Il est entendu que la présente déclaration restera secrète et qu'elle ne pourra étre produite qu'en vertu d'un accord préalable entre les deux gouvernements.

(l) -Cfr. n. 604. (2) -Non pubblicato.

(3) Ed. in PRIBRAM, A.F., The Secret Treaties oj Austria-Hungary, cit., I, p. 232 e s.

618

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE DI AUSTRIA-UNGHERIA A ROMA, PASETTI

L. Roma, 30 giugno 1902.

Conformément au désir que V. E. a bien voulu m'en exprimer par sa note secrète en date d'aujourd'hui, N. 27, j'ai l'honneur de lui accuser réception de la déclaration concernant la Tripolitaine-Cyrenai:que (l) que V. E. m'a transmise avec sa note précitée d'après les instructions de son gouvernement.

619

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BARRÈRE

L. Roma, 1° novembre 1902.

A la suite des conversations que nous avons eues touchant la situation réciproque de l'Italie et de la France dans le bassin méditerranéen, et touchant plus spécialement les intéréts respectifs des deux nations en Tripolitaine-CyrenaYque et au Maroc, il nous a paru opportun de préciser les engagements qui résultent des lettres échangées à ce sujet entre V. E. et le marquis Visconti Venosta, les 14 et 16 décembre 1900, en ce sens que chacune des deux puissances pourra librement développer sa sphère d'influence dans les régions susmentionnées au moment qu'elle jugera opportun, et sans que l'action de l'une d'elles soit nécessairement subordonnée à celle de l'autre. Il a été expliqué à cette occasion que, par la limite de l'expansion française en Afrique septentrionale, visée dans la lettre précitée de V. E. du 14 décembre 1900, on entend bien la frontière de la Tripolitaine indiquée par la carte annexée à la déclaration du 21liiiirs 1899, additionnelle à la convention franco-anglaise du 14 juin 1898.

Nous avons constaté que cette interprétation ne laissait subsister actuellement entre nos gouvernements aucune divergence sur les intéréts respectifs dans la Méditerranée.

A l'occasion de ces pourparlers, et pour éliminer d'une manière définitive tout malentendu possible entre nos deux pays, je n'hesite pas, pour préciser leurs rapports généraux, à faire spontanément à V. E., au nom du Gouvernement de Sa Majesté le Roi, les déclarations suivantes:

« Au cas où la France serait l'objet d'une agression directe ou indirecte de la part d'une ou de plusieurs puissances, l'Italie gardera une stricte neutralité.

Il en sera de mème au cas où la France, par suite d'une provocation directe, se trouverait réduite à prendre, pour la défense de son honneur ou de sa sécurité, l'initiative d'une déclaration de guerre. Dans cette éventualité, le Gouvernement de la République devra communiquer préalablement son intention au Gouvernement Royal; mis ainsi à mème de constater qu'il s'agit bien d'un cas de provocation directe ».

Pour rester fidèle à l'esprit d'amitié qui a inspiré les présentes déclarations, je suis autorisé, en outre, à vous confirmer qu'il n'existe de la part de l'Italie, et qu'il ne sera conclu par elle aucun protocole ou disposition militaire d'ordre contractuel international qui serait en désaccord avec les présentes déclarations.

J'ai à ajouter que, sauf l'interprétation des intérèts méditerranéens des deux puissances, laquelle a un caractère définitif, conformément à l'esprit de la correspondance échangée les 14 et 16 décembre 1900, entre V. E. et le marquis Visconti Venosta, les déclarations qui précèdent étant en harmonie avec les engagements, internationaux actuels de l'Italie, le Gouvernement Royal entend qu'elles auront leur pleine valeur aussi longtemps qu'il n'aura pas fait savoir au Gouvernement de la République que ces engagements ont été modifiés.

Je serai reconnaissant à V. E. de vouloir bien m'accuser réception de la présente communication, qui devra rester secrète, et m'en donner acte au nom

d.u Gouvernement de la République (1).

(l) Cfr. n. 617.

620

L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BARRÈRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

L. Roma, 1° novembre 1902.

Par sa lettre en date de ce jour (2), V. E. a bien voulu me rappeler qu'à la suite de nos conversations relatives à la situation réciproque de la France et de

2. II, p. 390 e s.) e che il 82 novembre vennero bruciati. Si avrà quindi occasione di ritornare su questo accordo nel prossimo volume di DDI. Per i precedenti e per un dettagliato esame dell'accordo, v. E. SERRA, C. Barrère e l'intesa italo-trancese, cit., cap. V.

Questo e gli altri tre testi che seguono sono tratti dal Libro Verde italiano, che venne presentato dal sottosegretario Sforza alla Camera dei Deputati il 2 gennaio 1920 e commentato dal Corriere della Sera, 4 gennaio. Gli accordi tra Italia e Francia vennero pubblicati da Il Messaggero, 4 e 5 gennaio.

La pubblicazione del Livre Jaune francese sugli accordi del 1900-1902 era avvenuta pochi giorni prima, alla fine del 1919, ed aveva provocato grande scalpore. Cfr. La Tribuna, 29 e 30 dicembre, 2 e 8 gennaio 1920; il Corriere della Sera, 28 dicembre (con commento di G. Emanuel) e 29 dicembre. Luigi Luzzattl sul Corriera della Sera del lo gennaio 1920 scrisse che vero autore dell'intesa !taio-francese era stato Btilow, che a Venezia escluse a Prinettl qualsiasi modifica della Triplice: « In una lettera che Prinetti mi diede, in una risposta che gli diedi, queste angoscie patriottiche si rivelano e condussero alle trattative ed all'intesa che ora tutti conoscono>>. Un commento dal titolo «Intorno al Libro Giallo francese» apparve su L'Unitd del lo gennaio.

l'Italie dans le bassin du Mediterranée et plus spécialement aux intérets respectifs des deux pt.vs -en Tripolitaine-Cyrenarque et au Maroc, il nous a paru opportun de prèciser les engagements qui résultent des lettres échangées à ce sujet les 14 et 16 décembre 1900 entre le marquis Visconti Venosta et moi, en ce sens que chacune des deux puissances pourra librement développer sa sphère d'influence dans les régions susmentionnées au moment qu'elle jugera opportun et sans que l'action de l'une d'elles soit nécessairement subordonnée à celle de l'autre. Il a été expliqué à cette occasion que par la limite de l'expansion française en Afrique septentrionale visée dans ma lettre précitée du 14 décembre 1900, on entend bien la frontière de la Tripolitaine indiquée par la carte annexée à la déclaration du 21 mars 1899, additionnelle à la convention franco-anglaise du 14 juin 1898.

Cette interprétation ne laissant, ainsi que nous l'avons constaté, subsister actuellement entre nos gouvernements aucune divergence sur leurs intérets respectifs dans la Méditerranée, et dans d'éliminer d'une manière définitive tout malentendu possible entre nos deux pays, vous avez été autorisé par le Governement de Sa Majesté à formuler, spontanément certaines déclarations destinées à preciser les rapports généraux de l'Italie vis-à-vis de la France.

J'ai l'honneur d'accuser réception à V. E. et de Lui donner acte au nom de mon Gouvernement de ces décla,rations.

Je suis autorisé en retour à formuler de la manière suivante les conditions dans lesquelles la France entend de son còté, dans le meme esprit amicai. régler ses rapports généraux vis-à-vis de l'Italie.

Au cas où l'Italie serait l'objet d'une agression directe ou indirecte de la part d'une ou de plusieurs puissances, la France gardera une stricte neutralité.

Il en sera de méme au cas où l'Italie, par suite d'une provocation directe, se trouverait réduite à prendre pour la défense de son honneur ou de sa sécurité, l'initiative d'une déclaration de guerre. Dans cette éventualité, le Gouvernement Royal devra communiquer préalablement son intention au Gouvernement de la république, mis ainsi à méme de constater qu'il s'agit bien d'un cas de provocation directe.

Je suis autorisé également à vous déclarer qu'il n'existe de la part de la France et qu'il ne sera conclu par elle aucun protocole ou disposition militaire d'ordre contractuel international qui serait en désaccord avec les présentes déclaratio ns.

Il est entendu enfin que, sauf en ce qui concerne l'interprétation des inté

réts méditerranéens des deux puissances, laquelle a un caractère définitif confor

mément à l'esprit de la correspondance échangée les 14 et 16 décembre 1900 en

tre le marquis Visconti Venosta et moi, les déclarations qui précèdent, et qui

doivent rester secrètes, étant en harmonie avec les engagements internationaux

actuels de l'Italie, auront leur pleine valeur aussi longtemps que le Gouverne

ment Royal n'aura pas fait connaitre au Gouvernement de la République que

ces engagements ont été modifiés.

(l) Cfr. anche DDF, 2, II, 300 e 329. Lo scambio di note avvenne il 30 giugno ma porta la data del 10-2 novembre 1902 perché, secondo la testimonianza dell'Ambasciatore Barrère, il Re e Prinetti vollero evitare la contemporaneità con il rinnovo della Triplice. Affinché entrassero subito in vigore vennero sottoscritti due duplicati che recano la data del 10-11 luglio (in DDF,

(2) Cfr. n. 619.

621

L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BARRÈRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

L. Rom, 2 novembre 1902.

Au sujet des déclarations que nous avons échangées par nos lettres en date d'hier (l) sur les rapports généraux de la France et de l'Italie, il me semblerait nécessaire pour éviter toute possibilité de malentendu, de préciser le sens et la portée qui doivent etre attribués au mot «directe » dans l'expression «provocation directe » employée dans les dites déclarations.

Je vous serais reconnaissant de me confirmer l'interprétation que comporte, dans votre opinion, le terme dont il s'agit.

622

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BARRÈRE

L. Roma, 2 novembre 1902.

Vous avez bien voulu m'exprimer, par votre lettre d'aujourd'hui (2), le désir de voir précisés par moi, afin d'éviter toute possibilité de malentendu, le sens et la portée qui doivent étre attribués au mot « directe » dans l'expression « provocation directe » employée dans les déclarations que je vous ai faites par ma lettre en date d'heir (3).

Je m'empresse de vous confirmer, à ce sujet, ce que j'ai eu l'occasion de vous dire de vive voix. Le mot « directe >> a ce sens et cette portée, à savoir que les faits pouvant etre éventuellement invoqués comme constituants la provocation doivent concerner les rapports directs entre la puissance provocatrice et la puissance provoquée.

3! -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

(l) -Cfr. nn. 619 e 620. (2) -Cfr. n. 621. (3) -Cfr. n. 619.
<
APPENDICI

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

tSituazione al maggio 1902)

ARGENTINA

Buenos Aires -BOTTARO CosTA conte Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NANI MocENIGO conte Giovanni Battista, addetto.

AUSTRIA-UNGHERIA

Vienna -NIGRA conte Costantino, senatore, ambasciatore; FERRARA DENTICE Enrico, consigliere; FASCIOTTI barone Carlo, segretario; SERRA Attilio, addetto; TOMMASINI Francesco, addetto; ToRLONIA (dei principi) Carlo, addetto onorario; DE GRESTI Guido, addetto onorario; DEL MAESTRO Cesare, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare.

BAVIERA

Monaco -DE FoRESTA (dei conti) Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

BELGIO

Bruxelles -CANTAGALLI Romeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SALLIER DE LA TouR (dei conti) Giuseppe, duca di Calvello, segretario.

BOLIVIA

PIRRONE Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Lima).

BRASILE Rio de Janeiro -FRrozzi marchese Lorenzo, principe di Cariati, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Rossi-TOESCA Vincenzo, segretario.

BULGARIA

Sofia -PoLAcco Giorgio, agente diplomatico e console generale; SIGNORILE Vittorio, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare (residente a Costantinopoli).

CILE

Santiago -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAVINA Oreste, reggente la legazione.

CINA

Pechino -GALLINA conte Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ROMANO AVEZZANA barone Camillo, segretario; VITALE Guido, interprete, col titolo onorario di segretario-interprete.

COLOMBIA

Bogotà -N.N., ministro residente.

COREA

Seul -N.N., ministro residente.

COSTARICA

ROGERI DI VILLANOVA (dei conti) Filippo, ministro residente (residente a Guatemala).

DANIMARCA

Copenaghen -CALVI DI BERGOLO conte Giorgio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RANUZZI SEGNI conte Cesare, segretario.

EQUATORE

PIRRONE Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Lima).

ETIOPIA

Addis Abeba -CrccoDICOLA Federico, maggiore di artiglieria, regio rappresentante.

FRANCIA

Parigi -TORNIELLI BRUSATI DI VERGANO conte Giuseppe, senatore del Regno, ambasciatore; PAuLucci DE' CALBOLI (dei marchesi) conte Raniero, segretario; CAHEN Teoftlo Rodolfo, marchese di Torrealfina, segretario; CAPRARA conte Enrico, addetto; MARTIN FRANKLIN Alberto, addetto; GARBASSO Carlo, addetto; CHAPPERON Alessio, colonnello di stato maggiore, addetto militare; N.N., addetto navale.

GERMANIA

Berlino -LANZA conte Carlo, tenente generale, senatore del Regno, ambasciatore; IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, consigliere; 0RSINI BARONI Luca, addetto; NEGROTTO CAMBIASO (dei marchesi) Lazzaro, addetto; GASTALDELLO Annibale, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare.

GIAPPONE

Tokio -MELEGARI Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; COBIANCHI Vittore, segretario; CASATI Luigi, interprete.

GRAN BRETAGNA

Londra -PANSA Alberto, ambasciatore; SACERDOTI (dei conti di Carrobio) Vittorio, segretario; MONTAGNA Giulio Cesare, addetto; CARACCIOLO DI CASTAGNETA duca Gaetano, addetto onorario; CHAPPERON Alessio, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare (residente a Parigi); N.N., addetto navale; MANETTI Giuseppe, archivista interprete.

GRECIA

Atene -AVARNA duca Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NOBILI Aldo, segretario; PATERNÒ Antonio, addetto onorario; SIGNORILE Vittorio, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare (residente a Costantinopoli); DIMANI Costantino, interprete.

GUATEMALA

Guatemala -ROGERI DI VILLANOVA (dei conti) Filippo, ministro residente.

HONDURAS

ROGERI nr VILLANOVA (dei conti) Filippo, ministro residente (residente a Guatemala).

LUSSEMBURGO

TuGINI Salvatore, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente all'Aja).

MAROCCO

Tangeri -MALMUSI Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIANATELLI GENTILE Agesilao, interprete col titolo onorario di segretariointerprete.

MESSICO

Messico -VINCI conte Giulio Cesare, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

MONTENEGRO

Cettigne -BOLLATI Riccardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

NICARAGUA

RoGERI DI VILLANOVA (dei conti) Filippo, ministro residente (residente a Guatemala).

PAESI BASSI

Aja -TuGINI Salvatore, inviato straordinario e ministro plenipotenzi~rio; BosDARI conte Alessandro, segretario; DEPRETIS Agostino, addetto onorario.

PARAGUAY

BOTTARO CosTA conte Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Buenos Aires).

PERSIA

Teheran -MAISSA Felice, ministro residente.

PERU'

Lima -PIRRONE Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PORTOGALLO

Lisbona -GERBAIX DE SONNAZ conte Carlo Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BAROLI nobile Carlo, segretario.

ROMANIA

Bucarest -BECCARIA INCISA (dei marchesi) Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CuccHI BoAsso Fausto, segretario; CATALANI Giuseppe, addetto; SIGNORILE Vittorio, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare (residente a Costantinopoli); OLIVOTTO Teodoro, archivistainterprete.

RUSSIA

Pietroburgo -MORRA DI LAVRIANO E DELLA MONTÀ (dei conti) Roberto, tenente generale, senatore del Regno, ambasciatore; QuARTO DI BELGIOioso Antonio, conte del Vaglio, segretario; TOMASI DELLA TORRETTA Pietro, addetto; RUGGERI LADERCHI conte Paolo, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare; GHERSI Alessandro Arturo, archivista-interprete.

SALVADOR

RoGERI DI VILLANOVA (dei conti) Filippo, ministro residente (residente a Guatemala).

SAN DOMINGO

San Domingo -CAMBIASO Luigi, console generale.

SAN MARINO

San Marino -LossADA Giulio Cesare, console.

SERBIA

Belgrado -MAGLIANO DI VILLAR SAN MARco conte Roberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DELLA TORRE DI LAVAGNA conte Giulio, segretario, incaricato d'affari; DELMASTRO Cesare, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare (residente a Vienna); DE SARNO SAN GIORGIO Dionisio, interprete.

SIAM

Bangkok -MoTTA Riccardo, ministro residente.

SPAGNA

Madrid -AVOGADRO DI COLLOBIANO-ARBORIO (dei conti) ~Uigi, ambasciatore; ANCILLOTTO CONTE Giuseppe, segretario; DI MONTAGLIARI marchese Paolo, addetto; BERZOLESE Carlo, archivista-interprete.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -MAYOR DES PLANCHES nobile Edmondo, ambasciatore; CARIGNANI (dei duchi di Novoli) Francesco, segretario; ALIOTTI (dei baroni) Carlo, segretario; BoRGHETTI Riccardo, addetto.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -GuAsco DI BISIO (dei marchesi) Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FIORAVANTI (dei marchesi) Carlo, addetto onorario.

SVIZZERA

Berna -SILVESTRELLI Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE MARTINO Giacomo, segretario; RusPOLI Mario, principe di Poggio Svasa, segretario; RINELLA Sabino, addetto; RoPoLo Edoardo, capitano di stato maggiore, addetto militare.

TURCHIA

Costantinopoli -MALASPINA DI CARBONARR marchese Obizzo, ambasciatore, CARLOTTI marchese Andrea, segretario; SFORZA Carlo, segretario; ARRIVABENEVALENTI GONZAGA conte Carlo, addetto; SIGNORILE Vittorio, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare; MELIA Carlo, addetto commerciale; CANGIÀ Alfredo, interprete; CHABERT Alberto, interprete.

URUGUAY

BOTTARO CosTA conte Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Buenos Aires).

VENEZUELA

Caracas -RIVA Giovanni Paolo, ministro residente.

VICE REAME D'EGITTO

Cairo -SALVAGO RAGGI marchese Giuseppe, agente diplomatico e console generale; MANZONI Gaetano, segretario.

APPENDICE Il

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(Situazione al maggio 1902)

MINISTRO PRINETTI Giulio, deputato al Parlamento.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO BACCELLI Alfredo, deputato al Parlamento.

SEGRETARIO GENERALE MALVANO Giacomo, senatore del Regno, consigliere di Stato.

SEGRETARIO PARTICOLARE DEL MINISTRO PRINETTI conte Emanuele, segretario di legazione di la classe.

SEGRETARI PARTICOLARI DEL SOTTOSEGRETARIO DI STATO MAESTRI MOLINARI marchese Francesco; FILESI Pietro.

UFFICIO DIPLOMATICO Addetti all'ufficio: BERTI Emanuele, consigliere di legazione; PRINETTI conte Emanuele, segretario di legazione; MATTIOLI PASQUALINI Alessandro, segretario di 2• classe; SERRA Carlo, capo sezione. Per la stampa: ARTOM Ernw;;to, addetto onorario di legazione; TKALAC Emerico, interprete. Direttore della tipografia: ALFERAZZI Giacomo Antonio.

UFFICIO DELLA CIFRA E DEL TELEGRAFO Capo sezione: VOLTATTORNI Gabriele. Archivisti: NEGRI Rodolfo; CALLINGANI Augusto; FERRERO Camillo. Ufficiali d'ordine: BONGIOVANNI Emilio; ZUCCHETTI Pietro; CLAUS Giuseppe.

UFFICIO COLONIALE

Direttore: AGNESA Giacomo.

Capo sezione: DECIANI Vittorio Tiberio.

Segretari: CONTARINI Salvatore; MORI UBALDINI conte Alberto.

Addetti all'ufficio: BoDRERO Alessandro, capitano dei bersaglieri; MANTIA Giuseppe, ufficiale coloniale di 3a classe; MARCHISIO Ernesto, ufficiale coloniale di 4a classe; PoRTA Giuseppe; commesso coloniale di la classe; FABOZZI Eugenio, commesso coloniale di 3a classe; BERTOLETTI Ernesto, commesso coloniale di 4a classe; CIOPPI Bernardo; commesso coloniale di 5a classe.

Ufficiale d'ordine: SoRMANI Gilberto.

COMMISSARIATO DELL'EMIGRAZIONE

Commissari generali: Bomo Luigi, consigliere di Stato, senatore del Regno (incaricato delle funzioni).

Commissari: BIANCHERI Cesare, console generale di 2a classe (incaricato delle funzioni); Bosco Augusto, segretario al Ministero di agricoltura, industria e commercio (incaricato delle funzioni); Rossi Egisto.

Ragioniere: MARCONI Alfredo.

Archivista: Russo Giovanni.

Ufficiali d'ordine: MONTALBANO Giuseppe; REGGIANI Giovanni; SACCHI Giuseppe; VISCHI Teresio; POGGI Ferruccio.

ISPETTORATO GENERALE DELLE SCUOLE ITALIANE ALL'ESTERO

Ispettore generale: ScALABRINI Angelo, regio provveditore agli studi (in missione). Segretario: BOCCONI Luigi. Segretario di ragioneria: FIORETTI Vittorio; SuGLIANr Augusto. Vice segretario di ragioneria: FRANZETTI Attilio. Ufficiali d'ordine: BARBÈRI Francesco; VIGNOLO Edoardo.

DIVISIONE I

Affari commerciali

Direttore capo divisione: FASSATI DI BALZOLA Ferdinando.

SEZIONE I

Capo sezione: KocH Ernesto. Segretari: ANIELLI Lorenzo; MAESTRI-MOLINARI marchese Francesco.

SEZIONE II

Capo sezione: PELUCCHI Carlo. Segretari: SARTORI Francesco. Ufficiali d'ordine: FILIPPINI Garibaldo; ANGELONE Francesco.

DIVISIONE II

Affari privati e contenziosi

Direttore capo divisione: VAccAJ Giulio.

SEZIONE I Capo sezione: DE GAETANI Davide. Segretari: RICCI BUSATTI Arturo; LEVI Giorgio; CELESIA DI VEGLIASCO, barone Alessandro; MACCHI DI CELLERE Vincenzo.

SEZIONE II Capo sezione: BARILARI Pompeo. Segretari: CANONICO Edoardo; DURANO DE LA PENNE marchese Enrico.

SEZIONE III Capo sezione: SERRA Carlo. Segretari: CANONICO Edoardo; MORI UBALDINI ALBERTI conte Alberto. Archivista: SILVANI LORENI Demetrio. Ufficiali d'ordine: SANDRUCCI Lorenzo; BENFENATI Evaristo; CAMETTI Alberto; GRAZIOSI Luigi; FIOCCARDI Cesare.

DIVISIONE III

Personale

Direttore capo divisione: BARILARI Federico, ispettore generale.

SEZIONE I

Personale

Capo sezione: LANDI VITTORJ Vittorio.

Segretari: RANDAccro Ignazio; SANDICCHI Pasquale. Archivista capo: ZAVEL DE LOUVIGNY Filippo Antonio.

Archivista: PEROTTI Felice.

Ufficiale d'ordine: FANTOLINI Leopoldo.

SEZIONE II

Cerimoniale

Capi sezione: BROFFERIO Tullio; VALENTINI Claudio. Ufficiali d'ordine: BRANCO Pasquale; BIANCHEDI Filippo.

DIVISIONE IV

Biblioteca, Registrazione e Spedizione Legalizzazioni, Economato

Direttore capo divisione: BERTOLLA Cesare.

Biblioteca

Capo sezione: PASQUALUCCI Loreto. Ufficiale d'ordine: RENuccr Umberto.

Registrazione e spedizione

Archivisti: BENETTI Carlo; MARCONE Gabriele Antonio (corriere di gabinetto); MORONE Vittorio; PASANISI Francesco; CIACI Romolo. Ufficiali d'ordine: OSTINI Alessandro; PANVINI ROSATI Mario.

Legalizzazioni

Archivisti: DE GREGORIO Francesco; MORONE Vittorio.

Economato

Economo: DE ANGIOLI Eugenio. Ufficiale d'ordine: PETRUCCI Carlo.

DIVISIONE V

Ragioneria

Direttore capo divisione: CALVARI Ludovico.

SEZIONE I Capo sezione: BONAMICO Cesare. Segretario: D'AvANzo Carlo. Vice segretari: CRIVELLAR! Quirino; CASONI Enrico; DE SANTIS Paolo. Volontario: BONAVINO Arturo.

SEZIONE II

Capo sezione: CAsA Dio Carlo. Segretari: FANO Alberto; VINARDI Giuseppe, cassiere. Vice segretari: RINVERSI Romolo; VERDESI Ettore; CARDELLINI Lorenzo. Ufficiale d'ordine: GIUsTo Gregorio.

ARCHIVIO STORICO

Direttore: GORRINI Giacomo (con grado fisso di capo divisione). Ufficiali d'ordine: DE SANGRO Alberto; COLELLA Achille.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione al maggio 1902)

Argentina -MoRENO Enrique B., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZAVALIA Carlos E., primo segretario; DE Rossi Edoardo, secondo segretario; BEASCOCHEA Mariano, tenente di vascello, addetto navale.

Austria-Ungheria -PASETTI voN FRIEDENBURG barone Marius, ambasciatore; KUHN VON KUHNENFELD barone Otto, consigliere; RIEDL VON RIEDENAU barone Franz, segretario; LowENTHAL VON LINAU Heinrich, segretario; SzAPARY conte Friedrich, addetto; RAUN conte Karl, addetto; VoN SzENTYVANY Moritz, addetto; MARENZI VON TAGLIUNO e TAILGATE conte Franz, colonnello di stato maggiore, addetto militare; BASELLI VON SussENBERG barone Victor, capitano di fregata, addetto navale.

Baviera -VoN TucHER Barone Heinrich, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VoN RITTER barone Otto. consigliere.

Belgio -VoN Loo Augustus, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE GRELLE ROGIER Edouard, consigliere; ROOMAN D'ERTBUER Maurime, primo segretario.

Brasile -REGIS DE OLIVEIRA Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE BARROS MOREIRA Alfredo, primo segretario; DE SOUZA DANTAS Luiz Martin, secondo segretario.

Cile -SANCHEZ FONTECILLA Mariano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GREZ Victori, primo segretario; QuiNTAVALLA Pedro Y., colonnello, addetto militare.

Cina -LIN KWEI-FANG, incaricato d'affari; Lou Hou-MENG, addetto.

Corea -MIN YUNG ToN, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Aw DAL YuNG, terzo segretario; YI HAN EURNG, terzo segretario; YI Kui HINN, addetto; MIN Yu SIK, addetto; KANG Ku1 SINNG, addetto (tutta la legazione è residente a Londra).

32 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. VI

Danimarca -VAN REVENTLOW conte Ferdinand Julius Gottlieb, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Equatore -VENEGAS Vilfrido, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Francia -BARRÈRE Camille, ambasciatore; LEGRAND Albert, consigliere; TRUMET DE FoNTARCE François-René, secondo segretario; LAROCHE Jules-Alfred, terzo segretario; GATINE Lucien-Jacques-Marie, terzo segretario; DE LA CRorx DE RAVIGNAN Marie-André-Jean, addetto; MESSIER DE ST-JAMES, maggiore, addetto militare; DAVIN, capitano di vascello, addetto navale.

Germania -VoN WEDEL conte Karl, generale, ambasciatore; VoN JAGOW Gottlieb, consigliere; VoN DER LANCKEN-WAKENITZ, barone, secondo segretario; VoN HINENBURG Herbert, terzo segretario; VoN HocHBERG, conte, tenente, addetto; VoN CHELIUs Oscar, tenente colonnello, addetto militare; KocH R., capitano di corvetta, addetto navale.

Giappone -0HYAMA Tsunaské, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; IcHIKu Massakata, primo segretario, MrTsu conte Hirokichi, secondo segretario; KURADA Torasuké, colonnello, addetto militare.

Gran Bretagna -CuRRIE OF HAWLEY lord Philip, ambasciatore; RODD sir James Rennell, primo segretario; TowNLEY Walter B., secondo segretario; LEECH Stephen, secondo segretario; GAISFORD Hugh W., terzo segretario; KIDSTON George, terzo segretario; LAMB Charles Anthony, tenente colonnello, addetto militare; WARTENSLEBEN Ewart R. N. Arthur, comandante, addetto navale; 0TTLEY Charles L., capitano, addetto navale; GAMBLER R. N. Douglas A., addetto navale; CALTHORPE A. G., capitano, addetto navale; BENNET A. Percy, addetto commerciale.

Grecia -DÉLYANNI Petros, incaricato d'affari.

Guatemala -CRuz Fernando, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Messico -EsTEVA Gonzalo A., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; EsTEVA Y CuEvAs Eduardo A., secondo segretario.

Monaco -DuGuÉ DE MAc CARTHY Pierre, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Paesi Bassi -WESTENBERG Bernhard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SCHIMMELPENNINCK A. G., segretario.

Persia -MALCOM Khan Nizam ed Dauoleh, principe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ABBAS Alì Khan, segretario; FREYDOUN Khan, principe, addetto militare.

Perù -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Portogallo -DE CARVALHO Y VASCONCELLOS Mattia, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MONTEVERDE Alfredo Achille, primo segretario; LAMBERTINI PINTO José Maria, Secondo segretario; NOGUEIRA PINTO José Leite, addetto.

Romania -FLEVA Nicolae, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZAMFIREsco Duilio, consigliere; GHIKA Dimitri, secondo segretario; ARGETOYANO Kostantin, terzo segretario.

Russia -DE NELIDOV Aleksandr Ivanovic, ambasciatore; KRUPENSKIJ Anatol Nikolaevic, consigliere; KoRFF-SCHMIESING, barone Modesto, primo segretario; KELLER conte Aleksandr, secondo segretario; DE HALPERT Karl, addetto; lGNATIEV Alexis, conte, addetto; BARCLAY DE TOLLIJ-VEIMARN, principe, capitano, addetto; PILAR DE PILHAN KOTZEBUE, barone, addetto; ZOLOTNITSKIJ Pjotr, tenente, addetto onorario; STENBOCK-FERMOR conte, tenente, addetto; DE MuLLER, tenente colonnello, addetto militare.

Serbia -VESNré Milenko, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Siam -PHYA SuRIYA NuvATR, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CORRAGIONI D'ORELLI Carlo, consigliere; LUANG MONTRI NIKARAKOSA, addetto (tutta la legazione è residente a Parigi).

Spagna -DEL MAzo Y GHERARDI Cipriano, ambasciatore; GASSEND Y FRIAS Carlos, primo segretario; SoRIANO Y NoGUERA José, secondo segretario; DE LA GÀNDARA Y PLAZAOLR, marchese de la Gandora José, addetto.

Stati Uniti -LENGERKE MEYER George, ambasciatore; lDDINGS Lewis Morris, primo segretario; PARSONS Richard Chappel, secondo segretario; BEEHLER W. H., comandante, addetto navale.

Svezia e Norvegia -DE BILDT barone Karel Nils Daniel, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE WEIDENHIELM Ernest G., capitano, addetto militare.

Svizzera -CARLIN Gaston, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DEUCHER Walter, segretario; PROBST Ernst, secondo segretario.

Turchia -RECHID bey Mustafà, ambasciatore; PANGIRIS bey Costaki, consigliere; OHANNÈs bey Couyoumgian, primo segretario; RECHAD bey, secondo segretario; BLACQUE bey, secondo segretario; IBRAHIM Zia bey, terzo segretario; IsMAIL Arif bey addetto; CHUKRY pascià, generale di brigata, addetto militare; FAIK bey, aiutante maggiore, addetto militare aggiunto.

Uruguay -MuN'oz Daniele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ROVIRA Enrique, primo segretario; MuN'oz Joiio Carlos, segretario; CASALIA José Agostino, addetto.